ANNO XV. Capodistria, 16 Luglio 1881. N. 14 : 1--.-I-V! ! ; «uni 'fla | -Éitl i .inoisihsip hyoi>« js olii 'iiw rii jì]fc/.. Im iiità. flfebq >i fife !'(f'»?JI!; .•)!, il!- / ' t o r-n t » T a wb '"d ini «fnjxijgg ii> ,'mmaì _. ' DELL' ISTRIA Esce il lu ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior, 3 ; semestre e quadrimestre iu proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. ANNALI ISTRIANI del Secolo decimoterzo. *) 1225. Secondo la tradizione S. Antonio da Padova fonda i conventi dei Minori di San Francesco in Gorizia, Trieste, Parenzo e Pola. Ban. (Kandler) „Not, St. di Trieste/ - Pag. 233, e Kand. „Indic. ecc." - Pag, 27. 1225. — febbraio. Alcuni della Carintia e della Car-niolia invadono le terre del marchesato d'Istria, le derubano e recano grave spavento a quegli abitanti. Leonardo d' Arcano in allora marchese governatore insegue con una mano di armati qìi'e' predatori, molti ne uccide, altri ne pone in fuga, libera il paese, incute timore non poco in coloro che imitar volessero sì infami azioni; in benevolenza di tanto fatto il d'Arcano oltre la custodia di Castel Venere ottiene molti poderi. Manz. .Ann. del Fr." - To II. pag. 286, - e „Cod. Dipi. Istr. sub ann. 1Ó60. 1225. — Pola; 24 marzo. Quei di Valle, in espiazione di offesa ospitalità contro Bertoldo patriarca di Aquileia e marchese d'Istria, e contro Mainardo il giovane, conte di Gorizia, si dicono pronti quind'innnanzi ad ogni loro comando ; alla qual promessa tra gli altri assisteva Enrico Vescovo di Pola. „Cod. Dipi. Istr.", - „Archiv. fur Kunde Gstérr. GQ, - To. XXI, pag. 200 dice li 25 marzo, - e Indice dei docum. della „St. del Fr. - Pag. 7. 1225. — 28 aprile. Il Doge, Pietro Ziani, comanda a Simone Dente, a Benedetto de Lazzaro e ad Omobonò Dianco la restituzione dei beni che avevano tòlti a gente di Aquileia per risarcirsi dei danni ricevuti dall'aquileiese Giovanni de Fratta mentre recavansi a Pola ; il Doge li .^sicura d'altronde che verrebbero indennizzati dal papa, purché le cose lor tolte non avessero appartenuto a cittadini di Pola. „Archivio regio,-1 Venezia. Liber Comunis, - Car. 38.b 1225. — maggio. La Signoria di Venezia presta al comune di Pola verso malleveria del podestà locale R... Zeno, una balestra ad turnum, 1225. (Coni.) un' altra ad pesarolam e otto ad strevam, colla promessa della restituzione e del risarcimento dei danni. „Arch. reg." Ven. Liber. com. - Car. 39.a — maggio. K.. Zeno, podestà di Pola, porta seco da Venezia cinque praderii e cinque mar-conetti, assicurando il senato di riportargli le dette macchine in perfetto stato, o di compensarne i danni ; così pure fa malleveria della galea veneta accordatagli per passare a Pola. Nel 1228 novembre vediamo un Ranieri Zeno podestà di Chioggia, che poi dal 1253 -68 cuopre la carica di Doge: è il nostro Zeno podestà di Pola: „Arch. reg. Ven." Lib. Com. - Car. 39.b PUBBLICAZIONI ISTRIANE Perchè i nostri lettori possano pronunziarsi con sempre migliore cognizione di causa in merito all'argomento trattato negli ultimi due numeri della "Provincia,, sotto il titolo di Pubblicazioni Istriane, stimiamo opportuno di riprodurre alcune pagine dello scritto che il nostro Luciani presentò al pubblico, istriano e non istriano, col titolo non già di Storia di Àtbona, com' ebbe ad asserire il cortesissimo Critico, ma semplicemente con quello di — Altooilil — studii storico-etnografici. (Da pagg. 13 a 18, edizione 2.a, Venezia, tip. dell'Istituto Coletti, 1869). La Redazione. „In coda ai Langobardi erano venuti Slavi ed Unni (604). Fecero scorrerie, saccheggiarono, incendiarono, distrussero, uccisero barbaramente, ma non fermarono stanza punto nè poco al di qua del Montemaggiore,. „ Lorqùanao sulle persuasive del patriarca Cristoforo, eh' era da Pola, fu creato il primo doge in Venezia (697), Venezia ed Istria erano ancora Provincie abbinate, e l'Istria ottemperò in certa guisa al doge, come prima al maestro dei militi,. q, ,.r. i „Ma in seguito a nuove spedizioni, i longobardi s'impossessarono di buona parte dell'Istria (753), rimasta! ai Bizantini Capodistria e pochi altri luoghi. Fu allora' che numerose famiglie istriane, non astimandosi più sicure nemmeno iir a Capodistria, attraversato ih Golfo, si rifugiarono nelle Venezie, stringendo così sempre maggiori vincoli di affetti, di memorie, di pericoli, ■ d'interessi, di sangue tra le due sponde del medesimo Golfo. „ 11 dominio dei Longobardi, brevissimo in Istria, passò quasi meteora, senza aver lasciato nei costumi del popolo alcuna traccia di sè. Già nel 767, nei patti stipulati coi Franchi e coi Greci, i Langobardi rinunziarono all' Istria. Essa venne tutta riconosciuta per appartenenza romano — bizantina, e nello stesso tempo fu rispettato il vincolo che la legava al doge delle lagune. — Capodistria eh' era rimasta, come, dissimo, costantemente bizantina, deve aver avuto il merito di tale accomodamento, favorevolissimo all' Istria, perchè le concedeva una vita larga, e per poco non direbbesi indipendente. „Ma anche questa gioia fu breve. Sebbene cessato intieramente il regno" langobardico (774), Carlo Magno facendosene successore, nel 789 s'impadronì di gran parte dell' Istria, lasciando ai Bizantini appena Capodistria, Pirano ed Umago. La parte franca dell' Istria, sebbene riunita al regno d'Italia, fu staccata allora, per la prima volta, dalla Venezia e sottoposta ai duchi del Friuli. „Alterata la costituzione provinciale, furono tolte alle