ANNO XV. Capodistria, 16 Giugno 1881. N. 12 /» kB? i ULs * ^ s#» LÀ PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. ANNALI ISTRIANI «lei Secolo decimoterzo.*) 1223. — Trieste, 6 novembre, lunedì. Il vescovo Cor- rado induce il comune tergestino e Ugone Signore di Duino a rimettere la loro contesa di confini nelle mani d'arbitri : a tal fine vengono eletti Tefanio e Ginano di Capodistria, Gregorio canonico di Trieste, Domenico Giudice di Trieste e Odorico di Cucagna, i quali si pronunciano dinanzi allo stesso vescovo. i Cod. „Dipl. Istr.," - Mane „Ann. del Fr." - To. To. IL pag. 284, - Cappelletti : „Le Chiese d'Italia." P 6Tmi:-""f^TVr^ Cronog1'-" ' 1224. — Sin da quest' epoca i patriarchi di Aquileia tenevano palazzo in Castel Venere e lo abitavano alcun tratto di tempo. Mane. „Ann. del Fr." - To. IL p. 286. 1224. — Il vescovo di Pola, delegato dal parlamento friulano, si porta nelle vicine provincie tedesche per esortare i principi a non voler spingere i popoli, già visitati dalla carestia, contro l'imperatore, per non creare delle difficoltà all' impresa di Terra Santa ; ma questa sua missione rimane infruttuosa. Manz. „Ann. del Fr." - To. II. p. 285. 1224. — Papa Onorio III e Bertoldo patriarca di Aquileia confermano la deliberazione presa in questo stesso anno da Adalberto vescovo di Parenzo, che il numero dei canonici della cattedrale non debba sorpassare il numero di dieci ne essere meno di dieci. Kand. „ Indie. ecc." Pag. 27. 1224. — Monfiorito de' Castropola venuto a questione con Adalberto vescovo di Parenzo per il luogo di Due-Castelli, entra armata mano in Parenzo, invade il palazzo vescovile, getta in mare i documenti che avrebbero potuto chiarire la questione. „Not. St. di Pola" -Pag. 116,- „L'stria". Ann. IV, pag. 132, - e Kand. „Indieaz." ecc. - Pag. 27. 1224. — Alberto è vescovo di Ossero. Circa in questo tempo arriva a San Francesco di Assisi in Neresine sull'isola d'Ossero, mentre muoveva per la Palestina ; in ricordanza di ciò viene eretto nel 1490 un convento di Francescani. Fari. „Illyr. Sac." - To. V, pag. 196. e seg. 1224. — Castel Venere. Trovandosi il patriarca Bertoldo in esso castello concede a Gerardo, vescovo di Cittanuova, la chiesa di Sant'Elio presso Buie assieme alle vigne ed ai prati che le spettavano. Urizio. Relaz. stor. della chiesa della B. V. in Buie. Pag. 323, - „Archeogr. Triest.," - To. IV, pag. $6 e Manz. "Ann. del Fr." - To. II, pag. 286, 1224. — Venezia, marzo. Il doge Pietro Ziani, consenziente il minor consiglio, autorizza il vescovo di Torcello Stefano de Nadal ad indennizzarsi con dei beni de' Polesani, ove Mauro del fu Adalgerio di Pola, suo debitore, non lo avesse a saldare delle XXX lire venete entro il primo giorno del prossimo maggio. „Archivio regio," Venezia. Liber comunis. - Car. 26. 1224. — 21 giugno. Leonardo), vescovo di Cittanuova e canonico di Aquileia, permuta a nome del capitolo aquileiese alcuni terreni col monastero di Rosazzo. Manz. „Ann. del Fr." To. II. p. 285. 1224. — Rieti, 12 Luglio. Papa Onorio III vuole che si esamini attentamente certa questione insorta tra don Pino primicerio in Grado, maestro Filippo canonico di San Marco e don Giovanni pievano di S. Maria Formosa in Venezia da una parte, ed il capitolo di Capodistria dall'altra, e comanda che a cognizione di causa venga lanciata la scomunica contro l'anzidetto capitolo ed alcuni dei canonici siano dichiarati decaduti dal loro beneficio. „Notizenblatt. Beilage zum Archiv. ecc." - Ann. IV, pag. 58. PUBBLICAZIONI ISTRIANE Diamo qui tradotta quella parte della Revue II istori quo (XVI, I.er fase.) importante Rivista francese, che riguarda le più recenti pubblicazioni in argomento storico fatte nella nostra provincia. „ Istria. — Per l'Istria l'attività storica si concentra a Trieste ; ciò non pertanto vedono la luce dello opere eziandio nella provincia e al di fuori. Una delle principali raccolte consacrate alle ricerche storiche è VArcheografo Triestino, il quale è concepito con uno spirito veramente scientifico. I giornali politici, quale VIstria *) (voleva dire "La Provincia») inseriscono talvolta delle lunghe memorie storiche. Come opera estesa, la più importante è la storia dell'Istria di Carlo de Franceschi (*). Si deve distinguere nettamente tra le differenti parti di quest'opera dal punto di vista della loro composizione e del loro valore. Ci s'accorge perfettamente su chi 1' autore s' appoggia, quali sono le opere preparatorie, che gli hanno servito, quali modelli egli ha scelto. La migliore parte è l'ultima che tratta della contea di Pisino e dell'Istria nei tempi moderni ; per 1' epoca anteriore fino al secolo 13° è Manzaiio che gli servì di modello; che uè anche alla sfuggita trattino dell'Istria; per il periodo anteriore ai Romani, per non dire che cose esatte, si dovrebbe attendere i risultati delle laboriose ricerche di Pervanoglù (2). Ma l'autore offre per i tempi primitivi piìi dati che meriterebbero d'essere seguiti ; p. e. alla pagina 17 le sue osservazioni sui trinceramenti circolari (3) dell'Istria s'accordano in ogni punto con quelle di A. Mullner sulle parti dell' Istria (voleva dire della Carnioìa) limitrofa al Carso (4). Bisogna dire al contrario che le questioni etnografiche relative al periodo anteriore ai Romani sono trattati con poca sicurezza; se ne avrà un'idea, quando si saprà che egli riduce al celtico alcuni nomi come Brest, Ter sten ik, Planik, Berlusnik, Cremegnak, Ruvin, ecc. Se i dotti dell' Istria potessero decidersi ad adottare delle idee più sen- *) La -Provincia dell' Istria non i'u mai giornale politico, ma semplice periodico bimensile, che da quattordici anni apre le sue colonne ai comprovinciali per la trattazione degl'interessi civili, economici, amministrativi dell'Istria. >. d. a. ') l'Istria, Note Storiche, Parenzo 1879. 