Anno VII. oai'odistuia, giruno 1909 N. 0 Nesazio ed Epulo nel dramma Epulo, re di Tergeste, tragedia di Alberto Gentilli. Epulo, re di Tergeste, tragedia in cinque arti di Alberto (ientilli, fu pubblieata, a Trieste, dalla tipogratia Morterra, in un li 1 >10 di 107 pagine, sul principio deli' anno 187T ; nello stesso anno venne rappresentata al teatro filodraminatico, la sera del 2.'» maržo, dalla eompagnia drammatiea Dondini, Pia-monti e Drago, diretta dali' attore Ettore Dondini, che ar.zi la seelse per la propria benefieiata. La tragedia fu applaudita, soprattutto nei punti dai quali erompeva 1' ainor patrio che 1'aveva inspirata, e venne replicata la sera successiva, e poi a Pola. 11 giovane autore, venticinquenne, era allora alle sue prime armi: portato dalla tradizione famigliare nel eommereio, pur si sentiva incliliato alle lettere, e da allora in poi paree-ehio scrisse per il teatro raceogliendone soddisfazioni e ap-plausi: ('na notic a Venez-iu (1878), gnetlo che Dior/ene cercara 11879), Fini1 (li scri'0, fine di canrpo (1880), Adriana ri/oma (1881), h'e/ur/(/i 'palerni i1884i e tre commedie per (lenima Cunibert.i la quale proprio allora meravigliava e entusiasmava i pubblici italiani con la sua ingenua e pensosa precocita d'at-trice, Piefoso iiu/anno (1882), Sci anni dopo (1882) e Inletli-(/en za c cuore (non rappresentata i. Nel 1890 passo nel giorna-lismo, ottenendo il pošto di redattore del giornale II Piccolo, che aneora tiene. Egli aveva, come serive nella prefazione del libro, il vivo desiderio di recare a forma dranimatica un fatto di storia patria pregevole per alti sensi, per eroiche situazioni e per urili ammaestramenti . eppero mirando ad esaltare le origini romane di Trieste, m en tre la storia romana non narra nulla di speciale intorno a questa citta, a lui giovd di credere alla genuinita della Cronaca di Moti/e muliano, gia da noi men-zionata: ed anzi la contrappone alla narrazione di Livio che egli taccia di aver tentato di menoinare nel racconto il valore degli Istri e 1' importanza della guerra da Ioro sostenuta contro lioma ') e di aver inventato la ubbriacatura di Epulo e dei suoi compagni nel campo romano. Confessa 1'autore che Ter-geste e un anacronismo, ni a dichiara che prcferi il nome jjiu rečentc a quello storico (o piuttosto leggendario) della cronaca, «per coniodita del verso e per la maggior toiza che il mede-sinio reca ali' azione •) . (ili parte di scoprire nella morto di Epulo una certa somiglianza con quella di Saul che si getta sulla spada per non cader vivo nelle mani dei nemici, e parendogli la tragedia alfieriana la forma drammatica piti adatta al suo intento pa-triottico, si provo a seguire quell' alto modello. Pero anche lui senti il bisogno di imbottire la azione storica (o meglio, in questo caso, leggendaria, perche e desunta dalla cronaca) con un ripieno di altra provenienza, e ricorse allo stesso espe-diente che aveva servito ali' Albertini la cui opera egli non conosce ne menziona. Pero i personaggi delle (lue tragedie stanno in quasi completo riscontro. Epulo in tutt'e dne; la figlia, Mirza nella prima tragedia, Glauca nella seconda; il guerriero istro, la Itido, qua Colco; il romano, Marcello nel-1'una, Manlio neH'altr.i; il sacerdote istro, Celta nella prima, Eeleo nella seconda. Al pošto del vecchio schiavo, aio e con-tidente di Mirza, č sottentrata la Regiua, moglie di Epulo e madre di Glauca; il luogo del romano Eabio, compagno di Marcello, e tenuto dal consolc Claudio, il tpiale pero entra iu scena appena alla fine del quinto atto per cliiudere, con un discorso di otto versi, la tragedia. Lo stesso appunto gli inuove anche 1'Albertini in una nota: la \erita invece 6 proprio 1' opposta: Livio sia perche gli annali che copiava, erano molto minuziosi, sia perche il terrore ])rovato in Roma a cagione della sorpresa deli' accampamento, aveva accrescinto nelle inenti le pro-porzioni della guerra, ne tratta con maggior ainpiezza che essa non meri ta s se. *) La Provincia deli' Isfria (Capodistria, 16 gennaio 1877) osservo che la storia non conosce se non un Epulo re di Nesazio •, pero il Gentllli tenti) di difondere la sua. denominazione, arrischiando nel Nuovo Tvrtjesteo Trieste, 