ANNO XXI. Capodistria, 1 Maggio 1887. N. 9. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esco il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. S; semestre • quadrimestre in proporxione. — Gli abbonamenti ai ricerono preaso la Kedaiiona. DIGRESSIONI*) Fiera di santa Giustina a Capodistria e ad Albona. ,4) La qual parte — menzionata anche nella digressione 6 fra le notizie recate appunto dal Libro Q. c. 35 r. e v. — è prezzo dell' opera riportare qui per intero. Die Mariis uigesimo quarto Augusti 1574. In Sala consilij conuocato maiori Consilio ad sonum campanae ac noce Praeconia, dicente, alla uoce, ac uo-cante, chi è di conseglio uenga suso, in qtio computata Praetoris Persona interfuerunt consiliarij usque ad nu-merum centum, octuaginta, et in eo per CI. D.nwn Pott.em, Sp./es D.nos htdices ac Syndicos huius ciuitatis positae fuermt partes infrascripti tenoris VZ. Tenor altera pars (sic.) ut infra sequitur VZ. .E Considerato per auanti, che sia buona cosa, et „di molto utile, et benefficio à questa città l'introdur ,nna fiera franca, la qual habbia principar il giorno di „S.ta Giustina, in questa città, et durar per giorni quindici. Però è stato dato autorità all'Ecc.te m.r Pietro „Vergerio già ambasciatore di questa città, à Sua Serenità, che douesse impetrarla dalla benignità, et gratia .di Sua Serenità, il che da Sua Ecc.tia è stato prontamente esseguito per quel tempo eh' è stato à Venetia, ,et etiam à ciò hà ottenuto lettere di risposta, le quali «sono anche scritte per il cl.mo Priuli prossimamente ,passato nostro rettore, et il negotio è redutto all'ili.mi .S.ri Sauij qual essendo di tanto beneficio à questa ,città come è pre.to starebbe male che fusse arban-.donata. Però .L'Andarà parte, che per questo maggior Conseio .sia dato Autorità all' Ecc.te m.r Giac.o del Bello, et „m.r Zuanne Vittorio ambasciatori elletti à Sua Serenità .per le cose del far delle Saline, et concessioni di acque .et paludi concesse dal cl.mo Donado meretissimo pro-.ueditor al Sale di poter prosseguir tutto quello, che ,hà operato l'Ecc.te m.r Pietro Vergerio in proposito „del far seu d'introdur la fiera pre.ta." Pro parte ball. 173. Contra (7) *) Vedi i numeri 20 e 21 — La colonna di Santa Giustina ; 22, 23, 24 an. XVIII; 2, 3, 6, 7, 8, 9, 11, 18, 14, 15, 16, 20, 22, 24 an. XIX; 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 19, 20, 21, 24 an. XX ; 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 an. XXI — Digressioni. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere • denaro franco alla Redasione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati Quando poi al Vergerio siasi data autorità di adoperarsi ad ottenere la fiera — stava forse scritto nelle carte che mancano in foudo al Libro P, che contenevano gli atti di otto mesi : chè altrove non mi appare. Vedi a questo proposito nella digressione 6 la penultima delle notizie tratte da questo libro P, dove del Vergerio è detto profecturus Venetias jbiqwe per dies forte etiam per menses ut orator destinatus ad suam Ser.tem per-mansurus. E a cc. 37 v. e 39 r. dello stesso Libro Q: .Noi Gio. Paulo Zarotto, Virginio de Salo, Damian .Grison, Damian Belgramone, Giudici, Aluise de uerzi «Sindico, et Franc.o de Vida Sindico sustituto in luoco .dlll'Ecc.te m.r Giacomo del bello Dottor infrascritto .di questa città di Capo d'Istria Cometemo à Voi Ecc.te .m.r Giacomo Del bello Dottor, et m.r Zuanne Vittorio .Ambasciatori elletti per il nostro Maggior Cons.o che .dobbiate......in esecutione della parte presa in .detto maggior Cons.o il dì 24 Agosto prosimamente .passato espedir il negotio della fiera . et bene uolentis .Mandautes mihi Petro Paolo Zaroto canc.o Syndicorum .ut presentem commissionem registrare (?) debeam ad .futurorum memoriam. Datum lust.li Die 26 Augusti 1754. Non veggo poi che la domanda sia stata esaudita — e forse non fu per le vicende dei tempi — nè da questi Libri de' Consigli nè dal Quinto Libro degli Statuti, in cui pur si contengono anche le IÀtterae Ducales, Terminationes et Partes riguardanti le fiere concesse alla città o prorogate, delle quali si legge ne' cenni Della fiera di S. Orsola a Capodistria inseriti nell'isbà del Kandler I 70, 71 pg. 281, ceuni che si potrebbero meglio rifondere. E nella Ducale 27 agosto 1642 a pg. 231 N.o 127, con cui si concede di .poter .far ogni anno, per anni due prossimi venturi, una so-.lenne fiera libera e franca dentro la Città, per com-.modo degli abitanti in essa e forastieri, quale durar .debba giorni quindeci, principiando li 14 fino li 28 .Ottobre," in questa Ducale si accenna bensì la fiera concessa altre volte, del 1493 e 1546 — quella di S. Nazario — ; ma d'una fiera, che possa riferirsi alla parte di sopra trascritta, non si fa menzione. Ma certo dev' essersi esaudita analoga domanda fatta dagli Albonesi. Chè il Luciani mi scrive: ,In Albona si tenevano e si tengono tuttora annualmente parecchie fiere., Le due principali