508 ss. in 8°. -) (ri'Istri (Archeografo Triestino 1880) e Le colonie greche sulle coste orientali del mare adriatico. (Ibid). 3) Cioè i castellieri, come noi li chiamiamo. 4) Archaeologische Excurse nach Sud-Steiermarck u. Krain (Mittheil. s. Central-Commission f. Kunst-u. liist. Deukmalc 1880) tratta per la prima volta dei trincieramenti preistorici del Carso, sate sugli Slavi e la loro immigrazione nell'Istria, errori consimili non apparirebbero più; ma noi ritorneremo più sotto su questo proposito. Nel dominio dell'Archeologia noi ci terremo alle due memorie o più tosto alle due serie d'iscrizioni sopra pietre e vasellami pubblicate dal Gregorutti (5). È da deplorarsi che queste due serie non siano comparse separatamente. La scoperta d' un quadrante solare in Aquileja fatta dal Gregorutti, il resto che vi fu trovato, ha fornito a F. Kenner di Vienna l'occasione di trattare sui quadranti solari presso i Romani in una dissertazione approfondita (6). Alla storia politica e più specialmente ai rapporti dell'Austria con Venezia dal 16° secolo al 17° sono consacrati due lavori del professore A. Puschi (7). L'uno tratta della guerra sul possesso di Gradisca dal 1616 al 1617, l'altro dei preliminari di questa guerra, cioè delle lunghe stiracchiature che precedettero alla rottura completa fra i due stati. Ciò che piace nel Puschi, ciò che previene subito in suo favore è il linguaggio semplice e sensato che chiama la cose col loro nome, e non dissimula con delle frasi le lacune o le verità poco piacevoli. Se la corta istoria di Albona di Tomaso Luciani (8) non fosse stata scritta pei lettori d'un giornale stranicvo all' Istria, le si pofreMe SS' provenire d'essere superficiale. Ma si sarebbe poco ■ equi giudicando da un punto di vista rigoroso le produzioni destinate al grande pubblico. Non si può negare che esse ricevono da questo pubblico un migliore accoglimento che i lavori scientifici. Quando esse mettono in circolazione degli asserti seducenti (e ciò tocca da questa parte del territorio italiano così bene, come dall'altra), i lavori più approfonditi non possono sradicarli, ed essi divengono talvolta dei dogmi di politica quotidiana. Così si trova e in Luciani e in De Franceschi l'asserto che non vi ebbero in Istria invasioni slave avanti il principio del IX secolo, ma tutt' al più delle incursioni non susseguite da fissazione di dimora. I due autori non hanno scoperto questo preteso assioma, esso è più vecchio di loro. Ma questo quadra colle loro opinioni, e siccome è 5) Inscrizioni inedite aquilejesi, istriane e triestine (Archeog. triest. 1880) ed Antichi vasi fittili di Aquileja ilbid.) Roemische Sonnenuhren aus Aquileja (Mitth. der Cen-tralcommission u. s. w. 1880, 1-23). 7) Attinenze tra Casa d'Austria e la Repubblica di Venezia dal 1529 al 1616 (Program, del Ginnasio dello Stato di Trieste) 1879. 60 ss. in 8.° — Cenni interno alla guerra tra l'Austria e la Repubblica di Venzia negli anni 1616 e 1617 ('Archeografo Triestino. 1880J. s) Albona, studii storico-etnografici. Venezia, 1879, 32 pagine iu 8.°. piacevole di pensare che al secolo Vili la popolazione dell' Istria era un solo popolo compatto e concorde, essi non hanno punto verificato l'esattezza di questo assioma. Ciò non è pertanto altra cosa che la conseguenza erronea d'una falsa interpretazione d'un placito dei ilfissi imperiali del reame franco nell'804, il quale è diretto tanto contro le usurpazioni dei vescovi dell' Istria, che contro quelle del capo dell'amministrazione civile e militare, „il generale Giovanni" greco di nazione secondo ogni apparenza. I due poteri, il potere ecclesiastico ed il potere civile lavoravano di comune accordo per rendere serva la popolazione, e per savare più denaro che fosse possibile. Questo Giovanni stabili degli Slavi sulle proprietà particolari, per ricavare da quelle proprietà delle rendite. Ciò prova soltanto che s'impiegarono nell'804 degli Slavi per coltivare delle terre di già occupate, ma ciò non prova che non vi esistessero degli Slavi in Istria, e che essi non si fossero già stabiliti da più lungo tempo sopra i beni senza padrone. Incomberebbe a chi sostiene il contrario di provare dapprima, come gli Slavi che hanno occupato e colonizzato avanti il IX secolo le montagne e fino una parte del Friuli, il Carso e la Dalmazia cou tutte le terre dell'interno, avrebbero rispettato l'Istria. Schaffarik stesso non può foriere prove di una ^cuyMixiiifì-^uicilka,no troverebbe che in casi assai rari, e questo placito ce ne fa conoscere uno. Ma è difficile d'ammettere che la frase „quod non est in actis non est in mundo, possa essere applicata alla questione. Gli avversarti della slavizzazione dell' Istria non si accorgono che la loro opinione fa poco onore alla forza di resistenza della loro razza. Noi non sapremmo ammettere in favore del preteso «popolo compatto e concorde „ dell'Istria, che l'immigrazione d'una razza così poco avanzata quale era la razza slava, ha potuto riuscire a soppiantare (deborder) la civiltà italiana, come ella ha fatto almeno pel numero, se questa immigrazione non avesse avuto luogo che durante il secolo IX (*). G. di Sardagna ha trattato la storia militare