8 febbraio 1^77) una identiticazione di Trieste e Nesazio. Prima che 1' azione s'inizi, Glauca lia conosciuto Manlio in Aquileia (atto I, scena V): Nel cireo aijuilejense Or fa sei lune a saturnali giochi (iladiatori valenti erano avcolti; I)a Motila, Eavoria e da Tcrgeste Molte ne andaro ospiti a (pičila rieea 1'opolosa citta, donne e fanoiulle. Io pur 11' ebbi vaghezza. Eargo d' onori e di cortesi modi Egli mi fu. L'azione lia luogo in Tergeste, (J o ve, aH'aprirsi del primo atto, torna vincitore Epulo (lopo d'aver. nella battaglia di Sist;liano, compiistato il campo romano, che i nemici non hanno ]iunto ripreso, secondo (pianto narra la cronaca di M011-temuliano. 11 re conduce seco prigioniero per 1' appunto Manlio, che Epulo accusa tli avergli ucciso il figlio: Era gia vinta la battaglia E tutle le romane sijuadre in fuga \Terso Aquileia. Una sola restava E eombatteva con valor crescente Henclie fosse dai nostri circondata (Pug-nava in quella il prigioniero duee). Ah! (lato io non avessi niai 1'incarco Ali' inesperto e baldo giovanetto D' intercettar lo scampo a quei nemici, Che visto 11011 avrei 1' orrendo colpo Vibrar... Morente io lo raccolsi... il nome Mormoro della madre e della tcrra Che nascer lo vide... poi egli cadde Tra le p a ter ne braccia... ed era morto. (atto I, scena VI11 . Parrebbe clie qui si annunci la c-agione di 1111 drammatico contrasto di atfetti per 1' animo di Glauca: ma, piu tardi, Manlio si dichiara a torto incolpato di quella uccisione; ed essa mette il suo cuore in pace. Pero Epulo, il quale s'accorge delPamore del romano per la figlia, si affretta di offrire la mano di sposa al suo guerriero prediletto, Golco (atto II): ma questi, che pur jima Glauca, saputo da lei il suo amore per Manlio, 11011 ac-cetta la proposta di Epulo. 11 re, naturalmente, comprende ogni cosa e impone alla figlia di scegliere tra il matrimonio con Colco e la morte, Anche in »mesta tragedia, come in quella delTAlbertini, rimane un mistero il nesso clie Epulo vede tra le nozze della tiglia e la sorte della gucrra; e il lettore si stupisce perche si perda a leticare con i capricci amorosi di lei, quando ben piu grave pensiero dovrebbe occuparlo: 1'estrema lotta per 1' indipendenza. Eppure tutto il terzo e il quarto atto sono pieni dei časi di Glauca, Manlio e Colco. Invece di ubbidire ali' ingiunzione del padre, Glauca (atto III) tenta di liberare Manlio e preparargli la fuga: ma sopravviene Colco, e Manlio lo uccide. Allora US. la rivendicazione di quella insigne operetta, per cousacrare con 1' autorita dol Poeta divino il diritto di tutti gl' Italiani sulla lingua nazionale. E questa lingua egli esaltava sulle antiche e sulle moderne con un calore e con un'argomentazione che gli tanno veramente onore, contro quei detrattori, che nel 1529 a Bologna per bocca del noto Romolo Amaseo, seaglia-rono i fu 1 mini della loro eloquenza sul volgare ora piu che mai trionfanti. Tutti questi in cui e proprio da «avvertire subito alcunche di cavallereseo*. Quant.o al Muzio preeettista di grammatica, egli e, se-condo il Trabalza, «la piu schietta incarnazione del purismc grammatieale antico*. Questo specialissimo carattere del Nostro, carattere che non fu peranco ben compreso, farebbe rieonoseore in lui una specie di Ranalli del Oinquecento, <>se egli non avesse piu d'un tratto che meglio lo ravvieina al Puoti». Se non che il Muzio «del Puoti non ebbe no 1' ingegno, nč le vedute, ne il cuore: come, ma per ragioni del tempo, non pot6 esereitare 1'efficacia che il Puoti esercito«. Giudizio a cui non parrebbe possibile non pienamente consentire, specie se si rammentino quelle famose Battaglie. in dif/esa de/In ita-lica lingua, ove il Muzio, apparisce, oltre che un campion risoluto e agguerrito della causa deli' italianitd, un apostolo fervidissimo delle regole tradizionali e della grammatica clas-sica. Per altro, osserva felicemente il Trabalza, il Muzio piu d'una volta passa la misura. »Egli combatte con 1'istesso en-tusiasmo 1'eresia nella fede e nella grammatica, che sono in lui talvolta tutt'una cosa: tanto che si scaglia contro ogni veduta linguistica clie non s' accorda con la Bihhin!» Ma siceome si sen te ch' egli fa tutto cio per sincero, profondo e, quasi direi, innato convincimento e che a 1111 altro ideal seopo tendono i suoi replicati sforzi, egli non puo non riuscire in tine a guadagnarsi la nostra simpatia, se non la nostra ap-provazione. 