ANNO XV. Capodistria, 16 Gennajo 1881. N. 2 tiriJ di iÉlé/rf»!» fanti ft&Btl Duarificffi PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. ANNALI ISTRIANI del Secolo decimoterzo. 1201. — Il vescovo di Capodistria, Adalgero detto da alcuni Aldigerio, Ardecario e Addechessio, muove lite al clero e popolo del castello di Pirano per la decima dell'olio. Kandler: „Indicazioniu... Pag. 25. 1201. — Alcuni testimoni depongono contro il vescovo di Trieste, Bernardo detto anche Wernardo e Venerando, accusandolo come dissipatore dei beni del vescovato giustinopolitano, nella lite che Adalgero vescovo di Capodistria sosteneva contro l'abadessa di S. Maria di Aquileia per le decime d'Isola. „Cod. Dipi. Istr." 1201. — Almerico, podestà di Capodistria, si oppone a qualunque transazione che il vescovo Adalgero volesse conchiudere con l'abadessa di Aquileia circa le decime d'Isola. ìibnoì Bteoqmi't taq svilii" „Cod. Dipi. istr.u 1202. — Il conte d'Istria della casa dei duchi di Carintia si riamica col patriarca di Aquileia e ferma pace a condizioni vantaggiose. Bandelli: „Notizie Storiche di Trieste. Pag. 35. 1202. — Venezia movendo alla Crociata esige dalle città istriane promessa di fedeltà e coope-perazione per tenere nette le acque dai corsari. Kandler: ^Indicazioni",... Pag. 25. 1202. — Parenzo, 8 giugno. Il vescovo Ottone investe frà Bergogna, abate di San Michele di Sottoterra in Diliano, della chiesa di San Dionigi presso il castello di Montona e di ogni bene a lei spettante. „Uod. Dipi. Istr." 1202. — Trieste, 27 ottobre. Il doge Arrigo Dandolo esige dalla città il giuramento di fedeltà, libero il commercio ai veneziani, la cooperazione di tener netto il mare dai corsari e la solita contribuzione annua di 50 orne di vino ; il gastaldione ser Vitale giura l'osservanza dei patti. „Cod. Dipi. Istr." — e Eomanin : „Storia docnm. di Venezia. To. II, pag. 157. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. 1202. 1202. < 1203. Luglio. Il capitolo di Capodistria, riserbatosi il quartese degli agnelli, dà in arrenda ad Albino di Venerio ed a sua moglie Elica il quartese d'Isola, che consiste in vino, frumento e legumi verso la corrisponsione annua di 50 orne di vino e 30 staia di frumento. „Cod. Dip. Isti-.," e ^Istria," Giornale. Anno VII, pagina 190. Ottobre. Ser Guidone, gastaldo di Muggia, giura a nome della popolazione fedeltà nelle mani del doge Arrigo Dandolo, di voler corrispondere annualmente 25 orne di vino e cooperare a tener netto il mare dai corsari sino a Kovigno. G. R. Carli : ^Antichità Italiche." To. V, pag. 40. I coniugi Rodaldo ed Almingarda donano ogni loro avere al capitolo di Trieste. Kandler : indicazioni"... Pag. 25. 1203. — Trieste. Il vescovo Gebardo, esercitando poter temporale, riforma sentenza pronunciata dai giudici della città. Kandler: ^Indicazioni"... Pag. 25. 1203. — Gasello presso Capodistria, aprile. Ditalmo di Muggia e sua moglie Rilenda (Orienda) vendono a Epone de Aldino da Capodistria e Glirosa di lui moglie una tenuta con vigna, posta nella contrada Albaro (ora Scoffie) confinante coll'agro giustinopolitano. „Cod. Dipi. Istr.» 1203. — Trieste, ottobre. Gebardo (detto da alcuni Gebenardo, Giobardo, Sicebardo e Vuebaldo) vescovo di Trieste conferma la sentenza pronunciata dai giudici della città in favore dei canonici della cattedrale contro gli eredi del fu canonico decano, don Corrado, per una terra con molino. ^Pergamena dell'Arci). Capit. di Trieste, - „Cod. Dipi. Istr.", - e Scussa : „St. Cron.".. Pag. 57. 