città le giurisdizioni sugli agri, limitate le giurisdizioni per entro i comuni medesimi, tolto ai comuni 1' uso dei pubblici beni, introdotte imposte straordinarie, trasportati stabilmente gli Slavi in varie parti della provincia. „Colle altre città sorelle anche Albona dovè subire la legge imposta da un vincitore oltra-potente ; anzi posta anche allora all' estremo confine orientale del Regno (V Italia, corse due anni dopQ (791) un grave pericolo. — Avari ed Unni movevano con numerosa oste al passo del Maggiore; ma Erico, duca d'Istria e del Friuli, vi accorse, li combattè sull'opposto versante, li vinse. — Cinque anni appresso (79 6) lo stesso Erico, fosse tradimento vile o fatalità di guerra, morì in un nuovo combattimento presso Laurentum (Lau-rana) alle sponde del seno libumico. „ Nella pace avviata con Irene e conchiusa con Niceforo (802) non tutta l'Istria toccò a Carlo Magno ; alcune sue città marittime rimasero alla condizione delle venete, attaccate per un filo all'Impero greco-romano, libere e indipendenti nel fatto ; ^Capodistria certo fra queste, e probabil-mfente Pirano ed Umago. „Albona, unita alle altre, a Pedena. a Mon-tona, a Pinguente, a Trieste, a .Cittanova, a Parenzo, a Rovigno ed a Pola. mandò i 'suoi rappresentanti a Pirano, territorio di Giustinopoli, (love gl'Istriani, primati e popolo, propugnarono i diritti della provincia, e fecero sentir alta la voce contro gli abusi e le prepotenze del duca straniero e dei vescovi. —■ Ebbero gì' Istriani giustizia, ma solo in parte, non quella giustizia intera che reclamavano a tutto diritto, e che tanto di rado si ottiene dai forti, senza l'appoggio di una forza corrispondente. — È di sommo vantaggio però la conservazione del documento (placitum), che registra dettagliatamente un tal fatto. — Esistente nel Codice Trevisaneo, fu riprodotto e commentato per le stampe parecchie volte, dall'Ughelli nell' Italia Sacra, dal Carli nell' appendice alle Antichità Italiche, dal Kandler nel Codice Diplomatico Istriano ed altrove. —-Risulta nel modo più evidente da questo, che al principio del IX secolo gli abitanti dell'Istria formavano un solo popolò, compatto, concorde. — che allora appena incominciarono le immigrazioni di altre razze, — che i primi Slavi furono allora trasferiti in provincia, e precisamente dal" duca Giovanni, — che tali immigrazioni quindi non furono nè irruzioni armate, che gl'Istriani avevano valorosamente respinto, nè progressivo dilatamento di pòpolo vicino. — Contro l'uno e l'altro di questi pericoli era stata fin dai tempi remoti premunita la provincia colla fondazione di colonie militari, presidi di confine (comitantes ex-cubiae) su tutto l'altipiano che da Trieste per la Vena e il Caldiera si stende ad Albona. I discendenti di quelle valorose genti latine conservarono fino a noi traccie di lingua romana, e più che traccie di lingua, i lineamenti e le forme svelte e robuste della originaria loro stirpe, mal nascoste sotto le rozze vesti cui li costrinse la miseria e il quasi abbrutimento, frutto iniquo della paurosa politica di feudatari dispotici. „ Fatta la pace tra Michele e Carlo Magno (ann. 813), rinunzio questi affatto alla Venezia marittima, rimasti agli Istriani gli obblighi pelle cose di mare verso i dogi di Venezia, obblighi di fornir galere, per tener purgati i mari da pirati fino a Zara ed Ancona (fare lo stolo), e di pagare qualche tributo di olio, di vino, di canape. „ Albona, citta marittima con agro contiguo a quello di Pola, seguì necessariamente la condizione e di Pola, e delle altre città istriane. JL)unque anche durante il dominio dei Groti, deij longobardi, dei Franchi, l'Istria ebbe sempre vincoli, rapporti, interessi comuni con Venezia, dalla quale nessuna violenza potè mai separarla completamente. f , ,;„. • I *f. ,Ma i Croati, asserisce taluno, occuparono dell' otto centoventi il paese tra l'Arsa e la Cettina. — Vediamo il passo di Porfirogenito che-viene spesso citato in proposito. — A Zentina autem fluvio Chrohatia incipit, extenditurque versus mare ad Istrice usque confinici, sive Alluna m urbem, versus montana aliquatenus etiam supra Istriae Thema excurrit: versus Tzetitina et (Jhlebena Serbliae regionem attingit. (Gap. XXX., de adm. Inip). „Quando l'impero Romano languiva per debolezza, gli antichi Croati (e chi oserebbe in ciò biasimarli?) imitando altri popoli, fecero anch'essi una gran levata di scudi, scossero il giogo dei vecchi padroni (secolo IX) e si costituirono indipendenti. Tentarono di più, (e in ciò non possono essere lodati), tentarono invadere e trar della loro il paese vicino, ma separato dall'Alpe. Non ci riescirono punto, nè poco. Le città e le castella dell'Istria, vista la mala parata, ricche com'erano delie tradizióni gloriose, e forti delle istituzioni sapienti dei proavi romani, s'unirono in Astretta lega tra loro per resistere alle smanie iiivaditriri d'una stirpo allbra barbara, e quindi, sostenute più o meno direttamente dai Veneti, riuscirono perfino a troncare quell' ultimo filo di soggezione che lè teneva attaccate ag? imperatori bizantini. — I Croati ebbero per loro quant'era Liburnia e Giapidia Seconda, meno le isole ; non poterono aver l'Istria ch'era indipendente o già Regno (l'Italia, tenuta c'ome vedemmo dai Franchi, e che veniva orinai governata dai propri Conti, non ereditari, intitolati della Rezia e dell' Istria. „La Croazia era dunque (Porfirogenito non l'ascia dubbio) una lunga zòna di terra, che dalla bassa Cettina si ^stendeva presso il mare sino al confine dell'Istria, sino ajla città di Albona, -—; che su pei monti si protendeva eziandio alquanto sopra l'Istria provincia. Dunque gli antichi confini dell'Istria, anteriori alla insurrezione o emancipazione croata, rimasero inalterati ;.