1 precetti grammaticali sostenuti e decantati dal Muzio non sarebbero adunque altro se non «la quintessenza del pu-rismo antico e moderno, sia per la sovranita indiscutibile della regola, assoluta padrona deli' uso d' ogni scrittore, sia per la ristrettezza delle singole norme grammaticali*. II Muzio preeettista s' attiene al Bembo. Dal Bembo derivo in fatti il Nostro «tutte le regole piu rigide che egli poi ando aumentando di I:! I l'A( i IME ISTM ANK mano in mano lino alla larda veccbiaia, mantenendosi sempre termo e cliinso nella sna rocca qnalnnque vento vi soffiasse intorno. Dal 1 r>;>f> al 1575 corsero di begli anni: il Mnzio. men tre per lo meno la grammatica storica eol Tolomei e piu col Castelvetro faceva pa.ssi giganteschi, e intorno ai problemi del linguaggio si veniva ormai discutendo con una certa lar-ghezza di vedute, chiudeva il suo ardcnte patriottismo e cat-tolicismo in un gretto p uri smo che era insieme negazione di ogni principio seientifieo piu elementare e regresso grandissimo anche nel puro empirismo de' precetti. La caccia del Muzio allo sproposito e nel vocabolario e nella grammatica. Egli non ammcttc che 1' oso seri//o dei soli trecentisti che si tennero piu lontani dali' idiotismo, usando solo parole e trasi purissime e costrutti approvati dalla grammatica, quindi del Hoccaccio del Decomrron e non del Corbaccio, e non di tutto il Derameron! In compenso, non difetto al Muzio «una certa cultura tilologica*. E le p rove non mancano: anzi il Trabalza ce ne offre parecchie di luminose e persuasive. A ragion d'esempio, tu il Muzio acl osservare per primo «ehe la parola latina con-tinua diversamente in italiano, spagnuolo, trancesc e teclesco:... che tra i moderni c'e stato chi ha riconoseiuto che non sap-piamo la vera pronunzia latina, e ha pronunziato gratia non grazia, Chichero e non Cicero, e fatto consonante 1' u di Eu-ridice;... c che tanto sia malagevole daril proprio spirito alle parole latine, quanto ritornar in vita un che sia morto le cen-tinaia (legli anni a dietro». (»sservazioni che tradiscono un acume veramente singolare. Ma anche qnesta ampiezza e pro-tondita di vedute, «lungi dali' impedirgli una concezione cosi ristrctta della gi'ammatica c della lingua, lo condusse a dar valore solo ali' uso scritto dei piii regolati trecentisti®. Di modo che »della lingua egli ha quello strano e falso concetto a cui doveva menare la poetica del Rinascimento portata alle sue estreme conclusioni: che cioe sia lingua vera solo quella che si apprende dagli scrittori*; avvegna che, coni' egli sentenziava, «nel vero le lingue, le vere lingue non si imparano dalla mamina, et non dal babbo, ma dalle scrit.ture». Modi di vedere e di giudicare assolutamente troppo gretti ed esclusivisti, che il Trabalza condanna con fiere e risolutc parole e che anche noi, per quanto accesi ammiratori deli' ingegnoso poligrafo istriano del Cinquecento, non potremmo non riprovare e riget- tare attatto'). Tutto sommato, pero, non par soverchia larghezza di giudizio riconoscere nel Muzio un controversista e un filo logo tutt' altro elie dannabile ali' oblio. Pisino, maggio 1909. (tioviiiiui (Jiiarantotto - Da un antico manoscrilto friulano Quel valentuomo che e Giuseppe Matteus, il tanto bcne-nierito direttore del museo provinciale di Gorizia, eirea tre anni fa ebbe la gentilezza di farmi vedere un manoscritto, in cui s'era imbattuto. ordinando le anticbe carte polverose del-1' archivio. Merce la sua cortesia potei copiare e studiare i versi friulani che il manoscritto contiene. Sono 8 sonetti, tutli ca uda ti, trannc uno, indirizzato *al Moiiupino», che per ironia della sorte, oltre che senza coda, e anche senza le gambe posteriori. Quando nell' estate del 1907 Giovanni Lorenzoni con slancio nobile ed ardito fondo a Gorizia le «Nuove Pagine*, speravo di potervi pubblicare 1' interessante manoscritto, cor-redato d' un ampio eommento. Purtroppo, a dar vita duratura ali'opera altamente patriottica, non bastarono il beli'ingegno e 1' abnegazione