V vorrei egualmente contraddire in nota una rimarca fatta da Luciani in una nota'della pagina 31. Egli dice che il nome popolare di Adelsberg flnner-Krainl è Postoina, e che questo è semplicemente un' abbreviazione di Postumia, che per conseguenza la via Postumia che andava dall' Italia al Norico passava di là. Ora la via Postumia passa ancora oggidì presso Treviso, ed andava altra volta (biforcandosi a Quadrivium> ad Aquileja, ma non nelle montagne, l'astoina, più esattamente Pustovina, è un nome slavo derivato da Pustu — deserto,,. >.B. Ci permetta il critico di osservare che Kandler, il quale fece esatti studii sulle antiche strade romane trovò che la via Postumia si diramava anche nell'odierna Camicia, e che Adelsbergposto sulla stessa, si disse Arae Postumiae, da dove nel medio evo i tedeschi fecero Arensberg, nominata nei diplomi di quel tempo, convertito solo più tardi in Adelsberg. dell'Istria. Egli si è fatto di già conoscere vantaggiosamente per più lavori su questo soggetto pubblicati neirArchivio Veneto ed altrove. Egli iyipiega con predilezione ed intelligenza i trattati fatti da Venezia coi condottieri per le guerre dell'Istria dal secolo 13-15 Degli studii consimili non si possono fare che coll'ajuto degli Archivii della Cancelleria Veneziana. Egli non ha segnalato meno di ottanta capitani e capi di bande che hanno combattuto in Istria al servizio di Venezia, ed egli li segue per tutto nella loro carriera dove può. Io m'inganno forse, ma l'autore mi pare abbia obbliato nella sua lista Ulricus de Rayf (in) berg. I Commemoriali agli Archivi dei Frari racchiudono i trattati stipulati dalla Bepub-blica con lui li 20 luglio 135(5. Alla verità noi siamo obbligati di dire che gli ultimi Indici dati dal Sig. di Sardagna non sono compilati di una maniera molto pratica. Egli si lagna di non aver trovato nei Glossari la spiegazione di molte parole imbarazzanti ; egli non può p. e. attribuire alcun significato alla parola Slapo. Il Sig. di Sardagna sa meglio di nessuno che il mestiere di soldato era esercitato in Italia dai Tedeschi, particolarmente nel secolo XIV. Dopo le parole guerra, guardia, guasto ecc. fino ai nomi delle armi ed arnesi da guerra, quasi tutti i termini di guerra Iranno un'origine germanica, ed un glossario alla mano avrebbe potuto risolvere forse il più sovente le difficoltà che ha incontrato l'autore. Uu vocabolario del 1618 traduce slapo con pileus depressa, latus (del quale il Sig. di Sardagna dice „parrebbe fosse una specialità dei Veneziani,,) ed il Codice italiano Monacen. 362. p. 21, con cer-velliera. Si dice ancora oggidì in Germania Schlapp-hut, e le donne del Tirolo avvoltolano i loro capelli di dietro in una pochette (piccola saccoccia) di lino che chiamano Schlappen. Lo slapo è anche una beckenhaube, caschetto in ferro che copre la nuca. Noi potremmo anche dare come esempio la parola schincherìa della quale egli parla pure e che ha egualmente un'origine germanica; essa deriva in fatti da scinca ^ tibia, crus — ed era la parola tecnica tedesca che designava l'armatura difensiva della coscia. Noi abbiamo la soddisfazione di terminare questo "Bollettino „ coll'annunzio di una buona opera come l'abbiamo cominciato. Per meglio dire si tratta di un'opera in prospettiva, poiché Combi non dà nel suo scritto su P. P. Vergerio il seniore (2) che ') Memorie di soldati istriani e di altri italiani forestieri che militarono nell'Istria allo stipendio di Venezia nei secoli XIII XIV e XV (Archeografo Triestino 1880, 18-102;. 2) C. A. Conili. Di Pierpaolo Vergerio il seniore da Capodistria e del sito epistolario. Venezia 1880, 125 p. in 8. uno studio sul posto che questo padre dell'umanismo tiene nel mondo dotto, colla lista delle lettere di lui attualmente conosciute. Egli pubblica questa lista per provocare la ricerca di altre lettere. La prima parte è scritta con una competenza rimarchevole, la seconda che promette la pubblicazione d'una sorgente importante per il passaggio dal XIY al XV secolo, ecciterà una grande aspettativa nel mondo dotto. Le alquante lettere di Vergerio pubblicate dal Muratori s. c. r. 26, la più parte lettere di gentilezza, giustificano questa aspettativa,. I. von Zahn. Noi Triestini ed Istriani dobbiamo sapere grado al Direttore dell'Archivio provinciale della Stiria Dr. Giuseppe cavaliere von Zahn d'avere voluto occuparsi in un sì importante periodico straniero, quale si è la Revue Historique di Parigi delle più recenti pubblicazioni storiche dei nostri paesi, tantopiù che la sua critica è accompagnata da forme cortesi, e da uno spirito calmo e benevolo. Ci reca vero piacere lo scorgere che un tedesco faccia conoscere ai francesi l'attività storica che si viene sviluppando nella nostra provincia, nel mentre non è facile trovare fatto cenno nei periodici tedeschi delle relative pubblicazioni presso di noi a quando a quando uscite sia di produzioni originali, sia di pregevoli raccolte destinate ad apparecchiare materiali storici ed invogliare a questi studii il pubblico, ed in ispecie la gioventù studiosa. Abbiamo letto con vivo interesse e compiacenza il giudizio che il Sig. von Zahn porta del lavoro su P. P. Vergerio il seniore a cui intende il chiarissimo Carlo Combi, e col quale chiude il suo articolo sulle nostre pubblicazioni storiche. Potremmo fare qualche osservazione su quanto dice dei lavori del De Franceschi e del Luciani; ma vogliamo soffermarci soltanto al rimprovero che egli fa loro, di avere idee poco sensate sugli Slavi e la