Anno iv. Capodistria, Luglio-Agosto 1906. N. 7-8 PAGINE ISTRIANE PERIODICO MENSILE Orazioni umanistiche a Capodistria Se 11011 ne avessimo la prova, converrebbe supporre anche per l'Istria l'uso delle orazioni latine nel quattrocento, chè non vi mancavano nè le occasioni, nè l'attitudine :. le prime, quelle stesse che nell'altre città italiane: la seconda maturante di suo o sviluppata dalla scuola, che fu in quel secolo sovranamente classica. Fin da allora Capodistria occupò un posto distinto nella storia delle lettere istriane, grazie — tacendo d'altri minori — a Pier Paolo Vergerio il Vecchio (1370-1444)*), autore del primo trattato pedagogico e della prima commedia d'imitazione classica che vanti l'Italia, nonché di opere storiche e letterarie, d'un ricco e originale epistolario, di versioni dal greco e di poesie. Altri germi promettenti fecondava intanto la scuola, alla quale i giustinopolitani dedicavano tènere cure e guadagnavano i migliori maestri2) : non così però che la vicina Muggia nel 1395 non riuscisse ad aver precettore quel Giovanni Malpaghini ravennate, che il Salutati giudicava prossimo nell' eloquenza a Cicerone :i). Quali maestri vantasse Capodistria nella prima metà del quattrocento non ci è dato sapere, ma nella seconda, la serie, movendo dal gentile poeta triestino Raffaele Zovenzoni, corre ') Poiché le due date furon molto discusse, mi sia lecito rimandare alle prove da me fornite per esse nell'opuscolo Nuove testimonianze per la vita di, 1'. P. Vergerlo, Estr. dall'« Archeogr. triest.» ili S., vol. ii, fase. ii ed alle aggiunte di Vittokio Rossi in Giorn. st. lett. it. XLVII (1906) p. 438. 2) Su che vedi f. Majer : L'i. r. Ginnasio slip, di Capodistria, ecc. Ili Progr. di esso istituto. Capod., 1901, pag. 2 6. 3) Cfr, V, Rossi : Il Quattrocento, Milano, Vallardi, p. 16, con poche interruzioni per quasi un secolo e conta nomi illustri '). Ne' anco risulta da documenti coevi come organata vi t'osse allora l'istruzione, ma assomigliandola a quello che fu altrove in quel tempo, e là stesso più tardi, s' andrà forse non lungi dal vero. Un quadro didattico completo lo abbiamo a Capodistria nel 1676, dal quale, scartati gli elementi peculiari all' epoca, si vede che dopo i latinucci (I. corso) il maestro di grammatica ne accompagnava lo studio con la lettura delle Familiari di Cicerone, delle favole di Esopo, e faceva parlare solo in lingua latina (II. corso) ; nel terzo corso, oltre le regole di U-manità, Rettorica e Poesia, spiegava le orazioni di Cicerone, Valerio Massimo, Lucio Floro, Giustino, l'Eneide, le Epistole di Ovidio, le tragedie di Seneca, gli epigrammi scelti di Marziale a). Sostanzialmente la scuola nel secolo XV 11011 sarà gran che uscita da questo piano : non per nulla gli autori citati nelle tre orazioni che pubblichiamo sono Cicerone, Seneca, Virgilio, Valerio, accanto ai quali non deve meravigliare di trovare Lucano, letto e riletto nell' età di mezzo. Anco è da notarsi che il codice da cui si traggono gli scritti citati contengono due Eroidi ovidiane postillate 3). Afferma Domenico Venturini in un suo discorso sulle 17-cende storiche della publica istruzione ad Isola '), che a Capodistria non prevalesse già « il metodo di esporre nudamente le regole per indi far passaggio gli autori » sì bene « quello di leggere di un tratto gli autori, dichiarando, ove ciò cadesse meglio in acconcio, i precetti della grammatica ». Io 11011 so veramente da quali scaturigini l'egregio direttore di questa rivista abbia attinta quella notizia, che a me giunge nuova del tutto ; nuova e strana, poiché un si fatto procedimento non parrebbe comportabile con l'insegnamento del latino. Comunque 1) Vedi prof. Giov. Zannoni : Maestri di scuola in Capodistria. Nozze Vaglieri-Bongera. — Roma, 1891. — Se il 1458 fosse data fondata per la condotta di Messer Piero di Schtazerno, bisognerebbe cominciare la serie da lai. •) Cfr. «La Provincia dell'Istria» 1888, p. 67. i Per tutto quanto si riferisce a questo ms., eli' e il Codice Borisi della Biblioteca Civica di Capodistria, segnato col N.o 1183, rimando ai miei Codici capodistricini con particolare riflesso a un codice della Batracomiomachia, Estr. dall'« Arch. triest. » S. Ili, vol, I (1905), p. 35-39, *) Trieste, Balestra, 1900, p. 9, il nostro codice ci parla dell' esistenza della scoletta elementare, nella quale possiamo gettare uno sguardo curioso ed assistere alla seguente lezioncina [c. 152 r]: « Vocales sunt quinque, scilicet a, e, i, o, u, secundum quinque sensus ho-minis seu corporis, scilicet auditum, visura, odoratum, gustum et tactum, vel secundum quinque passiones, que sunt amor, odium, timor, gaudium, dolor. Et sic ponitur a ante e, e ante i, i ante o, o ante u, qui ordo sequitur gradimi assensionis : a enim sonat in pectore, e in guture, i inter fauces, o inter labia, u extra labia. Dicunt autem vocales et non voces, quia vox potest capi prò dictione, et sic non esset differentia, inter eas et literas, et dicunt vocales, quia per se faciunt.vocem ». Potremmo soffermarci ancora a sentire qualche spiegazione come: «Liber est codex vel raptus ab arbore cor t ex », ma noi amiamo meglio porger orecchio a un tentativo di traduzione : «lo spendo meno danari che posso: ego spendo pau-ciores denarios ego possum». Esempio bastevole perchè ci si t'ormi un concetto dell'abilità del nostro allievo ; però nori toi-scureremo la parte italiana di quest' altri : « Io ho do daf^Sjk più de pieno e de sitane » oppure « Un men de un core»-, perchè ci sembra significare che anche da noi alcuni maestri negli esercizi di versione latina proponevan gli esempi in dialetto, al modo praticato, per citare un esempio validissimo, dal grande Guarino Veronese 4). Ed è tempo che passiamo ai tre componimenti,. È noto come nel far rivivere le usanze classiche ì Quattrocentisti non di rado si fermassero alla superfice, illusi e paghi di quella parvenza di romanità. Poiché dunque Roma aveva avuto i suoi fanciulli miracolosi, non si doveva crearne anche nel Quattrocento ? Facile creazione, quando il ragazzino avesse memoria bastante per ritenere e spigliatezza sufficiente per recitare, passandole per sue, le orazioni latine che altri pei' lui componesse 2). Punto strano, se c' imbattiamo anche a Capodistria in tale costumanza, poiché la vita civile e intellettuale vi fu sempre cosi intimamente e intensamente italiana. L'orazione (la I.) par tenuta a Natale, da un oratore certo ') R- Sabbadixi : La scuota e gli studi di Guarino Guarnii Veronese, Catania 1906, p. 40. !) Cfr. Rossi, op. cit., p. 41, molto minuscolo, se la sua età poteva dar luogo alla gonfiatura rettorica del latte materno che gli cola tuttora di bocca. Se questo componimento risulta chiaro e logicamente distribuito, non altrettanto possiamo dire degli altri due, dove l'arruffio dei periodi, che in gran parte ho tentato di togliere con l'interpunzione, i passaggi poco naturali, alcuni luoghi o-scuri, non meno delle frequenti cancellature e della scrittura correntissima, persuadono che s' ha a fare con abbozzi di orazioni, tirati giù in fretta, per essere poi ritoccati e completati. Ma anche in questa veste tutta rotti e toppe ci permettono di stabilire che sono condotte sul solito modulo delle orazioni u-manistiche per nozze, chè ben di tali si tratta. De' quali discorsi nuziali in Italia e delle cerimonie che li accompagnavano fu detto da parecchi studiosi negli ultimi tempi ') ; nè ci faremo qui a riassumerne le notizie, poiché ci interessa solo di stabilire l'esistenza di tali usanze anche fra noi. Ancora poche osservazioni : Potrebbe sorgere il dubbio die gli scritti non siano di istriani. Ma qui ci soccorrono altre brevi scritture del codice, in pretto idioma nostro, ne' è da trascurarsi che in quello è contenuta l'operetta pedagogica del Vergerio. Migliore garanzia offrono ancora i nomi contenuti nelle orazioni : i Marcello si ritrovano a Capodistria anche quali podestà, e i Carlini son tra le antiche famiglie di Muggia e di Isola, dove li incontriamo già in documenti del 1211 2); non so che fossero in Capodistria, ma ad ogni modo è più che probabile ci venissero dalle due città vicine. E in fine, additerò al benigno lettore un mio errore, che mi faceva credere d'avere scoperto il nome dell'autore delle tre orazioni3). Quel nome, Gregorio o Giorgio Borisi, dopo un più accurato esame del testo, è risultato una bolla di sapone. Sono i brutti tiri della paleografia... anzi di qualche inesperto paleografo. ') F. Brandii.kone, in Riv. stor. ital. XII, 4 e ili Riv. ital. per le scienze giur.. XVIII, 1 ; F. Patetta in Studi senesi XIII, 1-2; N. Colombo i per nozze Tornielli-Voli Novara, 1897. 2) Cfr. L. Morteani in «Atti e Mem. soc. istr. arch, ». ecc. VI (1890) p. 179. 3) Codici Capodintr, citati, p. ì>8 (dell'Estr.), n. 2. I-1) [Cod. lior. c. 123 v. e 124 r.] Res mira atque stupenda meum puerilem ad contetnplandum exci-tavit animum, o magnifico praetor, patres, doctores, judices et cives spe-ctatissimi, hae in festivitate ut corda non modo vestra ingenti gaudio recrearem, sed mentes potius vestras devotissimis affectibus, piissimis la-crimis ad venerandum et ampleetendum Salvatorelli infantuluin Jesum Christum accendere possem. Etsi profecto hoc ineffabile sit misterium, ut ocius silere, quam fari debeam, actamen ego parvulus sincera fretus puri tate de Christo puerulo, nobis redemptore, paucula dicam. Natus puer, natus pauper, deus homo factus est. Quid inlustres prophete mirabilius, quidve dulcius lumine prophetico cernere aut vaticinari potuissent ? Nam verbum antiquum, vmo eternum, hunianitatem assumens, homo puerulus ex claustro uascitur virginali. O stupor humilitatis, o splendidum exem-plum paupertatis ! Princeps namque etiam regum, ditissimus divitum, in diversorio nudus, non regia celsa, non in cunabulo purpura et auro gem-misque redimito, sed sub aseli bovisque feno, in presepe cen sui t recludi. Nulla opum copia, nullus tapetoruni apparatus, nullo vitro aut ebore quo-vis ingenio artificis speculo, fabricate patebant. Atque quod Neptunus aut Eolus nusquam facere valuerunt, qui flatus et impetus omnes ventorum suo poterat verbulo coercere, ut inops omnium fieret, eisdem constituit subia-cere. O nuditas inexplicabilis et lacrimosa, cui omnia suberant vestimenta, nedum vestibus egere, sed paniculis etiam pauperculis quibus delieatissimum atque preciosissimum corpus illud tegeretur! Nudus ac egenus statuit nasci. Postremo vero que humani facultas ingenij, aut perspicax intellectus angelici solercia opus tam misticum comprehenderet ? Qualisve aut Demostenis aut Ciceronis elloquentia grandis et ornatissima, rem hanc tam arduam de-promere posset? Deus immensus, Deus omnipotens, humanitatis parvulo atque miserulo carcere voluit Claudi. Verbum nempe caro factum est, et habitavit in nobis. Amen. Pretor sapientissime, optimique patres, huic sermoni brevissimo, ne tedium dignitatibus vestris afferam, letabundus terminos imponam, hoc unum deprecans, ut non ine parvuluin, cuius ab ore lac adhuc maternum iluctitat, prospiciatis, sed apta verbula senten-tiasque graves mentibus vestris ponderetis. Dixi. Amen. II. [ivi, c. 124 v. e mezza 125 ;•.] Nec ciani te est, magnifìce pretor, spectati nobilles et cives orna-tissimi, quantum die hodierno honqs subeam, sacratissimi conubij laudes atque preconiam vocem, in tanta doctissimorum dominorum frequencia. Celebraturus sum, quibus vix maximorum oratorum ingenia sufflcerent. Quis enim quam cum multa diceret, plurima etiam non dicenda restarent? Hoc celeste niunus ! Non solum preclaram virtutem sponsi et sponse ref-feram, sane, si accurate intueor, nichil huic preclaro sponso et sponse ') Gli scritti essendo autografi, ho rispettata la loro grafia, anche dove risultassero inconseguenze. deesse videbitur, quod vel ad decus, vel ad gratiam, vel ad humanam felicitateli! pertineat, quod non sit vel natura attributum, vel fortuna concessimi, vel industria sua partim. Innumerabillia eius facinora hoc loco extollere ac retessere possem, quae brevitatis grafia omitto: nimis commemorasse cognosco. Veruni pretor illustris, virique maximi et insignes, hoc idem sensit Tulius Cicero, qui ad summam laudehi et gratiam cedere di-eebat, cum civis romantis ortus esset, qui 11011 solum civis, sed ex prin-cipalibus sue amplissime urbis natus esset. Hic apud suos honestissimos parentes primis sue etatis annis educatus singulari quadam humanitate, verecundia ac modestia adolescentiam suam exornavit. Itaque in hoc loco de huius sacri coniugij gloria profaturus sum. Scribit enim Seneca moralis viri et uxoris obsecrationem, si quid alteri aecidisset, alter moriretur11. Quedain se rogis maritorum ardentibus miscuerunt, ipiedam vadibus [V] suis redemerunt maritorum suoruin salutem solicitudine brevi. Qua de re, ut est eiusdem sententia, hunc magni putabo juvenem ser Karlinum, fl-lium quondam nobilis ac eg'regij viri ser Petri Karlini, tanta humanitate et liberalitate ne dum in suos, sed in non notos, factum esse, ud apud oinnes eives eius nomen sit immortalitati consecratum. Hic enim sponsus uxorem ducturus est dominam Florem, filiam quondam (?)..., egregiam adolescen-tulam, non minus moribus ac reliquarum virtutum splendore perornatam. Cuius quanta sit in loquendo humanitas, in agendo prudencia, in dando benignitas, facille possumus, et vestra singulari prudentia judicare. Que cum ita atsint, totque bona cuncurrant, felices, imo felicissimas has fore nuptias arbitramur. Atsit postremo huic fausto dieej ipse Deus, qui eos lòngis conservet in annis. III. [ivi, c. 125 r. e. «.] Magnifice pretor virique spectabiles et cives ornatissimi. Non equi-dein.... praetereo, quem admodum amoris affectus ; quo invieem, hoc sacro vinculo coniuncto, interesse afficiuntur, reor destendendum. Amor enim coniugalis adeo inmensus est, ut ceteros devincat, cum nulla necessitate, excepto funere disolvatur, sintque duo in carne uno duoque perdere unicus astringa! amoris nodus. Quamobrem virgiliano verbo jure liti possumus : unum et comune pericluin una salus atnbobus erit2). Quo in loco se pulcre offert tiberius gracus, qui oppressis in domo sua serpentibus conmonefactus ab aruspice factum sibi aut uxori proximmn imminere : sibi, si feminam ex serpentibus, uxori, si marem dimitteret, adeo erga preelaram coniugem (jelo affieiebatur. quod perpessus sit, ut asserit ille praeclarissimus ro-manarum istoriarum scriptor valerius maximus3), interi tu serpentino exani-'inari. Qua in re, ut est eiusdem sentencia, vereor an magis fortunata fuerit, huiusmodi viro cornellia eius uxor, an magis infellix tali dillecto viduata. Occurrit quoque miserabilis obitus Cai Planci numide, qui audita carissime coniugis morte, doloris impotens gladio incubuit, seque iussit *) Seneca, Controv. 1. II, contr. 10. 