ammirevole del Lorenzoni, ne gli sforzi della časa editrice Paternolli. Dopo sei mesi di vita la deplorevole apatia degli abbonati recise la vita ali' uniea rlvista che il Friuli ])0ssedeva di tal genere. Sunt lacriinae rerum ! — Ri-posi lo scartafaccio nel cassetto, acche schiaceiasse un sonnel-lino. Ma dopo tanti mesi, pensando che chi dorme non piglia pešce, mi decisi di darci un pizzicotto. Ed eccoti che mi si ') Al tri due letterati nostri trovo citati con onorc nel bel libro del Tralialza: il Carli, cioe, e il Patrizio. Ma un nome ancora si desidercrebbe d' incontrare in un' opera che vuol e s sere, tra altro, una rasseg'na coni-piuta dei sistemi grainmaticali di nostra liugua, ed e quello del valoroso grammatico chersiuo Giovanni Moise, la Grammcitica grande del quale il Carducei giudico dalla cattedra (repetita in rani) «la piu completa d'Italia» i cfr. M. Tamaro: Pi un grammatico istriano — Giovanni Moise — Pa-renzo, Coana, 1899; pag. l6.->). ridesta il piu bello c men... caudato dei sonnacchiosi dormienti. Ed io, per ora, lo presento solo, senza fronzoli ne agghindature. «Na t urale e buono» com' e, parli al cuore di chi ama ancora il vernacolo del suo paese natio*). Chel vuarp') cliu za ehianta cliun grech latin Deij croz2) e des suris :1) la custion E chel chu ehianta Lessi e Lortdan Proppi a chel niut *) chu fas lu Murlupin 8' al ves vulut plaida "') par fiurintin, Par sclaff, par tureh, par sfliger o grison, Lu signu ser Mecene sc patron Lu mandave al burdel senz' un quatrin. S' al Petrarchc ha ves seri t in gregeseh Lis sos (;hiansons e gl'attilatz sonez, Ni Laure gl' intende, ni diaul moreseh. Jo silit nassut tra Ulemone e Tumiez Donghe 7) lis nions di cha dal puint dal Meseh Par furlan vuei c;hanta, 110 par todeseh; vueio shira in un deseh Lu mio plaida ch' e natural e bon E di chugiaro — s'jo pues di sedon 8) — jo sares un menehion A favella e 110 jessi intindut Dentre de ville la ch'io soi nassut; ogn' un fazi a so mut, Clrio par me cliun 1111 biel viars furlan Vuei ehianta dut lu di de me domblan "). Vupoditstria, nel giugno 1909. I go IVI lis. *) Per non abusare delPospitalita concessami dalle «Pagine Istriane-, oinetto ogni coinmento, Iiinitaudomi solo a tradurre ijnelle parole ehe alla inaggioranza dei lettoi-i saranno presumibilniente di colore oscuro. -Tntto il manoseritto col relativo coniniento sfero non tardera molto a venire alla luce; ma spesso 1'uomo propone ed il diavolo ci mette di mezzo la eoda. — Mantenni inalterata in tntto e per tntto la grafia del-1'originale; solo appiccicai, per maggior chiarezza, un paio di accenti, aggiunsi qua e la delle virgole o del punti e convertii in ch tutti i ch clie si pronunciano come in <;liave, (,-liodo, ecc. e introdussi alcune ini-ziali maiuscole. ») Orbo, cieco. — *) rane. — •) sorci. — *) modo. —5) dire, cantare (placitare!). — ''■) essendo. — 7 vicino ijeggi: donge). — s) E' la voce friulana per cncchiaio, di cui s'ignora 1'origine ; gli etimi finor proposti non calzano, — 11 donzella, ** "Alessandro Verri e Gianrinaldo Carli Lettere inedite. (cont.) 17. Ainico Carissimo Koma 30 Gennaro 1793. Ricevo la vostra 23 cadente, e insieme dal corriere Nova il vostro diseorso di Padova 1 . L' ho »ia letto. e corrisponde alla prevenzione ehe ne avevo. Sono pienamente con voi. Nun vi e eguaglianza vera ne lisica, ne morale fra gli uomini, e la natura vuole ehe i inigliori diriggano i peggiori. II sistema Franeese ora e ehe questi opprimano tjuelli. II ro-nianzo del eontratto soeialo e. tanto piu intollerabile ora ehe la seoperta della America e di taute, isole, ilove ahbiamo col fatto vednta 1' origine e il progrosso della societa umana, non ci permette piu di sognare con le ipotesi. II governo era presso alcuni capitani, ed i vecchi erano sa-cerdoti. In ogni parte il Pominio era inonarchico, fuorehe la Uepubblica di Tascaltecali. Lingua ne hanno tutti gli uomini lin ora scoperti, anclie i piu selvaggi. Senza alcuna religione, o niuno, o pochissimi qtiasi in-sensati. Di mano in mano che si sono scoperte le nionarchie del continente Americano, e una maggior perfezione sociale, si sono trovati piu splendidi riti e lempj maguitici, e maggior senso di religione. II citare 1' esenipio de' Caraihi fa rlbrezzo, mentre e noto ch'erano canibali di professione. 