loro immigrazione in Istria. (Continua.) ISTITUTO DI CREDITO FONDIARIO PROVINCIALE Parenzo, 5 Giugno 1881. Addì 23 Maggio p. d. la Direzione di quest'Istituto di credito fondiario tenne la sua quarta seduta, che segna un progresso non indifferente nella somma dei mutui conceduti. Il segretario comunicava che la Giunta provinciale avea approvate le nomine dei periti fatte nella seduta anteriore ; avvertendo pure che gli eletti periti aveano tutti accettato l'incarico loro deferito. Nella precedente seduta la Direzione si era riservata di deliberare sulla domanda della Podesteria di Gimino, perchè al perito rinunciatario Paolo Suffich venisse sostituita colà altra persona. Ritirate le opportune informazioni, la Direzione nominava a proprio perito delegato, Antonio Rovis fu Francesco da Gimino e questa nomina fu anche approvata dalla Giunta provinciale. E giacché ho toccato dell' argomento dei periti, avvertirò che in questi giorni la Direzione dell'Istituto diramava ai medesimi una circolare, colla quale riferendosi alla speciale Istruzione dei 22 Febbrajo a. c. N.ro 50, richiamava la loro attenzione sopra alcune formalità ed alcuni principii di massima nell' assunzione dei rilievi d'estimo, la cui rigorosa osservanza può soltanto dare a questi atti quel valore che si richiede dalla importanza dell' oggetto. Non a torto la Direzione rilevava che la perizia forma la base precipua e direttiva della decisione sopra una domanda di credito ; e raccomandava pertanto ai signori periti di procedere nei rilievi colla maggior possibile attenzione, oculatezza e scrupolosità, a sgravio di loro coscienza ed a scanso dei pregiudizii che altrimenti potrebbero derivare all' Istituto, dal quale essi ricevettero il mandato di fiducia, e nel cui interesse essi devono anche necessariamente agire. Premesse alcune osservazioni ed indicazioni riguardo alla forma ed ai requisiti della stima, la circolare continua. «Riguardo finalmente alla determinazione del valore la Direzione raccomanda vivamente ai signori periti di attenersi alle norme dell' art. 7 dell' istruzione ; avvertendo principalmente alla circostanza che colle stime richieste dall' Istituto non si tratta di stabilire il valore di costo od il valore di vendita dello stabile, bensì il valore quale ipoteca sostanziale che deve assicurare il mutuo accordato di solito per il lungo termine di 36 anni, occorrente (coli' annualità del 6%) alla totale ammortizzazione del debito. Da ciò deriva la necessità di prendere in riflesso non soltanto lo stato presente e la rendita attuale dello stabile, ma di procurarsi anche della probabile rendita avvenire, avuto riguardo alle speciali coltivazioni, alle quali il fondo è dedicato Nè, dando al fondo un valore più b^sso di quello ricavabile tosto dalla vendita, il perito, e rispettivamente anche la parte, possono temere che venga deprezzato con ciò il valore attuale della sostanza, ove si ponga mente alla distinzione superiormente fatta, fra una stima da servire a base di vendita, ed una stima a fondamento di giusta valutazione delia consistenza d'una ipoteca." Non si dubita che i signori periti sapranno uniformarsi nei loro operati alle massime fissate dalla Direzione, offerendo così a quest' ultima un dato sicuro nella decisione sopra domande per aprimento di crediti. Esaurite le altre comunicazioni d'ordine amministrativo, la Direzione passava all' esame e decisione sopra le varie domande per concessione di prestanze, pronte alla pertrattazione. Le istanze erano 32, e per la somma complessiva di fior. 104,670. Ne furono accolte, parte nell'intiero importo chiesto, parte per un importo ridotto, venticinque, per la somma complessiva di fiorini 71,400, e fra queste quella dei Comune di Pisino per fiorini 35,000. I venticinque mutui accordati si dividono fra ii varii distretti giudiziari come segue : Pisino . . . Pola. . . . Parenzo . . Montona . Buje . . . Capodistria mutui, assieme fior. 37,900 » 11,000 » 10,600 » 6,800 » 3,100 fior. 2,000 Totale 25 mutui, assieme fior. 71,400 Le istanze prodotte all' Istituto dal 1 Gennajo a. c. fino ad oggi ascendono a 130, per un capitale complessivo di fiorini 203,800. Le accolte fino ad ora sono 40, per un capitale di f. 91,600 ; ne sono state respinte 55, ritirate 2, e le rimanenti pendono per la compitazione, e la riferta nelle prossime sedute. Dei 40 mutui accordati, furono effettivamente erogati fino ad oggi 11 soltanto per la somma di fiorini 18,200. G. Dr. B. Contro la fillossera Alla spettàbile Direzione del Periodico „La Provincia (Prov. di Bergamo). Grumello del Monte 12 corr. Poiché codesta spettabile Direzione invita a discutere sulla fillossera, mi permetterò anch'io di dire quattro parole, dettate dall'amore che porto alla mia provincia ed al mio campanile. Premetto, che non dico cose nuove, ma tuttavolta non da tutti forse conosciute, tanto che non sarà forse inutile di ripeterle e divulgarle. Un „ Vostro devotissimo", nel N. 11 di codesto Periodico, aveva scritto „per provocare degli schiarimenti, intorno al deciso del Ministero di Vienna con dispaccio dell'aprile p.p.; vorrei provarmi a rilevarli, tanto più che la questione fillosserica è per noi di sì capitale importanza, che non provvedendo a tempo potrebbe condurci all' ultima rovina. Molti sono stati i rimedi proposti per combattere la fillossera, e fra i più efficaci si mostrò il solfuro 51 carbonio. Ma anche con questo, bisogna intendersi bene, che cosa possiamo aspettarci. Il solfuro è un insetticida per