2i Een. II, 709 sg. 3) Val. Max. Mem. IV, (i, 1. eodem rogo crei nari. Omittamne momentaneam Julie mortem, magni Pompei uxoris, que cum famulum vestem eius sanguine resperssam domum refferen-tem intueretur, ferita metu, ne vis aliqua dillectissimo consorti suo illata esset, illieo exanimis eoneidit, partum quem in utero conceptum habebat, subita animi consternatione eicere coacta est, magno cum tocius orbis detrimento ') : hec enim inter cesarem et pouipeium dum una manebat civilium ar-morum furorem occurit, cuius morte pacis fedus discussum f'uit, ut est apud illustrem poetam lucanum, morte tum discusa fide,s bellumque movere per-ìnissum est ducibus2). Possem quoque, magnifice pretor virique doctissimi et insignes, reverenciis vestris consimiles amoris affectus quam plurimos his subnectere, tamen pretereundos, quoniam huius sacri federis tanta sit laus tantaque dignitas, ut secundum matrimonio posset auctoritas. Que cum ita sint, nescio qua ratione, quo etiam optimo iure, tibi marcello inter cives urbanos preclare congratullari debeam, nisi te quam plurimum feli-cem, quamque statu fortunato etiam situili diiudicarem, qui coniugales fructus contemplans virgini huie sacro vinculo te ipsum statuisti adiun-gere, presertim parta tibi pudica et honesta virgine, cuiusmodi est hec ipsa virg-o coniunx tua, in primis optimis parentibus orta, singularique virtute, modestia, venustate, pudicitia, et omni bonitatis genere predita, quam queso fac dilligas ut in salute sua maximam vite tue partem constitutam esse intelligas. Quamobrem he nuptie vobis sponsis, quasi me aruspice fellices sint ac fortunate et in laudem magnifici pretoris, cuius honos laudesque sinml nomenque manebunt. Trieste, aprile 1906. Baccio Ziliotto. Canzoni inedite di Maffeo Venier (Continuazione — Vedi a. e. pg. 101). Del Venterò La terra e '1 ciel s' a verse quel dì, che me ho pardo che allora me ho sentio cascar dal Paradiso zo tra 1' anime perse, Quando giera presente a si bel viso ohimè che aveva el cuor ') ivi, 2 e 4. *) Phars., I, vv. 119 sg. che giera un scrigno tlel p i a ser d' amor. E giera elisi pien d' una interna dolcezza, che me abbondava allora che spandeva de faora dai occhi, dalla bocca 1' allegrezza, Son sta un tempo sì ben, che se fosse sta un altro per un dì, me averave inviditi si nome mi. Ma fortuna incostante chi te puoi prestar fe le '? Chi è culù, che te crede, che ti no '1 fazzi al fin parer un ignorante? che se puoi dunca in ti fissar un fin ? mo chi se puoi fidar se ti tradissi ogni un a lungo andar ? Per ti ine son pur fatto misero amante al mondo, posso pur tuoi- un lazzo e cavarme de impazzo, ogni gramo ineschili, mi è pur segondo, Poria pur el mio stato, che ti 1' ha vogiù trazer cussi a basso far suar per pietà lagreuie a un sasso. Tutto '1 resto è un piaser, che drio la manna e '1 miei gustar l'incenso, e '1 fiel sé amaro a chi no è uso, quel si se puoi doler d' esser a basso che è sta prima in suso, Ma fala co ti vuol fa pur fortuna pezzo che ti puoi, che ti no farà mai che no viva in custia, che no 1' ama in eterno, che amor nò abbia el governo de sta vita, che è soa che giera mia, ti puoi ben far assai, ino al to despetto co anelerò pi infinti 1' averò più che mai sempre davanti. Ho vardà cusi fisso in la so pura neve, che ine fa el viver breve che se ben la me manca, pur dove mi me affisso, ogni cosa, che vedo, ine par bianca. Bianca 58) aurora dei cielo vedo quel viso pur lucido e bello, Parlo pur con ti adesso, ti no ine scampi za ti xe qua viva e vera, cog-nosso pur sta ciera, ti è pur ti, mi son ini, senio pur qua, te glie son pur appresso, Fortuna iniqua metime ilio al forte, che no me puoi spartir altro, che morte. Mo se '1 bel me delletta, no l'uzzo, l'orsi, gramo, effetto d' omo, se amo, E se tanto me piase una niova Anzoletta torsi colpa del ciel, se no n' ho pase, che me ha fatto partir, da dove dessegnava de morir ; E se co '1 bel ghè insieme valor gratia e virtù mo no diebbo per essa perder la vita istessa ? La vita ha nome ste reliquie estreme, so chèl ciel n' ha tegnù quanto el glie ha e so anche con mio danno, che un' altra no puoi dar simile affanno. Canzon, fatta col pianto trova quel viso santo, e sti vedi, che Pietà 1' adorna, Dighe cò un sospiro, che me è dolce el dolor, se ben morisse, se dal mio mal la so pietà fiorisse, J>el Veiliero. Canzone Amor, e me contento, che ti fazzi el pezzo, che ti puoi, e che ti sa, Tiemme quanto ti vuol marturizà, Dame dei mustazzoni59), fainme in mille bocconi, Tiomc la vita 1' anema e 1' onor, che sempre te sarò bon servidor Ma voler anche per to cortesia farme tor i mie soldi da custia, no so chi ghe staria, De ogni cosa ho soffi-io, ma voler tiorme el mio el sarà forza che me tira indrio. Ti vedi, che ho tassù 60) de tutto el resto, ma no voi sopportarla mo de questo. Finche ti è sta nei termini ti ha visto, se mai me ho lamentà de cosa alcuna, e sti me ne ha pur fatto anche qualche una, che mi no so se un santo avesse soffrio tanto, ma volerme mo tior sora marcao anche quel puoeo ben, che Dio me ha dao, no so dove se usa ste creanze. Mo dove è ste speranze, che se diè aver in ti '? Mo se ti fa cussi togia61) in ti occhi chi te serve pi, sti fa a tutti cussi de sti favori ti troverà in tei e.. i servidori Sti vuol, e sti no vuol, o si o nò. che vaga da custia che no ghe vaga, Si ti no vuol, ti puoi dir che la laga62), chèl saveria ben far, e no voler far star, co '1 non avrirme pò. No me trescar sui i soldi in to malora che son ben omo da cavarme fuora sti vuol ino che ghe vaga con sti patti, che paga i arlassi, che se me vien fatti, le xe cose da matti, da farse dar la tacca63). 1' è ben cola, che attacca ma i soldi è la recetta che i destacca. No, no, l'è bona robba la xe bella, mo sia i soldi per mi, el goder*) per ella. Canzon faine un piaser, se Amor no ha piaser de tacearse alle cose del dover, di che ine... alle donne in tei mustazzo 6l). N O T E. ') Come. 2 j 9 :ì) Bravate propriamente: qui brutti tiri. l) Per il «mollinello» e per il «passo e mezzo» confronta Garoso «Il Ballarino» (Venezia — Ziletti MDLXXXI) pp. 136 (Trattato 1°) e pp. 46 (Trattato II0). 5) Piccola moneta di rame coniata la prima volta nel 1282. ") A saggio. 7) Propriamente allacciare : qui accalappiare, giuntare. 8) «Moneta coniata nel 1538, essendo dog'e Andrea G ritti. Aveva impresso un leone alato in piedi, e la immagine della giustizia seduta sopra altri due leoni, col motto Jmtitiam diligite. Il suo titolo a peggio era di carati 452 per marca». Cfr. Mutinelli Lessico pp. 178. 9) Due di questi trovo ricordati nel noto «Registro» *) per g'ii altri non mi giovarono nè meno alcuni codici Marciani che conservano memoria di parecchi giustiziati a cominciar dai primi tempi della Republica**). Nel 1557 (Febbraio) fu decapitato ed abbruciato un Alvise Negro, detto Cordellina, il quale da lung'o tempo aveva avuto relazione illecita colla figlia (pp. 13). A «quel dalle ineonvertie» alludono certo le parole che seguono : «1565 novembre. Don Giovanni Pietro, essendo confessore nel luogo delle Convertite della Giudecca, fu decapitato, et abbracciato per ordine del Cons. di X, per enormi scelleratezze commesse in quel moni-stero» (pp. 13). Nessuna notizia degli altri, né del «reronin» se pur leggo bene la parola del ms. ,0) Uno dei nomi delle prigioni veneziane. Cfr. nella «Mattinata» riportata dal Graf nell' appendice B dello scritto su Veronica Franco (In «Attraverso il 500» Torino 1888 pp. 365) la terzultima ottava. ") «Gelati in turco è il boia: e sarebbe ardimento collegarvi il Ce- ladina.....» così mi ragguaglia il ch.mo prof. Teza nè il ravvicinamento repugna. Celadina è anche comune nelle poesie vernacole del tempo come diminutivo di Celata, armatura, ma qui non torna. L' influenza greco-orientale è qui e in altri nomi più giù, manifesta, se pur i due vocaboli non debbano interpretarsi come soprannomi di sbirri. 14 ) Impiastricciare, imbrogliare. 13) Del verbo «strafozzar» il Boerio non dà che stravoltare, stravolgere, trasformare : manca nell' accezione presente nel significato di lusso stragrande. ") Zecchini, chiamati la prima volta ducati d'oro (1284 — doge Dandolo) quindi zecchini, nel 1561, quando fu introdotto il ducato d' argento. Da un lato era l'imagine del doge ginocchioni accosto a quella *) Registro dei giustiziati in Venezia dal principio della Rep. Ven. fino ai nostri giorni. («Stampato nel 1848 dal Libraio editore Santini (per quanto ricordo))» [Nota del Veludo all' opuscolo], E' tolto dal eod. mare, ci. VII it. DII. **) v. i codici MDXCVI e MDCCXVII ci VII it. (li S. Marco dantegli un vessillo, dall' altro Cristo in atto di benedizione. Cfr. Mutinelli Lessico pp. 422. ir') 11 ricordato «Registro» annota «(1573 agosto) Paolo Malipiero, Giovanni Proto murer, Francesco Barbarigo, Nicolò Gradenigo, Gaspare Dona, furono per ordine del Cons. di X tutti cinque impiccati nella pubblica piazza, non si sa il perchè. Alcuni dicono per capi di sollevacioni. i pp. 14)» Non vi rinveniamo 1' «Otton» del Venier che chiama evidentemente Bollato quello che nella stampa è Dona. «) Gridi. n) Profondi sospiri. Udire. ">) Vetri. ?l>) Smaniglia. 21) Non è improbabile che qui il Venier alluda a quel «Nadalin Gar-bellador et Ligador» del quale parla a lungo il codice marciano 1794 (ci. VII, it.) *) come segue: «1754 adi ultimo Novembre la sera de Sant'Andrea fu preso Nadalin Garbellador, et Ligador in fontego de Todeschi Trentin fiol d' un sartor Uomo in apparenza di santa vita, et buon Christian, tamen la notte fu preso alla porta della Chiesa di San Toma, che voleva romper, e robbar le Tapezzarie, eli' erano statte preparade in quella Chiesa per la festa di S. Anian, ina discoperto da due servitori d' un Gentilomo Badoaro, li quali passando a caso circa le 8 ore di notte, viddero quest' Uomo alla porta della Chiesa, et intradi in sospetto andorono subbilo a Rialto a chiamar li Uomini della guardia, con li quali tornadi trovorono il ladro nel medemo luogo, che s' affaticava aprir, et avea za comenzado a romper la Porta, 10 presero, e menado preson, li fu trovado addosso un sacco con verigole d' ogni t'orma, Tanaglie, Scarpelli, Lieve, Mannerin, un Feraletto, Solferini, Candelete, et altri artitìzij da esser adoperadi per un sottilissimo ladro, andorono poi a S. Lio alla Casa della sua abitation immediate, e trovorono alcune Cilelle grande d' arzento eollado, tazze, saliere, Ramini, et altri arzenti, et ori, Drappi di recami di seta, et d'oro, ch'erano stati panni d'Altari da Corpo di Chiese, et Luochi Sacri, et menorono in preson Cassandra sua Moglier, la qual confessò li Latrocini) del Marito, e lui, anche visto non poder celiar, confessò il tutto, tra gì' altri qualmente il mese di Settembre passato avea robbado la scuola de S. Marco a San Zanipolo, nella qual entrò tre notte continue per alcune Canne de necessari, che vanno in Canal, et il giorno stava sul Campo de S. Zanipolo per veder se s' apriva la Scuola, et assicurato, che quel giorno 11011 era stata aperta, la notte poi faceva il fatto suo, et saria continuato molte altre sere, se non fosse venuta occasione d' aprirsi la scuola per seppellir un morto, a questo modo fu veduto le rotture, et mancamento, et avvisato il Guardiano venne immediate con un Nodaro dell' Off.o dell'Avogaria per riconoscer 11 furto, questo ladro, eh' era sul campo secondo el solito, entrò anche lui in scuola con molti altri, c-h' erano concorsi per veder, e stette presente *) «Notizie istoriehe di diversi Giustitiati in Venetia cavate da una Cronaca Veneta matiuscritta». a tutto lo cose, che si tacevano per spiar quello si trattava, fu trovato esser sta robbado, Calici, Crose, el Pendio fornito d' arzente alla perosina, Tabernacoli con le reliquie, Panno da Corpo di Veludo lavorado a recamo d' oro, et altri arzenti per la valuta de ducati 2000 in circa, tra le qual reliquie c'era il Santissimo legno della Croce, una Spina di Nostro Signore, e 1' anello di S. Marco miracoloso, volendo questo ladro, come confessò, portar via queste reliquie, cascò su la porta dell'Albergo, et non potè uscir t'uora, messe giù il Tabernacolo della Santissima Spina, et uscì con le altre cose, tornato da nuovo per tuor detto Tabernacolo della Santissima Spina, con altri arzenti, da nuovo cascò, et non potè partirsi la seconda volta, di modo, che si risolse lasciar la detta reliquia sopra un Banco, et portò via el Tabernacolo con altri arzenti, et l'anello, el qual era d'oro, ma basso, come da Bolla, con tre teste, el qual lui disse averlo desfatto con altri arzenti, d' altre reliquie 11011 si potè ricuperar alcuna. Confessò ancora, che avea robbado la scuola de S. Rocco, nella quijle entrò per alcune arche de Morti, et nel voler desfar la Corona della Crose del Christo, la qual era d' arzento, li cascò un figliolo in fuogo, e si brusò. Costui confessò aver rubbado undici luoghi sacri, Chiese, e scuole, ne altri rubbamenti faceva, et avea disposto continuar in questi rubbamenti fin 1' anno seguente, che era 1575 1' anno santo del Giubileo, nel qual avea terminato andar a Roma, confessarsi, e mudar vita, ma Dio non volse aspettarlo, che fu preso coni' è detto di sopra, e fu osservado per cosa misteriosa, che 1' ultimo latrocinio fu nella scuola di S. Marco, et volendo poi rubbar S. Aniano che fu discepolo di S. Marco fosse in quello discoperto. Fu terminado per il Cons.o di X.ci tre giorni doppo preso, et con-dannado ad esser menado a S.ta Croce sopra un soller in una Piatta per Canal grande, e che nel viaggio le sia date sei botte di Tanaglia ardente nel petto, e da Santa Crose sia strascinado fin a San Zuane polo a coda de Cavallo, dove per mezzo la scuola de S. Marco li sia tagliada la man dritta, et menado in Piazza tra le doi Colonne pur a coda de cavallo sia appiccado per la Golia, e poi brusado, e così finì la scelerata sua vita, per li molti sacrilegi commessi per il corso di sei anni; la robba, che li fu trovado fu dispensata tra li luoghi a chi era stata rubbata a portione, et fu data la taglia a quelli erano sta causa del suo prendere, che fu L. 2000, et assolutone d' un Bandito di Terra, e Luoghi, ec etto però per il Cons.o di X.ci com'era sta proclamado.» (pp. 138 e sgg.) [Cfr. anche G. Tassini. «Alcune delle più clamorose condanne capitali.» Venezia 1892 pp. 158 e sgg.]. Forse a codesto fatto stesso allude il seguente sonetto che togliamo dallo stesso codice : Sopra (nielli, che robba va iu giesia Ha pur sassini el vostro sangue intento in manco de otto di ste aque sallae con allegrezza più della Cittae, che non avevi vu del tradimento, Che ve ha valesto giesia nè convento, se infina Cristo no ve abbù pietae, e infili se vii xe slitti crudeltae che altro stava aspettar el vostro intento? Forsi, che no sentivi per la piazza la terra tutta quanta fin al cielo tutti a una vose dir, aniazza aniazza. Parte de vu sè zonti a quel coltello, che meritavi sassinesca razza el l'esto sta aspettar mazor flagello. (pp. 193 t.°) - i II primo in qualche arte ma specialmente, nella muraria : si allude probabilmente a quel Giovanni ricordato nel «Registro». 23 ) Computista. 21) Ragioniere. 25) Nel significato italiano: ladri e concussori vedi nel «Registro» ricordati; tra gli altri Giamb. Orazio (decapitato nel maggio 15fJ0) che aveva rubato nella Cassa dei Camerlenghi di Comune (pp. 13). 20) Forse un «Domenico Chiarori, da altri scritto Scrivati d' a. 30» impiccato nel gennaio (m. v.) 1573 (ibi. pp. 141. 27) Nome, probabilmente, di qualche barbara popolazione d'Oriente, presumibilmente slava. 2S) Parola d'origine serbo-croata «mercante di schiavi». Anche questa notizia devo al eh.ino prof. Teza. 2'J) Alludesi anche qui, forse, al Nadalin su ricordato. Con rocheti accennasi ai sanrocchini, probabilmente, o ai membri della Scuola di S. Rocco : il valore dell' altro vocabolo mi sfugge. 30) Probabile allusione al grosso «panno griso» indossato dai frati. 31) '? Nella parola è. forse un giuochetto scurrile. 32) ? La grafia del ms. si presta anche a leggere «mastin». 33) Edifizio interno nell'Arsenale dove, sin dai tempi più antichi, era deposito di canapa pei corda ggi. (Continua) I>.r Antonio Pilot. ME E RITI DEL POPOLO ISTRIANO. (Continuazione. — Vedi a. c. pg. 110). A ehi ha danno ma per propria colpa (al quale anche si dice : ti à i-olesto? magna de questo): 58. Chi xe al suto quando piovi el xe cogion se '1 se movi; se '1 se movi e '1 se bagna el xe cogion se 'I se lagna. ad Albona, Pola, Capodistria i. Ad mio eh'è moderato per forza: 5i>. Se la rana gavessi i denti ! . . . la niagnarave anca i su parenti. (ad Albona, Montona, Capodistria). A chi un po'alla volta perde tutto: (10. Bon giorno, sior Matio, le galine xe andae con Dio; se 110 '1 sarà acorto ghe 'ndarà anche '1 porco. t ad Albona, Portole, Grisignana i. (Vedi Vemaver, «Usi di Portole» pag. 172). Ad una furiosa : 61. Feghe un bon calè co la eicolata, parciò che la siora (ovv. coga) no diventi mata. (a Isola . Ad uno scioperato : 62. In tre bele. matine go perso tre galine, go perso la mia cresta, e se no stavo atento perdevo anca la testa. lad Albona, Fianona, Pola). Ad una smorfiosa: 63. Cara da Dio con quel bel brio ti me fa cicar. l a Muggia i. Ad un invidioso : 64. Se ti te cichi, mi me la godo, mostro de un gobo, te farò cicar. (in tutta 1' Istria i. A chi dice brutte parole: 65. Vate a confessa, muso de fessa ! a Parenzo). e 1' altro risponde : M' ò confessà, muso de bacala, a Parenzo . A chi vorrebbe saldar i debiti con le ciance: 66. Scarselin de drio, vien avanti, che '1 prete vol i bezzi e no i canti, la Visionano, Montona). Dice un tabaccone: 67. Dopo piena la panna, una presa de tabaco dà sostanza. (a Capodistria). Una specie d'imprecazione scherzosa è: 68. Fioldunean, tre bori e un carantan ! lampo, ton, saieta, tu' mare maladeta. la Parenzo). A Parenzo la ragazzaglia saluta così la sposa novella, mentre il corteo nuziale va in chiesa oppure ne esce: 60. Eviva la novissa che la e... e che la p.... ! La vien, la vien, col caro de fien ; la va, la va, col caro de paiaaa ! A Capodistria la ragazzaglia grida sotto le finestre della sposa novella durante il banchetto di nozze: La novissa s' à sposa Per la gola del bozolà, Per la gola del confeto La novissa e... in leto. Di Carnevale gridano, a Parenzo, come i popolani a Venezia : 70. El va, el va, el va, el va che '1 tornarà (opp. e dopo ci tornarà); turuturututela turu turu tu là. Orr. 71. Carneval xe morto ! Ghe faremo una velada, ghe daremo una caneta, ghe faremo una giacheta, che lo possi sofigar! E su' santola malandreta, che ghe vegni una saeta, che lo possi fulminar. Eh, eh ! viva le mascarè ! A Orsera aggiungono come a Rovigno : Naranze, limoni, scoreze dy s'ciavoni, A Capodistria i popolani cantavano: Carneval, 110 sta 'ndar via, te faremo una velada, ogni ponto una sassada, Carneval, 110 sta 'ndar via. Carneval, no sta 'ndar via, te faremo un bel capoto, ogni ponto un scopeloto, Carneval, no sta 'ndar via. Carneval, no sta 'ndar via, te faremo una giacheta, ogni ponto una saeta, Carneval, 110 sta 'ndar via. E così di séguito cambiando il nome dell' indumento ed adattandovi la rima. Del resto la burla c'è per tutti. Chi porta il cilindro, ora divenuto innocente e . . . conservatore, si sentirà cantar dietro: 72. Ara che cana, cana, calia, ara che cana onfegada, glie voria una savonada con tre funti de savon. Ara che cana, cana, cana, ara che cana che passa de qua. ovv. ara che cana che canon. Ci sono poi delle strofette burlesche le quali per certo si riferiscono a fatti particolari, come questa, che avrà forse il suo sottinteso politico : 73. La signora dei Tedeschi 1' à t'ali co la botega la xe resta sentada in carega che la piansi el so destili, (a Parenzoj. C'è poi questo bisticcio fra due sposi. Lui le fa una visita, quando lei s'è cucinato un sanguinaccio ((tua ìnula); lei indispettita se lo caccia in seno e lui se n'accorge. Questa sati-retta restò come modo di dire per gli sposi ingordi e doppioni. 