1203. — Parenzo, 4 novembre. In seguito ad accusa, mossa dal vescovo Fulcherio contro gl'invasori de' beni della mensa vescovile, il patriarca Volchero fa rilevare i confini di San Mauro, ossia dell'agro lasciato da donna 10 . I<■' r oiBfrn^v) 01 4 5 6 7 1 2 3 4 - Tariffa a i t i y a f. 8. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. fa S. | f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f. s. f. s. f. s. f. S. |f. s. f.s. f.s. f. s. f. s. f.s. f.s. f.B. f.s. f.s. f.s. f. s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f.s. f. s. |f.s. f.s. — Capodistria 12— 9.50 6.75 4.50 3.40 2.30 1.70 1',— 16— 13- 9.75 5.25 3.40 2.40 1.4ojo.75 25— 20— 14.50 9.75 8.75 5.25!3.40|2.30 7.50 3.40 1.90 1.10 1.50 1.10 0.90 0.30 0.16 0.12 0.10 0.04 3.20 2.70 2.10 1.50 1— 0.70 0-35 ' _ _ _ _ Lussino . . . 8.25 6.50 4.25 2.60 1.90 1.10 0.75 0.45 9— 6.75 4.50 3— 2.30 1.70 1.1010.55 10— 8.25 6.50 4.25 2.60 1.9011.10 0.75 B.50 2.502— 1.40 1— 0.60 0.50 0.35 0.25 0,16 0.12 0.10 0.04 1.70 1.20 0.85 0.55 0.20 — _ 1.10 0.75 0.40 0.18 Parenzo . . . ll- 7.50 5.25 3.80 2.90 2— 1.20 0.75 14.50 10.50 6.75 4.50 3— 2.10 1.40 0.75 19.50 14.50 9.50 7.50 5.25 3.80j2.90;1.40 6— 4— 2.40 1.50 1— 1.50 1.10 0.75 0.30 0.16 0.12 0.10 0.04 2.70 2.20 1.70 1.30 0.85 0.40 — ' 1.10 0.75 0.40 0.18 _ Plsino . . , lO— 7.50 6— 4.25 2.60 1.80 1,10 0.60 IB- 9.75 6.75 4.50 3.40 2.10 1.10 0.75 15.— 11.50 7.25 5.75 4.85 a.«0 1.80 1.10 6— 3.40;2.40 1.50 1— 1.10 0.90 0.75 0.30 0.16 0.12 0.10 0.04 2.40 2— 1.50 1— 0.70 0.40 — 1.10 0.75 0.40 0.18 ,_, Pola .... 10— 7.50 6— 3.80 2.90 2.10 1.40 0.60 IS— 9.7& 6— 3.80 2.10 1.10 0.75 15— 11.50 7.25 5.75 3.80i2.90 2.10 1.40 3.40 2.40 1.90 1 — 1.50 1.10 0.75 0.30 0.16 0.12 0.10 0.04 3.10 2.20 1.50 1— 0.70 0.40 —• 1.10 0.75 0.40 0.18 _ Volosca . . 10— 7.50 5— 3.40 2.40 1.70 1.10 0.60 12— 9.75 5— 3— 2.30 1.70 1.10 0.75 20- 14— 10.50 6.75J.5— 3—11.70 1.10| 4— 3— 2.20 1.50 1 — 1.50 1.10 0.75 0.30 0.16 0.12 0.10 0.04 2.20 1.90 1.40 0.90 0.55 0.20 — — — — — — Totale Super entit a Capodistria Lussino . . Parenzo . . Pislno . . Pola . . . Volosca . . Assieme Jugeri 12783 12323 18131 16720 27991 7.714 95662 fiorini 42622 22829 65534 71058 78590 16425 297058 70 perjug. 3.35 1.80 3.61 4.25 2.80 2.13 3.15 Jugeri fiorini 16690 376 8315 15967 3981 16845 39247 760 A t ft 28699 59881 11060 22711 62174 162358 / o perjug. 2.41 2— 3.45 3.75 2.78 l.iftì 2.61 Jugeri 7070 6888 6219 1213 5618 1147 fiorini ■lo perjug. fiorini 61780 19281 52345 7465 26031 SSHÒ. 93961 25331 120911 70310 49314 8)89 n> perjug. 6.15 2.76 4.92 4.09 3.55 3.84 28155 172667 6.13 i[j 368016 4.44 Jugeri 47367 81166 16730 50794 36781 43607 fiorini 13969 9143 9424 14888 13038 7487 276446 67949 70 perjug. 0.29 0.11 0.57 0.29 0.36 0.17 0.25 Jugeri 36579 47657 58111 41640 43298 57957 285242 fiorini 49287 21268 76622 37444 48345 47959 % perjug. 280925 1.55 0.45 1.32 0.90 1.12 0.80 0.98 Jugeri 178 1235 267 160 1841 fiorini ! 01 io perjug. 108 693 170 76 1047 0.60 0.56 0.63 0.48 0.57 Jugeri 135761 157751 133311 143768 131710 130148 fiorini 832450 300866 98720 354228 261216 226454 108536 1350020 2.27 0.63 2.66 1.81 1.72 0.83 1.62 La questione fìllosserica La gravità del pericolo che ci minaccia non ci deve lasciar tregua : noi invochiamo ancora le nostre autorità provinciali, perchè senza indugio e con tutta energia si mettano all' opera onde apparecchiarci a tempo per sostenere la lotta, oramai inevitabile, nella nostra provincia, contro la fillossera. Ogni discussione oggi sarebbe oziosa, intorno a chi debba prendere l1 iniziativa e proseguire usque acl fittem per salvare la provincia, dal disastro che la minaccia. Pur troppo le condizioni della possidenza sono talmente depresse che non si