cadono ai 29 di giugno e ai 7 di ottobre, quella detta di s* Pietro, questa in origine di s. Sergio —$ uno dei Patroni della città —, poi di santa Giustina. Io a rigore non potrei dire quando , sia stato cambiato il nome di detta fiera dei 7 di ottobre, nè se sia stato cambiato per volontà del popolo, per deliberazione del Consiglio di città o per ordine del Governo ; ma sta il fatto che il nome fu cambiato da s. Sergio in santa Giustina e eh' è entrato nelF uso costante, parlato e scritto, degli Albonesi da assai gran tempo. Che sia stato cambiato all' epoca e in memoria della battaglia di Lepanto? È molto-probabile : ohè i vecchi albonesi ripetevano spesso il motto : rnernor ero tui, Iustina virgo, e non cessavano mai di cantare e ricantare le glorie della Republica e di magnificare le sue vittorie sui turchi. Il giorno di s. Marco si faceva una gran processione coli' intervento di tutto il clero apparato a festa. Rientrati clero e popolo nel duomo, la gioventù restava di fuori e sbattendo contro i muri del sacrato e della chiesa dei rami di sambuco, gridava : chi per mar chi per tera, tuV i turchi sototera — viva san AJarco ! pini, pum ! — La festa popolare fu proibita intorno al 1830, la processione panni anch' essa sospesa da qualche tempo." Chi sa, se commemorazioni di simil natura avvengano o sieno avvenute anche in altre città istriane o non vi corrano tradizioni altre od altri documenti non esistano riguardanti la partecipazione degl' istriani alla memoranda battaglia? E chi sa mai le feste solenni celebrate allora, quando si apprese la gran vittoria, e nelle altre città istriane e a Capodistria, e qui pure il giorno, che la Colonna di santa Giustina fu eretta? —■ Meriterebbe che s'indagasse. (Continua) Archeologia Col titolo Iscrizioni romane e cristiane, scoperte negli anni 1885 e 1886, il chiarissimo Avvocato Dottor Carlo Gregorutti, pubblicò nel volume II, anno III, 1886, degli Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, una illustrazione di alcune iscrizioni scoperte negli anni succitati in varie località dell' Istria. Tra queste si legge anche l'illustrazione dell'iscrizione rinvenuta nel 1885 dal prof. Giuseppe Yatova sopra una pietra cavata per serbar olio nella cantina della casa Vidacovich in Capodistria, la cui iscrizione fu pubblicata in questo periodico nel 1 settembre 1885, n. 17, con un cenno illustrativo. Crediamo ora utile ristampare la dottissima illustrazione del sullodato Dottor Gregorutti e per l'importanza e per la rarità della scoperta, servendo qu-est' ultima, se non altro, a chiarire le iscrizioni di altre due già trovate, 1' una nella stessa Capodistria, l'altra a Ronchi, e che consimili a quella del prof. Vatova formano con essa una triade, — la sola, come dice il Gregorutti, — per quanto si sappia — scoperta finora — in tutto il vasto territorio a cai si riferisce la suppellettile epigrafica romana. Per arrivare a spiegare il senso, almeno approssimativamente, di questa iscrizione, conviene raffrontarla colle uniche due che si conoscono appartenenti allo stesso genere, di cui 1' una rinvenuta in Ronchi presso Mon-falcone e quindi nell' antico agro colonico di Aquileja, j e 1' altra da lungo tempo esistente in Capodistria. Di iscrizioni consimili, per quanto si sappia, non ne furono scoperte altre in tutto il vasto territorio a cui si riferisce la suppellettile epigrafica romana. Ecco 1' iscrizione di Ronchi : L • VIBIVS • L • F VEL • LECTUS • IVRATORVM • SE PRAEF•I•D DONATVS • HASTA PV Primo a pubblicarla è stato 1' ab. Giuseppe Berilli di Ronchi di Monfalcone, il quale ne diede anche il disegno nel suo stampato Indagini sullo stato del Tignavo, p. 19, Udine 1826. Il Berini ci fa sapere che la pietra venne scoperta in Ronchi 1' anno 1817 nel-1' occasione della demolizione di una piccola chiesa, eh' egli non nomina, ma che si sa fosse la soppressa chiesuola di S. Leonardo, passata in proprietà del demanio. L' iscrizione fu acquistata dal possidente di Ronchi sig. Labrosse, nome col quale facevasi chiamare 1' emigrato legittimista francese Conte di Pongi-beau, e giaceva nel di lui cortile in Ronchi. Recatomi nel 1878 sul luogo per copiarla, uon giunsi più in tempo, poiché non rinvenni che le scheggie della cornice, mentre la pietra, dopo spianato dalla medesima 1' ornato sporgente in bassorilievo, fu trasportata nel molino del signor Nordis in S. Canciano ed ivi impiegata quale materiale di fabbrica. Per risarcire in parte la perdita, produco letteralmente la descrizione che ne fece il Berini: ,11 monumento, che qui si cita, consiste in una mensola lunga cinque piedi e larga uno per ogni verso. La facciata di sotto indica di essere stata per metà incassata nel muro, sull' altra metà essa ha per ornamento un incavo quadrangolare terminato in tre de' suoi margini da una cornice a due membri, che sono un listello ed un uovolo inciso ad echini, e fregiato nel mezzo da un fiorone a rilievo. La facciata del lato destro fu destinata intieramente alla iscrizione. 