74. Lei: Note xe, bel tempo fa, in casa dei altri 110 xe bel star; se mi iu casa dei altri ogi saria, come che i altri xe in casa mia, me ciaparia su e andaria via. Lui : Bela note, bel seren, la mia morosa co' la mula in sen ; se la mula 110 ghe scotassi, gnanca via no la me mandassi. 1 a Isola), Ecco alcune burle d'imperfezioni fisiche. Si dice a ehi à fame : Ti ga fame ? Magna corame ! Ad un mangione : 75. Chi magna a tute le ore 110 godi la pase del Signore. (a Capodistria). Ad una sorda: 76. — Bolidi, dona Luzia. — Son qua che lavo el sacco. — Ve dago el bon dì. —- Mia mare P à cusi. (a Parenzo ). A chi ha capegli rossi: 77. Rosso de mal pel, cento diavoli per cavel. (in tutta l'Istria). Ad uno sciancato: 78. Da un segna de Dio cento passi indrio, da un zoto cento e oto. (idem). Circa i nasi : 79. V'ardite de quei che '1 naso ghe varda in sii ; ina quei che '1 ghe p.... in boca, guai chi li toca ! (a Pola). E questa : 80. Oeio che varda abasso, uaso che p.... in boca, viso senza color, o mato o traditor. (ad Albona, Pola). Di una zoppa si dice: 81. La zota che vien de Rimini, la vien sonando el zimberno ; el zimberno xe de carta, la zota monta in barca; la barca sa de pegola, la zota xe una petegola. a Parenzo). Per i gobbi : 82. El gxibo saraiola che mena la eariola. (ad Orsera >. 83. El gobo de le ore, che fa baiar le siore, le siore no voi baiar, el gobo no voi sonar, f in tutta l'Istria). 84. Gobo gobo tondo, coss' te fa in sto mondo V Fazzo quel che posso co'la mia goba adosso. (ideili). 85. El gobo Delaide, che vendi cuciari, tre soldi la lira, la goba ghe tira, (a Parenzo i. Ciò mi fa dolorosamente ricordare quella canzoncina Gobbus esto, fammi un canestro, fammelo cupo, gobbo gozzuto, con cui i monelli burlavano a Recanati Giacomo Leopardi rincorrendolo a pallottole di neve1). Ora vengono le burle di campanile fra comune e comune, frutto di quell'albagia e gelosia che un paese ha contro l'altro, innocuamente però, e deriva dal tempo dei comuni medievali. Contro i Dignanesi, detti bumba ri, c'è questa strofetta volgare: 8fci. Bumbaro, bumbaro c... paia, daghe fogo a la caldaia, la caldaia no voi impizzar, gnanca el bumbaro no voi c...r. (a Polai. Quando nella piazza di Pirano fu inalzato lo splendido monumento del Dal Zotto all'immortale Tartini, la satira popolare trovò questa caricatura: 87. In mezo de Piran xe quatro buratini, in mezo xe Tartini co' la chitara in man. No basta la chitara el ga le braghe curte el sona le mazurche, le serve va a baiar. Altre satire paesane sono : 88. Trieste — pien de peste, Isola famosa, Capodistria pedociosa. Piran — pien de pan. (a Pirano). ') G. ,4. Cesareo, Il centenario di Giacomo Leopardi, in «Natura ed Arte», anno VI, pag. 508, 89. La polita de Piran xe valorosa; a Umag'o — xe bel un prete e un zago ; Citanova — chi no porta 110 trova; Parenzo — tuti rnati chi xe dentro ; quei de Orsera xe pansolini, e quei de Rovigno xe parigini ; quei de Pola — i xe de napariola, e quei de Dignan i ga la bandiera in man. (l'intesi a Pirano >. 90. Piran pien de pan, Isola vergognosa, Capodistria pedociosa, Muja fresca come una rosa. 91. Co nassi un piranese nassi un ladro, co nassi un isolali, nassi un sacheto, co nassi un cavresan, nassi un conte, e viva Muja bela ai pie del monte. Queste due ultime strofette le ho udite a Muggia. Esse testimoniano lo sprezzo che aveva per le città consorelle la terribile cittadella di Muggia, che tenne testa a Venezia e a Genova. (Continua) Francesco Babudri. Alcune nmmi caroli® nel Filare tosino Ognuno, che abbia studiato, anche di passata, la storia della nostra epopea, saprà che le leggende del ciclo carolingio, coni' erano le più diffuse, erano pure le meglio gradite al popolo italiano. V' immaginate i giullari e i cantastorie del secolo XIII e XIV, peregrinanti per le città dell' alta Italia e di Toscana, i quali cantando « su la vivuola » spassavano e facevano sbalordire le plebi con le gesta meravigliose dei cavalieri di Francia? A Firenze — come assodarono gli studi più recenti, — in certi giorni della settimana, il popolo si raccoglieva regolarmente nella breve piazzola di San Martino, presso ad Or San Michele, ed ascoltava estatico la parola del cantatore : accalorandosi alle prodezze' del focoso Rinaldo, sdegnandosi alle vjltà di Gano, commovendosi alle sventure e alla morte di Orlando. A Perugia il Comune stipendiava, tenendolo in conto di pubblico ufficiale, un canterino espressamente perchè ogni sera ricreasse il popolo, stanco delle fatiche, con i racconti cavallereschi. Così avveniva in parecchie città della penisola italiana ; e, che qualche cosa di simile non abbia avuto luogo anche da noi, sarebbe forse azzardato il negare. Il popolo mise amore a quelle narrazioni fantastiche di eroi, già fin dal loro nascere ; e quest' amore, tramandato di generazione in generazione, si è perpetuato e radicato così fortemente nella multanime coscienza popolare, che neppur oggi è spento del tutto. Nel napoletano vige ancora la bella consuetudine dei cantatori, con un grazioso traslato chiamati Rinaldi '), che vanno per le piazze a dire le antiche leggende ; in Sicilia, scrive il Rossi '-), l'opera de li puppi, ossia il teatro dei burattini, rappresenta molto spesso anche oggigiorno drammi cavallereschi, che attingono l'argomento dai poemi carolingi ; e sulle sponde di quei carretti a due ruote, che sono una caratteristica specialità dell' isola, si scorgono, grossolanamente dipinti, episodi delle imprese di Carlo Magno e de' suoi pala-ladini. In tutta Italia poi, e da noi pure, la gente minuta legge con avidità e intenso piacere un vecchio libro, ormai mutilo e raffazzonato : I Reali di Francia di quell'Andrea di Jacopo da Barberino di Valdelsa, che fu uno dei migliori cantimpanchi fiorentini del decimoquarto secolo. È naturale che questi racconti, e più ancora queste letture, abbiano colpito e impressionato la mente plebea, incline-vole per sua natura al fantastico. Il popolo si appropriò quelle leggende mirabolanti, ne lece suo sangue, le citò in casi consimili ad avvalorare i suoi discorsi, si formò come un frasario sui generis, d'un sapore perfettamente classico, e molto significativo. Nel mio paese, ad esempio, c' è una vera fraseologia desunta dalle leggende cavalleresche ; gli eroi del ciclo carolingio sono familiari ai nostri popolani, che forse inconsciamente, li 4) Perchè cantano di Rinaldo, l'eroe prediletto del popolo italiano. 2) Cfr. Vittorio Rossi, Il Rinascimento - Milano, Vallardi 1904 a pg. 49. citano molto spesso nel loro parlare tutto fiorito di metafore. Le imprese di Carlo Magno, si sa, furono numerose e varie ; ora da noi, quando il discorso gira su di un tale che ne abbia fatto d' ogni genere e d' ogni colore, indubbiamente a qualcuno scappa detto: « ci ghe ne ga fate pili che Carlo in Fran sa»1). A dir vero il paragone non fa troppo onore al buon re Carlone, poiché oramai viene adoperato quasi sempre in senso cattivo. Accennando a persona, che si ingerisca in ogni faccenda, a un importuno presente ad ogni ritrovo, o a un giostrone impenitente, sentirete esclamare: « el .re da per tato come ranima de Boro d'Antona». Forse, anzi certo, molti non sanno più chi sia stato Buovo d'Antona, nè cosa abbia tatto ; ma rammentano che i loro vecchi usavano di frequente quel paragone, e lo van ripetendo tuttora. È noto, che i romanzi su Buovo d'Antona erano diffusissimi e molto gustati in Italia. In tutti i racconti del ciclo carolingio, mentre dalla casa di Cbiaramonte usciva una geniale stirpe di cavalieri senza macchia e senza paura, alla casa di Maganza invece erano collegati i cavalieri sleali e traditori : questo, uno dei principali caratteri, e quasi 1' ossatura dei primi poemi cavallereschi. Maganza, divenne sinonimo di perfidia ; Maganzese, fu come dire traditore. Ora, quantunque abbia un po' derogato dal suo significato originario, l'appellativo maganzese è ancor vivo da noi : lo si affibbia a persona poco onesta, che furbescamente sappia imbrogliare, spece al gioco delle carte. Da traditore a baro, è breve il passo. Durlindana, il nome della celebre e gloriosa spada di Orlando, per antonomasia (comune alla buona lingua) è venuto a significare anche quella d'un oscuro fantaccino qualunque. Un vecchio nostro spazzino municipale, raccontando non so qual triste fatto della gioventù, parla sempre, con una lieve tinta d' orgoglio, della sua gran durlindana. Figurarsi le imprese !.... 1 ) 11 Bianchi nella sua raccolta riporta una frase affine, ma diversa nel significato: « El ga più da far In, che Carlo in Franza» (v. Proverbi e modi prov. veneti di G. Bianchi - Milano, Bernardoni 1901, a pag. 35), A Pirano, e me ne fa fede l'amico carissimo Nicolò Linder, è in uso una frase, che contraddice apertamente le citate: «contento come Carlo in Franza ». E un po' strano ; a Cherso re Carlo lo mettono quasi al paro con quel fosco castellano (el ghe ne ga fate più ch'el cautelali); a Venezia è tutto affaccendato, a Pirano invece allegro come una pasqua ! Certamente, non soltanto a Cherso, ma anche in altre città dell' Istria si potrebbero riscontrare di tali reminiscenze : e, ove qualcuno s'invogliasse a iniziare delle ricerche su questo attraentissimo campo della demo-psicologia, la fatica — è lecito credere — non sarebbe a niun conto malamente spesa ; se non altro si apporterebbe con ciò nova e solenne conferma, che essenzialmente italiana è 1' anima del popolo nostro. A me consta, per esempio, che 11011 lungi da Orsera si eleva sul mare lo scoglio detto di Orlando :2) una roccia che cade a picco, e il volgo crede tagliata con un colpo di spada dell' eroe carolingio. A breve distanza dall' arco de' Sergi, a Pola, ergevasi anticamente un teatro, grandioso monumento di romana potenza, il quale Andrea Rapido esaltando chiamava « miracula Zari»; e il popolo, sempre fantasiosamente romantico, battezzava col nome di Torre 0 Palazzo d'Orlando 3), intessendovi, com'è presumibile, la trama d'una leggenda. E ci sarà dell' altro, inesplorato, ancora ! Iacopo Cella Cfr. T. Luciani, Tradiz. pop. albonesi, Capodistria, Tip. Cobol e Priora, 1892, ove si trovano citate alcune frasi, che anno attinenza storica con le nostre, come : « el par un Orlando furioso » (n. 1109) ; « el xe un Rodomonte» (11. 1063); «el xe una spezie de Guerin el meschina (n. 1108); « el xe come l'impio (oppure) Olimpia sul scogio » (n. 1224), quest'ultima in uso anche a Capodistria (v. Pag. Istr. IV. p. 124). 2) Ne parla il Caprin in Marine Istriane, Trieste, Stabil. G. Caprin, 1889, a pag. 228 ; della credenza popolare mi riferì il collega parentino Ferruccio Borri. 3) v. Caprin, op. cit. nonché nell'Istria Nobilissima, Parte I. - Trieste G. Caprin, 1905, a pag. 153 (nota 1), e nei disegni a pagg. 113, 154-155. Consulta inoltre un lavoro di Camillo De Franceschi, in «Pag. Istriane», A. I. 1902, (« Una descrizione inedita della città di Pola» a pag. 224). Di questi accenni vado debitore al distinto signor Giuseppe Martissa, a cui mi é caro rendere pubbliche grazie. Ricordi de Magio E la luna spandea sora la fera, da vera eortesaua, el so slusore, vegnea da i campi, da le ziese in fiore tuti i profumi de la primavera. Ti te tremavi come un polzinelo, e mi streta fra i brazzi te tegnea •, soto e] capelo rosa soridea d1 amor, quel viso tanto fresco e belo. Nessun per quela strada se incontrava, e se ghemo sentà su 'na bancheta. Volèvimo a cantar 'na canzoneta, ma a tuti do la voze ne tremava. No pareva e pur gèrimo comossi. «Xe male a stare soli in te sto sito !» vegnendo rossa ti te me ghe dito, mi go tasudo, e no se ghemo mossi. E senio resta là senza parlare un quarto d' ora co' le man in man.... Una delizia nova a pian a pian sentivimo nel sangue a sbisegare. Quando la luna in ombra n' à lassà, tremando, i nostri lavri ghemo unio, e po'.... no so più gnente, amore mio, perchè de tàsar sempre go giura ! (Vicenza) Adolfo (Jiiiriato. Notizie storielle di Grisignana (Continuazione — v. A. IV, pg. 78). Due anni di poi una grave sciagura venne a colpire la provincia. Nel 1817 infierì una terribile carestia, seguita da malattie che durarono lunghi mesi. Una grave demoralizzazione nel popolo delle campagne ne fu la conseguenza ; onde i furti, i maliziosi danneggiamenti e le violenze a mano armata per rapina si ripetevano con tale frequenza che fu ordinato il giudizio statario per l'Istria. Erano tristi tempi quelli anche per un altro rispetto. Chi era di cuore schiettamente italiano o fautore dell' ordine di cose passato, era guardato con occhio sospettoso. Pretendevasi allora di giudicare il pensiero della gente ; e i cittadini migliori, a non essere servili, si videro costretti a esulare in terre lontane. L' ordinamento comunale del 1815, mentre già nel 1842 si riconobbe «l'insufficienza delle organiche disposizioni dei comuni», e dicevasi «urgente necessità l'introduzione d'una costituzione delle comuni regolate e adattate alle circostanze del tempo e della Provincia», durò fino all'anno 1846. In questo anno, già il 20 gennaio, si promulgò una « istruzione per la creazione di un consiglio comunale e per la regolazione dell'atto di elezione». Tale provvedimento fu benemerenza del Governatore conte Stadion, uomo illuminato e di liberi sentimenti. In forza di tale decisione gli elettori del comune di Gri-signana furono distribuiti in tre classi. Alla prima appartennero coloro che pagavano da f. 12 in più di «steora», alla seconda quelli che contribuivano meno di 12 ma più di 4, alla terza i paganti 4 fiorini o meno. Di modo che il consiglio comunale del nostro Castello compone-vasi di nove deputati e di sei sostituti, mentre ciascuna classe di elettori nominava tre deputati e due sostituti. Il podestà era nominato dall'autorità politica, e le adunanze del consiglio erano presiedute dal Commissario politico di Buie. In questo tempo la giurisdizione politica della provincia stava nelle mani del capitano circolare barone de Grinschitz che risiedeva in Pisino. Con la rivoluzione del 1848 si fece un passo innanzi. In seguito ad istanza di trentasei cittadini di Capodistria, del 4 agosto '), il ministro dell' interno concedeva, con rescritto del 1) Vedansi i nomi di questi egregi cittadini : Giuseppe eonte Del Tacco — Nicolò de Manzini — Andrea Bratti — Giuseppe Gravisi di Lepido — Giannandrea Gravisi — Nicolò de Madonizza — G. Pietro de Venier — Giorgio de Baseggio fu Bortolo — Giovanni Cernivani di Giovanni — Giovanni Pieri — Bruti Ferdinando — Alberto Giovannini — D.r Cristoforo de Belli — Francesco marchese Gravisi — Francesco de Almerigotti — Nazario Stradi — Giov. Batt. Racanelli — Nicolò Pellegrini — Nicolò Biseontini — Francesco de Bruti (o Borisi ?) — Carlo Vallon — Pietro D.r Del Bello — Nicolò Gambini — Luigi prof. Gravisi — Giovanni de Madonizza — Giovanni Sandrin — Elio Gravisi — Pietro Musella — Giacomo Deponte — Pietro Corte q. Andrea — Gio. M. (?) de Gravisi — Girolamo Giasche — Paulo Depangher — Pietro Gallo — Nazario Pelaschiar — Pietro Mattiassich. (Archiv. coni, di Capodistria). 