-— questi confini nel secolo IX, come in anticlps^i teinpi, fmp non lungi dalla città di Albona; — Albona (istriano - italo -.franca) rimaneva fuor di Croazia; i — i confini tra l'Istria (dominio v italo -fracco) e iu 11 lmscjty^zia,j ; À'iftj&f* ;m~ fico-romana o l'antica Giapidia, erano i monti, non l'Arsa che Porfirogenito non nomina, e che anche per la sua esiguità, non opponendo valido *P7 ostacolo, non avrebbe potuto servire di confine tra vicini allora mal fidi, irrequieti e pronti alle offese. — Del resto nessuno ignora oramai che i Romani dicevano dei fiumi in via di prossimità, non già perchè il filone acqueo segnasse la linea di confine ; chè citarono a confine il Danubio ed il Reno quando possedevano al di là di questi fluirti territori di significante estensione. „Albona, cóme è ben naturale, non potè sottrarsi sola alle tante peripezie subite dalla intera provincia. > „ Perduta col carattere di rcsjmjjlica la giurisdizione . sugli agri posti al di là di Fianona ; emancipatasi Fianona stessa in gran parte ; staccati da lei i comuni del versante meridionale del Maggiore ; ristretta all' agro proprio tra il Seno Flauatico e l'Arsa, conservò nullostante su questo una piena giurisdizione, e conservò insieme i vecchi diritti sui beni pubblici. Dovette però tollerare che nei siti più deserti vi permanesse un certo numero di Slavi, sebbene nella più umile condizione' di dependénza e quasi direbbesi' di schiavitù. Nel linguaggio del popolo gli Slavi introdotti dal duca Giovanni e dai feudatari stranieri si dissero lungamente Schiavi, -a differenza dei Dalmati e degli Albanesi trasportati poi dalla Veneta Repubblica, nei secoli XVI e XVII, ì quali si dissero Morlacchi........„ _ ISTUTO DI CREDITO FONDIARIO PROVINCIALE Parenzo, Luglio 1881. La quinta seduta di quest'Istituto provinciale ebbe luogo ai 27 dello scorso Giugno, presenti tutti i mèmbri della Direzione, sotto la presidenza del Marchese Polesini. Precedettero alcune comunicazioni, fra le quali cito la circolare diramata in data 22 Giugno p. p., nella quale la Direzione raccomanda ai signori periti delegati dell'Istituto di voler ritirare dalle parti, nel caso di assunzione di stime sopra fondi situati in quei comuni dove e fino a tanto non sieno regolarmente istituiti i nuovi libri fondiari, i voluti titoli giustificativi della proprietà a termini del §. 63 leti, a delle disposizioni transitorie dello Statuto ; e, mancando questi, almeno 1' attestazione dei confinanti sul pacifico ed esclusivo possesso di trent'anni retro, tenuto pur fermo l'obbligo della consimile certificazione da parte del Podestà. Avvenne che un i. r. Giudizio distrettuale respingesse l'intavolazio.ne nel libro fondiario della dehitoriale sul mutuo conseguito dall'Istituto, perchè firmata dalla sola parte debitrice, e da essa sola anche prodotta al Giudizio per l'intavolazione del diritto di pegno. Sopra ricorso della parte, l'Eccelsa Tribunale d'Appello ne ordinava l'intavolazione, riteneudo vaiido ed efficace F atto legale colla sottoscrizione del debitore, siccome atto pienamente corrispondente alle esigenze volute dai §. 1001 C. C. e dai §§. 171 e 172 R. G. e 2.6, 31 e 32 della legge tavolare 28 Luglio 1871. 00 ° ' ìoai dia ir. Per facilitare alle parti l'ottenimento dai creditori inscritti della preventiva quietanza colla facoltà della cancellazione, verso trattenuta da parte della Cassa dell'Istituto di credito fondiario degli importi di credito risultanti dall' estratto tavolare e dalle rispettive dichiarazioni allegate nell' istanza, venne disposto di rilasciare d'or innanzi ad ogni singolo caso una reversale a cadauno dei creditori, colla quale l'Istituto s'impegna, in relazione alla trattenuta imposta quale condizione nella concessione del mutuo, di pagare ai singoli creditori gli importi liquidati nelle rispettive dichiarazioni, tosto che dal mutuatario si produca la debitoriale regolarmente inscritta colla prova dell' eseguita estavo-lazione o cancellazione delle precedenti ipoteche. Con ciò raggiunta la debita garanzia, si ha motivo di ritenere che i terzi creditori non avranno ostacolo a accordare la preventiva cancellazione dell'ipoteca. Le istanze per concessione di mutui, delle quali si occupò la Direzione in questa seduta furono 40, e per un importo complessivo di f. 43,900. Di queste ne furono accolte N. 27, parte nell'iutiero importo richiesto, parte per un importo ridotto; la somma dei prestiti accordati ascese a f. 32,400. I ventisette mutui concessi si dividouo fra i distretti giudiziali della provincia, come segue : Parenzo.....mutui 7 per fior. 8.500 Pisino..... » 4 V 3,700 Buje...... » 3 V 4.000 Pinguente .... » 3 » 5.100 Pola...... » 2 rf 3.200 Capodistria .... V 2 » 3.000 Dignano..... w 2 r 1.700 Pirano (coni. d'Isola) r 1 » 2.000 Moutona .... » 1 » 600 iiA-iq^A/nfin ■ * ( Veglia..... « 1 7ì 300 Castelnuovo .... f 1 » 300 27 32,400 Tutti questi mutui vennero successivamente anche approvati dalla Giunta provinciale. Col 30 Giugno l'Istituto di credito fondiario ha compiuto il 1 semestre di sua esistenza ; eccovi alcuni dati sommari sulla sua attività, e, diciamolo pure, sulla solidità degli affari iutrapresi. Durante questi primi sei mesi vennero preseutate alla Direzione 169 domande di prestito, per una somma complessiva di f. 258.600. Di queste ne furono accordate 67, per la somma di f. 124.000, e respinte 68; le altre sono pendenti in attesa di necessarie completazioui. e sarà riferto sulle medesime nelle prossime sedute. 