10 vi assicuro che lino dalla mia gioventu, avendo pur voluto leggere i moderni Filosofi, me ne sono subito disgustato, henche vivessi in una societa, la quale grandemente si burlava di questa mia stupidezza. Non ho mai potuto reggere alla lettura del famoso «Esprit > ? , perehe si rom-piace di togliere aH' umno 1' anima e la virtu. Non ho potuto resistere alla lettura della nuova Kloisa3), perehe, con una morale falsa ed insi-diosa, vuole intenerirmi sulle avventure di un maestro ehe seduce una fanciulla. Tutte le opere filosoliche francesi avevano per me del maniaeo. e la posata gravita, moderazione, gusto degli antiehi e stato il porto, in ') E' il i-lingionamento sulla disnguaglianza fisica, morale e civile tra gli uomini«, diseorso ehe il Carli lesse nella II. Accademia di Fadova 11 15 maržo del 1792. tienehe scritto in fretta, ebbe replicate edizioni e per ordine di Francesco I fu anche tradotto in tedeseo. II Carli dapprin-cipio ammiro la rivoluzione francese e, pronostico ch' essa sarebbe sta ta uno strumento meraviglioso deli' ingrandimento della Francia. Poi, scosso alla vlsta di (pialche disordine, spaventato dalle conseguenze di 1111 sistema generale d' illimitata eguaglianza, attaecato per clovere e interesse a 1111 governo monarchico, che 1' aveva beneficato, scrisse questo opuseolo per ribattere i principi espressi dal Itousseau nel suo < Diseorso sull'origine e i fondamenti deli'ineguaglianza tra gli uomini« (cfr. Bossi: «Elogio storieo eec.» pag. 229-130). 2) E' «L'esprit des Lois;> (1748). 1'opera che diede maggior farna al Montesquieu. 3) «La nouvelle Heloise« ^17ti2), noto e sentimentale romanzo del grande tllosofo ginevrino. 1:>8 PAGlNE ISTH1AN K eni mi sono ritirato por sempre. Con i|ueste massimo o questo iiiclinazioni, potrete facilmente eonghetturaro quanto io fossi deriso c •stimato quasi fnor di scnno dalle caldissinie persone con le quali allora vivevo. Qui ora siamo in quioto. La citta e sedata. Ma ei 6 stata promessa la vendetta francese. Le attuali disposizioni sono di non teniorla. II litorale o |iiii che mediocremente difeso: Čredo che si fara un canipo verso i conlini della Toscana, dalla parte di Orbitello. Napoli non sembra quieto. Insoinina i deboli fingono, i forti combattono Ma la nazione francese e abboniinata da tutti, ed io non trovo se. non cerveili torbi.li e cuori disgustati che siono di un sentimento diverso del coniune. Vi ringrazio del sonsatissinio vostro diseorso, o veramente. convin-cente. Quando verra il I)oH'Acqua sareto servito do' libri che desiderate. Addio di cuore. V. IS. Carissinio Amico lioma 20 Maržo 1 "!>•'!. Iticovo la cara \-ostra 1.'! andante. Qui il Papa conserva la sua in-^repidezza mirahilo nella sua condizione ecclesiastica. c specialmente perehe o stato circondato da consigliori timidi. e che lo volevano indurre a cedere ali' orgoglio francese. Abbiamo ve.duto sovrani discendenti da stirpi gloriose, nati al trono, e pure in questa occasione lianno ehinata la fronto coronata, quantunque forniti di mezzi svifticienti a tentare qualcho magnaniina impresa: Pio VI, povero gontiluoino di Cesena, aba-tino da giovane, poi Gentiluomo del Card.e Ruflb, poi Giudice, poi nella Finanza, poi Papa, senza mai avere sparato lino schioppo, no bon veduto un cannone, senza esercito, con volti pallidi intorno, in mezzo della sua corte. troinante e incapace di risoluzione inilitare, solo per 1' animo sito invitto dalla fortuna, ha sostenuta la dignita insultata e cadente, ha nian-tenuto lo stato in ordine, ha imposto silenzio a' vili consigli, ha in piedi oramai 20 mila uoniini, ed o pronto a soecombere o a trionfaro, secondo i decreti colesti. Io voggo da vicino questo carattere, e 11011 posso tare a meno di ammirarlo sinceraniento, e sporo di cuore cho una tanto nobile risoluzione Sara coronata dal buon succcsso. Ora si fa un campo verso Corneto, nelle vicinanze della Toscana. A qiiella marina si vedono molto vele. francesi. Io. dopo Pasqua, anzi nelle suo feste parto con la mia antica Pa-drona1), e mi reco a Camerino nell' Uinbria, da qui distante 18 ]ioste per affari di alcuni suoi boni ivi