10 agosto di detto anno, che i deputati fino alla promulgazione di un regolamento comunale, fossero eletti dal popolo ; che nello stesso modo fosse fatta la scelta del podestà e non più dall'autorità politica, e che la presidenza del consiglio comunale spettasse al podestà senza l'intervento del commissario politico. Tale concessione, ottenuta anche mercè l'influente mediazione del deputato al Parlamento di Vienna, venne comunicata alla rappresentanza comunale di Grisignana dal podestà di Capodistria D.r Corniti con nota ufficiosa del 10 settembre 1848 ') La stessa partecipazione fu fatta a tutti i municipi istriani « per sostenersi — scriveva il Combi — a vicenda in ogni aspiro a migliori destini futuri». Nel successivo 1849 venne finalmente promulgata la legge comunale, che dava la rappresentanza del comune liberamente scelta dalla popolazione. In data 9 settembre 1848 il poeta-deputato al Parlamento costituente Michele Fachinetti scriveva da Vienna al podestà di Buie, A. Vardabasso : « Giorni sono venni a sapere dal signor Genny deputato dell' Istria antico-austriaca al parlamento di Francoforte che l'Istria ex veneta verrebbe domandata se le piacesse confederarsi all'impero germanico. Quantunque io sia ben consapevole del buon senso degl'Istriani che non si lasce- l) Ecco 1' atto originale : N. 535 «Alla spettabile Rappresentanza comunale di Grisignana Lo spirito di nazionalità, che per tutta la Provincia si è destato con sì felice accordo, fa sentire ai sottoscritti Rappresentanti Comunali, quanto convenga di portare senza indugio a conoscenza de' Municipi Istriani le Ministeriali Risoluzioni, ottenute dietro nostra Petizione e colla influente mediazione del nostro Deputato al Parlamento di Vienna. Siccome poi le Risoluzioni stesse appariscono già di massima, così 1' applicazione dovrà certo senza ostacolo diffondersi a tutte le Comuni Consorelle. È grato uffizio pertanto ai sottoscritti medesimi di qui esibir copia delle precitate Risoluzioni per ogni uso espediente, nelle acquistate franchigie e sempre colla patriotica tendenza di conciliare coli' uniformità di reggimento municipale la più stretta unione per sostenersi a vicenda in ogni aspiro a migliori destini futuri. Dalla Podestaria Capo Comune di Capodistria 10 Settembre 1848 Il Podestà Dr. de Combi m. p. D.co Demori Delegato m. p. G.io (le Baseggio Del.o ni. p.» ranno trarre in inganno da chi che sia su tale rapporto e conosceranno l'inopportunità di pur raccogliersi per dare risposta a tale domanda, tuttavia essendomi molto cara la nostra patria comune e non ignorando che le mene degli astuti e degli e-goisti sono molteplici e pericolose, così avverto sulla possibilità che anche a quel comune venga proposta una tale domanda. La promessa di futuri vantaggi materiali a noi prevenibili dalla Germania col danno inevitabile che venga adulterato il nostro spirito di nazione devono considerarsi illusione e menzogna. Quel giorno in cui l'Istria dovesse essere aggregata all'impero germanico stimerei il principio di un'epoca luttuosa per lei». A questa lettera la città di Buie, insieme coi sottocomuni di Tribano, Crassizza, Carsette, Mondano, Berda, Oscurus e Sorbar, rispose, come appare dal protocollo assunto nell'ufficio comunale il 22 gennaio 1849 '), con una seria e nobilissima manifestazione che si può considerare un vero plebiscito. Il comune tutto, mentre respingeva qualsiasi dimanda di quel genere, dichiarava voler «serbare intatto e garantito il sacro diritto dell' italiana nazionalità coli' uso esclusivo dell' italica lingua nella publica istruzione elementare e nelle ufficiose per-trattazioni di tutti gli affari politici economici amministrativi ') Il notevole documento reca le seguenti firme, e cioè la Rappresentanza comunale col Municipio di Buie : A. Vardabasso, podestà, Servolo Bonetti, delegato comunale, Giov. Batt. Marzari, delegato comunale, e i deputati Giovanni Crevato, Stefano Lov, Tomaso Dusich, Pietro Zoppolato, Pietro Bartolich, Valentino Agarinis e Benedetto Crevato. — La Rappr. sotto-com. di Tribano: Giovanni Milos agente, Giovanni Druscovieh e Antonio Viscovich delegati. — La Rappr. sotto-coni, di Crassizza: Giovanili Gardos agente, Matteo Giurgevich e Matteo Cinich delegati. — La Rappr. sotto-coni, di Carsette: Antonio Martincich agente, Giorgio Gambos e Antonio Crevatin delegati. — La Rappr. sotto-com. di Momiano : Pietro Venier agente, Antonio Sfecich e Matteo Bar.olich delegati. — La Rappr. sotto-com. di Berda e Britz : Giovanni Vigini agente e Pietro Sfetina delegato. — La Rappr. sotto-coni, di Merischie e Oscurus: Biagio Zancola agente, Antonio Prelaz e Mattio Giacovaz delegati. — La Rappr. sotto-com. di Sorbar : Giorgio Lalovich agente, Pietro Giurgevich e Matteo Marussig delegati. — Elettori del Circondario dell' intiero Comune : Giorgio d'Ambrosi, Francesco Dr. Crevato, Antonio Dr. de Colombani, Giov. Batt. Marzari, Pietro Venier, Antonio Gianolla, Giovanni Piccoli, Giovanni Zo-govich e Giovanni Marsich. Tra i firmatari di questo protocollo appare anche un prete di Portole, don Matteo Decolle, pio e colto, che la professione di fede italiana espiò col non aver potuto mai salire, e morì semplice cooperatore della chiesa di s. Giusto a Trieste. e giudiziari non solo nel centro del Capocomune, ove nessuna altra lingua nè si parla nè s'intende, per cui di verun' altra nazionalità e lingua può qui cadere neppur parola, ma ben anche in tutte le dipendenti sottocomuni e circondari rispettivi » 1). La lettera del deputato Fachinetti fu comunicata anche al podestà del nostro Castello, e Grisignana assieme con Piemonte e Castagna rispose con altro suffragio pari a quello di Buie, e n'è testimonio ancora vivente il signor Giovanni Grimalda fu Giovanni. Il Fachinetti in unione agli altri deputati si adoperò in seguito a che l'Istria non sia unita a Gorizia nè tampoco alla Carinola, ma le sia concessa l'autonomia provinciale. Signori di Pietrapelosa e di Grisignana. 1238-642) Vicardo 1274 3) Carsmanno ed Enrico 1285-1321 ') Vicardo di Enrico 1329-1336 5) Pietro di Vicardo 1352") Nicolò di Pietro Signori di Grisignana. 13397) Giovanni Francesco di Castello 1358 8) Volrico de' Reifenberg Capitani del Pasenatico «citra aquam» residenti in Grisignana. fra il 1359 e il 1361 9) Pietro Delfino 1360 t0) Nicolò Zeno 1360 ") Cresio de Molin 4) Da carte originali di quel tempo, favoriteci dal sig E. Torcello. 2) A. Marsich. Notizie intorno a Pietrapelosa. — E Cod. dipi. istr. 3) Cod. dipi. istr. 4) Minotto. Acta et diplomata. — Carli. Antichità italiche, vol V. — Ab. G. Bianchi. Documenti per la storia del Friuli. Doc. n. 227. 5) Bianchi. Ivi. — Statuto di Montona. — Morteani. Notizie storiche di Pirano. e) Cod. dipi. istr. — Ivi. 8) G. di Sardagna. Archivio veneto, T. XII, P. II, 1876. 9) De Franceschi. Note storiche. 10) Atti e memorie, IV, p. 148. ") Ivi, pag. 149. 1363-64 ') Ermolao Venier 1365 2) Pietro Marcello 1366 :!) Pietro Contarini 1367-68 ') Cresio de Molili 1368 r') Andrea Gradenigo 1374 6) Pietro Badoer 1375 7) Simon Michiel 1376 8) Pietro Balbi 1384 ,J) Iacopo Gradenigo 1385-86 10) Paolo Zulian 1387 11) Francesco Dolfin 1388 '•) Nicolò Dolfin 1388-91 1:i) Francesco Zorzi 1392 ") Andrea Cocco Podestà veneti. 1396 15) Bertuccio Dolfin ? Nicolò Badoer ? Nicolò Morosini 1400 '") Smerius Quirino 1402 17) Saladino Premarin 1405 Maffeo Manolesso 1405 li>) Filippo da Riva 1411 so) Bartolomeo Contarini 1412 21) Antonio da Riva ') Cod. dipi. istr. — Atti e memorie, V, p. 21. 3) Ivi, pag. 26. — 4) Ivi, pag. 33 e 3i. 5) Ivi, pag. 39. — 6) Ivi, pag. 55. 7) Ivi, pag. 62. — s) Ivi, pag. 66. n) Ivi, pag'. 80. — L'egregio sig. Giuseppe Martissa richiama la mia attenzione su di una miniatura esistente sulla Commissione per la elezione di Paolo Gradenigo a podestà di Grisignana, di che si fa cenno nei Miniatori veneziani del Dr. D. R. Bratti, estratta dal Nuovo Archivio veneto, N. S. t. II, P. I. Venne davvero a Grisignana il Gradenigo e in quale anno V 10) Ivi, pag. 265 e 266. — ") Archiv. com. di Pirano. 1S) Atti e memorie, V, p. 268. - l3) Ivi, p. 270 e 277. 11 ! Ivi, p. 280. — >5) Ivi, p. 28!). 16> Ivi, p. 295 e 296. Dei precedenti N. Badoer e N. Morosini non é indicato 1' anno. 1T) Ivi, p. 301. — >s) Ivi, p. 306. t0) Archiv. coni, di Pirano. — 20) Atti e memorie, IV, p. 271. 21) Ivi, V, p. 316, 1415-16 1 ) Ordelaffo Falier 1418 2) Castellano Minio 1420 3) Pietro Clritti 14 22 4) Antonio da Riva 1423 5) Benedetto Barbaro 7> 6) Lodovico Calbo 1428 7) Ambrogio Malipiero 1431 8) Marco Barbaro 1437 9) Gerolamo Lombardo 1438 10} Leone Barozzi 1450 ") 1457 i«) Cristoforo Civran 1461-63 1: ') Lodovico Memo 1477 Alvise Orio 1484 Giovanni Delfino 1497 Bernardino Pilet.ro (?) 1504 17) Agostino Moro 1515 18) Alessandro Molin 1518 Giammaria Morosini 1521 Giacomo Delfino 1522 Ettore Donà ') Ivi, VI, p. 11. = Morteani. Notizie storiche di Pirano. 2) Ivi, VI, p. 14. - 3) Ivi, p. 17. — ') Ivi. p. 22. •"') Effemeridi istriane nell' almanacco «La concordia» a. 1883. Gi Archiv. coni, di Pirano. 7) Atti e memorie, VI, p. 29. 8) Ivi, p. 34. », Ivi, p. 40. — »<>) Ivi, p. 40. ") In pergamena contenente una sentenza per confini tra Grisignana e Buie dell' anno 1573 si menziona altra confinazione avvenuta addì 13 marzo 1450 fra i podestà di Grisignana e di Buie Leonardo Bondulmier e Nicolò Bollani. Quale dei due era podestà di Grisignana V 121 Archiv. coni, di Pirano. ,3) Ivi. — Morteani. Storia di Montona. u) Atti e memorie, IV, p. 300. 13) Iscrizione sulla torretta all'ingresso del castello di Grisignana. ltì) Da lettera ducale Agostino Barbarigo al detto podestà del 27 luglio 1497, indizione decimaquinta. n) Archiv. vescov. di Cittanova, fase. n. 42. 18) Ivi, fascio, il. 4. 19) Iscrizione sulla torretta, come sopra. 2") Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 4. — Archiv. coni, di Pirano. — A lui succede E. Donà. Vedi Vesnaver. Indice delle carte di Raspo, p. 12. 1533 ') Paolo Marcello 1539 2) Domenico Morosini 1547 ;!) Andrea Salamon 1550 ') Nicolò Prinli ? Marcantonio Querini 1552 Gerolamo Emiliano 1554 5) Angelo Alvazo (?) ') Ivi, fascic. n. 111. 2) Ivi, fascic. il. 42 e cap. 66 dello Statuto di Grisignana. 3) Ivi, fascic. li. Ili e 159. ') Ivi, fascic. ii. 111. — Qui dovrebbe collocarsi codesto M. Quirini che fu pod. senza indicazione dell' anno (Atti e memorie, IX, p. 29cS), e dopo di lui G. Emiliano quale appare in una Ducale Fr. Dona del 1552. — Perchè tende a incoraggiare 1' agricoltura, riteniamo utile di recare qui la Ducale diretta a codesto podestà : Franc.s Donatto Dei gratia Dux Ve-netiarum etc. Nobilibus et sapientibus viris Hier.mo Emiliano de suo mandato potestati Grisignane et successoribus suis fidelibus dilectis salutem et dilectionis affectum : Signifìcamus Vobis q. heri in nostro Consilio roga-torum capta fuit pars tenoris infr.ti videlicet. Essendosi aggravati li cittadini della fedelissima Terra nostra de Grisignana sopra un proclama fatto 1' anno 1539 a do de marzo per il nobil homo Domenego Morosini alhora podestà di essa Terra, per il qual fu ordenato che tutti quelli che possedè va no terre di qualunque sorte di rason della S.ia Nostra prefatta et come in quella : Suplicando però che vogliamo delegar al podestà et Cap.o di Capodistria il qual udite le raggion loro hauesse ad aministrar ragion et iustitia nella revocatione del ditto proclama, et come nella suplicatione hora letta questo conseglio ha inteso, onde non si dovendo mancar di essaudir li prefatti fideli nostri in quello che sia conveniente et honesto cosi per la puhlica comodità come per il particolar benefltio loro, dandoli maggior habilità di tempo che per ditto proclama è statuitto in far lavorar le terre sopraditte, si come consigliano li nobil homeni s. Hier.o Ferro olim podestà et Cap.o di Capodistria, et s. Nicolò di priuli et Marcantonio Quirini stati Rettori nella prefatta Terra di Grisignana et hora è stato letto : Però 1' anderà parte chel sopradicto proclama sij por autorità di questo conseio reformato in questo modo, ciò è che dove in quello se dice che ogni volta che le lasciassero di lavorar dette Terre per anni tre continui etc. Intender si debba per anni cinque continui dovendo esso proclama in tutte le altre parti restar fermo et valido et nel resto confirmata la eontinentia sua, acio che con questa obligation ciascun habbia causa di cultivar le sue terre et che le possili produr a comodo univer sale et particolar benefltio delli patroni loro ; qualiter auctoritate slip.ti Consilii niandainus vobis ut sup.am partem observetis ab omnibusque observari et pr.es nostras registratus etc. Data die 11 Iunii ind.e X.a 1552 r>) In pergamena contenente provvedimenti circa la custodia del Castello. 1558 Pietro da Canal 1560 2) Benedetto Barozzi 1560-61 :i) Gerolamo Zorzi 1561 Agostino Lippomano 1563 Filippo Salamon 1564 Gerolamo Venier 1566 r') Francesco Magno 1566 u) Andrea Marcello 1571 Gerolamo Giustinian 1573 7) ' Francesco Landò 1574 8) Gerolamo Avanzago 1578 Lodovico Soranzo 1583 Lorenzo Avanzago 1587-88 10) Francesco Belengo 1591 u) Giambattista Morosini 1592-93 l2) Giacomo Bragadin 1596- •97 13) Gerolamo Briani 1599 14) Marcantonio Partita 1600 iS) Marco Barbarigo 1603 Alni orò Priuli 1604 Domenico Malipiero ') Vedi il proemio dello Statuto. 2) Arehiv. com. di Grisignana nel voi. dello Statuto. 3) Ivi. — A lui segue il Lippomano come da documento originale del 24 novembre 1561, e due anni dopo un Salamon, come da carta autentica. *) Ivi. 5; Museo civ. Correr di Venezia, raccolta Cicogna, cod. 2361. Favoritoci dall' abate A. Marsich. — E pure da pergamena contenente istru-mento di permutazione fatto in Grisignana nell' anno 1566. 6) Archiv. coni, di Grisignana. E pel seg. da una vecchia stampa. 7) Da pergamena contenente una sentenza per confini fra i territori di Grisignana e Buie dell' anno 1573. 8) Archiv. vescov. di Cittanova, faseie. n. 14. E pel seguente L. Soranzo da una vecchia stampa. 9) Archiv. coni, di Grisignana. 10) Ivi. — Iscrizione sul palazzo de' podestà veneti. ") Archiv. vescov. eli Cittanova, fascic. n. 42 e 183. 12) Archiv. del Castello di Piemonte e archiv. priv. del sig. E. Torcello. 13) Archiv. coni, di Grisignana. — Iscrizione sul fondaco de' grani. u) Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 244. lr'i Ivi, fascic. il. 14. — lt!) Ivi, fascic. n. 247. «) Archiv. prov. dell'Istria. Dispacci dei rettori veneti. A questo segue un Loredan e poi un Priuli, come dagli Atti e memorie, XIV, p. 223 e XII, p. 401. 16013 Bernardin Loredan Alessandro Priuli Sebastiano Morosini Angelo Zorzi Antonio Contarmi 1607 ') 1609-10 2) 1610-12 3) 1613-14 1614-16 l) 1616-17 5) 1622 6) 1627 1628 7 j 1636 8) 1646-47 '■') 1649 10) 1650-51 1652 u) 1654-55 1658 i3) Andrea Priuli Andrea Zane Imperio Minio Antonio Marin Lunardo Nadal Daniele Balbi Gerolamo Battaia Alvise Zorzi Livio Sanudo Alvise Duodo Alvise Minio Paolo Corner Baldissera Marin 1658-60-61 u) Giacomo Barozzi ? 15) Baldassare Marin 1661-62 ni) Giorgio Semiteeolo 1 ) Ivi. Ivi. •) Archiv. vescov. di Cittanova, fascio, n. 133 o 183. — Archiv. di Piemonte. 3) Ivi, fascio, n. 247. — Da una nota del tempo appare ch'egli ebbe il reggimento di Grisignana dall'8 sett. 1610 fino al 3 aprile 1612. — E lo segue il Priuli. 4) Archiv. coni, di Grisignana. 5) Archiv. di Piemonte. 6) Ivi. — Da lettera originale, di Grisignana 30 aprile 1627, risulta in quest'anno essere stato podestà un L. Nadal. 7) Archiv. vescov. di Cittanova, fascio, li. 42. g) Archiv. oom. di Grisignana. '•') Archiv. vescov. di Cittanova, t'ascic. n. 87 e 101. '") Ivi, fascic. il. 93. — Segue B. Marin, come appare da lettera dei Sopraintendenti alle decime del clero, di Venezia 21 gemi. 1661. ll) Ivi, fascic. n. 118. — lž) Ivi, fascic. il. 335 e 103. 13) Archiv. di Piemonte. ") Ivi. — Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n 138. — Atti e memorie, XVI, p. 36. 15) Atti e memorie, XVI, p. 28. 16) Archiv. coni, di Grisignana e nel fascic, n. 145 dell'Archiv. vesc, di Cittanova. 