1 67 mutui accordati pel capitale di f, 124,000 in lettere di pegno sono garantiti mediante prima ipoteca sopra case e terreni, valutati dai periti delegati dall'Istituto a tenore della relativa Istruzione, complessivamente a f. 287,989:83, ma che di fatto rappresentano Hn valore ben maggiore, ragguagliato agli ordinari prezzi di stima e di vendita. La maggior parte dei mutui sono ammortizzabili in 36 anni, mediante annualità del 6 %; uno in 10 anni al 13% ; uno in 14 al 10% ; uno ia 19 anni y3 all' 8% ; sei in 25 anni al 7%. Si ripartiscono poi fra i distretti della provincia nel seguente modo : 1. distr. giudiz. di Parenzo, . . 17 mutui per f. 25.400 2. » Pisino . . . 12 r 50.700 3. .fiivw / n Buje 11 ■ .ini", n 9.800 4. ff Pola..... 9 Il y.■ V 14.200 5. » Montona . . 7 r> 9.500 6. » Capodistria . 4 p 5.000 7. » Pinguente . 3 n 5.100 8. « Dignano . . 2 r 1.700 9. n Pirano . . . 1 V 2.000 10. r Veglia . . . 1 V 300 11. n Castelnuovo 1 » 300 Assieme 67 fior. 124.000 Dei 67 mutui accordati, ne vennero effettivamente I erogati a tutto 30 Giugno a. c., 26 per f. 33.900, e | le relative lettere di pegno furono scontate alle parti dallo stesso Istituto, da prima al 93%. quindi al 94 e finalmente al 95%, franco di senseria e provvigione. I risultati ottenuti dall'Istituto in questo primo periodo della sua attività sono quindi favorevoli; e devono riuscire di conforto alla Direzione, che a merito della propria attività e prudenza può lusingarsi di vedere quanto prima le lettere di pegno istriane ricercate e • ben pagate alla Borsa. — E dall' altro canto il possidente istriano, solvente e bene regolato nella propria amministrazione, sa ormai dove ricorrere per avere denaro a buon mercato ed a lunga e facile scadenza, per migliorare la propria azienda agricola o la propria industria, e liberarsi da interessi ei aggravi troppo onerosi. — CORRISPONDENZE Capodistria, luglio 1881 Fra tutte le città della nostra provincia quella che va dotata del miglior territorio e della lieta probabilità di vederlo in epoca non tanto lontana naturalmente ampliato, è Capodistria. Il torrente Fiumicino ed il fiume Risano concorrono a colmare le paludi che la cingono dai lati di levante e mezzodì e preparano la formazione di terreni alluvionali pei quali le venture generazioni li vedrà nella loro convergente direzione congiunti, formare se non il fiume più grande della provincia, certo quello che si vedrà allietato dalle più fertili ed ubertose campagne sulle sue sponde Però la trasformazione cui soggiace tutti i terreni paludosi prima di venire bonificati non va esente di gravi inconvenienti igienici, ed in questo caso per la posizione delle paludi che li provocheranno, potrebbero riescire alla nostra città funestissimi, se a tempo non verranno eseguiti alcuni lavori valevoli almeno ad allontanare il momento favorevole alla formazione della materia. 1) La valle denominata Stagnone ha una superficie di 1880 La tanto sospirata regolazione del Fiumicino riescirà ad accelerare il rialzamento delle paludi che coronano la sua foce e le renderà più presto malsane col sottrarle agli influssi delle maree, per la massa maggiore di torbide che dovrebbe convogliare in tal guisa nello Stagnone. Forse la piccola quantità d' acqua che alimenta questo torrente nel periodo estivo potrebbe preservare ì suoi interramenti dal produrre le febbri, se non fosse a temersi quella che con ogni probabilità arrecherà il Risano. Difatti lo stato di completo abbandono nel quale trovasi questo fiume nell' ultima parte del suo corso, potrebbe facilmente provocare una rotta e giungere colla massa delle sue alluvioni ad impaludare l'accennato vallone nella parte opposta dove sfocia il Fiumicino. Queste due ipotesi non sono tanto lontane d' avverarsi : La regolazione del Fiumicino non tarderà di venir intrapresa quando formato legalmente il consorzio dei proprietari di quei fondi vallivi, la conoscenza esatta delle difficoltà a raggiungere un meglio quasi impossibile, saprà suggerire un progetto più modesto e non meno efficace degli ultimi proposti1). Il corso inferiore del fiume Risano meriterebbe venir preso in considerazione maggiore dai nostri concittadini e divenire tema di studi, reclamando un sollecito provvedimento. La necessità e 1' urgenza di questo risulterà assai presto quando quelli che son preposti alla pubblica cosa vorranno avvertire agli eventuali danni e maggiori dispendi che arrecherebbe una rotta e conseguente deviamento di questo fiume tutto a danno della salute cittadina. Se nella peggiore dell'ipotesi si tarderà por mano a qnel qualunque lavoro, che si riputasse atto ad allontanare 1' eventualità d' una naturale deviazione del Risano, e rimediare in certo modo lo sbaglio commesso nel passato secolo col prolungare il suo corso; si può essere sicuri che le sue acque tenteranno di giungere più direttamente al mare, attraverso le valli che si estendono tra i colli di Semino e Prade più depresse ed alle quali tendono con naturale andamento. Questa deviazione la quale porterebbe dei benefici in linea economica alle valli percorse da questo fiume, sia pel