esistonti. Continuate puro a diriggermi qui le lettere fino a nuovo indirizzo. Sareto servito per i libri cho desiderate, i) E' la marchosa Marghorita Sparapani di Camerino, inaritata al march. Boccapadule Gentili, dama nutrita di buoni studi, che aveva rac-colto e fonnato nel suo palazzo un gabinetto di storia naturale. Con ossa il Verri, fin dal suo arrivo aRoma (67), strinse un teno.ro vincolo d'amore e d' amicizia, che manteime fino alla morte. Ali t conversazione sera le della Sparapani convenivano i piu illustri personaggi e letterati romani e stranieri, gli ambaseiatori di varie corti: vi si parlava il francese o 1' ingleso icfr. Maggi: op. cit. p. 21-22). benelič io sia assente, moiitre ioi prevalero della porsona del nostro l)i-rettore della Posta I). Gerolaino Astorri, clie suole fruorinni per sua bonta. II nostro celebre Conte Giuseppe Gerani ba scritta una lettera a Giorgio Re Inglese, nella <|uale gli da una lezione, ed e stampata nel .Mcmiteur. La Rivoluzione di Franeia e coine 1' aria sottile che fa scoprire tutt-i i mali di petto. Quante cattive teste e peggiori cuori non ha essa fatti pienamente conoscere! Conservatevi sano, e ricordatevi del vostro buon amico. V. Mario Udina. • CoitriM alla Storia delle arti Kil' Istria k Contributo III. (eontinuazione) Lo nostre torro 11011 possono purtroppo vantarsi di nomi di grandi artisti in questo periodo; resta pero formo clie .se dal principio del 1800 a Venezia trovarono degni di speeiale studio i dipinti di Semitecolo, di Donato e di Stefano Pievano, noi pure ora (megli o ta rdi che mai) dobbiamo richiamarc P at-tenzione degli studiosi sni poehi dipinti su tavola che abbiamo. Nessuno dei nostri storiografi ha creduto degno di nota il fatto che alla fine del 1300, e fors'anche cinquant'anni prima, in Istria, a Trieste e nel Friuli, in seguito alle nume-rose commissioni di dipinti votivi c di devozione sorgessero botteghe da pittori che nulla avevano da invidiare a quelle che ospitava Venezia, Ed e triste e penoso per noi il vedere clie ora, mentre in tutto il monclo e specialmente in Italia sorge rispettato e poderoso Io studio sui pittori medievali, da noi la gran parte, non solo dei laici, ma anche dei eolti, o ignora o disprezza quei primi saggi di emancipazione della pittura. Fino a počili anni or sono non si cononosceva che 1' eta d'oro della pittura, ora si da il dovuto alloro anche al medioevo e da Giotto comineia il vxu'o riuascimento e non dal Domitello e dal Brunelleschi. Purtroppo dobbiamo rinunciare airattribuzione certa delle opere che abbiamo: i doeumenti andarono distrutli e quelli che aneora si conservano non sono stati letti che in parte e pre-cisamente con riflesso agli avvenimenti politici. Un archivio clie potrebbe aiutarci molto in questo lavoro 6 quello di Pirano, ma appena adesso sara possibile cominciarne lo studio. Tutti gli altri archivi coniinciano appena con gli anni di rianima-zione seguiti lungo tempo dopo la guerra di Chioggia, vale a dire dopo i depredamenti e le rapine dei Genovesi. E naturale che nelle rapine anzidette le opere d'a rte fossero quelle che maggiormente ne ebbero a soffrire, e se Paganino Doria asporto ostensori e reliipiie di santi. di certo non avra risparmiato le dorate ancone che ornavano chiese e cappelle, sale municipali e stanze da letto. Cosi noi non possiamo citare fra i piu antichi dipinti ri-mastiei che cjuel fronta le di arca conservato nella cattedrale di Dignano. E un pezzo di tavola di m. O.To di larghezza per m. l.Of) di altezza e dello spessore di circ-a f> cm. E parte di un/i cassa nella quale si tenne a lungo il corpo del beato r.eone Bombo, patrizio veneziano, morto avanti il 1;!21, anno nel quale la badessa Tommasina Vitturi gli teče eontezionare 0 ornare quell' arca. Come questa tavola sia venuta a finire a Dignano non si sa, e pero certo che gli altri pezzi andarono distrutti e che prima appartenne alla piccola chiesa di S. Se-bastiano in Venezia, ora demolita. II Testi ') ne parla a pag. If»2 della sua opera in questo modo: »L o spazio venne diviso in tre scoinpar.imenti verticali. In quello centrale riinmagine del Beato occupa 1'intera altezza della tavola ; le parti laterali vennero suddivise orizzontalment.e per meta. In ciascuno dei quattro spazi risultanti e una storietta dei miraeoli del Hembo. 