eccellenza, ma quantunque diffusibilissimo nel terreno, non è però tale da uccidere tutti gl'insetti microscopici, lasciandone sempre intatto qualcheduno che nelle maggiori profondità trovasi nascosto nel ripiegamento di qualche barbolina. Da ciò ne viene, che per quanto accurate sieno le iniezioni nel terreno, tuttavia sarà quasi impossibile di evitare che qualche insetto sfugga al liquido mortale. Dunque, una distruzione completa del pidocchio fillosserico non la si potrà ma; avere col solfuro di carbonio ; tuttavia servirà mirabilmente a limitare la propagazione dell'insetto e dar tempo al coltivatore di provvedere a casi suoi e di scongiurare l'improvvisa perdita totale dei vigneti, a cui altrimenti andrebbe incontro. Con ciò si potrà inoltre prolungare l'esistenza della vite in Istria, e mal consigliati sono quei proprietari che celano alle autorità un vigneto sospetto. Il trattamento del terreno col solfuro di carbonio deve poi esser fatto con le maggiori cautele, poiché sulla scrupolosità dix questo lavoro dipende del tutto l'esito dell'iniezione. È per questo che i Governi affidarono questa operazione a persone esperte, bene istruite e conscie di ciò che fanno, poiché altrimenti, se lasciata cioè ai si ngoli proprietari, si correrebbe il rischio di aggravare il male malgrado lo stesso solfuro di carbonio. Di fatti è facilissimo, che gli stessi operai che lavorano in una vigna infetta, sieno poi i propagatori inconsci del male o della fillossera in altri vigneti ancora intatti. La terra appiccicata agli arnesi, alle scarpe, agli utensili, e persino il pulviscolo che rimane nei calzoni rim- j boccati, possono essere apportatori del pidocchio là dove non esisteva. Così almeno o con tanta scrupolosità ci si comporta qui nel regno ed anche in Isvizzera. E sta benissimo, chè altrimenti sarebbe più consulto di lasciar le cose come sono. Mentre poi si darebbe la caccia alla fillossera col solfuro, bisognerebbe aver la massima cura delle viti incora sane. L'attuale trattamento delle viti, parlo in jenerale, è del tutto falso e sbagliato. Sopratutto bisogna scartare il concime animale, spesso causa anche quello e fomento di molti insetti, e sostituirlo coj mi-aerale — eccellenti i fosfati e la potassa. Ed ora vengo alle viti americane. Anche in questo campo non si hanno idee e dati precisi ; purtroppo il problema non è ancora risolto. È pur vero, vi sono delle viti americane che fin qui resistettero alla fillossera; oltre a tanti altri scrittori, c'è garante l'illustre cav. Dr. Levi. Tuttavia i dubbi del Ministero austriaco non mi paiono infondati; anzi. Io stesso, se mi si permette di cacciarmi frammezzo, li aveva in una mia lettera espressi, lettera che fu anche ristampata cortesemente da codesto periodico nel gennaio a. c., quando cioè il Ministero viennese non si era ancora pronunciato. Mi spiego, cioè, la rigogliosità delle viti americane come mi spiego quella delle selvatiche, che di frequente se ne trovano nelle nostre foibe. Aspettate che le americane si acclimatizzino, e ci troveremo al punto in cui siamo. Si badi però, anche in questo è un apprezzamento puramente individuale, che aspetta la conferma dal tempo. Malgrado ciò sono tutt'altro che contrario a che si coltivino anche le americane. Si cerchino intanto le riconosciute resistenti ; se qualcuna di queste fallirà, la si scarti, qualche cosa resterà sempre: ma per 1' amor del cielo non lasciamoci prender alla sprovvista colla fillossera in casa ! Potrebbe darsi ancora, che alcune specie sieno resistenti soltanto per un dato corso di anni, p. e. di 10; e non sarà forse anche questo tanto di guadagnato? Vuol dire, che passati i 10 anni estirperemo queste viti per rimpiazzarle con altrettante giovani e robuste. Egli è certo ad ogni modo che non è tempo da perdere, che ci avviciniamo di trotto alla scomparsa dei nostri vigneti. Non so poi darmi ragione perchè il Ministero si sia indotto a proibire l'importazione di talee di viti americane. Non è sicuro della riuscita? Almeno provi o lasci provare. Teme l'importazione di altre fillossere ? Ma se il Dr. I. Mocogno ha già trovato i mezzi di disinfettazione (Vedi «Giornale vinicolo italiano" A. VII N. 12). Ammesso pure che l'I. Governo persista nel suo niego, ciò non autorizzerebbe ancora gl'istriani a rimanersene colle mani in mano. Ci si procuri dei vinacciuoli di viti americane resistenti, e si facciano i semenzai. *) A questo punto bisognerebbe dire quali sieno le varietà resistenti, il modo di semina, quali sieno atte alla produzione diretta, quali buone porta-innesti; ma oltrecchè andare per le lunghe, ripeterei cose a molti *) La direzione della Società Agraria provinciale ebbe in dono dal Ministero di agricoltura del Regno d'Italia alcuni chilogrammi di sementi della qualità Riparia Clinton, che furono in parte seminati nell'orto sociale in Rovigno, ed in parte furono consegnati alla Giunta provinciale in Parenzo per la semina alla stazione di Viticoltura. mote, come le anzidette. Ma se si riconosce 1' utilità di ripeterle, con vostra permissione, ritornerò sull' argomento. Sopra tutto mi permetterò di aggiungere alcuni dati sulle esperienze latte in questi ultimi anni in questa scuola professionale agricola, nella quale ho l'onore di essere docente ; e dove anche da per me ho iniziato delle esperienze, sul risultato delle quali non mancherò di tenere informati i nostri lettori. Frattanto con le dovute grazie mi professo di codesta spett. Direzione Obbligatissimo Domenico Dr. Tamaro. POSCRITTO Alle notizie date nell'ultimo N. della Provincia intorno al celebre viaggiatore inglese, Capitano e Console Riccardo Francesco Burton, dobbiamo aggiungere le seguenti, che troviamo nel Srpplemento del Dizionario biografico del De Gubernatis. Il Burton, secondo lo stesso, scrisse anche assieme alla distinta sua consorte Isabella contessa Arundell, e precisamente : Vita intima della Siria (due volumi, 1875; edizione principe 1879) ; A.