più facile deflusso delle acque, sia per quelli che ne risentirebbero gli ultimi molini da quelle animati, non tarderebbe a far risentire alla vicina città le funeste influenze della malaria. In breve vol- 1) Gli ultimi progetti reclamavano una spesa da parte dei proprietari delle valli percorse da questo torrente, che avrebbe assorbito per molti anni la vendita dei terreni, senza presentare la sicurezza di vederli preservati dalle sue acque. gere d' anni le sue torbide immesse nello Stagnone innalzerebbero le attuali paludi sulle quali la commistione dell' acque dolci colle salse vi faciliterebbe il germe delle febbri, permettendo delle vegetazioni lacustri, che decomponendosi causano la morte di miriadi di esseri che vivono nel-l'acque dolci e miriadi che vivono nelle salse e muojono quando siano portati dalle correnti dove è avvenuta la commistione delle acque. Di conseguenza, in tesi generale, si dovrebbero bandire tutti i corsi d'acqua dello Stagnone, e ciò, affinchè non ne limitassero 1' estensione e la profondità, rendendo col tempo inabitabile per insalubrità la città nostra. Però questa regola può subire delle eccezioni. La pratica ha provato che quando un bacino lagunare comunica col maro per mezzo di bocche, che possono venir rese attive quanto occorre; cioè di una sezione relativa al bacino cui servono, i piccoli corsi d'acqua possono venir tollerati, essendo sempre in prevalenza l'acqua dolce sulla salsa anche nell' estreme parti. Da ciò ne risulta che oggigiorno sarebbe sufficiente togliere la possibilità d'una rotta del Risano e con ispesa relativamente piccola immetterlo nell'alveo antico, con-dncendolo a sfociare nella Valle de' Campi. Con questo lavoro si toglierà la causa del continuo restringimento della bocca dello Stagnone, ed oltre ai vantaggi che ne risulteranno alle valli, alla strada che le attraversa ed agli ultimi molini, verrà allontanato un eventuale pericolo dalla città. Parenzo, 25 Giugno Ed eccomi a parlarvi degli altri preziosi manoscritti, ch'ebbi con bella sorte a ritrovare nell'archivio Polesini, sempre assistito da quell' ottima persona che è il signor Carlo De Franceschi. Anzi tutto devo dichiarare, che mi sarei veramente ripromesso di rinvenire più cose spettanti alla famiglia Carli piuttosto al Municipio che nella casa del signor Marchese, e ciò per il fatto, come sapete, che il Comune di Parenzo ne fu l'erede non soltanto delle sostanze, ma eziandio della libreria del Conte Stefano Carli, fratello del celebre Gianrinaldo. Senonchè venni a rilevare, che il detto Comune fu tardo di ripetere i libri e non so se altri oggetti appartenenti al suo benefattore, per cui, al tempo che se ne fece richiesta moltissimi volumi della libreria del Conte Stefano erano già sperperati, e persino non fu dato di ritrovar neppure le opere stesse del fratello Gianrinaldo stampate a Milano nel 1785 al Monistero di St. Ambrogio Maggiore. Malgrado tutto ciò, quando il Cielo mi concederà un po' di tempo, ritornerò a Parenzo a rovistare anche nell'Archivio comunale, che questa volta, pur troppo, non ho potuto neppur vedere. Lascio adunque ad imaginar voi qual salto io spiccassi tutto elettrizzato dalla soddisfazione la più legittima, quando da un vecchio canterano, sepolto da uu ammasso di carte, primo il mio Duca ed io da sezzo, trovammo un volume in sedicesimo grande, collo schienale di pelle bianca latta oscura dal tempo, involto in una carta, su cui stava scritto : Lettere americane del Commendatore Conte Gianrinaldo Carli, manoscritto originale! In sul principio non si credeva ai nostri propri occhi, che schizzavano lampi di gioja; ma liberato il volume dall'involto, si ritrovò propriamente quello, che io mai m'aspettava, e che ho detto di sopra. Tutte le lettere sono benissimo conservate, e quantunque di calligrafia nou troppo felice, come tutti gli scritti del grande economista, tuttavia non vi si riscontrano uè raschiature, nè mende, nè pentimenti ; e se pure, sono insignificanti. Dato l'annunzio di queste lettere al signor Marchese — che d'altronde sapeva dovessero esistere — e chiestane notizia sulla loro derivazione, mi notificò, ricordarsi di aver inteso ancora da suo nonno, come qualmente Agostino Carli-Rubbi, figlio di Gianrinaldo, ne avesse fatto regalo al Marchese Francesco Polesini, zio dell'attuale Giampaolo, che mettea della passione nel raccogliere e conservare manoscritti e oggetti diversi appartenenti ad uomini illustri. Senonchè, esaminato meglio il codice, trovai nel-1'ultima pagina la seguente scritta: „I1 presente originale venne regalato dal distinto ed egregio amico Dr. Angelo Sbisà di Rovigno alli fratelli Benedetto e Francesoo de Polesini in questo dì 15 Ottobre 1829". Come stia questa faccenda, non lo so poi davvero; se qualcuno ne sapesse qualche cosa, mi farebbe un vero regalo di espormela, nel senso cioè, come il Dr. Angelo Sbisà sia mai potuto venire in possesso di questo prezioso originale. Ma per ritornare al codice dirò che esso è grosso da 300 a 400 pagine, e che in fondo, unitamente alle lettere, vi sono legate due carte geografiche dalla nomenclatura francese: la prima è la Carta Marina delle parti settentrionali del Gran Mare e dell' Oceano — la seconda è la Carta della parte dell' Oceano verso l'equatore fra te coste d'Africa e d'America. Considerato poi, come le Lettere Americane occupino ben quasi quattro volumi nell'edizione di St. Ambrogio di Milano, cominciai a insospettirmi, che nel