1 londi d'oro sono qualche volta sgraffiti e punteggiati di stelle e eircoli. II eolorito e ancora vivace a sufficienza, e 1' esecuzione intantile ricorda i miniatori per diligenza minuta. I/iscrizione che segue si legge sotto al beato Leone: M CCC XXI : FATV. F VIT. 110C. OPVS» (/■oniiiiii(i) ltalo Sennio. HLlHiIO(iRAFIA Carlo Pascal, l.e.leraitira riiedicralc. Xitnr/ suiji/i e noti'. Catania, 1'rancesco Hattiato, PJUi). Con cjuosto nuovo 1 i liro il dotto profcssore deli' universita di Catania proseguc i suoi intoressanti studii sni Medio Evo, dei quali parlai in questa 1 Laudodeo Testi: La storia della pittura veneziana. Parte I. Le origini. Bergamo 190'.). rivista adclitando ai lettori P altro suo lavoro Poesia latina medievalo» t pubblicato dali'A. nel 1907 (vedi Pat/i ne istriave, anno V, n. 11-12. pag. •290-292). II presente volunietto, lo (lice i' autore steSso, si pno cousiderare come il seguito di quello. In fatti vi troviamo oltre ad altri argomeuti clie in ipiesto si contengono, delle aggiunte ai carini attrilmiti ad Ovidio nel Medio Evo e ai carini eontra feniinas. II volume incomincia coi Carini ile Pkoevice, simbolu per i Pagani della palingenesi e per i Cristiani della risurrezione. Seguono i versi De littera Pj/thagorae, iiumaginc e figurazione simbolica della vita umana, i carini De Ventis, clie I' A. coi Becker ritieue sieno una riduzione del capitolo sui venti di Suetonio Tranquilio, i I'ersus de bibliotheca, una raccolta di epigranimi, Un epigramma di Floriavo, gia studiato dali' A. nei suoi Studii Medioecali, 1(>(>», e i Carinina de inorte. Dopo gli studii su Ovidio e i carini eontra feniinas ai quali ho sopra aceennato, vi troviamo dne importaiitissiini capitoli Ccntrilm ti alla slo rta ddla fertnna d i Seneca» e i Sulla fortuna di l.ucresio e tli Ovidio presno i/l i seriltori cristiani Nel plimo di questi capitoli riguardo alla corrispondenza epistolare tra. Seneca e Paolo A]>ostolo, clie si ritrova in codiei abbastanza antichi ed e meuzionata da Gerolamo e da Agostino, 1' A. presenta 1'fpotesi chc le lettere scarne e niisere, che si possieclono, non sieno che traduzioni dal greco, fatto in secoli barbarici, di alcuni estratti di una corrispondenza apoerifa di Paolo e Seneca esistente ai tempi di Gerolamo, ipotesi clie 1' A. avvalora con salde e plausibili ragioni. Importanza speciale ha aneora 1' altro capitolo tanto dal lato bibliografijo quanto dal lato delle nuove aggiunte. Vi e aneora uno studio sull' opnseolo Inter pilliceri et promittere, falsainente attribuito ad Isidoro. 11 libro finisce c-on t'n t/lossario latino del I 11 .src. ed t 'na teyj/enda me-tlievale II bacio delle catene di S. Pietro). Questi studii aggiungono un altro fiore alla bella ghirlanda, di cui pno andar superbo 1' altrettanto valente quanto modesto Autore, dal quale attendianio con vivo desiderio quella storia delle lettere latino nell'eta di mezzo, che e un suo sogno radioso, vugheggiato da lunghi anni», e che certamente sara un avvenimento letterario. M. » (rinseppe Heroin, Qne.stioni d' arte cermese. I. Per la biografi« di Liberale da Verona. Madonna Verona, Bullettiiio del iluseo eivico di Ve-rona, anno III, 11. 1. Lo scopo di queste pubblicazioni deli'egregio A. e, coni'egli (lice. quello di preparare la via sgoinbra e sieura a chi volesse serivere la storia deli' arte veronese con maggior sicurezza accontentandosi per il momento del lavoro spinoso di critica documentata. III qnesto fascieolo l'A. tratta di Liberale da Verona e ci dice che le notizie intorno a (|uesto pittore hanno il modesto intento di eniendare e completare, per quanto e possibile, i dati biografi«!, che lo riguardano, Queste sue notizie hanno per noi un interesse parficolare. perclie. egli npprofitfando ilei documenii, clie ha a mano, eon ijiusll' acutezza clie gli e propria, inettc in strettissima relaziono il de t to pittore con tra Sebastiano da ltovisrn«, nostro eoinprovineiale. Dopo aver parlato del padre e del noine di Liberale, si fenna sul-I' anno della sua uascita e lo fissa, sempre in base a doeuinenti da lui scrupolosamente vagliati aH'anno l ilo. Tocca