-E.-I. ossia Arabia; Egitto, India, (1879). Udiamo, prosegue il De Gubernatis, che la signora Burton prepara pure un libro popolare per fanciulli, ove si uarraro i viaggi e le avventure del capitano Burton. Tra le opere in corso di preparazione del capitauo Burton si annunzia pure un libro Sull'Istria, uuo scritto sopra gli Zingari, ed una raccolta di proverbi slavi e greci. In questo anno poi si è pubblicato un suo bel saggio sopra il naturalista e viaggiatore padovano Giovanni Battista Bel-zoni. Dobbiamo notare che il Dizionario del De Gubernatis fu pubblicato a Firenze nell' anuo 1879. (#). SAN VINCENZO IN PRATO E LE BASILICHE ISTRIANE*) È necessario procedere con ordine per distignere e vedere ciò che appartiene alla prima costruzione del sesto secolo al ristauro del nono, e di altri tempi più vicini, e riconoscere a quale età appartengano le varie parti che il D'Agincourt riprodusse confondendo i materiali della triplice costruzione. Che il Duomo, o meglio la basilica, già esistesse nel sesto secolo non vi è luogo a dubitare. Se Parenzo, Trieste, Capodistria, Cittanova, Pirano ed altre città minori ebbero basiliche al tempo dell'ordinamento ecclesiastico di Giustiniano, certo Pola, capitale allora della provincia, e già decorata da insigni monumenti dell' epoca romana, non ne doveva rimanere priva. Ma questo è argomento indiretto ; e non mancano gli argomenti diretti e le prove autentiche a dimostrarlo. È indubitato che tra gli anni 518 e 526, sotto il pontificato di Antonio s'innalzò il battistero, entro la chiave di uno degli archi nel quale c'era il monogramma del vescovo stesso, come vide il Kandler. Se c' era il battistero, tanto più doveva esserci la cattedrale, essendo troppo noto come nei primi secoli solo la chiesa cattedrale, fosse matrice, cioè chiesa madre e fornita di fonte battesimale. Ne abbiamo una prova anche oggi a Firenze dove il bel San Giovanni è sempre 1' unica fonte per tutte le parrocchie della città. Anzi il Kandler non dubita di asserire che allo stesso vescovo Antonio debba attribuirsi l'erezione della prima basilica1). Questo bat-tisterio era a croce greca, con trulla, e con la vasca battesimale esagona; era posto nel medesimo asse con la basilica, e tra questi due corpi di fabbrica si alzava il portico come a Parenzo e a Cittanova. Ridotto a cappella privata del vescovo più volte manomesso, fu salvato nel 1847 da totale rovina per intercessione del Kandler. Ma le furono novelle, urgeva abbattere, distruggere, e il battistero cadde, e pochi anni dopo nell'„Osservatore Triestino", il Kandler stesso così cominciò una lettera aperta al Canonico D'Andri — „Reverendissimo Monsignore, il battistero che stava in fronte al duomo di Pola, non è più."2) Rimane sempre la basilica, chiamata poi il duomo: cambiamento di nome indicante cambiamento di forme. Sull'area occupata ora da questo si ergeva all'epoca romana il tempio di Giove Conservatore. Ma il capo dell'olimpo non seppe conservare la sua sede, e dovette cedere il luogo al vero Dio dei Cristiani. Se non che la basilica era stata così male costruita, che nel 858 minacciando rovina, la si dovette restaurare e consacrare di nuovo. Ed ecco quesiti agli archeologi in loco, E prima di tutto le proporzioni della prima basilica furono alterate in questa 'ricostruzione del 9 secolo? Certo il duomo,, quale è oggi, ha proporzioni superiori a tutte le altre basiliche istriane. Ma non è un argomento bastante, perchè Pola città ricca e capitale allora della provincia, poteva aspirare ad avere basilica più ampia ed adatta ai bisogni della popolazione. Con quel modello dinanzi della romana grandezza che è l'anfiteatro, Pola cristiana avrà voluto emulare l'antica. Il vecchio San Pietro a Roma, l'attuale San Paolo, come bene osserva il Selvatico nella sua storia delie arti, sono esemplari di un tipo particolare di basilica ingrandita (pag. 46). Quello è certo si è che gravi alterazioni e modificazioni si fecero già nel suo ristauro del nono secolo; così l'abside, che era a mezzo circolo fu alzata a muro diritto; e il Kandler potè vedere le fondamenta della prima. II D'Agincourt ci dà, come si è detto, nella sua magnifica opera molte incisioni di colonne del 9 secolo. Se non che il D'Agincourt stesso si avvide del suo errore, ed ha supposto che varie parti appartenessero, come di fatto, a più antico edilìzio. Abbiamo un altro ') Vedi Notizie storiche di Pola ; pagina 225 e seguenti. 