codice manoscritto non ce ne fossero che una parte, non corrispondendo in alcun modo la voluminosità di questo collo stampato. Mi sono accinto perciò al confronto, ed eccone i risultati. Il codice manoscritto conta 48 lettere mentre nell'ultima ristampata del 1785 a Milano se ne ha ben 64. Confrontate le date, anche queste non corrispondevano, che la prima delle manoscritte era d. d. 14 Maggio 1774, mentre la prima delle stampate era d.d. 7 Maggio 1777 — l'ultima poi delle manoscritte era d.d. 14 Aprile 1778, mentre delle stampate era d.d. 22 Settembre 1779. Allora mi diedi a confrontale il testo lettera per lettera, delle manoscritte cioè, delle stampate, ed ho trovato giusta se non esatta corrispondenza fra le une e le altre, sino alla lettera V inclusive del Voi. III delle Americane, e rispettivamente del Voi. XIII delle Opere. Dalle stampate alle mauoscritte non c'è dunque che trasposizioni di date, corrispondendo la seconda stampata alla prima MS., la terza alla seconda e così via. Dissi nou esatta corrispondenza, in quaut o anche vi si notauo nelle stampate qua e là delle correzioni, delle aggiunte delle postille e dei poscritti, che il manoscritto non ha. Osservato ancora, che le stampate sono divise in quattro parti, precisamente quanti sono i volumi che le contengono, immaginai le manoscritte, che non hauno divisioni di parti, siccome il testo primitivo dal quale si fece a Firenze nel 1780 la prima edizione di questa opera dagli Editori del Nuovo Magazzino. Questa però non è che una mia supposizione, che non avendo io sott' occhio quell'edizione, non posso fare chè congetture. Senonchè, dalla prefazione dell'ultima edizione milanese, fatta dall'Ab. Don Isidoro Bianchi, rilevai che nel Nuovo Magazzino non furono stampate che le prime due parti di questo commercio epistolare fra il Carli e il Marchese G. Gravisi, che è quanto dire 38 lettere, in tutto quindi 5 lettere in meno del MS. E siccome questa prima edizione era incorsa ia errori massimi, il nobile Autore se ne disgustò in modo, da provvederne immediatamente ad una seconda. Diffatti l'anno medesimo, cioè nel 1781, s'accordò, collo stampatore Lorenzo Mauini e libraio di Cremona, il quale fu molto diligente uella stampa di questo lavoro singolare, che in questo incontro fu accresciuto d'una terza parte. Anche questa seconda edizione non tengo sotto occhi, nè posso quindi confrontarla col manoscritto; ma se questa corrisponde alle tre parti dell'ultima ambrosiana, dovrebbe avere 57 lettere, quindi 14 di più di quelle che non comprende il manoscritto. Dunque, nella prima edizione stampata avremmo 5 lettere in meno del MS.; nella seconda 14 in più, e nella terza 21 in più; nessuna delle edizioni per conseguenza corrisponderebbe per numero di lettere al codice MS. sia però come si voglia il MS. Polesini è originale carliauo, e questo è il più interessante. Ed è invero da inorgoglirsene, quando si pensi il grande favore con cui tutto il pubblico nostrano e lo straniero accolse quest'opera del Carli, le molte edizioni e traduzioni fatte nelle più eulte lingue d'Europa, e finalmente il plauso ottenuto dai più gran dotti del secolo, come dei Buffon, dei Franklin, dei Clavigero, dei Molina, per citare soltanto gli stranieri. E per ora su ciò basti. Prima di chiudere però, voglio parlarvi sommariamente di altri autografi carliaui ritrovati sempre nell' Archivio Polesini. Per primo verrebbe un manoscritto originale, coperto di rude cartoncino, su cui sta scritto: „ Operazioni sopra il libro delle cose del Friuli, e della guerra di Gradisca di Henrico Paladio fatte da G. R. Carli in Flambro. Anno 1737". Sono otto fogli di carta legati assieme, ma di scritto non vi sono che sette carte e mezza. Si vede che questo non è altro che uno dei tanta esercizi storico-letterari che il nostro A. faceva sotto i riflessi del bravo ab. Bini, vicario di Flambro nel Friuli, ed istruttore del nostro Carli. Il quale aveva allora soli 17 anni ; due anni dopo era passato alla Università di Padova. Poi vi ho trovato due lettere originali dello stesso Carli, dirette al fratello Stefano, uelle quali fa conoscere, che nella campagna di Cerè vi erano statue, palazzo, ghiacciaja ecc. Una è del25sett. 1784, l'altra del 29 ott. 1784. Una terza lettera al fratello Stefano, d.d. IO Marzo 1784. con cui giustifica i suoi disordini economici, e da cui risulta, che la di lui prima moglie Paolina Rubbi veneziana gli aveva lasciato una facoltà dì 640,000 lire venete. Un albero genealogico della famiglia Baldo da cui discesero i Carli. Altro fascicolo' coperto di cartone e contenente le Osservazioni fatte in Modena nel 1749-25 Agosto". È una specie di zibaldone, nel quale l'illustre A. annota tutto ciò che gli accade di vedere in questa città di antico, di medio e di moderno. Finalmente un fascicolo anche pieno di lettere. Ve ne sono cioè 43 appartenenti a Gianrinaldo, dirette al fratello Stefano, e vanno dal 1791 al 1793. A queste erano frammiste altre lettere di varie persone, specie di Stefano Carli, di Carli-Rubbi Agostino, di Giovanni Manzini, di Nicolò Pellegrini, di Alessandro Gavardo, di Giovanni Antonini, di Girolamo Gravisi, di Mario Paleocapa e via. E con le lettere un fascicolo di poesie di Stefano Carli. Nè credo di aver veduto tutto ; che resta di vedere e di esaminare ancora molto molto. Frattanto mi si permetta di ringraziare sentitamente il nobile signor marchese Giampaolo Polesini, che mi accordò con tanta benevolenza