11 tempo ha distrutte alcune sigle della prima riga, e perciò non si sa quale fosse il sopranome di questo L. Vibio, personaggio insignito di tanti onori. Era però di Aquileja, come lo indica il nome della tribù Velina, a cui apparteneva questa colonia." Il Kaudler ripete l'inscrizione nei suoi manoscritti come la descrive il Berini, però la dice rinvenuta presso il lago di ,Pietra rossa, mentre nel suo stampato Indagini sullo stato materiale dell'antica Aquileja,, pag. 25, Trieste 18G5, e nell'altro Di Aquileja Romana (Ar-clieografo Triestino, nuova serie, Voi I, p. 128, Trieste 1870) tra le inscrizioni rinvenute nel 1770 da Giov. Batt. Dottori nello scavo dei pilastri del ponte romano di Ronchi ne adduce una che portava scolpito HASTA. DONATVS, che è evidentemente la sopradescritta, poiché altra che contenesse una consimile indicazione non consta che in Ronchi fosse stata mai rinvenuta. Il Mommsen nel pubblicarla nel C. L V. n. 949 omette le lettere disegnate dal Berini in caratteri sbiaditi e suppone una rottura della parte superiore della pietra; però una tale supposizione sta in contraddizione colla forma perfettamente quadrangolare delineata dal Berini, coi di lui commenti che seguono e col testo confermato dal Kandler che avrà probabilmente copiata dalla pietra l'iscrizione. PVP • FORENS VM • XXIII VS • ORDINE•IVRA Questa, che in ordine alla scoperta viene ad essere la prima della triade di questo gruppo d'iscrizioni, trovasi già registrata da Mons. Giacomo Filippo Tommasini nei Commentari storici e geografici delV Istria (Archeografo Triestino, serie I, 1837, volume IV, pag. 332). Fu poi pubblicata dal Carli nelle Antichità Italiche (Milano. 1794, voi. II, pag. 54), quindi dal Kandler nelle Iscrizioni romane dell' Istria, n. 464, ed in ultimo dal Mommsen nel Corpus inscriptionum latmarum, voi. V, n. 487. Il Carli, che non la vide ma la riportò sulla fede di un MS. del Tommasini, soggiunse: oltre di essere mancante e certamente molto male trascritta. Il Kandler la stampò con due varianti clie potrebbero essere però due errori di stampa, dacché è noto che gli mancava spesso il tempo di rivedere le bozze, tanto che il Mommsen ebbe a dire, che quando trova errori nelle iscrizioni stampate dal Kandler si appella alle schede mss. eh' egli aveva messo a sua disposizione, e le schede le trova giuste. Le due varianti sono FOBENS | invece di FORENS nella prima riga è ; AN invece di VM nella seconda. Mommsen che la vide (contuli quod superestj riproduce precisamente la lezione del Tommasini. La pietra trovasi ora, assieme ad altre iscrizioni, nel pianoterra dell' i. r. Ginnasio di Capodistria, però vi manca la prima linea. Confrontando le suddette iscrizioni una coli' altra non può rimanere dubbio che le medesime si riferiscano ad uno stesso oggetto, e per quanto riguarda quest'ultimo vadano a completarsi a vicenda. Il eli. Mommsen nello spiegare l'iscrizione, C. 1. V. n. 949 — la seconda delle soprariferite — opina che la linea seconda possa venire supplita leggendo [in V decurias ad] lectusju-ratorum se [lectorum\, supponendo che il L. Vibio dell' iscrizione sia stato inserito nella lista delle cinque decurie dei giudici chiamati a votare nelle cause che venivano legittimamente giudicate in Roma, con ciò eh' esso venne inscritto fra le tre prime Decurie dei maggiori censiti aventi un censo non inferiore di 400000 sesterzi. Però allo stesso Mommsen fa ombra che alla titolatura di index comunemente in uso siasi sostituita quella di iuratus che non riscontrasi in verun' altra iscrizione, aggiungendo esser incerto se la iscrizione di Capodistria, C. I. V. n. 487, si riferisca allo stesso oggetto. L'iscrizione recentemente scoperta in Capodistria offre ora elemento ad una nuova soluzione conducente forse a migliori risultati, imperocché è evidente che la frase LECTVS ■ IVRATORVM • SENTENTIA si ripete tanto nell' iscrizione di Ronchi alla seconda linea, quanto nell' altra di Capodistria alla linea terza. Senonchè qu-est' ultima iscrizione ci offre inoltre un altro momento atto a chiarire la questione, poiché dalla medesima ricaviamo che la sentenza dei giurati aveva per oggetto 1' aggregazione nell' ordine, termine che in una iscrizione municipale adoperato senz' altra aggiunta non può riferirsi che all' ordine decurionale. Il senso delle iscrizioni non potrebbe essere quindi che questo, che essendo insorta controversia nel municipio sull' ammissibilità del candidato la causa rispettiva fu sottoposta alla decisione dei giurati. Ciò supposto si presenta fondato il sospetto che i giurati menzionati nelle iscrizioni in questione disimpegnassero 1' ufficio di giudici nei rispettivi municipi a similitudine dei giudici delle decurie, i quali erano chiamati a decidere soltanto le cause che venivano trattate in Roma. Questi IVRATI che esercitavano giudicatura non sarebbero da confondersi coilVRATORES i quali assistevano