2) Item pag. 225. E a pag. 64 dello stesso libro si manda il forestiero a visitarlo ! Conveniva in nota rilevare la differenza, delle date, per non far perdere tempo al forestiero. rebus da sciogliere ci segua aduuque pazientemente il lettore, consultando le tavole dell'opera stessa. Alla tavola XXV, numero 19, vi è incisa la pianta della basilica. E proprio quella del VI secolo ? Converrebbe esaminare sul luogo e vedere se rimane traccia di archi aggiunti per prolungarla, e studiare lo stile dei capitelli. Ma quello è certissimo si è che l'alterazione dell'abside è opera posteriore. Nella tavola stessa si è disegnato al numero 15 un capitello di bellissima fattura d'ordine corintio. Se così avessero scolpito nel secolo nono, la cattedrale di Pola sarebbe per importanza storica il primo monumento del inondo cristiano e sbugiarderebbe tutta la storia delle arti. Ma il d'Agincourt si è accorto, come ho detto del suo errore, e così scrive nel volume quinto (pagina 67, edizione di Prato): -— „Uno dei capitelli della navata della chiesa cattedrale di Pola in Istria, edifizio del nono secolo, la di cui pianta è incisa al numero 19 ; la proporzione corintia, ed il lavoro di questo capitello danno luogo a credere che è stato tratto da qualche antico edifizio." Certamente ; e noi possiamo far sparire anche il gualche ; 1' antico edifizio è il duomo stesso, cioè la basilica della prima costruzione nel sesto secolo. Anzi non temo di andare più in là, e di ritenere che il capitello è stato tolto dall'antico tempio di Giove conservatore che sorgeva nello stesso luogo per testimonianza del Kandler conservatore. Intorno agli archi che impostano su questo capitello devono essere rivolti specialmente gli studi da gualche esperto scrittore d'arte sul luogo per vedere se rimangono tracce di ricostruzioni, e dedurne un argomento in favore o meno dell'ampiezza della prima basilica del secolo sesto. Vedi altro capitello alla tavola LXIX numero 20. Il dado è ampio, 1' arco bene impostato, i fregi buoni, ma il dado indica l'epoca bizantina; è dunque fattura del secolo sesto, e Giove Conservatore qui non c'entra per nulla. Ne segue un altro sulla stessa tavola al numero 21 ornato di una figura di santo grossolanamente scolpita ; ed i suoi caudicoli sono di una forma particolare: il bizantino sparisce e fa capolino il lombardo. Ma dove si dà un tuffo addirittura nella barbarie è nel capitello ad architrave al uumere 22, sempre della tavola stessa, situato, scrive il D'Agincourt (Volume V pag. 229) sotto l'ambone o cattedra. Senza dubbio appartiene questo al secolo IX. E finalmente, per tacere d'altri, vedi alla tavola XXV, Numero 18, certi archi „nè a tutto sesto, dice il D'Agincourt nè diagonali, ma tenenti il mezzo fra le due forme" ; cioè fra i due stili lombardo e gotico. E non s'avvide 1' autore che le forme archiacute o gotiche non risalgono fino al secolo 9 ; e che questa opera accusa la sesta del secolo duodecimo ? Questi archi adunque leggermente archiacuti di stile transizionale tra il lombardo e l'archiacuto; e somigliantissimi agli archi di Porta Nuova, e alla pusterla di San Simone a Milano, alzati al tempo della riedificazione di Milano dopo la lega lombarda. E non meno andrebbero lontano dal vero quei nostri che li ritenessero della terza costruzione intorno al 1500; perchè è troppo noto come in quell' età del classicismo, e dello stile vitruviano si abbattessero le forme gotiche per rifare gli edilizi con le regole dei cinque ordini. Non rimane è vero alcuna memoria scritta di riedificazione o restauri del duomo nel secolo XII; ma quante carte andarono disperse dei nostri archivi! Se non le carte, parlano i muri ; non possono essere che della feconda metà del secolo deciniosecondo, o della prima del decimoterzo. Ritengo probabile un restauro del duomo dopo il 1150, anno in cui il doge Morosini assediò l'infelice città, la prese, e l'abbandonò al saccheggio. In questi quattro capitelli ed archi cadenti si possono leggere molte pagine di storia istriana. Prima il tempio di Giove Conservatore poi la basilica del VI secolo sotto il vescovo Antonio, poi il duomo del IX secolo; restauri dopo il 1150, nel 1400, 1500, 1600. Nell'attuale povertà, quelle nude e desolate pareti sono pur degne di studio: ed hanno non poca importanza per la storia dell'arte. Prima di finire questo breve studio sul duomo di Pola, gioverà rammentare come vi si venerino tuttora le reliquie del beato Salomone re d'Ungheria, quivi traslocate dalla abbattuta antica chiesa di San Michele in Monte. Chi fosse questo re, santo, sapiente e detronizzato, e come capitato in Istria non è ben chiaro ai nostri storici e cronisti. Il Kandler lo dice ritiratosi in Pola a santa vita, presso il cognato Udalrico marchese d'Istria; e bacia lì. Ma quali eroiche virtù gli meritarono l'appellativo di santo? Il disprezzo delle cose terrene, la rinunzia al trono e la vita monastica, rispondono. San Marco per forza ! dicono in Istria. Ecco la verità. Morto Santo Stefano re d' Ungheria il 15 Agosto 1038, il regno rimase molto tempo agitato da intestine discor-diedelle quali approfittò l'imperatore EuricoIllper far dichiarare il regno tributario dell'impero. Alla morte del re Bela, salì sul trono nel 1663 suo nipote, Salomone.fanciullo di dodici anni. L'imperatore Enrico IV se ne giovò per imporgli una umiliante tutela. E allora i nemici di Salomone insorsero, rimproverandogli di essere una creatura dei Tedeschi e di aver fatto omaggio all'imperatore di uno stato che apparteneva alla santa sede. Il papa Gregorio VII, il celebre Ildebrando, allora in lotta con l'imperatore per la famosa questione delle investiture, dichiarò scaduto dal trono Salomone, e prese caldamente le parti dei ribelli. - Il reame d'Ungheria, diceva il fiero pontefice, non deve obbedienza che alla chiesa, a chi per lei." Abbasso adunque Salomone. E in suo luogo fu eletto nel 1077 il principe Geiza e subito dopo Ladislao il Santo, di spiriti nazionali, che si rese egualmente in- dipendente dal Papa e dall'Imperatore; e respinse più volte felicemente i tentativi di Salomone per ricuperare il