1664 ') Alvise Duodo 1668 2) Angelo Balbi 1673 3) Giovanni Premarin 1673 4) Giacomo Minio 1676-77 5) Giovanni Venier 1680°) Giacomo Marin 1680-81 7) Giacomo Semitecolo 1682 8) .....Delfino 1683 9) Giov. Ant. Benzon (?) 1686-87 10) Marco Zorzi 1687-88 ll) Bartolomeo Balbi 1688-89-90 22) Antonio Loredan 1690-91 13) Leonardo Venier 1692 u) Bernardino Premarin 1693 i5) Marcantonio Zancarol 1694 16) Almorò Corner 1696-97 17) Giorgio Corner 1698-99 1S) Ferdinando Ghedini 1699-1700 10) Domenico Balbi 1700-01 20) Giov. And. Catti 1702 21) Bernardino Premarin 1703-04 22) Domenico Contarmi 1705 23) Francesco Foscarini 1706-07 2i) Domenico Balbi M Ivi, fascio, n. 183. — 2) Atti e memorie, XVI, p. 57. з) Arehiv. di Piemonte. — 4) Atti e memorie, XVI, p. 59. 5) Arehiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 210, 220 e 101. 6) Arehiv. coni, di Grisignana. 7) Arehiv. di Piemonte. — Iscrizione sulla torre di Grisignana. 8) Vedi le iscrizioni venete. 9) Arehiv. di Piemonte. t0) Ivi e nelPArehiv. parroch. di Grisignana. ») Ivi. — Ivi. — 12) Ivi. — Ivi. ì3~j lvj. _ ivi. — Arehiv. vescov. di Cittanova, fascic. il. 101. и) Arehiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 101. 15) Ivi. — Arcliiv. di Piemonte. 16) Ivi, fascic. n. 322 e 171. — Arehiv. di Piemonte. 17) Arehiv. di Piemonte. 18) ivj, _ Arehiv. parroch. di Grisignana. «) Ivi. — Ivi. - 20) Ivi. 2<) Ivi. — 22) Ivi. 23) Ivi. — 24) Ivi. — Ivi, 1707-08') Almorò Zorzi 1708-09-10 2) Giorgio Bon 1710-11 3) M. Ant. Zancarol 1711-12 4) Pietro Barozzi 1712-13 5) Vincenzo Bon (?) 1714-15 6) Paulo Minio 1715-16 7) Giov. Francesco Corner 1717 8) Alvise Minio 1718-19") Marcantonio Corner 1719-20 10) Nicolò Longo 1720-21-22 ll) Michele Zorzi 1722-23 12) Marino Molin 1723-24-25 13) Giambattista Balbi 17^7-38 2l) Francesco Barozzi 1738-39 22) Marcantonio Corner 1739-40-41 23) Marco Loredan ') Ivi. — Ivi. — Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 285. 2) Ivi. — Ivi. 3) Ivi. — Archiv. parroch. di Grisignana. — 4; Ivi. 5) Ivi. — Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 101 e 300. 6) Ivi. 7) Ivi. — Arcliiv. parroch. di Grisignana. — 8) Ivi. 9) Ivi. — Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 308. ,0) Ivi. — Archiv. parroch. di Grisignana. «) Ivi. — Ivi. — 12) Ivi. — Ivi. — 13) Ivi. — Ivi. u) Ivi. — Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. 101, e iscrizione sul palazzo dei podestà veneti. — lr>) Ivi. 16) Ivi. — Archiv. parroch. di Grisignana e vescov. di Cittanova, fascic. n. 101. ") Ivi. — 1S) Ivi. 19) Ivi. — Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 372. — Archiv. doni. E. Torcello. 20) Archiv. parroch. di Grisignana. 21) Archiv. di Piemonte e parroch. di Grisignana. — 22) Ivi. — Ivi. 2:!) Ivi. — Ivi — Archiv, vescov, di Cittanova, fascic. n, 372, 1726-27 ") Marco Grioni 1728 ir') Andrea Contarini 1728-29-30 1G) Marco Leonardo Dona 1730 17) Pietro Barozzi 1731-32 18) Francesco Barbaro 1733-34 1,J) Nicolò Barozzi 1735 20) Triffon Barbaro 1741-42 Vincenzo Contarmi 1742-43 2) Giacomo Bembo 1744 3) Marco Gl'ioni 1745-46 4) Pietro Antonio Balbi 1746-47 5) Pietro Barozzi 1747-48 6) Gerolamo Contarmi 1748-49-50 7) Andrea Lauro Barbaro 1750-51 8) Antonio Morosini 1752 !1) Francesco Bembo 1753-54 10) Gerolamo Corner 1755 ") Nicolò Balbi 1755-56 12) Francesco da Riva 1758-59 13) Giuseppe Contarini 1760-61 14) Bortolo (?) Semitecolo 1761-62 15) Antonio Bon 1762 ") Benedetto Zorzi Querini (?) 1764 n) Rizzardo Badoer 1767 1:) Fortunato A. M. Balbi 1768 19) Alessandro Minio 1769-70 20) Marino Badoer 1771-72 ") Gerolamo Barozzi 1772-73 ") Giampaolo Balbi 1773 23) G. Andrea Semitecolo 1775-76 2i) M. A. Badoer 1776-77 25) Giambattista Pizzamano 1777-78 2,i) Alessandro Bon 1) Ivi. — Ivi. — 2) Ivi. — Ivi. - 3) Ivi. — Ivi. — Ivi. 4) Ivi. — Ivi. — Ivi. — s) Ivi. — Ivi. — Ivi. — e) Ivi. — Ivi. — Ivi. Ivi. — Ivi. — 8'ì Ivi. — Ivi. — «) Ivi. 10) Archiv. vesc. di Cittanova, fascic. n. 39ti e parroeh. di Grisignana. 111 Archiv. di Piemonte. — 12) Archiv. parroeh. di Grisignana. 13) Ivi. — Archiv. di Piemonte e di Grisignana. 14) Ivi. — i5) Ivi. 16) Archiv. vescov. di Cittanova, fascio, n. 518. n) Archiv. di Piemonte. — 18) Archiv. parroch. di Grisignana. i«! ivi. — 2ft) Ivi. — Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 4o4. 21) Ivi. — Atti e memorie, XVII, p. 234. 22) Ivi. — Ivi, fascic. n. 443. 23) Ivi. — -4) Ivi. 2r') Ivi. — Ivi, fascic. il. 452 e Archiv. di Piemonte, 26) Ivi. — Archiv, di Piemonte, 1778-79-80-81 l) Pietro Bembo 1781-82 2) M. A. da Mosto 1782-83-84 3) Giorgio Rizzardo Querini (Francesco) 1784-85 4) Gerolamo Marin 1785-86 5) A. Maria da Mosto 1786-87 6) Gaetano Balbi 1789 7) Marcantonio Contarmi 1789 8) Giorgio Rizzardo Querini 1790-91-92 9) N. Ruggero Badoer 1792 i0) Silvestro Balbi 1793 u) Gaetano Balbi 1794-95 12) Francesco Querini 1795-96 13) A. Maria da Mosto fu Marco Alvise '} Ivi. — Ivi. — Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. n. 476. — Neil' anno 1780 parrebbe doversi inserire un podestà Giustiniani, a giudicare da questa notizia tratta dall' archiv. dom. del sig. Torcello. In seguito a richiesta del Commissariato di Buie dell' 11 settembre 1830 e riferendosi a certe ordinanze emanate nell' anno 1828 con cui il governo assoluto di allora esigeva «la raccolta di tutte le antichità che fossero trovate, conservando le più grandi incassate sui muri delle chiese e le più piccole rimettendole a quel Commissariato», il pod. di Grisignana i informava in data 17 sett. 1830 che ancora sotto il governo della Serenissima, intorno al 1780, la famiglia Spinotti eseguendo uno scavo nella contrada Cagnola presso il monte Frasco del territorio grisignanese, ebbe a rinvenire delle urne di pietra con entro lagrimatoi di vetro, i quali dal nobil uomo Giustiniani, patrizio veneto, che allora trovavasi a Grisignana, furono trasportati a Venezia. — E a proposito di cose antiche, nella stessa carta leggesi qualmente nel 1829 nella località medesima, sul fondo di G. Grassi, fui "ono tratte alla luce tre piccole urne di pietra con entro pure dei lagrimatoi, i quali però nell' opera dell' escavo andarono in pezzi. Le urne e alcuni pezzetti di ferro si conservavano presso talune famiglie grisignanesi. *) Ivi. — Ivi. — 3) Ivi. — Archiv. doni. E. Torcello. *) Ivi. — Ivi. - Ivi, fascic. n. 13. — Ivi. — -Ivi. 6) Archiv. di Piemonte. 7) Archiv. domestico del sig. N. Corva-Spinotti. 8) Archiv. parroch. di Grisignana. ,Jj Ivi. — E archiv. doni, del sig. E. Torcello. 10) Ivi. — ") Ivi. 12) Ivi. — Archiv. dom. E. Torcello. 13) Archiv. vescov. di Cittanova, fase. n. 490. — Di A. M. da Mosto, ultimo podestà veneto di Grisignana, la famiglia Corva-Spinotti conserva una memoria. E un calamaio d' argento che porta impresse le iniziali del suo nome. — Atti e memorie, XVII, p. 280. Giudice e Superiore locale, al tempo della prima occupazione austriaca. 1797-1805 Giov. Batt. Spinotti Frane. Lucrezio Torccllo | „ \ assessori Nicolò Corva j Sindaco, sotto il governo francese. 1806 Antonio Giovanelli 1808 Carlo Andrea Tornello Podestà 1815-25 Giov. Ant. Dubaz 1825-28 Domenico Zuanelli 1828-30 Matteo Spinotti 1841-46 Nicolò Corva 1846-50 Giov. Batt.. Castagna 1850-60 "Giov. Michele Reganzin 1861-63 Giov. Batt. Castagna-Dubaz 1867 Nicolò Corva Spinotti 1869 Giovanni Balestrier 1873-84 Giov. Batt. Castagna-Dubaz 1884 Nicolò Corva Spinotti 1887 Domenico Zuaneili 1891 Giov. Batt. Fedele 1895 Luigi Comisso 1896 Marco Calcina 1898 Nicolò Corva Spinotti, Preside della Giunta ammi- nistrativa 1899 Nicolò Corva Spinotti 1901 Giuseppe Laurencich 1902 Luigi Comisso Pievani ed arcipreti. ? Presi. Montenesius l) 1310, 3 ag. Pietro da Dividale 2) ? Pre Zuane da Selenico3) 4) Cod. dipi. istr. 2) Ivi. 3) Archiv. vescov. di Cittanova, fascic. il. 112. ? Pre Piero de Asso ') di Capodistria ? Pre Michele *) di Pinguente 1504-21 Gaspare Melchior3) di Pinguente 1539-91 Andrea de Medellis 4) di Grisignana, eletto il 2 di aprile, muore il 23 settembre 1591-1601 Nicolò Germanis 5), eletto il 25 sett. muore il 15 magg. 1601-09 Francesco Armano ,!) di Grisignana, eletto il 2 sett. 1610-11 Marco de Rozzo1) 1613 Andrea Vocho (?)8) 1630-35 Francesco Marconi9) 1637-82 Giovanni Maria Armano 10) di Grisignana, eletto il 22 marzo 1684-1709 Antonio Puzzer 41) di Grisignana, eletto il 23 aprile 1715-22 Giovanni Vidach 12) 1722-69 Gian Michele Rogane ino 13) di Grisignana, eletto il 22 agosto, muore il 29 sett. — Nel 1722 rinuncia al canonicato presso la cattedrale di Cittanova. Neil' assenza del vescovo, anno 1727, è nominato vicario generale. 1770-98 Nicolò Coroali) di Grisignana, muore addì 11 sett. — Il 13 di febbraio è posto al possesso spirituale della pieve. 1799-1820 Gian Nichele Dubaz l5) di Grisignana, canonico arciprete, eletto 1' 11 aprile, muore il 27 marzo. — Il ') Ivi. — I de Azzo erano nobili del Maggior Consiglio di Capodistria. V. Almanacco istriano dell' anno 1864. 2) Ivi, fascic. n. 112 e 42. — 3) Ivi, fascic. n. 4, 112 e 42. 4) Ivi, fascic. n. 42, 2, 14 e 183. — Vedi pure i Commentari del v. I. F. Tomasini, pag. 284 e 344. 5l Ivi, fascic. li. 183 e 112. 6) Ivi, fascio- n. 14 e 133. — Vedi pure i detti Commentari, p. 272. 7) Ivi, fascic. n. 133 e 247. 8) Ivi, fascic. n. 183 e 239. 9) Ivi, fascic. n. 32 e 61. 10) Ivi, fascic. n. 58, 212 e 231. — Decreti e constitutioni della Sinodo emoniense del 4 e 5 marzo 1674 di Mons. G. Brutti vescovo di Cittanova. Padova, 1674. >i) Ivi, fascic. n. 239 e 290. 12) Ivi, fascic. li. 183. — Neil' anno 1722 eletto pievano di Portole, come nel fascicolo n. 303. 13) Ivi, fascic. il. 344. — Archiv. parroch. di Grisignana, u) Ivi, fascic. n. 484 e 509. — 15) Ivi, fascic. n. 14. — Ivi. Breve pontificio1) del giorno 11 dicembre 1801 conferisce al pievano il titolo di canonico arciprete e di canonici ai cappellani con facoltà di portarne anche le insegne ') Si conserva originale nell'Archiv. parroch. <ìi Grisignana. Ci venne favorita la seguente copia : «PIUS P.P. VII. Dilecte fili salntem et Apostolicam Benedictioneni. Quum supero mari navigaremus Romam petentes, (piani niinirum sedem Sibi ac Successori bus suis Apostolorum Princeps Petrus, divino admonitu constituit, tempestate reiecti ad Histriae litora fuimus ; ac memorata tenemus te tunc nobis occurrisse, pluraque tuae dedisse in nos exirnia pietatis et obsequii pignora : Quunique a te inulta rogaremur, quae non magis ad teipsum ornandum, quam ad tuae Paroeciae hominnm ple-runique montanorum, colligendam Christi ministris debitam existiinationem et observantiam eosque facilius alliciendos et adtrahendos in Ecclesiam valere diceres, meminimus etiam Nos pollieitos esse tui rationem habituros postquam Romae constituissemus. Flexit Nos quidein tuuin studiuni maxime, quo in commissae tibi Parociae coniinoda et utilitates intendis, adeo ut au-gendo numero Praesbyterorum, qui isti Vineae Domini excolendae laborem suum impendant, deliberatum apud te sit beneficiuin simplex quoddam, iu-rispatroiiatus tuae familiae in Ecclesiam eiusdem Paroeciae legitima aue-toritate transferre. Quam ob reni tuis modo inducti praecibus, quibus iterimi nos obseerari fecisti, quibusque inagnum accessit pondus a testimonio Venerabilis Fratris Theodori Aemoniensis Episcopi, teque a quibus-vis excoinunicationis, suspensionis et interdicti aliisque eeelesiasticis sen-tentiis, censuris et poenis, a iure vel ab homine quavis occasione vel causa latis, in quibus quomodolibet innodatus existis, ad effectum prae-sentium duntaxat consequendum haruni serie absolventes et absolutuin fore censentes tibi ac tuis in ista Paroecia legitimis successoribus Canonici Archipresliyteri appellatone, Capellanis vero Cooperatoribus eiusdem Paroeciae, tam iis dnobus qui mine sunt, quam etiam tertio inox ut prae-fertur instituendo, eorumque qui deinceps futuri erunt legitimis successoribus appellatione canonici tantum : Tum porro vobis quatuor omnibus et singnlis vestruinque itidem successoribus Rocchettum et Mozzettani coloris eiusdem ac illa qua honestati sunt Canonici Aemoniensis Cathedralis Ecclesiae (sine caputio tamen et sine ilio alio Insigni, quo d vulgo Zanfarda nominant i in Parochiali Ecclesia Vestra, Choro, Processionibus, caeterisque functionibus Ecclesiae ; extra vero has functiones etiam tìoccum in Pileo et Fasciam et Collare et Caligas violacei coloris et annlum, et numisma demum funiculo serico nigri coloris ante pectus suspensum, cuius in antica S.S. M.M. Paroeciae Patronorum imago, in postica navis qua ad Re-giones istas appulimus sit inseulpta cum inscriptione memoriani facti prodente gestare infra fìnes Aemoniensis Dioecesis Auctoritate Apostolica per has li te ras in perpetuimi coneedinius et indulgemns. Non obstantibus felicis recordationis Benedicti P. P. XIV Praedeeessoris nostri de divisione 1825-73 M. Sebastiano Calciaci l) di Grisignana, canonico arciprete, muore il 17 maggio. — Nell'anno 1843, insieme coi Capitoli collegiali di Buie, Umago, Muggia ecc. viene soppresso anche quello di Grisignana 2). 1867 Giovanni Duchich 1872 Nicolò Druscovich di Verteneglio. Nel 1882 passò a Cittanova quale arciprete canonico e parroco decano del distretto d' Umago 1882-99 Carlo Caciai),cicli di Cittanova 1903 Vittorio Vaselli di Trieste. materiarum aliisque constitutionibus et ordinationibus apostolieis, nec non dlctae Ecelesiae et iuramento confìrniatione apostolica vel quavis flrmitate alia roboratis, statutis et consuetudinibus privileg'iis quoque, indultis et literis apostolieis in contrarium praemissoruni quomodolibet concessis, con-firmatis et innovatis. Quibus omnibus et singulis illorum tenore praesen-tibus prò piene et sufflcienter expressis ac de verbo ad verbum insertis habentes illis alias in suo robore pennansuris, ad praemissorum effectuin hac vice dumtaxat specialiter et expresse derogamus, caeterisque contra-riis quibuscumque. Datum Romae apud S. Mariani Maiorem sub anulo Piscatoris die XI Decembris MDCCCI Pontificatus nostri Anno secundo». *) Archiv. parroch. di Grisignana. 2) Il fatto accadde veramente già nel 1840. Un decreto del Commissariato distrettuale di Buie del 18 sett. 1840 comunicava la risoluzione sovrana del 21 luglio 1840 che ordinava il cambiamento del capitolo collegiale in una semplice parrocchia, con un parroco e un cooperatore, ritenuto a favore del tonnine, il patronato. APPENDICE i. Contratto nuziale a fratello e sorella, e cioè all' uso istriano. anno 1647. In Cliristi Nomine Amen. L'Anno della sua Natività 1647 Ind.e XIV Adi mercore 2 Gienaro, fatto nella villa di Castagna in casa del s.r Mattio Castagna presenti li sotto scritti testimonii. Volendosi con il nome della Santissima Trinità del Padre, Figliolo et Spirito Santo contrazer vero et legittimo Matrimonio secondo il ritto della Santa Madre Chiesa Chattolica Romana giusto 1' ordene dell Sacro Concillio di Trento, tra la honesta Giovane Mad.a Lucia figliuola del s.r Mattio Castagna et della sig-a Catterina Giugali, con la presenza et volunta della medesima Giovane ed delli sui S.i Padre et Madre da una, Et dalaltra con M. Gasparo figliolo del q. s. Gierolamo Torcello da Grisignana con presenza et volunta del medesimo Giovene. Il qual s.r Mattio et sig.a Catterina soprascritti danno et assegnano, et hanno datto et assegnato alla sudetta loro figlia et Zenero per dotte et nome di dotte delli loro beni tra mobili et stabili Ducati Cento quali promettono di dar illieo a esso suo Zenero subito che sara fatto il sponsalicio della sudetta loro figliola; Et al incontro detto M. Gasparo si assegna et dichiara di portar seco in Dotte et per ragion di dotte tutto quello si ritrova havere di sua ragione, si di paterno come di materno ; In oltre che qui alla presenza di me Nod.o et sotto scritti testimoni si constituisce il Molto Rever.o s. p. Andrea Torcello fratello del detto sposo, il quale di sua volontà promette et ha promesso et assegnato alli sopra nominati suo fratello et cugnata nelli sui beni si paterni come materni del tutto Ducati cento e cinquanta li quali siano et si intendono dopo la sua Morte dati a esso suo fratello et cugnata overo alli loro figliuoli et lieredi. Dichiarando una et l'altra parte che il presente Contratto et Maridazzo esser debba et sia alla usanza et costume di questa provincia cioè, a fratello et sorella, et cossi ambe le parti restati unanimi concordi prometendosi una parte a l'altra, e l'altra a l'altra di mantenir et osservar tutto quello che nel presente vien dichiarato sotto la general obligatione di tutti li loro Beni presenti et futuri in ampia et general for- ma ; dovendo esser il presente sotto scritto et affermato dalli prenominati m.o Reverendo, si per nome del sposo suo fratello, come per suo nome di quanto egli ha promesso come di sopra appare, di più sara sotto scritto et affermato il tutto dal S.r Mattio et dalla sig.a sua consorte, si per nome della loro figliola come per nome loro proprio, et così con il nome di spirito santo, si hanno datto fede le prescritte parti una a l'altra in forma etc. Et io p. andrea Torcello sopra scrito mi constituisco et affermo quanto nel presente vien dichiarato tanto per mio nome proprio quanto per nome di mio fratello et mi obbligo per se et esso, et di mano propria mi sotto scrivo per non saper lui mio fratello scrivere. Et io Felice Deluca cugnato del sopraditto s.r Mattio et fratello della predetta sig.a Catterina affermo per nome di esso s.r cugnato et dalla sorella, come anco per nome della prenominata sposa mia Neza quali tutti si obbligano et constitui-scono di mantinir ed osservar il tutto quanto nel presente appare per li quali io Felice sudetto ho fatto la presente sotto scritione per non saper loro scrivere Felice Bellica 111. p. Presenti a tutte le sopra scritte cose 111. Piero Puzer q. Domenego et m. Zuane Perii de in. Antonio da Grisignana, et m. Zuane Cussie da Castagna testimoni. Et io Rocco Luchin da Grisignana per la Veneta Autorità Nodaro publico cosi pregato dalle sudette parti ho fatto il presente alla presenza delle medesime parti, et testimoni sopra scritti, et per segno di verità mi son sotto scritto II. Il corredo di una sposa. Adi /."