i censori nella confezione del censo in Roma e non avevano altro incarico che quello di ricevere le fassioni dei cittadini e di assumerli a giuramento ove questo venisse richiesto. La denominazione di IVRATVS quale sinonimo di giudice troverebbe la sua giustificazione in ciò che per pronunciare sentenza era necessario che il giudicante avesse prima prestato il prescritto giuramento, locclié si esigeva in tutti i casi tanto dai singoli giudici che dai collegi giudicanti, ragione per cui anche nel senato e nei comizi quando i senatori od i cittadini erano chiamati a decidere una causa, ogni singolo prima di dare il suo voto era obbligato alla prestazione del giuramento. L' istituzione dei giudici elettivi in Roma rimonta ai primi tempi della fondazione della Repubblica. Erano in origine divisi in tre decurie di cui ogni singola constava di mille individui presi fra i maggiori censiti aventi un censo non minore di 400000 sesterzi, per cui si chiamavano anche judices quadringenari. Ottaviano Augusto vi aggiunse una quarta decuria di giudici ducenari scelti fra cittadini che raggiungevano la metà del censo voluto pei cavalieri, mentre l'imperatore Caligola per 1' accresciuta copia delle ricchezze e la conseguente abbondanza di cavalieri si trovò indotto di aumentare il numero delle decurie portandolo a cinque. La lista dei giudici veniva formata annualmente dal pretore urbano durante la repubblica e poi dagli stessi imperatori. Le cause non venivano decise dal pretore ma dai giudici eletti che di volta in volta venivano presi dalla lista seguendo la pratica che per i giudizi legittimi vale a dire per le cause che si agitavano fra cittadini nella città di Roma fino entro la periferia di un miglio veniva costituito un giudice singolo sub uno judice, il quale prima di decidere consultavasi coi propri consiglieri, dai quali doveva farsi assistere senza essere però legato al loro parere. Tutte le altre cause civili che si agitavano fuori della periferia del miglio ed entro la medesima davanti il praetor pelegrinus, si dicevano contenute nell' imperium e venivano decise 0 da un giudice singolo o dai reciperatores, che potevano essere presi anche fuori della lista generale dei giudici di regola in numero di tre, e decidevano n. pluralità di voti. I pretori si limitavano all' esercizio della magistratura (ius) cioè ad avviare ed istruire il processo, assegnare il giudice (index datus) ed a formulare i quesiti che i giudici scioglievano col dare il responso (iudicium) col quale veniva definita la causa. Nei municipi e nelle colonie ai quali già sotto la Repubblica era concessa la più larga autonomia, la quale venne ancora maggiormente ampliata da Augusto, la giurisdizione sì civile che penale veniva esercitata dalle magistrature locali, ed è da ritenersi che ad imitazione delle istituzioni di Roma le cause venissero pure quivi decise da giudici scelti fra i maggiori censiti, dei quali 1 duumviri e quadrumviri jure dicundo avranno formato di anno in anno la lista, servendosi dei medesimi sia come giudici singoli sia collegialmente quali recipera-tores, per risolvere le singole controversie giudiziarie. Il caso speciale a cui si riferiscono le nostre iscrizioni fu deciso da più giurati iuratorum sententia quindi da un iudicium reciperatorium. 11 principio di centralizzazione, che sotto l'impero andò sempre più guadagnando terreno, ridusse la giurisdizione municipale a minimi termini, sicché questa limitavasi nelle cause pecuniarie civili a teuue importo e nelle penali ad una moderata correzione delle persone di condizione servile. I giudici delle decurie di Roma erano già aboliti al tempo di Commodo ed egual sorte avranno probabilmente nello stesso tempo subita anche i giurati municipali. Quando il decurionato divenne tanto oneroso che si cercavano tutti i possibili pretesti per esentarsi, anche 1' apparato dei giurati cominciò probabilmente a mostrarsi inservibile ed il Principe si trovò costretto di far decidere le rispettive cause da giudici da lui costituiti, cioè dapprima dal prefetto urbano di Roma e poi dai consulari, giuridici, e curatori attivati da Adriano, Antonino e Marc' Aurelio in Italia, come ne offre un esempio il caso di Volumnius Severus di Concordia addotto da Frontone (ad amicos 2, 7) il di cui processo relativo al decurionato cominciato dal prefetto urbano venne ultimato da Arrio Antonino, che fu il primo ad essere nominato giuridico da Marco e Vero nella Traspadana. L'iscrizione recentemente scoperta a Capodistria appartiene, come lo mostrano i bei caratteri, senz' altro alla prima metà del primo secolo. Mancano nella parte superiore almeno tre linee delle quali la prima avrà contenuto il D. M. (diis manibus), la seconda il nome del defunto e la terza verosimilmente la parola DECVRIO coli' aggiunta del nome della città o colonia in cui avvenne l'aggregazione al decurionato per sentenza dei giurati. L'iscrizione di Ronchi che consisteva di due