regno. E quando il povero Salomone si vide abbandonato da tutti, si ritirò stanco e disingannato a vita tranquilla in Pola presso il cugino marchese. Le sue sventure gli guadagnarono una certa popolarità, accresciuta dalla riverenza al marchese dominante; così il popolo in buona fede lo venerò come santo: allora non ci si abbadava tanto pel sottile, e l'avvocato del diavolo non avea cominciato le sue concioni nei regolari processi. Ma si può scommettere che Gregorio VII0 non ci avrebbe messo il suo visto a questo passaporto popolare per la corte del cielo. (Continua) P. T. otizie In seguito a deliberazione presa dal Comitato della Società agraria istriaua nella seduta del 30 aprile pp. il congresso generale avrà luogo in Buje, tra il 25 e il 4 settembre. Da ogni parte della provincia ci arrivano lamenti per le stranezze atmosferiche, causa di molti danni specialmente nei vigneti che sono in fiore. — I bachi per fortuna ancora alla terza muta soffrono il freddo, ma senza conseguenza per la riuscita finale che speriamo ottima. Le Effemeridi Istriane Questi scritti che con rara intelligenza e dottrina va da molti anni pubblicando l'egregio abate Don Àngiolo Marsich di Capodistria a profìtto degl'istriani, trovano il meritato accoglimento non solo tra gli studiosi della nostra provincia, ma anche tra quelli di Venezia. Ecco cosa dice in proposito il Tomo XXI, Parte I, 1881, del riputato Archivio Veneto : Nel giornale La Provincia dell'Istria l'eruditissimo ab. Angiolo Marsich di quindici in quindici giorni pubblicò nel 1877 una sua Nuova serie di Effemeridi Giustinopolitane, dell'origine e del nome della quale rese ragione in un breve preambolo. Il modo stringato, chiaro e preciso, con cui vennero richiamati alla memoria del lettore i punti più importanti della storia municipale di Capo d'Istria, ottenne l'accoglienza più favorevole, onde lo stesso autore nel giornale medesimo pub-licò l'anno successivo (1878) con egual metodo le Effemeridi della città dì Trieste e del suo territorio. Nel 1879 il Marsich incominciò la pubblicazione delle Effemeridi Istriane che continuò nell'anno 1880 nello stesso giornale. Non si confondano peraltro queste effemeridi con quelle che vanno pubblicando certi giornali politici, i quali trattano la storia come un' arma di partito. Il Marsich cita sempre e scrupolosamente le fonti a cui attinge le sue notizie, e l'indice di queste fonti manoscritte e stampate conta non meno di 86 numeri. Le effemeridi del Marsich adunque, citando con precisione ad ogni notizia la fonte a cui sono attinte, hanno un valore storico e rendono interessantissimo il paziente lavoro dell'erudito scrittore. Appunti bibliografici Un viaggio in Lapponia di Paolo Mantegazza. Milano Brigola, 1881. Perchè non si dica che il ser critico della Provincia viene sempre con 1' ultima corsa ecco qui 1' annunzio di un libro fresco fresco di Paolo Mantegazza. Viaggiano molti -nei paesi dell' oriente e del mezzogiorno, nei paesi dell' araba fenice e ne traggono soggetti per la ricca loro tavolozza; il Mantegazza non teme di sobbarcarsi per amor della scienza ad un viaggio fino in Lapponia, affonda nella neve in pieno Giugno, si espone alle crisi nervose, si dà per uomo morto ; e sta già per brontolarsi un requiem ; e tutto per trovare una testa di lapponese puro sangue e misurarne 1' angolo tacciale, quando il fumo delle capanne lapponesi lo rianima, gli fa scorrere il sangue fresco fresco nelle vene, gli fa parere tutto bello e descrivibile lassù ed è così che compone un libro, in cui secondo il precetto oraziano sa anche dal fumo trarre scintille, anzi allegre fiammate. E davvero per quanto il signor Mantegazza si sforzi di trovar tutto bello lassù, perfino nella placida muso-neria e nei movimenti ad angoli acuti degli uomini e delle donne, e quasi quasi li preferisca alle sinuosità e ai movimenti flessuosi delle nostre signore (ah dottore, dottore!) pure leggendo della vita, dei costumi, e di que' famosi pranzi tra i Lapponi e di quelle vivande condite... fumo, fumo, caro dottore, ripeto, spalanco le finestre e mi piglio uu bagno di sole, del nostro sole. Ho detto che l'amore della scienza ha tirato fino lassù il Mantegazza ; come è naturale il libro non ha quindi solo un merito letterario ma scientifico: e vi fa conoscere i costumi, le credenze, la letteratura, le piante del settentrione. Forse taluno dirà di questo libro come del giuoco degli scacchi, che è troppo per un giuoco, e troppo poco per uno studio. Ben vengano però questi libri dello scienziato poeta, che armonizza il vero col bello, e rende popolare la scienza. E quanto al merito letterario una sola cosa non sappiamo perdonare all' autore ; quell' invocare cioè la penna del De Amicis prima d'imprendere qualche sua descrizione. Lasci ai deboli queste forme rettoriche ; egli che cammina così bene con le sue gambe. Si leggano le bellissime pagine: la descrizione della levata del sole a mezza notte in Lapponia, gli effetti della luce nelle lunghe giornate estive del polo. Se si riporteranno, come meritano, in un antologia ; a nessun barbassoro di professore verrà mai in mente di poter instituire raffronti. Sono cose nuove descritte da un uomo, sempre nuovo. Intesi però che è libro da leggersi da giovani e ragazze di già matura verginità. Ed anche qualche signora per vendicarsi col dottore della preferenza data agli angoli acuti potrà maliziosamente insinuare che il suo libro è scritto in uno stile qua e là un po' I troppo flessuoso, sinuoso._P. T.