il favore di rovistare fra le sue carte. Permettendo di far di pubblica ragione gli scritti dei nostri uomini più illustri, egli dà saggio non solo di alta sapienza,ma di grande liberalità cittadina ; di che tutta la provincia deve sapergliene grado. M T ' isfa «fol .slflomwtMi'tool. il , ,»fli««f#ùàd Pisino, 25 Giugno Trovandomi alcuni giorni a Volosca, ebbi campo fare qualche raffronto tra questo versante e quello dell* Istria occidentale. Assai piacevole è la prima impressione che riceve ti forestiero visitando i dintorni di Volosca. La superficie dell' ampio bacino del Quarnero rappresenta la pianura; le coste emergono ripide, innalzandosi dal lato dell' Istria a monti di forme spiccate, predominando la cresta del Montemaggiore; di faccia l'isola di Cherso, ingente massa, informe e tetra, e quella di Veglia più bassa, apparendo lunghissima diga ; a manca Fiume, con a tergo le giogaje della Croazia, che scoscese s'estendouo e dan risalto allo sfondo del panorama. 1 dintorni di Volosca sono più pittoreschi di quelli dell' Istria occidentale. Il mare lambisce e batte le alte sponde formate a balze e poggi, su cui la vegetatone delle varie piante è più rigogliosa, prevalendo in Abbazia le fitte macchie sempre verdi d' alloro ; e qui e qua le bianche case, che, soleggiate, formano i punti luminosi del paesaggio. Queste condizioni sono le più favorevoli per creare giardini e villeggiature, come realmente ve ue sono a Volosca, ad Ica ed in specialità iu Abbazia, le quali offrono un dilettevole soggiorno. Però ad onta di tali delizie, si sente spesso il bisogno di trovarsi dov'è più movimento di popolazione; e quegli che prolunga la dimora colà, deve senza dubbio ricordare con desiderio i conforti della vita ne' centri maggiori; di guisa che alla sensazione piacevole provata non tarda insinuarglisi il tedio; quel bello idilliaco riesce selvaggio, i monti che dal mare s' elevano a ridosso, pare s' oppongano al desiderio di spaziare in più larghi orizzonti, per cui si rimane come colpiti da triste isolamento. All'incontro, se anche la costa occidentale dell'Istria non presenta scene così varie e pittoresche, perchè meno accidentata; il trovarsi in centri più popolati, quali sono Pola, Rovigno, Parenzo, Pirano, Capodistria e Trieste, città mondiale, rende 1' animo più soddisfatto: perchè da questi luoghi il pensiero trasvola a centri noti più distanti. Questo brevissimo parallelo mi venne ispirato dal mio soggiorno a Volosca ; ma già è cosa vecchia, che il bello e il buono è dapertutto; solo a pochi, , purtroppo, è concesso approfittarvi a loro talento. - . ___ Cose locali Fu proprio una festa, una carissima festa per Capodistria, la venuta della Società filarmonico-drammatica triestina, diretta dall' illustre e benemerito Francesco Hermet, eh' ebbe luogo nel pomeriggio di domenica 10 corrente. E allo splendidissimo risultato contribuirono il numeroso concorso di soci e non soci, l'intervento delle elette rappresentanze della Società del Progresso, dell'Associazione di Ginnastica e della Società Operaja. Dobbiamo anche aggiungere le accoglienze espansive della nostra popolazione, e, modestia a parte, le cure indefesse del comitato organizzatore. — Verso le undici i gentilissimi ospiti si congedarono, e qui un salutarsi, uno stringersi le mani, e fra i concenti musicali, i fuochi d' artificio, l'illuminazione ben-galica, si udirono spessi evviva alle due città consorelle, e cordiali arrivederci. Noi interpreti dei sentimenti della nostra città ripetiamo l'omaggio della riconoscenza al simpatico e gentile sodalizio, che ci onorò di sua visita, ricordandosi con squisita delicatezza anche dei nostri poveri; e chiudiamo questo cenno con un caldo e altissimo grido di : Viva Trieste! Viva la Società filarmonico-drammatica! Per iniziativa di un consorzio di speculatori dei quali parecchi nostri concittadini, si sta costruendo un vapore in legno nel cantiere del signor Luigi Poli, col progetto di intraprendere le corse tra Capodistria e Trieste in concorrenza ai vapori dello Stabilimento tecnico triestino. La lotta inevitabile fra le due società esercenti, potrà finire in due modi, escludendo fin d'ora il caso che tutte due trovino abbastanza lavoro da mantenersi in vita con utile. 0 1' una cederà all'altra per via di transazione verso equo compenso, e sarebbe il modo desiderato; oppure trionferà quella che avrà la costaute maggior affluenza di pubblico. Per conseguire questa decisiva affluenza il consorzio accennato cerca d' interessare un certo numero di concittadini nell'impresa, col cedere una parte di capitale in forma di piccole azioni di fiorini 10 l'una. Di tutto ciò il pubblico deve rallegrarsene, perchè la concorrenza è sempre a suo vantaggio : noi di Capodistria in particolare ci lusinghiamo che possa mettersi in piedi un'associazione con forze cittadine, perchè in tal modo gli utili vadano distribuiti in città, ed acquisti vigore la fiducia nell'associazione delle forze che conduce a risultati insperati; fiducia fatalmente scossa quando altra volta si è tentato in provincia una associazione marittima, la quale ha dovuto desistere per le avverse circostanze che colpirono la marina a vela. Previa una radunanza fatta nella sala municipale, il consorzio raccoglie i soscrittori azionisti col mezzo dei capicontrada, senza che sia prestabilito in qual modo essi azionisti potranno esercitare i loro diritti nell'amministrazione sociale; e da molti abbiamo