pezzi — dei quali quello di destra, probabilmente di pari lunghezza, andò perduto — conteneva come è da supporre alla prima linea il cognome e forse la patria del defunto, e potrebbe completarsi alla seconda linea leggendo lèctus iuratorum sententia in ordinem Aqui-lèjensem, locchè conviene al Praefectus jure dicundo che segue, poiché questa carica premette necessariamente che colui che vi fu chiamato debba aver prima appartenuto all' ordine dei decurioni. La terza iscrizione che già prima conservavasi a Capodistria, a giudicare dalla tribù Pupinia alla quale era ascritta Tergeste, apparteneva probabilmente ad un triestino di cui non ci rimase che il cognome Forensis, 1' età d'anni 23 (Annorum XXIII) e la memoria della circostanza eh' esso venne ricevuto nell' ordine dei decurioni in seguito a sentenza dei giurati, come dalle parole lectus ordine iuratorum sententia che si leggevano sulla terza e probabilmente sulla quarta linea andata perduta. L' ablativo ordine in luogo di in ordinem è un solecismo che si riscontra anche in altre iscrizioni. Nel rapporto pubblicato in quest' anno della Commissione centrale per la scoperta e conservazione dei monumenti storici ed artistici si leggono le seguenti notizie riguardanti Trieste e 1' Istria: Il conservatore Dottor P. Pervanoglù riferì circa ai nuovi scavi fatti per conto del Museo di Trieste sul fondo di Santa Lucia. Il conservatore sig. Nicolò Rizzi presentò una relazione circa ai lavori di conservazione eseguiti durante 1' anno 1885 al tempio di Augusto, alla Porta Aurea ed all'Anfiteatro di Pola. Il corrispondente cap. Schram riferì sulla scoperta di alcuni frammenti romani edili, di bronzi, monete, tegole ecc. fatta sulla collina di San Daniele presso Pola, nell'occasione di alcuni lavori di costruzioni militari. Il conservatore Dr. Righetti riferì sui resti di muri romani scoperti presso San Sabba, muri che probabilmente appartenevano ad una Filatura di panni (Fullonica). Il conservatore prof. Petris presentò una comunicazione circa alle monete che furono trovate nell' occasione della costruzione della ferrovia Erpellie, sulle scoperte preistoriche a Paugnano, circa ad una lapide sepolcrale nella antica chiesa di S. Pietro in Selve, della quale riferì anche il prof. Benedetti, ed infine circa ad alcune scoperte fatte a Capodistria, Ustrine e Cherso. Ci scrivono : Trieste, aprile 1887 Debbo alla cortesia del Dottor Marchesetti l'aver potuto ammirare quanto in poco volgere di tempo venne da lui rinvenuto in fatto di preistoria istriana. I cimelii eh' egli trovò nell' àmbito delle Giulie, formano già un ricco museo, pari a molti dei più riputati per copia, pregio e originalità. La raccolta del Dottor Marchesetti si compone specialmente di oggetti trovati nell' agro di Trieste e di Gorizia ; soltanto la necropoli di Santa Lucia, valutata a circa quarantamila sepolcreti, non la cede alle più celebrate ; e da ultimo, in caverne prossime a Trieste, il Marchesetti mise alla luce grande e bellissima quantità di strumenti litici e di osso, uniti a numerosi residui di pasto, tra cui abbondantissimi i crostacei della vicina riviera. Queste notizie a me preme ripetere qui, perchè anche in Istria sono numerose le caverne, nè vi mancano i dilettanti di archeologia preistorica. Il fatto suesposto pone fuori di dubbio, che le nostre grotte sieno state abitate da genti primitive, e dà quasi certezza di vedere coronate le proprie fatiche di felici successi. Si pratichino adunque scavi qua e là, e trovati gli oggetti, se ne ragguagli la Società di archeologia e storia patria, la quale dee fare gran conto sulla cooperazione di ogni compvovinciale. Noi, è vero, non abbiamo uno scienziato di professione, il quale possa girare e rigirare il paese; fa mestieri perciò che gli amatori delle patrie memorie si prendano a cuore, quanto ho qui oggi succintamente esposto '). Un maestro Il signor Andrea Tommasich, segretario della locale Commissione Archeologica, ci inviò per la pubblicazione il seguente elenco : Spettabile Redazione ! •Comunico per la graziosa inserzione nella „Provincia" L'ELENCO dei pubblici Uffici di Capo d'Istria e della provincia dell'Istria ex Veneta, i di cui funzionari prestarono giuramento il primo Maggio 1806, d'essere fedeli alle costituzioni del Regno d'Italia, ed a Sua Maestà l'Imperatore e Re, Napoleone I. Tribunale d'Appello in Capo d'Istria Nicolò de Baseggio, Preside Pietro Bacchiocco, Assessore anziano Federico Bembo, „ Nicolò Graziadio, „ Stefano Angelini, „ Basilio Baseggio. „ Vittorio Zugni, Cancelliere Francesco de Gravisi, Protocollista Tribunale Criminale in Capo d'Istria Francesco Venier, Preside Antonio Albertini, Assessore anziano Andrea Bragadin „ Valentino Belgrado, „ Vincenzo Zugni, „ Giovanni de Contucci, Cancelliere Nicolò de Baseggio di Nicolò, Protocollista Tribunale Civile in Capo d'Istria Nicolò Del Bello, Vice-Preside ') Non bisogna dimenticare gli scavi già fatti in Istria, specie