> Genaro 1653. Notta della robba qui sott.a datta da m. Greg.o de Luca, et da D.a Vincenza sua consorte in dotte, et per nome di dotte à Aut.a figlia delli med.mi Padre e Madre, p.a come segue Vesture di rossa pauonazza due, Una Vestura negra di rossa, Una Vestura Verde di rossa, et Un altra Vestura di rossa biaua, le qual Vesture sud.te furono estimatte ducatti Tredici, ual................Ducatti 13 Di più Un altra Vestura Verde di rossa Panadaual D.ti 6 L. 4 Doi comisotti lauoratti à ponto forlon ual . . D.ti 4 Un paro di lincioli ual......................D.ti 3 L. 2 Un paro di mantili da Tauola ual............D.ti 3 Tre para di manege di pano ual............D.ti 2 Quatro trauerse da dona et Un faciol da man con li suoi merli ual....................D.ti 6 Velli da Testa n.o 4 ual....................D.ti 4 Due Antimelle ual..........................L. 4 Camise da dona n. 6 ual....................D.ti 6 Touagioli n.o 6 ual........................D.ti 2 Una piliza da dona, et cinque centure pur da dona D.ti 3 Una couerta da letto, et Un sacco ual . . . D.ti 3 L. 4 D.ti 57 L. 2 Di più li fu datto à nome et conto della sud.ta dote Una Vaccha pregna cosi restatti dacordo p. Ducatti D.ti 10 Item una Vigna in contra sopra case Steffano di Zappadori 7 in circlia la qual fu estimata ducati It un altro pezo di Vigna in contra .... teritorio di Castagna con oliuari n.o 7 entro confina III. A nagrafe. Adi .'il Maggio 1770, Grisignana. Faccio fede giurata io sottoscritto come nella Pieve di questa terra di Grisignana sono famiglie nu. 171 nelle quali famiglie sono Persone nu. 1006 cosi pure s'attrovano in questo territorio li sottoscritti animali, cioè Manzi da lavoro nu. 143, Vacche nu. 387, Pecore nu. 2240 circa, Cavalli nu. 47, Aseni nu. 97, Muli nu. 6, e questi tutti Animali sono di questi abitanti di Grisignana, c suo territorio, e tanto affermo con mio giuramento. Io Pro Nicolò Corra Pievano ni. p. IV. Le pistore de commi. Adi 13 ottobre 1742. Convocato l'onorando Consiglio de S. Hig.i Cittadini di Grisignana nel Pubblico Pretorio Palazzo previi gli ordinarij suoni di Campana con permissione di S. E. Pod.à ove non compresa la sua persona intervenero Conseglieri n.o 21 pei- trattar come segue omissis Date in nota per Pistore de Coraun con obligo di mantener di Pane bello e ben cotto a peso del Calamiero che sarà stabilito da Sp. Sp. Provveditore a Giusticieri in pena come ne precedenti capitoli in tal particolare se contiene. Si ballottano le sottoscritte P. 12 C. 7 Pasquetta Rodella moglie d'Antonio Rodella P. 13 C. 7 Maria Ratossa moglie di Zuane Ratossa P. 11 C. 9 Fiorina moglie di Giacomo Iaconis P. 10 C. 9 Antonia moglie di Damian Damiani q. Zuane P. 14 C. 6 Catterina moglie di M.o Giacomo Grimalda P- 3 C. 17 Marina moglie di Silvestro Benvegnù P. 2 C. 18 Maria moglie di M.o Battista Corva P. 12 C. 6 Chiara moglie di Domenico Zuanelli P. 12 C. 8 Bartolamia moglie di Mattio Balestrier P. 17 C. 4 Lucieta moglie di M.o Attilio Pelizzari. V. Privilegium «loctoratus 1). Antonii Matthaei Ragancino Joannis lilii grisignanensis Veneti is XXVII Jannariì MDCCXCVIII In Christi nomine amen Universis et singulis presens hoc Publicum Doctoratus Privilegium inspecturis lecturis, vel audituris, Nos Franciscus Maria Bonetti Antistes Sancti Joannis Baptiste in Bragora Studii generalis Venetiarum Cancellarius Apostolicus ; et Nos Franciscus Aglietti Artium et Medicinae Doctor Collegii D. D. Phi-losophornm, et Medicorum Venetiarum Prior, et in hac parte Vicarius Imperialis Salutem ab Eo, qui est omnium vera Salus. Inter preclara que Summus omnium opifex humano generi e-largitus est ninnerà, nullum profecto preferenduin videtur iis, que ex omnibus sua maxima virtute unumquemque mortalium elevant in sublime, quorum illud potissimum censendum est, quod in Sacre Philosophie et Medicine studiis versatur. Facit enim Philosophia suo certissimo cluctu ut homines, quamvis rati one belvas antecellant honimibus, tamen preferantur, et Diis pene reddantur paros, siquidem hac ipsa ad humanarum di-vinarumque rerum cognitionem exquirendam iter prebet, causas ostendit et docet, animos impellit ad bene beateque vivendum, ad summum tandem bonum sua manu perducit. Medicine vero Scientia humani corporis membrorumque singulorum tradit figuram, situm, crassim, operationesque, et Egritudines, que possunt omnibus corporis partibus attingere una cum eorum causis, humores quoque et vini alimentorum, medicamentorumque omnium admirabili quadam explicatione demonstrat, quodque maximi est momenti morbos aufert, et sanitatem homini conservai, sine qua nulle opes, nulle oblecta-tiones, nulla Mundi gloria jucunda esse potest. Ea de causa apud priscos primi lmiusce discipline Auctores pari quodam-modo honore cum Divis Heroibus celebrantur, publicisque mo-numentis et statutis ad medice Artis laudem ac memoriam propagandam decorabantur. Iure optimo itaque laudibus extollendi sunt, qui ad Philosophiam, Medicinamque capescendam totis viribus incumbunt, et digni exstimandi, qui post mortalium gloriam, quam sibi ex eiusmodi studiis comparant, digmun labore suo premium assequantur. His itaque aliisque rationibus incitatus Egregius Iuvenis Dominus Antonius Matteus Ragan-cino Joannis filius Grisignanensis Iustinopolitanus ab ineunte etate vitam suam universam in Philosopliie et Medicine studiis consumpsit, eorumque cursu tandem feliciter consumpto, cum ad digna laborum suorum premia animum intenderet ad pre-sentiam Nostrani se se contulit petens consuetis honoribus decorali. Quocirca exacto prius jurrejurando per eum praestito in manibus Ill.mi ac R.mi Patriarchae Venetiarum juxta Bullae felicis recordationis Pii Papae V. atque habita per Viros fide dignos piena cognitione de eius vitae, lionestate, et circa stu-dium curam et diligentiam, tam de non mediocri in ispsa Ar-tium et Medicinae facultate peritia, justissimis illius petitionibus inclinati Nos Cancellarius, qui suprema auctoritate Nobis collata ex vi Privilegiorum felicis recordationis Pauli II, Stimmi Pon-tiflcis, et Nos Prior, qui suprema auctoritate Colegio nostro delata a Sacra Maestate Friderici III Invietissimi Imperatoris quibus fungimur in hac parte Egregium hunc Iuvenem fecimus punctis ex more praeassignatis in Nostro D. D. Physicorum Collegio publico (ut moris est) convocato, consuetis omnibus solemnitatibus praeubitis diligenter et summo cum rigore in Philosophia et Medicina examinari ; qui quidem in eo examine in Punctis recitandis, et Magistrali more explicandis, Argii- mentis omnibus et Controversiis Quaestionibus et Obiectionibus sibi factis per seriem repetendis, et praeelare solvendis tam bene tam laudabiliter, tam perite se habuit atque adeo egregie se gessit ut ab Ex.mis Doctoribus Collegii ibidem adstantibus unanimi et concordi assensu, Votisque omnium suffragantibus ac nemine eorum Penitus atque penitus Discrepante vel Dissentiente ac ne Haesitante quidem Idoneus satisque Peritus in Philosophia et Medicina fuerit judicatus sicut ex eorum Votis secreto Nobis in scrutinio perrectis constitit evidenter. Quibus omnibus ita pro-spectis Nos Cancellarius et Vicarius antedicti concordes et u-nanimes laudabilem et usu comprobatam secuti consuetudinem Privilegiorum Apostolici et Imperialis praemissorum, habita ratione Doctrinae facultatis in dicendo, methodi in interpretando, morunque ac virtutum eius (quorum omnium certissimum specimen exploratus et pertentatus exibuit) de Consilio et consensi! omnium Ex.crum praedicti Collegii Doctorum praesentium et postulatium prò Tribunali sedentis in loco Collegii Nostri posito apud Ecclesiam S. Jacobi de Luprio in X.ti Nomine approba-vimus et approbauim esse volumus declarantes eundem bene habilem idoneum ac dignum munere officio dignitate et lionore Doctoratus in Artium et Medicinae facultate, ipsumque continuo in Philosophia et Medicina Doctorem solemniter fecimus et creavimus ; ac per praesentes facimus et creamus, tribuentes ei tamquam viro idoneo et hac promotione dignissimo facul-tatem ascendendi Magistralem Cathedram et iusignia Doctoratus a Promotoribus suis petendi et recipiendi, ispsis vero Promoto-ribus haec eadem illi impertiendi liberam potestatem. Praeterea eidem plenam in D.no concedimus facultatem et auctoritatem, qua possit imposterum in Philosophia et Medicinam privatim et publipe legere, repetere, docere, disputare, glossare, inter-pretari, questiones te/minare, scholas regere, Bacalaureos con-stituere, Medicinaeque facultatem exercere, omnibus tandem et singulis uti et gaudere Privilegiis, praerogativis, concessio-nibus, honoribus ac indultis aliisquibuscumque, quovis nomine censeantur, quibus aliorum studiorum vel Collegiorum Doctores et Magistri, ex quibusvis A.plicis et E.cclcis Imperialibus et temporalibns concessionibus et indultis gaudent et utuntur aut uti et gaudere possunt aut poterunt quomodolibet in futurum iuxta formam et tenorem Privilegiorum a permissis Romano Pontifice et Imperatore huic inclyto Studio et almo Collegio concessorum : praeterea quaelibet in Italia et extra Italiani Collegio intrare, et ad haee assumi posse et debere non obstan-stantibus quibuscumque Statutis et consuetudinibus Civ.it.atum et Locorum Universitatum et Studiorum quorumcumque quavis auctoritate etiam Imperiali confirmatis, aliisque contrariis qui-bus .... per tenorem presentium derogamus prout in Privilegio bonae memoriae Friderici III Imperatoris apud Nos satis apparet. Quibus ita gestis et declaratis Clarissimus et Ex.cmus D.nus .Joannes Petrus Pellegrini Artium et Medicinae Doctor Proinotor illius in Philosophia et Medicina nomini suo et Ex.mum D. D. Jacobi Colludrovich, Josepbi Colle, Demetrii Naranzi, Jo-sephi Perlasca, Joannis Colombo et Antonii Mariae Marcolini Artium et Medicine, Doctorum Compromotorum suorum audita petitione predicti D.ni Antonii Matthaei Ragancino eundem e-gregium D.num permissu Nostro, reverenter petentem et accep-tantem consuetis Ornamentis Doctoralibus ibidem decoravit so-lemniter et insignivit. Tribuit enim illi Libros sacrae Philoso-phiae et Medicinae Anulo desponsavit, pacisque osculimi eidem exibuit cum magistrali benedictione atque ita cum summa laude et honore plurimo praedictus D.nus Antonius Matthaes Regancino ad summum apicem Doctoratus in Philosophia et Medicina a-diuvante Deo pervenit. In quorum omnium et singulorum tidem et testimonium has Nostras patentes Privilegii literas describi iussiinus, quas Collegii Nost'ri sigillo mandavimus appensione muniri. Actum et Datum Venetiis in Collegio Nostro apud Eccle-siain S. Iacobi de Luprio. Anno a Christi Nativitate MDCCXCVIII. Die vero Saturni XXVII Mensis Januarii. Pontiticatus autem Ss.mi in Cristo Patris ac D.ni Pii Divina Providentia Papae VI Anno XXIII. Praesentibus ibidem D.no Joanne Antonio Bortolini Bedello Collegii et aliis testibus ad praemissa roborauda vocatis etrogatis. Nos Franc.s M.a Bonetti ecc. Antistes can. Patriarcaiis et Studii generalis Venetiaruni Cancellarius Apl.cus. Franciscus Aglietti Prior Victor Erizzo Pubi. Auct. ac sup.ri Joseph M. Colle Consiliarius Sacri Collegii Cancelliarus Demetrius Naranzi Consiliarius Andreas Valadelli Sindicus Generalis (i. Vesnaver. L'ARCHIVIO ANTICO DEL MUNICIPIO DI CAPODISTRIA (Cont. ; vedi A. I, X. 6-12; A. II, N. 1-12; A. Ili, N. 1.-12; A. IV, N. 1-6) N. 908. Fascicoli nove. Podestà Agostino Minotto. 1 Praeceptornin civitatis. Ual 1" gennaio al 19 aprile 1775. Carte 44. 2) Praec. terr. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1775. Carte 50. 3) Praec. civ. Dal 1" maggio al 29 agosto 1775. Carte 48. 4) Praec. terr. Dal 1" maggio al 31 agosto 1775. Carte 68. 5) Praec. civ. Dai 1" settembre al 31 dicembre 1775. Carte 32. 6i Praec. terr. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1775. Carte 57. 7) Extraordina-rlormn etc. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1775. Carte 112. 8) Extr. Dal 1" maggio al 31 agosto 1775. Carte 146. 9) Extr. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1775. Carte 150. N. ì)CA). Busta contenente filza rilevazioni di cedale esami de testimoni, stridori, sentenze à legge, decreti et inventari del 1775. Carte scritte 161. N. 970. Filza scritture della città dell'anno 1775. Carte scritte 97. N. 971. Filza scritture del territorio dell' anno 1775. Carte-scritte 43. i\T. 972. Filza lettere della Dominante e della Provincia dell'anno 1775. Carte scritte 144. N. 973. Fascicoli otto. Podestà Antonio Dolfin. 1) Citazioni della città delli mesi gen. feb. mar. apr. dell'anno 1776. Carte scritte 43. 2) Cit. del territorio delli mesi detti. Carte scritte 69. 3) Cit. della città delli mesi mag. giug. luglio, agosto dell' anno 1776. Carte scritte 34. 4) Cit. del ter. delli detti mesi. Carte scritte 72. 5) Praec. meusium Sept. Oct. Nov. Dee. dell'anno 1776. Carte scritte 90. 6) Extraordinariornin etc. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1776. Carte 105. 7) Extr. Dal 1" maggio al 31 agosto 1776. Carte 170. 8) Extr. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1776. Carte 123. N. 974. Filza rilevazioni di cedole, esami di testimoni, decreti, inventari e sentenze à legge del 1776. Carte scritte 93. N. 975. Filza scritture della città e del territorio del 1776. Carte scritte 161. N. 975. Filza lettere della Dominante e della Provincia del 1776. Carte scritte 125. N. 977. Fascicoli otto. Podestà Girolamo Doria. 1) Citazioni della città e territorio. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1777. Carte 73. 2) Cit. della città. Dal 1" maggio al 3i agosto 1777. Carte 49. 3) Cit. del territorio. Dal 1" maggio al 31 agosto 1777. Carte 64. 4) Cit. della città. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1777. Carte 26. 5) Cit. del territorio, più registro di lettere requisizio-nali. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1777. Carte 65. 6) Extraor- dinarioruni etc. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1777. Carte 91. 7) Extr. Dal 1° maggio al 31 agosto 1777. Carte 170. 8) Extr. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1777. Carte 124. N. 978. Filza stridori, sentenze à legge ecc. del 1777. Carte scritte 110. N. 979. Filza scritture diverse del 1777. Carte scritte 249. N. 980. Filza lettere della Dominante e della Provincia dell'anno 1777. Carte scritte 246. Armadio l. N. 981. Fascicoli otto. Podestà Girolamo Doria, dall' agosto Lunardo Sebasti an Nadal. 1) Citazioni della città. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1778. Carte 47. 2) Cit. del ter. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1778. Carte 74. 3 i Prae-cepta chiù taxis. Dal 1" maggio al 31 agosto 1778. Carte 86. 4) Cit. della città. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1778. Carte 42. 5) Cit. del ter. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1778. Carte 70. 6) Extraordinariornm etc. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1778. Carte 128. 7) Extr. cum litteris. Dal 1" maggio al 31 agosto 1778. Carte 144. 8) Extr. cum litteris. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1778. Carte 122. N. 982. Filza stridori, sentenze à legge, esami ecc. del 1778. Carte scritte 226. N. 983. Filza scritture della città e del territorio dell'anno 1778. Carte scritte 155. N. 984. Busta con lettere della Dominante e della Provincia del 1778. Carte scritte 237. N. 985. Fascicoli nove. Podestà Zuanne Moro e dal maggio Galeazzi Antelmi. 1) Citazioni della città. Dal 1° gennaio al 30 aprile 1871. Carte 31. 2) Cit. del territorio dei mesi suddetti. Carte 71. 3) Cit. della città. Dal 1" maggio al 31 agosto 1781. Carte 56, più due sciolte. 4i Cit. del territorio dei detti mesi. Carte 84, più due sciolte. 5) Cit. della città. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1781. Carte, 37. 6) Cit. del terr. dei mesi detti. Carte 71. 7) Extraordinarioruni etc. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1781. Carte 86, più due sciolte. 8) Extr. Dal 1» maggio al 31 agosto 1781. Carte 120 9i Extr. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1781. Carte 107. N. 986. Filza stridori, atti à legge, esami, decreti ed inventari del 1781. Carte scritte 134. N. 987. Filza scritture della città e del territorio del 1781. Carte scritte 94. N. 988. Filza lettere della Dominante e della Provincia del 1781, Carte scritte 215, N. 989. Fascicolo uno. Podestà Lodovico Moresiui. Extraordinariorum liber, con lettere requisitoriali. Dal 1" maggio al 81 agosto 1783. Carte 153. Annesse vi sono tre carte sciolte più la tabella del bilancio della magnifica Comunità di Capodistria 10 giugno 1782. N. 990. Filza stridori, atti à legge, cedole testamentarie, inventari ed accordati del 1785. Carte 90. Podestà Nicolò Minio. N. 991. Filza scritture della città e del territorio del 1785. Carte scritte 65. N. 992. Filza lettere della Dominante e della Provincia del 1785. Carte scritte 120. N. 993. Fascicoli due. Podestà Flaminio Corner. 1) Citazioni della città. Dal 1" gennaio al 30 aprile 1786. Carte 63, più 3 carte sciolte. 2) Cit. della città. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1786. Carte 24, più una carta sciolta. {Continua) Prof. F. Majer. -- BIBLIOGRAFIA G. Dolcetti | Cenni Storici \ sulla \ Scuola dei «Tira e Batlioro» | ora Gabinetto Artistico | A. Carrer \ San Stae - Venezia | Venezia | Stab. Grafico Callegari e Salvagno | MCMV | In -16" di pag. 59 ; edizione di 300 esemplari fuori commercio ; con 9 illustrazioni. Poi che — come dice presso a poco egli stesso — le funzioni economiche e i riti religiosi delle antiche consorterie venete furono già con minuzia di particolari narrate da altri e negli ultimi tempi mirabilmente dal professore G. Monticolo in I capitoli delle arti veneziane (Roma 1896) e dal professore M. Roberto in Le corporazioni padovane (Venezia 1896), 1' autore si limita ad illustrare in queste pagine i documenti, che riguardano la Scuola dei lira e battioro a San Stae — ossia Sant' Eustachio — di Venezia, « fabbrica di gentile disegno, eretta allorché il protezionismo, a forza d'inceppare la libertà del lavoro e dei commerci, aveva sminuito lo spirito di emulazione e l'inerzia e la miseria serpeggiavano nelle, arti accanto al vizio profondo, da cui era invasa 1' austera regina dell'Adriatico », fra il principio, ciò è, del 1710 e la fine del 1711. Sta la fabbrica tuttora — vedi l'illustrazione prima — in istile barocco, armonizzante con quella della vicina chiesa appunto di San Stae o Sant' Eustachio, e consiste di mi sol piano, oltre al terreno. E segue la descrizione minuta dei locali della fabbrica, dei loro arredi, delle adunanze della confraternita e delle cerimonie, che le accompagnavano, nell' unica sala della scuola al piano di sopra, e della festa annuale, veramente grandiosa e solenne, per la ricorrenza dei santi protettori, i (piali erano tre : Quirico, Giuditta e Lucia. Ove non posso fare a meno di sostare un poco, per pregare l'autore di levarmi di dosso queste ragionevoli curiosità : « Perchè uè più nò meno di tre i santi protettori? perchè proprio quei Ire ? porche un maschio solo contro due femmine ? perchè, infine, a ritroso dell' ordine alfabetico, prima egli e poi elleno?» Assai gli saprò grado della risposta. Ma le spese non indifferenti, che il funzionamento della corporazione, e le varie feste esigevano, e le condizioni economiche publiche, punto floride a cagione della guerra col Turco degli anni 1714 a '18, onde ben 605 ducati dovette contribuire anche la già povera arte dei tira e battioro, ne sfasciarono il bilancio. Arrogi che, venuto a morte Vido de Luca, indoratore, il (piale, verso ipoteca d'una parte della scuola, aveale prestato 1000 ducati, perchè l'edifìcio ne potesse venire ultimato, testò che taluni suoi crediti, i 1000 ducati suddetti compresi, dovessero servire alla celebrazione perpetua d'una messa al giorno in una chiesa di San Vito del Cadore, di lui paese natio. Quindi nuovo debito di 1000 ducati contratto dalla corporazione con la cassa dell' ospedale dei Santi Giovanni e Paolo. E qui nuova curiosità ini punge, di sapere, se per l'anima dell' indoratore Vido de Luca la inessa quotidiana, che desiderò, venga celebrata tuttora e da quando e in quale chiesa di San Vito del Cadore. Mi sarà appagata anche questa ? Così che la scuola mai 11011 ebbe a provare la santa gioia di non essere in bulletta e tirò innanzi pagando interessi, finché, caduta la repubblica, con le altre fu sciolta anch' essa. Ma prima di esalare 1' ultimo fiato, anch' essa, come le altre arti, volle corrispondere con entusiasmo al generoso appello di difendere ad ogni costo la patria comune e, nella memorabile seduta dei 24 luglio 1796, decretò una tanna }>er testatico sopra tutti gì' individui dell' arte di ducati 200 per una volta tanto, non essendo in grado tu miserai/ile arte di poter dare una maggior dimostranza. A quella francese succede la dominazione austriaca, all' austriaca la francese e le arti con decreto 25 aprile 1806 vengono sciolte e i loro averi, mobili e stabili, diventano proprietà del demanio. Che cosa quest'ultimo abbia fatto allora della nostra fabbrica, l'autore non potè finora saperlo. Fatto è che, durante il blocco militare, fra il 3 di ottobre 1813 e il 19 aprile 1814, e precisamente ai 17 novembre 1813, il governo ordinò che, insieme con altri pubblici beni, fosse venduta anche la nostra fabbrica. E il 24 aprile 1814 la comperò la gentildonna Angela Barbarigo, la quale in suo testamento dei 15 novembre 1847 dispose che dopo la sua morte — avvenuta il 14 gennaio 1850 — della scuola e delle altre sue sostanze fosse istituito un patrimonio ecclesiastico a patto, che si celebrassero delle messe in suffragio dell'anima sua, non si sa quante nè fino a quando. Se non che — sono parole dell' autore — « il lascito della divota gentildonna venne amministrato da alcuni sacerdoti, i quali, dimentichi delle gentili tradizioni e del rispetto dovuto alle memorie patrio, affittarono la scuola per uso di deposito di carbone!» Anzi cadde questa ili tanto miserrimo stato, da non capirvi più nè anche il carbone, il quale fu trasportato altrove. Cosi rimase la scuola per lunghi anni affatto negletta e dimenticata, fin che, il 22 aprile 1876, l'ebbe ad acquistare il signor Antonio Carrer, per farne un gabinetto d'arte antica ossia bottega di più o meno pregevoli anticaglie e per apporvi — come vedesi nell'illustrazione accennata a principio — alle due finestre della facciata al primo piano, le iscrizioni : « Carrer | Objeta \ D'Art | Antiquité », chi sa mai, perchè in francese anzi che in italiano o in veneziano. Tale l'argomento del libricciuolo, dedicato appunto all' odierno padrone della fabbrica, argomento, che sarebbe potuto riuscire più ameno a chi legga, se svolto con maggiore eleganza di forma*). Oltre all'accennata, il libricciuolo è illustrato da altre otto figure: l'interno della scuola, com'è ora ; la sala superiore della scuola, ora gabinetto di arte antica, dove stanno esposti vari quadri ed altri oggetti; fra questi, a parte, un crocefisso di legno, detto splendido lavoro del secolo X/T, e un quadro originale di Paolo Veronese, alquanto avvizzito dal tempo ; il banco dell' arte, tutt'ora esistente; il facsimile impicciolito d'un documento della corporazione, dalla raccolta Lazzari del museo civico di Venezia ; i tiraoro ; il bcittioro, tolte, queste due, dal Grevembroch in detto museo. Chiude il libricciuolo un' appendice intitolata Cenni legislativi \ sul monopolio delle arti veneziane. Ma, prima che chiuda anch'io, voglio toccare d'una reminiscenza, che in me risvegliò la figura dei tiraoro. Ricordo che, quand'ero fanciullo — o grande aevi spatium! — qui, a Capodistria, in fondo alla bottega dell' orafo sior Luvigetto, al numero civico 1115 di via Callegaria, vidi e palpeggiai con ammirazione una macchina a quella della figura somigliante, sebbene di più modeste proporzioni. Chi sa mai, ove sia stata fabbricata e da chi e dove sia andata a finire? <>. V-a Aggiunte e correzioni alle biografie dei soci contenute nelle Memorie dell' I. R. Accademia di scienze lettere ed arti degli Agiati in Rovereto già pubblicate nel 1903 per commemorare il suo 150" anno di vita, Rovereto, Tipografia Ugo Grandi e C.° 1905 [pp. VII + 103, in -4° gr.]. Il titolo «Aggiunte e correzioni» ci fa obligo di coscienza l'annunciare anche questo libro che vuol essere un' appendice alle «Memorie» accademiche degli Agiati roveretani, delle quali abbiamo discorso, or è un paio d' anni, ampiamente (I 273, II 16 ecc.), portandone, — secondo ci dettava il nostro esame diligente, minuto, oggettivo —, severo giudizio. Riconosciamo ben volentieri che i compilatori hanno fatto lor prò' de' suggerimenti e delle osservazioni altrui, quantunque non nella misura che *) Ma l'autore diè alla luce finora ben altri sei lavori: I barbieri chirurgi a Venezia, Venezia 1896 ; La profumerìa dei Veneziani, Venezia 1898; I lavoranti barbieri a Venezia, Venezia 1900; Un vecchio diritto padronale, Venezia 1900; Is- bische e il giuoco d'azzardo a Venezia, Venezia 1903; La fuga di Giacomo Casanova dai piombi di Venezia, Venezia 1904. Del penultimo è detto in queste Pagine I 4 pag. 101 seg. e se ne tocca anche in II 10-12 pag. 328 seg. avrebbero potuto e dovuto. Le aggiunte e correzioni riguardano, se il nostro conto è giusto, 182 soci : pochi in confronto del bisogno. E pochi miglioramenti ha subito il metodo, sia per la scelta delle fonti il più è spigolato dall' Enciclopedia del Yallardi e dal Settecento del Concari! , sia peri'uniformità dell' esteriore (vedi p. e. le citazioni). A queste Aggiunte è poi accodata un'Appendice che raccoglie notizie avute in ritardo, e nella prefazione si accenna alla necessità di una terza Aggiunta, la quale, se non uscirà in volume (con Appendice ?), sarà costituita da informazioni bibliografiche inserite nella cronaca degli Atti accademici via via che si vanno publicando. Chi non 11' avesse abbastanza, c' è un' ultima risorsa: attendere la morte de' soci, perchè — avverte sempre la prefazione — nella cronaca degli Atti si potranno leggere allora le rispettive necrologie, con tutte quelle cose che i soci forse 11011 avrebbero voluto vedere stampate mentre erano in vita. E qui, per conto mio, avrei finito, se all' ultimo momento 11011 mi arrivasse la Rivista Tridentina (organo dell'Associazione universitaria cattolica tridentina, Trento, 1906, A. VI, p. 55 sgg.) con una diffusa e acerba recensione delle «Aggiunte e correzioni», sotto alla quale sta la sigla E. /.. «Recensire una pubblicazione dell'Accademia degli Agiati», dice il sig. E. X., ■»«quando 11011 si voglia ciecamente lodare tutto e tutti a destra e a sinistra, non deve essere cosa troppo piacevole, se consideriamo le accoglienze poco oneste e meno liete, che da parte dell'Accademia si son fatte a qualche severa recensione del famoso volume commemorativo ed in modo particolare a quella del prof. Ferdinando Pasini». .«Il Pasini ha giudicato assai severamente, e forse non senza qualche acerbità di locuzione il grosso Volume commemorativo e conseguentemente tutta l'Accademia ; ina bisogna pure riconoscere che le sue critiche rimangono sempre oggettive, i suoi apprezzamenti si fondano su fatti e giudizi inoppugnabili, dai quali la conclusione scaturisce di per sè nella sua cruda realtà : la grande opera è totalmente mancata. — Ora se gii Agiati credevano ingiuste le critiche e tale giudizio, dovevano discutere oggettivamente i fatti addotti dal Pasini, opporne degli altri che dimostrassero le ragioni dell'Accademia ; ne sarebbe nata una polemica leale che poteva portare 11011 pochi frutti, e, se 11011 altro, dar segno dell' ardore che anima gli studiosi trentini. Invece niente di tutto questo. L'Accademia sentenzia : A Ferdinando l'asini non si risponde. Il che però non toglie che qualunque occasione si cogliesse per colpire d'una frecciata repentina l'audace recensore (Cfr. Atti d. Agiati, X, 1901. XCVI ; XI, 1905. LXIII). Ora la pubblicazione di queste Aggiunte ha dato finalmente libero campo di sfogare le ire mal represse : giudichino i lettori : 'Alcune recensioni apparvero sui periodici in massima di lode e congratulazione per la non facile impresa condotta a termine, ma anche di critica più o meno acerba, per avere scoperto i censori le mancanze che il Comitato aveva già nella prefazione enunciato come inevitabili senza una più valida cooperazione dei soci. Gioverà qui notare che le censure meno benevole vennero all'Accademia da qualche nostro conterraneo, ebe, cresciuto alla scuola dei proverbiali capponi di Renzo, diede saggio del come devano comportarsi e trattarsi a vicenda i patrioti che cospirano con le loro forze a tener desto e vivo nel cuore del popolo nostro il carattere di quella italianità, che sarebbe abbastanza insidiata, senza che per so-prassello vi si aggiungessero le ire degli imberbi saccenti, perchè il nemico fra noi di noi se ne rida. L' Accademia non curò e non cura mai queste penne denigranti a punta di fiele, ma deplora i fatti, che restano lì stampati, benché gli autori, con dei voltafaccia determinati dal bisogno del pane quotidiano, offrano uno spettacolo che li qualifica da sè, senza bisogno di Aristarchi alla cui scuola essi amerebbero mostrarsi educati'. — Questa prosa che 11011 ha bisogno di commenti, merita d'essere conosciuta da quanti ancor credono che l'esser socio d'una Accademia, sia pure bisecolare, non esenti dall' osservare le regole più semplici del Galateo. Io mi chiedo soltanto : intendono gli Agiati 1' ufficio della critica? O credono che l'aver ammesso degli eventuali difetti dell'opera basti a scusare la colluvie immensa di spropositi e d'inconseguenze che si trovano nel Volume ? Troppa grazia sarebbe ! O pretendono di nascondere 0 giustificare col vano manto di un patriotismo parolaio tutte le magagne di cui il Volume commemorativo fu inconscio rivelatore ? Ma passiamo sopra a queste vergogne» . . . e qui il sig. E. Z. fa seguire un'analisi minuziosa delle «Aggiunte e correzioni», le quali ne risultano degne sorelle, in tutto e per tutto, dell'ormai troppe volte citato Volumone commemorativo. Ora, a me tocca ringraziare il sig. E. Z. dell' aver voluto accompagnare — al giudizio di quegli altri autorevoli studiosi che si erano dichiarati meco d' accordo — anche la sua voce, e proprio dalle colonne di una rivista, per il cui rigido indirizzo idealé 11011 ricordo d' avere mai avuto speciali tenerezze. Una cosa però mi sia lecito di rettificare, ed è là dov'egli accenna a una «brutta questione» sorta — per la mia vecchia recensione — tra me e 1' Accademia. No 110 : nè bella nè brutta ! Tra me e gli Agiati 11011 c' è mai stata nè ci può essere questione di nessuna specie. Io so distinguere benissimo fra il sentimento di un' intera associazione e l'accesso epilettico di un infelice, grafòmane ed analfabeta nel tempo istesso (veramente compassionevole stato !), il quale, dopo avere sfogate «le ire mal represse» nel modo dal sig. E. Z. surriferito, si giudica da sè con quest' altra uscita che segue immediatamente : «Ma non è dignità il difendersi col-1'offendere, persone, sia pure coinquinate [?!], sarebbe anzi arte vigliacca [tale e quale !] usata solo da esseri senza