inteso, e siamo anche noi della stessa opinione, che sarebbe meglio far conoscere prima quali saranno i patti ; oppure in qual modo gli azionisti eserciteranno i loro diritti nell'amministrazione. , SAN YINCEKZO IN PRATO E LE BASILICHE ISTRIANE *) Il Kandler colloca la venuta di Salomone in Pola intorno al 1060. Ma questi avrebbe secondo gli storici regnato dal 1063 al 1074 ; o tenuto calcolo de' suoi tentativi per ricuperare il trono sotto Ladislao il Santo, che cominciò a regnare nel 1077 dopo la morte di Geiza, è certo che prima almeno del 1078 non è supponibile la venuta del santo re a Pola. Ed ora si avrebbe a dire della basilica di Santa Maria Formosa, di San Michele in Monte, di Santa Felicita, di Santo Stefano in Pola; ma tnon si possono instituire raffronti con ciò che più nou esiste ; tutti questi edifizi rovinarono pei ripetuti assalti e saccheggi nelle guerre veneziane. Pure a compiere il tema ne diremo brevemente. San Michele in Monte era esempio di chiese abbinate, come molte altre furono in provincia, come l'Incoronata di Milano eretta per l'auspicatissime nozze di un duca di casa Sforza. Di queste due basiliche la prima era del sesto secolo ; la seconda dell' uudecimo, e presentava una strana irregolarità, perchè la sua larghezza diminuiva verso l'abside maggiore. Qui era stato sepolto il re d' Ungheria, prima della sua translazioue in duomo. Nel Campo Marzio o campo grande, sulle rovine del tempio sacro alla Felicità, alzavasi Santa Felicita, così come Minerva cedette il posto a Santa Sofia, Nettuno a San Nicolò. Da Campo grande 1' Allighieri vide le tombe più o meno alte che facevano tutto il loco varo. Era a tre navi con sette colonne. Poi Santa Caterina, Santo Stefano ed altre ancora, delle quali il Kandler potè vedere nella sua gioventù ancor qualche segno, e rilevarne la pianta. Ma sopra tutte alzavasi stupenda per marmi e mosaici, e degna del nome — Santa Maria Formosa e di Canneto come si disse più volgarmente. Il nome ripetuto a Venezia a designare altra chiesa tuttora esistente, dimostra le antiche tradizioni e il comune linguaggio. Stringe il cuore a leggere le vicende di questo monumento; la sua storia è un compendio della storia di Pola e un po' anche di tutta l'Istria. E qui le leggende suonano alto in paese. Intorno alla metà del secolo sesto viveva in Vistro, su quel di Pola, certo Massimiano diacono, il quale, arando il patrio campicello, trovò un graude deposito di monete d' oro nascoste. Queste tradizioni di tesori nascosti nei * Continuazione. Vedi Numeri 4, 5, 6, 7. 8, 10. 11,12. CAPODISTRIA, Tipografia di Carlo Priora. pozzi e sotterra si spiegano facilmente, quando si pensi che allora non c'erano casse di risparmio, non banchieri; e le occasioni di rubare tante. Ma la legge parlava chiaro: una parte del tesoro trovato era devoluto al fisco. Che ti fa il bravo chierico? Riempiuta di monete la pelle di un ventre di bue, e due di irco, cucite in forma di stivale, portò il resto a Costantinopoli all' imperatore. — A chi reca denari tutte le porte si aprono, e senza fare anticamera. — E quante ne hai ritenute per te ? domandò Giustiniano al diacono. E l'altro: Solo quanto un ventre e un pajo di stivali possono assorbire. Tanto è vecchia la casuistica e di tutti i tempi il gesuitismo! L'imperatore bevette grosso e capì che ne avesse presi soltanto quanto era necessario pel vitto e pel viaggio. Caso volle che proprio a que' giorni capitassero in corte gli ambasciatori di Ravenna annunzianti la morte dell'arcivescovo e chiedenti un nuovo; e Giustiniano pose subito gli occhi sul buon chierico crisifero, e lo mandò arcivescovo a Ravenna. Anche questa è un po' la storia di Arlecchino fatto principe; ma tiriamo diritto. Quello è certo si è che Massimiano d'Istria diventò arcivescovo di Ravenna, che vi lasciò un buon nome, che fu splendido nel'innalzare monumenti, e the, memore del suo paese, fece innalzare in Pola la magnifica basilica di Santa Maria Formosa ; e vi aggiunse anche una badia di monaci benedettini, e la dotò riccamente. Presa Pola dai Veneti nel 1243 e messa a ferro ed a fuoco, la basilica soffrì una prima rovina; seguirono altre devastazioni e guerre e specialmente dai Genovesi nella guerra di Chioggia, finché chiesa e badia furono date in commenda alla basilica ducale di San Marco ia Venezia. (Cont.) Nuove opere del capitano Burton Non avevamo completato, come fu detto nelle succinte note biografiche intorno al Burton, il copiosissimo elenco degli scritti di lui; e giacché ora ci fu pòrta occasione dallo stesso illustre autore di completarlo, non crediamo superfluo di dare qui in via di appendice i titoli dei lavori da lui posteriormente pubblicati ; cioè negli anni 1879, 1880 e nel corrente 1881. The ogham - runes and el - mushojar : a study. (Re-printed from the Trans. Roj. Loc. of Literature, voi. XII, part. I. 1879). Itineraries of the second Khedival expeditioni memoir explaiuing the new map of Midian, made by the egyptian staff - officers. With a map London 1880. A visit to Lissa and Pelagosa. London 1880. How to deal with the slave scandal in Egypt. Reprinted from the Manchester Examiner and Times, March 21 st. 23 rd, and 24 th, 1881. The partition of Turltey, Reprinted from the Manchester Examiner and Times, Jannary 3 rd and 4 th 1881. Os Lusiadas (the Lusiads) englished by R. F. Burton (edited by his wit'e Isabfcl Burtob) in "two vo-lumes. London: Bernard Quaritch, 1880. (Edizione I principe)._