a Verino, ai Pizzughi e ad Ossero e la raccolta preistorica dei Musei Scampicchio, Bolmarcich « di quello provinciale in Pa-renzo che va ogni giorno arricchendo e gode riputazione in Istria ■e dappertutto. N. d. E. Nicolò Franceschi, Assessore Nicolò Venier, „ Giovanni Maria Gravisi „ Nicolò Derin, Cancelliere Andrea Dell'Acqua, Protocollista Pretura in Capo d'Istria Antonio Gravisi, Pretore Antonio Minius, Cancelliere Rocco Minius, Protocollista Delegazione di Polizia in Capo d'Istria Angelo Venier, Delegato Stefano Derin, Cancelliere Pietro Bernardelli, Assistente Rizzardo Derin, „ Antonio Derin, „ Giuseppe Carbonajo, Protocollista Ufficio delle miniere e dei boschi in Capo d'Istria Vincenzo Bartoletti - Zulatti, Conservatore Francesco-Antonio Vallon, Giudice sommario in Muggia Antonio Michieli, Cancelliere Giovanni-Pietro-Antonio de Besenghi, Giudice sommario in Isola Telemaco Corner, Giudice sommario in Pirano Alvise Zamarini, Giudice sommario in Cittanova Alessandro Simonetti, Giudice sommario in Grisignana Dipartimento di Parenzo Giuseppe Vergottini, Delegato Antonio Beltramini, Giudice sommario in Orsera Pietro de Tommasi, Giudice sommario in Mon- tona Dipartimento di Rovigno Giovanni Costantini, Delegato Giovanni Corner, Giudice sommario Tommaso Bembo, Giudice sommario in Valle Giovanni Locatelli, Cancelliere Felice Lombardo, Giudice sommario in Pola Dipartimento di Albona Giovanni Battista Negri, Delegato Domenico Luciani, Giudice sommario Dipartimento di Pinguente Andrea Agapito, Delegato Francesco Mazzalorso, Giudice sommario in Portole Capo d'Istria, li 20 Aprile 1887. A. T. 3ST o tizie Continuano le adesioni dei vari municipi delle nostre città, perchè venga istituita in Trieste un' Università italiana. Questa mirabile concordia di propositi tende specialmente ad unificare il voto delle nostre provincie, che è di volere difeso il diritto eh' esse hanno di raffermare e consolidare la propria civiltà col mezzo della lingua ereditata dagli avi. In questi giorni un deputato di Trieste ha già richiamata l'attenzione del Parlamento sulla petizione concernente il vitalissimo argomento ed anzi propose che nel protocollo stenografico della seduta si aggiunga il testo completo della petizione in discorso. È uscito nei giorni scorsi un opuscolo anonimo, intitolato Bes tridentinae. La sua tendenza è centrali-stica, cioè favorevole al mantenimento dell' unità politica del Tirolo e contraria quindi alla costituzione del Trentino in paese autonomo con dieta propria. Tuttavia lo scrittore riconosce la necessità di concedere al Trentino riforme amministrative, le quali contentino la popolazione, specie dal lato economico. «Separare il Trentino dal Tirolo sarebbe consegnarlo nelle mani del partito che aspira all'unione col regno d'Italia." scrive l'autore dell' opuscolo anonimo, ed accusa il Taaffe di avere, per ragioni parlamentari, favorito il movimento autonomista-nazionale, nel. quale s' è messo anche il clero. Ciò che v' ha di più rimarchevole in detto opuscolo è la constatazione della forza e della vivacità del sentimento nazionale italiano nel Trentino. La Neue freie Presse attribuisce lo scritto ad un ex-deputato costituzionale di Trento nel Bcichsrath. Ai 21 di aprile, natale di Koma, il Municipio inaugurò all' ingresso superiore del Piucio, presso Villa Medici, una colonna commemorativa a Galileo, il quale a Villa Medici (ora Accademia di Francia) fu tenuto prigione. L' epigrafe scolpita a piè della colonna è la seguente : Il prossimo palazzo — già dei Medici — fu prigione a Galileo Galilei — reo d? aver veduto — la terra volgersi intorno al sole — S. P. Q. B. ■— 1887. È morto ottuagenario in Pirano, sua patria, il Conte Carlo Maria Furegoni. Galantuomo e gentiluomo del vecchio stampo, fu più volte podestà, deputato alla Dieta provinciale, preside del Consorzio dei sali, e sostenne altre cariche importanti, — tutte con zelo e probità da meritarsi sempre la fiducia de' suoi concittadini e comprovinciali. Il Conte Carlo Maria Furegoni appartenne ad un' antica ed illustre famiglia istriana, che diede alla gloriosa Repubblica distinti personaggi, tra cui il prode soldato Bernardino, il quale col grado di capitano combattè in Dalmazia ed in Levante, e per le molte sue benemerenze venne decorato del grado di sergente maggiore e del titolo di Conte di Castel Venere per sè e discendenti. L'ottimo vegliardo scese nel sepolcro compianto e benedetto. Cose locali Corfù ha inaugurato nello scorso mese un monumento al suo grande cittadino Giovanni Capodistria, assassinato in Nauplia addì 9 Ottobre ISSI. Il Capodistria era d'origine istriano, disceso dalla famiglia Vittori di Capodistria, la quale emigrò a Corfù per sottrarsi al partito patriarchino, capitanato dalla potente famiglia Guerci, che aspirava al dominio della patria. Il Municipio della nostra città, esultando pel solenne avvenimento, che perpetua la fama del glorioso martire della Grecia risorta, ha