carattere [di bene in meglio !] e senza carità di patria» ! Che diavolo ! Tra gli Agiati io conto — pur troppo (dico per loro) — parecchi ottimi amici, e questi, per lettera 0 a voce, mi hanno smentito già da un pezzo la loro solidarietà con 1' autore della succitata prefazione, per il quale autore e per la quale prefazione avevano anzi parole di fiero disprezzo. Che se anche tutti gli Agiati, nessuno eccettuato, si sentissero d' approvare le verdi espettorazioni di quel prefazionatore, e che per ciò? — Della critica e del suo ufficio io ho appunto quell' alto concetto, che il sig. E. Z. dice egregiamente essere affatto sconosciuto agli accademici Agiati. L'Accademia ha ragioni da opporre al biasimo altrui? Le porti avanti : nessuno meglio disposto di me (ne ho dato prova in più d' un' occasione.) ad accoglierle e far loro buon viso. Degl'improperi — e specie di quelli che offendono ben più che il «galateo» e si ritorcono quindi su chi li scaglia — 11011 tengo conto o, se mai, m' accontento di chiamarli col loro vero nome, e, quando abbiano proprio la virtù di provocare 1' ilarità, di riderne cordialmente. Se p. e. il prof. A Bonomi (Atti d. Agiati, XI, aprile-giugno 1905, pg. LXIII), dopo la mia noterella «Per una recensione» Pagine Istriane, III 47, febbraio 1905 ; cfr. anche la mia «Rettifica» accolta senza replica in Archivio Trentino, 1905, XX, 119); se, dico, il prof. Bonomi insiste ancora sul «granchio» eh' io avrei preso «confondendo goffamente» Cristoforo con Gaetano Negri e sfrutta la morte del Baruffaldi per addossare a lui la responsabilità di quel «non tanto mostruoso delitto del cuore», cioè di aver disposto per i funerali di Cristoforo Negri due anni prima che questi morisse, io esclamo serenamente : oh amena sfrontatezza ! Se mi capita di leggere nella Domenica del Trentino (Trento, 21. X. 1905) la prosa di un E. lì., il quale se la prende con le mie «petulanti critiche fatte tutt' altro che secondo i canoni più elementari della cavalleresca gentilezza, della generosa carità di patria», e poi mi addita i due volumi degli Agiati (Memorie ed Aggiunte) che «stanno lì nella loro patriottica superbia a ridere in faccia ai nemici», e mi avverte che da quei volumi «s' alza come un odor di morte cose» («e noi ci inebbriamo di esso, poiché in questo secol bottegaio e tristo noi viviamo di memorie»!), e giura che le biobibliografie degli Agiati — onde «zampilla -a larghi fiotti» la storia trentina — gli «parlano d' ignote ebbrezze, di deliri angosciosi dietro al balenio d'un' aspirazione pura» eccetera eccetera (vedere per credere !), io mi comprimo il diaframma e penso con sincero rincrescimento: povero E. 11., cosi giovine (è vecchio? peggio ancora !), cosi giovine e ormai dèdito ad abitudini vergognose ! E volete che io me ne resti serio, se odo gii Agiati a vantarsi di cospirare (tempra curiosa di cospiratori : mi sembrano tanti don Abbondio... missionari al castello dell' Innominato !) in difesa della nostra italianità, la quale sarebbe abbastanza insidiata senza che per soprassello gl'imberbi saccenti, cresciuti alla scuola dei proverbiali capponi di Renzo, facciano si che il nemico fra noi di noi se ne rida? Disgraziata italianità, se bastasse a metterla in pericolo 1' annunzio che gli Agiati hanno fatto un cattivo libro ! Ma questi accademici sono immensi ! Dicono eh' essi deplorano — soltanto — i fatti che restano lì stampati (e i loro fatti deplorevoli non li ho stampati io !), e poi se viene qualcuno a mettere i puntini sugli i, invocano la carità di patria e schiamazzano come tante oche in Campidoglio.... per l'italianità minacciata! O sta a vedere che carità di patria significa amnistia perpetua a tutti gli spropositi lanciati per il mondo da' nostri più o meno illustri «conterranei» ! E il patriottismo degli asinelli dunque che gli Agiati vogliono instaurare ? Ah no, fin li non mi sento d' arrivare ! Come nessuna carità di patria potrà mai persuadermi ad abbracciare e baciare fraternamente i Salvotti e gli Zajotti — anche loro ex imperialregi Agiati ! — per il semplice fatto che sono nati entro i confini del paese dove son nato io ! F. P. Baccio Ziliotto — Nuove Testimonianze — Per la vita di - Pier Paolo Vergerlo il Vecchio. — Trieste, Stabilimento art. tip. G. Caprin, 1906. Una dissertazione proemiale, e due documenti, che la cortesia della nobile famiglia Gravisi - Barbabianca volle mettere a disposizione dell'au- toro : il «Conipendiuin Vitae» e il testamento di Pier Paolo Verg'erio ; il secondo molto più importante del primo, perchè senza dubbio di più sicura provenienza. Se t'elice ebbe la mano il Patrono, argomentando che il Verg'erio fosse dottore nelle arti liberali e licenziato in medicina g-ià prima del 1395 — il che trova una conferma nel «Compendium» —, non fu cosi nelle sue altre Supposizioni, che 1' a. del presente opuscolo dimostra insussistenti. Un punto oscuro, intorno al quale si sbizzarrirono le fantasie dei critici, è stato per lungo e lungo tempo l'anno di morte del nostro dotto umanista; ora appena la vera luce ci dà il testamento, dalle cui note si apprende che il Vergono nel mese di luglio del 1444 eia già defunto. Ed altre notizie ancora, non prive d' interesse, apprendiamo da questo documento : il buono stato economico del Vergerio contrariamente a quanto asserirono alcuni storici — , la lucidità del suo intelletto anche nel-1' estrema vecchiaia, e così via. Tutto l'opuscolo insomma è un contributo di 11011 lieve importanza por la storia del grande pedagogista istriano; e noi ci congratuliamo con 1' autore. j. e. Dott. (J. (urto, Versi, Trieste, Ettore Vrani, editore, 190(5 (pp. 21 : prezzo : cor. 0.50). Un manipoletto di versi caustici, meglio scolpiti che torniti, con entro racchiusa un' anima che vibra di sdegno, si entusiasma, si commuovo, si raccoglie finalmente nella meditazione attutrice d' ogni sentimento discorde e si appaga nella cortezza d' una vita migliore al di là della tomba, nella fede in un ente migliore al di sopra di noi. Ecco alcuni distici, ove — secondo me — la forma risponde meglio all' intenzion dell' arte : Nel cuor dell' inverno. Mostrano i campi ancora un po' di verde : nello squallor la speme non si perdo. In primavera. Dal terrei! brullo sono i fior risorti ; risorgeranno dalla polve i morti. In decembre. Senza foglie è la pianta ond'bai la vita, edera, e tu verdeggi, o parasita ! Pensieri che parlano alla mente ed al cuore, illuminati da poetici confronti ed antitesi, espressi con distinta sobrietà : 1' opera è compiuta. -o. -i. Dr. Antonio Pilot: Un altro poeta veneto del 500 (Girolamo Verità). — Ediz. della «Nuova rass. di lett. moderno» di Firenze, Genn.-febbr. 190(!. Togliendo occasiono da una recente pubblicazione di Larnb. Carlini sul Verità, l'A. esamina la produzione poetica di questo veronese «al quale la sua città deve riconoscere quello che Venezia al Bembo : il fiorire del petrarchismo», e aggiunge ad essa una canzone sfuggita al Carlini e eh' era in un cod. Cicogna. Il componimento è quanto mai interessante por accenni storici, tra' quali ci piace notare quello al diffondersi del luteranesimo, eh' ebbe i più considerevoli sostenitori dall' Istria nostra. Si desidera noli' edizione stia più accurata interpunzione. Discorrendo dei vari atteggiamenti della lirica del veronese, il Pilot ne coglie di analoghi in altri poeti del veneto (tra essi anche il Muzio) e ciò gli dà l'opportunità di frequenti digressioni e di pubblicare altri testi inediti eh' ci trae dal maremagno dei codici veneziani. Il Verità fu dotto del pari nel diritto, nella filosofia, nella fisica, nell' astronomia e nelle lettere ; scarso valore si attribuisce alla sua poesia, ma 1' occuparsene fu lodevole cosa, come parrà a quanti oggi seguono il metodo storico nello studio delle letterature. Aggiungerò che un altro poeta Verità di Verona, ebbe attinenza con l'Istria, poiché d' ordine dei rettori di Padova, con Ducale 24 ottobre 1594, fu relegato per due anni sull'isola di Cherso (cfr. Petris : L'arch. della comunità di Cherso. Progr. Ginn, di Capod., 1904, p. 11). B. Ziliotto. Giovanni Quarantotto : L'Istria di Andrea Rapido tradotta in esametri con un saggio di bibliografìa rapiciana in appendice. In Programma del ginn.-reale ecc. di Pisino (anno VII). — Parenzo, Coana, 1906. Pochi poeti umanistici in Italia possono contare quattro traduzioni in italiano delle loro opere : tante ne ha avute oramai il vescovo triestino negli ottant' anni dacché il suo poemetto Histria fu ridato alla luce da Pietro Kandler, cioè una dell' avo materno di questo, Matteo Ceruti (1826), 1' altra di G. B. De Medici, il traduttore di Vergilio (1871), la terza del poeta della patria Riccardo Pitteri (1900), sempre in endecasillabi. Ed ora un altro poeta dell' Istria (chi non ha viva nella memoria la sua bella collana di sonetti?) volge il componimento latino nel metro dell'originale, eli' egli rende con maestria grande modellandolo sugli esametri di Giuseppe Chiarini. E la versione, pur mantenendosi letterale, è tutta in terso italiano, di sapore squisitamente classico. (Solo qua o là vorremmo sbandito qualche latinismo: v. 43 lapidose, 207 lime: e mi pare sien g'ii unici.) Non indugiamo a dichiarare che il poemetto rapiciano s' è abbellito ed elevato nella nuova veste. Leggendolo intendemmo il segreto della sua straordinaria fortuna : quello sviscerato amor di patria, che è stato il primo incentivo a quasi tutta la produzione letteraria istriana, e che nel Rapido s'esalta e trabocca: amor di patria che lo strazia, quando «lacerata da lotte di parte la terra sua vede», che lo fa lirico efficace al conspetto delle bellezze naturali del paese, che lo trasporta nel glorioso passato e gli magnifica e ingigantisce le glorie del presente: «Ricca di belli ingegni è l'Istria e niun' altra 1' uguaglia | terra d'Ausonia in ciò», e lo fa desiderare solamente di vivere e finir la sua vita fra i suoi colli : «Deh ni' assentali g'ii Dei molt' anni di vita giocondi, e non altrove io certo che in grembo alle vostre convalli li passerò, quand' anche le beatitudini sue Roma stessa m' offrisse e la porpora cardinalizia » Non vi ricordano questi affettuosi versi, quelli del Muzio, contemporaneo del nostro, quando sospira la sua Giustinopoli, in cui vorrebbe cessar l'agitata sua vita? Ma torniamo al Quarantotto : dei suoi versi non più, che i lettori di queste Pagine dal brano offerte in esse (IV, pp. 116 sgg.) possono farsene un giudizio da soli; dirò piuttosto che l'A. con sagg'ia misura discorre dei traduttori che lo precedettero e che da ultimo ci offre una bibliografia rapiciana, la quale, non essendo pubblicata quella che il Dr. Pietro Tomasin raccolse anni addietro, è la più completa che s' abbia. li. Ziliotto. Dott. Franco Navorgnan, Zar Soziologie der Staatengrihidung. In «Po-litisch-Anthropologische Reme» IV A. N.° 6. Leipzig- 1905'). L' egregio autore, che è nativo di Trieste, nell' articolo che ci sta davanti, si propone di confermare con un esempio molto ben scelto la teoria del celebre sociologo L. Gumplovicz «essere la conquista la prima causa dell' origine degli stati, i quali non sono altro che l'organizzazione del dominio di una minoranza sopra una maggioranza». I Macololo, tribù dei Basuto, nell'Africa meridionale, furono da prima nomadi ; dopoché essi ebbero piantate sedi stabili al sud dello Zambesi, si diedero a guerreggiare le popolazioni circostanti e le sog-giogarono. Nel mtovo regno essi costituivano la classe dominante, una specie d'aristocrazia: essi erano i possessori dei campi, essi i guerrieri. Le altre tribù, loro soggette, fornivano i preti, i medici e gli agricoltori. Loro re era Sebituane, che governava assieme al «pitschO», una specie di parlamento, del quale facevano parte soltanto i maggiorenti e i sacerdoti. La parte scelta dei guerrieri doveva star sempre sotto le armi, ed era divisa in tanti «mopato». La capitale del regno era la città di Linyanti, che nel 1853 contava dai 6 ai 7000 abitanti. Dopo la morte di Sebituane, il regno, specie per il deperimento tisico della tribù dominante, si sfasciò ; e i pochi Macololo sorvissuti alle malattie, furono in parte uccisi, in parte venduti schiavi dai loro antichi sudditi, che in tal modo si vendicarono del lungo servaggio. E sorse lo stato dei Barotse-Mambunda, che conservarono fra altro la lingua dei Macololo, circostanza questa che dimostra essere razza e lingua due cose d i verseli lavoro, quantunque tratti d' una oscura tribù africana, riesce, a merito delle intelligenti osservazioni e considerazioni dell'A., interessantissimo ; peccato soltanto che sia comparso in tedesco e nella rivista del Dott. L. Woltmann, celebre per le sue idee sul rinascimento italiano, che puzzano molto di pangermanismo ! (t. Frane. Babudri: La badia di S. Michele Sottoterra. Il Comune di S. Domenica. Spigolature .storiche. — Parenzo, Coana 1905. Son settantanove pagine che si leggono con piacere e per la purezza dello stile e per 1' argomento e per 1' arguzia che qua e là vi fa capolino. L' egregio Babudri, già noto molto favorevolmente per altre sue monografìe e facili carmi, ci tesse la storia della badia benedettina di S. Michele Sottoterra, la più antica dell' Istria ; badia, che come quelle di S. Michele al Leme, di S. Pietro in Selva e di S. Pietro fuori le mura di Cherso fondate circa al tempo istesso (scorcio del IX secolo) era ricca e potente assai. Segue altro lavoro su S. Domenica, uno tra i comuni rurali istriani, che pur cinto tutt' intorno da Slavi sorvenuti nell' età moderna nella provincia nostra, si mantenne prettamente italiano ; tant' è vero, che se si vuole, si può. Premessi alcuni cenni sulle relazioni fra stato e chiesa nell' età di mezzo, e quindi dell' indipendenza dei vescovadi dalla podestà laica a 4) Questo studio à veduto la luce anche in italiano nella «Rivista d'Italia», A,-IX, Fase. Ili, Roma 1906, col titolo: Uno .stato dell'Africa meridionale: il regno dei Macololo, mezzo di franchigie e di privilegi sanciti dagli imperatori, 1' egregio A. dice della fondazione della storica badia sul principio del IX secolo), della potenza dei suoi abati e de' suoi avvocati conti e baroniì, delle lotte coi vescovi di Parenzo per mantenersi indipendenti, e ciò tutto colla scorta di documenti in gran parte inediti e da lui tratti dall' archivio della cessata badia, custoditi in quello di S. Domenica. Né meno interessante è lo studiolo sul comune di S. Domenica, specie per certo uso strano assai detto «i fratelli giurati». E una specie di «patto di sangue» che veniva stretto fin fra persone di diverso sesso ; immaginati le conseguenze ! E perciò che il compianto monsignor Pesante or ora decesso, gloria dell'Istria nostra, riprovando l'uso ne scriveva al sacerdote novello Ive («I fratelli giurati nella diocesi di Parenzo nella prima metà del secolo XVIII» Parenzo, tip. Coana, 1896) e s' aveva da «Vindices» quella acerba risposta, che tutti sanno. Sia lode al giovane autore e. sia d'- esempio ai molti giovani egregi che 1' Istria conta perchè, lasciate le sterili lotte di parte, mettali il loro ingegno ad opere migliori che non sien gli sciocchi cicaleggi, chè tal fatta di monografìe son utilissime ; soli granelli di sfibbia, son pietre, per quanto sien piccole, atte a costruire edilìzi maggiori, specie se tracciate e svolte come queste dell' egregio Babudri. P. IVecrol o I a. Addì 7 luglio a. c. cessò di vivere a Parenzo, sua città natale, il Canonico Giovanni Pesante, proposito capitolare e protonotario apostolico. «Il defunto era uno dei più perfetti esemplari del vecchio clero patriottico, amantissimo della sua nazionalità, la cui tutela e cura sapeva conciliare coi doveri del suo ministero. Coltissimo specialmente nella storia patria ecclesiastica e civile, si deve a mons. Pesante la prima e più ampia conlutazione delle pretese slave al rito glagolitico — confutazione che egli fornì iu un poderoso volume. Anche altri lavori pubblicò su vari argomenti, tutti testimoni della sua ampia cultura e del suo profondo amore al paese. Fu per vari anni ispettore scolastico distrettuale e fin negli ultimi tempi capo della cancelleria vescovile di Parenzo». (Dal Piccolo della seni, Trieste, 9. 7. 1906). Intorno a questo benemerito comprovinciale pubblicheremo un cenno biografico nel prossimo fascicolo. D©mb.\ico Vestii uni, direttore — Cari. ' Priorv, t'ilitore e redattore responsabile. Stali. Tip. Carlo Priora. Capodistria.