quindi della sua giovine.zza e diehiarate, rnsieine con altri, inverosiinili le notizie che riguarda.no i suoi asseriti maestri, Vineenzo di Stefano e lacopo Bellini, nega cio che dice di lui il Vasari, che egli abbia conipiuto una serie di opere pittoricbe poco piu che, ventenne, quando parti per la Toscana e che al suo ritorno in patria si sia dedicato tli prcferenza alla miniatura, nientre, come, dice P A., e ragionevole ammettero il contrario. Cio risulta dali'unico documento che si ha, e questo in copie, riguardanto la sua giovinezza, nel ([itale Liberale eomparisce ijtiale testiinouio per il .Monastero di S. Maria in Organo, del lil gennaio 1465, in cui coniparisce coll' appellativo di pistore, nonie alttbbiatogli dalla professione di famiglia, ešsendo stato suo padre pistore ed esercitandosi con tutta probabilita aucora nella sua časa dal fratello inaggiore la su menzionata professione. 1. luer i piii santi ideali della vita. E Ja voce, che ci parla cosi, sinceramente, nei metri per antica nobilta gloriosi, non manea di svegiiare nel nostro cuore quell' onda stessa di sentimenti ai quali si inspira. Sia pure che il eoncetto, ne jirofondo, ne vario, apparisca spesso tluttuante ed incerto dissotto alle immagini, or scolorite e. tenui, or impropriainente ardite, per dargli il debito rilievo, ne il verso sia abbastanza robusto ed elevato. A questi difetti, che collo studio e eol paziente e meditato lavoro della lima spariranno indubbiamente, passa sopra 1'anima che preferisce l'eterna. poesia del cuore alle ponzate e.lucubrazioni dei virtuosi della parola, alle fumose astruserie dei simbolisti ed agli aberramenti del modernismo de-generato, nella comoda livrea del verso libero. in, NOTIZIE E PUBBLICAZIONI. # Klanima alilnr, la bellissima pubblicazioue t alta por cura ilella gioventii di Trio,ste a beneticio della Lega Nazionalc, o gia uscita in 2.a odizione ! - E un bol mazzo di fresehi flori poetioi bellamente alternati e intreceiati a foglio vivide o verdeggianti di prosa, fra cui i primi o fau capolino con birichino sorriso o s' adagian fra il verde con soave fragranza o rifulgono della luce d' un' alta idea. Vien primo Riccardo Pitteri, cui lan eorona Salvini, Morselli, Orsini, Mantovani, Mazzoni, Hortis, Antona-Traversi, Rapisardi e tanti taliti altri che con cuor generoso risposero aH' invito dei nostri giovani. Chiudo la lunga eompagnia eletta Pietro drsi con un intorossante articolo sul procosso di lesa maesta contro Gnorrazzi e coinpagni nel 1K-1J). Vada il nostro plauso ai bravi giovaui od ai nostri lottori 1' invito di far presto esaurire anche la 2.a odizione : alatur ftamma ! II poeta nostro Kiceardo Piltcri lesse alla fine di maggio in Eirenze alla Leonardo dei suoi versi. L'autorevole Marzoero, commen-tando il lusinghioro successo ottenutovi, esalta 1' anima gonorosa, ardonte, insonne, o febbrile di quost' uomo infaticabile che alla ditesa deli'italianita a d a to tutto se stesso, la cui vita, la cui arte non e che auiore por la patria, por la stirpe, per la cultura italiana. Nel nuni. 23 dol Marzoa-o (Jinlio Caprin parla di un romauzo di Hans Hart «Das heilige Feuer . % L' infaticabile vegliardo prof. L. Scliiavi pubblica in seconda odizione il suo dramnia (higlielmo il liaoiio, re di Sicilia (Modena — Ti-pogratia pontificia e arcivoscovile FJOtt). * Nel nuniero marzo-aprile della rassegna Alpi Giulic« il prof. Pristor tratta dei ghiaeciai, grotte ('d aeque not to r ranče, drl Varno triestino. La seconda festa di Pentecoste obbe luogo a Gorizia il congresso annuale della I sija degli insegnaiifi: pel venturo anno fu lissata quale sode doli' adunanza generale Oapodistria. v Nel nuniero di maggio dell'.l!f La Societa degli escursionisli, i.itriani «Monte Maggiore» inizio brillantcmente la sua attivita. Non passa settiinana senza che una o 1' altra delle sezioni faccia delle allegre scampagnate : i consolati ili Pola, Parenzo, Portole, Pinguente, Pisino, Dignano, Capodistria, eec. vanno a gara nell' intraprendere gite ed escursioni. Bravi, sempre avanti ! In oceasione delle nozze del tiglio Gianjacopo il direttore gin-nasiale prof. Federico Simsisr pubblico una libera versione della «Gou-vernantes di Teodoro Kiirner. I