inviato al Municipio di Corfù il seguente telegramma: Capodistria — orgogliosa avita origine e nome primo Statista lìbera Grecia — associasi odierne onoranze — e prega esservi rappresentata. Appunti bibliografici La Stanzetta misteriosa. Racconto di Domenico Manzoni. Tipografia triestina editrice, 1887. Una grata sorpresa ci ha fatto il signor Manzoni, con questo racconto venuto caldo caldo da Capodistria., Ed era tempo che la quondam Atene dell' Istria si facesse viva in questo risveglio letterario della pe- Disola. Le mie congratulazioni al signor Ghino subito subito ; ed ecco qui in due parole il perchè e il come delle mie gratulatorie sincere. Prima di tutto una vis comica non comune, e sempre ben ritratto il colore locale ; quella signora Anzoleta, quel signor Giacomo e quell'originale di Andrea, che piglia quella tal cantonata famosa, sono proprio macchiette nostre. Ed anche la lingua è buona; il racconto è abbastanza bene condotto ; ed al lettore rimane alla chiusa del libretto il dispiacere che il racconto sia finito troppo presto, e nello stesso tempo sia relativamente troppo lungo, li spiego. In sul più bello 1' autore tronca la narrazione come a pagine 83, 87. E vero che non si ha a sciorinare ogni cosa, e che colla minutissima analisi si stanca il lettore, come dice benissimo il nostro Manzoni ; ma altro è analizzare troppo, altro troncare il racconto in sul più bello. Viceversa poi ci sono troppe digressioni, e d'ogni genere, anche storico, che stuonano nel racconto lepido e scorrevole. Lasci da parte l'autore le antiche glorie dell'Istria, l'iscrizioni, le rivendicazioni ecc. ecc.; e chi, dopo tanto gridare si è fatto, non le sa ancora queste cose, peggio per lui. Io credo che 1' autore abbia molte attitudini per trattare la novella e fare studio di macchiette istriane. Se non che di bozzetti \ e macchiette ne sono piene le fosse ; perciò con-1 servando quel non so che di originale che po' su, po' giù, tutti abbiamo nell' Istria, sarà bene che il Manzoni, trovato un tipo, ci ricami anche sopra la favola, ma ampia, chiara, senza inutili digressioni, senza dialoghi col lettore, senza queir intromettersi dell' autore stesso che dà ai nervi ; e in cambio studiando la vita, la vita reale del nostro popolo in tutte le sue manifestazioni. II Manzoni potrebbe difendersi con gli esempi famosi del Guerrazzi, che è maestro di questo stile sui trampoli, e coi più recenti del Barrili ; ma il Guerrazzi e seguaci hanno fatto il loro tempo; e si ha pure a legare l'asino dove vuole il padrone. Auguro di cuore all'amico Ghino lena e salute; perchè in questa faccenda del troncare, del sopprimere, quando più viva dovrebbe essere la fantasia e commosso il cuore ; so per prova, quanto ci entri quel maledetto berrettino. Ma la musa è un allegra fanciulla, e non vuol vedere berretti da notte in capo alla gente. Coraggio adunque ; luce, moto, vita; la stanzetta misteriosa è un buon saggio, una cara promessa; fuori delle stanze, nei campi, sulle rive, negli oliveti al murmure del nostro mare, l'autore studierà la vita del popolo e ci darà la novella istriana, aggiungendo alla nota comica, in cui è valente, la nota malinconica ; onde quel misto di riso e di pianto, di allegrezza, e di dolore che forma il fondo dell' umorismo moderno, e che così bene dipinge la vita umana. Il Manoscritto dello sconosciuto. Adriaco diJfonte-midiano (Adriano della Bocca) Milano. Stabil.. tip. Emilio Quadrio. Via Rastrelli, 1887. Conosciuto o sconosciuto, vecchio o giovane che sia, ebreo o cristiano, io sento per questo signor X. una vivissima simpatia. Prima di tutto è del mio paese, e sognatori siamo entrambi fino da fanciulli. Lui bambino, conducevano a spasso in una piazza (del Ponte Rosso probabilmente) dove «guardava per lunghe ore i manzi placidi, oziosi, che attaccati ai carri mandavano monotoni ruggiti" e i bovi gli facevano balenare alla mente l'idea della fratellanza universale! (pag. 53.) Me invece conducevano tutti i giovedì su di un prato in fondo all'Acquedotto ; ma il mio obbiettivo non tanto era il prato, quanto un certo angolo tra la Via Carintia e la Via dei Cordajuoli, per cui si aveva a passare, e dove c' era una finestrucola bassa con un reticolato verde, accanto ad un portone fondo fondo e scuro, e dietro a quella finestra io sognavo, prigioniero di re Angiò, il povero Corradino, di cui la dolente storia avea veduta incisa in un librone coi cartoni verdi ed un reticolato giallo. Lo sconosciuto, come si rileva dagli scritti, vive lontano dalla patria e spesso vi torna col desiderio; e in ciò le strade delle nostre due vite s'incontrano. Ha poi un modo di sentire il bello e di manifestarlo che chiamerò antico, e sempre nuovo, e va di un passo perciò con me ; co' miei gusti volevo dire. Sentite freschezza di sentimento: Ad una morta In una mesta memoria nel libro del dolore Date, voi pie, una lacrima, date, fanciulle, un fiore; Or posa. Era una vergine, dalla pupilla fonda, Azzurra. Era soave, era pensosa e bionda, Qual le pingea l'Angelico, e Dante in eie! trovò. Passò come ombra sedici anni ; sofferse e amò. Qual lampada sull' alba, se umor d'uliva manca, Quivi posò la pallida bella persona stanca, Poiché, umore dell' anima, le venne meno amor. Date, voi pie, una lacrima, date, fanciulle un fior. Versi armonici come questi se ne fanno pochi oggi dai poetini che ballano il Saba classico con le nacchere e con gli sdruccioli in Parnaso. E così I mi piacciono per freschezza e spontaneità molti altri componimenti come: «Nel rosso del tramonto il dì morria" a pagina 61 il Sonetto IL «Fior dei campi gentili io lo sognavo" (pag. 172) l'epigramma di sapor greco: «Susurravano i fiori . . . (pag. 69) ed il seguente sonetto che trascrivo, regalando però al primo verso una sillaba, rimasta nel cassetto del proto: Nè più vi rivedrò sul mio cammino 0 della terra mia, vaghe sartine, Mostrar su e giù pe' 1 Corso il bel piedino, Scambiar sorrisi, e tenere occhiatine. E quando in piazza e al pubblico giardino Suona il concerto, Mariette e Rosine, Del vostro non udrò fresco visino Scrosciar le risa in faccia alle damine. Oh, quante volte allor che triste e solo M'incalzava la folla paurosa, 0 immoto il mar guardavo in riva al molo, 1 grandi a me volgendo occhi pietosa Questa farfalla dal giocondo volo Mi serenava la fronte pensosa ! Ma questi sono brevi lampi che illuminano l'oscura notte nel cervello del poeta. Io non so, se a questi lumi di luna, in questo carnevale dell' arte si vorrà menar buona allo sconosciuto la sua negra malinconia, manifestata in un grosso volume di versi. Quello è certo si è essere il dolore del povero poeta sincero ; la sua si capisce, è una vera passione ; la sua forma ideale è idea vera come dice un po' in confuso, in una delle sue tante prefazioni o preludi. Ma anche è vero che il lettore si stanca della continua malinconia: troppe bare, troppi cataletti, troppe notti alla Young! E così dicasi della gherminella della leggenda dello sconosciuto, per cui si vuol far credere che Adriaco di Montemuliano sia un vecchio eremita, nascosto tra le montagne, arrabbiato col mondo, con sè stesso, col cielo per via di una cara fanciulla. È una trovata che riuscì una volta allo Stecchetti; ma non bis in idem. Cosi pure dicasi dei troppi conunenti, delle troppe note e dei frammenti del testamento, delle lettere, e dei frammenti di frammenti ; tutta roba che annebbia la mente al CAP0DI8TRU, Tipografi» di Carlo Prior». lettore, e gli fa girare dinanzi agli occhi gli arcolai ; tanto più poi per i frequenti costrutti oscuri,, ed il periodo a sbalzi. Ad interrompere la monotonia vengono i versi satirici, alcuni buoni, come il sonetto: «Tizio, dabbravo ! fammi un bell'articolo" e che fa riscontro al mio sermone bisbetico stampato nell' ultimo numero della Penna — La Stamburata — : arcades ambo, diranno i graffiati ; ed altri un po' troppo contorti e calcati sulla falsariga del maestro. Ancor un., parola sui principi filosofici dello sconosciuto. Al leggere le calde parole di ammirazione ai martiri cristiani (pag. 309) e la schietta confessione della profonda impressione destata in lui dalla vista delle basiliche, dove il senso dell' infinito misterioso e una mistica voluttà l'invade per ogni dove, e s'impossessa suo malgrado deT suoi sensi, (pag. 310, 311) nessuno si aspetta poi di trovare qua e là certi impeti da Capaneo, e negazioni ardite alla Heine; o peggio delle tirade di vecchia rettorica semitica. Ma quanto al maestro tutti sanno che è morto chiedendo a Dio perdono di tutte le artistiche bestemmie sfuggitegli di bocca; ed io spero che lo sconosciuto dotato di una così viva squisitezza di sentimento, comprenderà subito l'inconvenienza di que' dispetti, non débiti fregi al suo animo gentile. Poiché così vive mesto e solo, egli non deve poi allargare sempre più il vuoto intorno a sè, avversando le idee ed i sentimenti di un grandissimo numero di persone: idee e sentimenti che sono come il patrimonio dell' umanità, e la negazione dei quali forse è la causa di quel vago e nebuloso, e dell'eterno malcontento che si scorge in molti poeti della gente semitica. Dunque non più malinconie, cataletti e casse da morto. Lo sconosciuto è giovane, ed avrà tempo di prendere più sul serio la vita, e di cantare non solo una manifestazione del sentimento ; con questo libro ci ha dato una ottima promessa, manterrà,, certo, se tralasciando di toccare sempre la medesima corda come il nojoso citarista di Orazio, vorrà rendere varia la sua canzone. Rammenti il detto del poeta: «La vita è bella e santo e l'avvenir;" e-l'antico motto del Savio. — «Dopo tutto ho conosciuto non esservi di meglio che il vivere allegro e fare il bene." p. t. Nel prossimo numero gli Appunti sui fascicoli 3 e 4 a. III. 1886 degli Atti e memorie della Società istriana di arch. e storia patria. N. d. R. Piotro Midouii» — Antoo (irarisi «dit. • rodat. roipomabili