può aspettarsi, come già se n'è avutala dimostrazione, dall'unica sua rappresentanza, la società agraria, nè consigli utili, nè energia nell'attivarne. Nè i comizii agrari potrebbero fare di più, per le stesse ragioni; ancora meno i singoli possidenti, eccettuati assai pochi, abbandonati che fossero senza ajuto e consiglio alle prese col terribile nemico. Faccia dunque la Giunta Provinciale, giovandosi della stazione di viticoltura di cui dispone in Parenzo, e coi sussidi ed appoggi che il governo non dovrà rifiutare in tali momenti ; ed essa Giunta si renderà per una cagione di più, benemerita del paese. Allo scopo di informare i comprovinciali, perchè serva loro di istruzione e di esempio, e della gravità del pericolo e della prodigiosa attività della quale hanno dato prova fin'ora i francesi nel combatterlo; come pure dei consigli suggeriti dall'autore, riportiamo per intiero la preziosa relazione dell'illustre comm. Levi, alla società agraria di Gorizia, sulle condizioni delle vigne fìllosserate in Trancia, dove egli col lodevole scopo di giovare a queste nostre provincie si è recato nel decorso autunno. Nè tralasciamo l'occasione onde protestare all'illustre agronomo, al benemerito patriota, i sentimenti di riconoscenza anche da parte nostra per l'utilità che ne deriverà, se ne sapremo approfittare a tempo, anche all'Istria dai suoi lavori. Per mancanza di spazio non possiamo riportare per intiero in questo numero la sullodata relazione, ma non vogliamo fare a meno di farne conoscere subito la conclusione, e per il suo grande interesse, ed anche per togliere subito tutti i sospetti suscitati sciaguratamente nell'ultima discussione sui provvedimenti contro la fillossera, a proposito dell'introduzione delle viti americane, in seno al comitato della Società Agraria in Rovigno. Ecco la conclusione: .Le provincie meridionali della Monarchia Austriaca «e principalmente quelle di Gorizia, di Trieste, e dell'Istria, sia che la fillossera già vi alberghi accerta-„tamente, sia che vi esista forse soltanto stato latente, «trovandosi precisamento in quelle condizioni econo-,miche che escludono, giusta la conclusione 9 (che „riguarda la sommersione e il trattamento cogl'inset-«ticidi) la possibilità di sostenere V ingente annuo «dispendio richiesto da ciascuno dei preaccennati trattamenti curativi, vuoi per la scarsa quantità del «prodotto, vuoi pel meschino valore di questo, costituito «quasi esclusivamente da vini ordinari o da bettola, «non hanno altra àncora di salvezza contro la fillossera, all'infuori della piantagione di viti americane «resistenti, mediante talee importate dall'estero e previamente disinfettate alla frontiera. .(L'illustre Prof. Plancton affermò al congresso «di Lione che l'uovo invernale non si trova che sul «legno di due anni, mai su quello di un anno, e «concluse che non vi è quindi pericolo di diffondere la «malattia coll'importazione di semplici talee. — Stando «a tale autorevole opinione, la proposta disinfezione «dei magliuoli alla frontiera sarebbe una misura pre-,cauzionale superflua, o almeno esuberante.) «Fondandomi sugli esposti argomenti mi permetto «avanzare la proposta che codesta onorevole Deputazione centrale voglia rivolgersi all'Eccelso Ministero «di agricoltura acciò si compiaccia permettere la importazione dall', estero nella provincia di Gorizia di «talee di viti americane resistenti alla fillossera, previa-,mente disinfettate alla frontiera, sia mediante il „Pirò foro insetticida Bourbon già esperimentato van-«taggiosamente in Francia sulle viti, siccome quello «che recide indubitatamente e senza pericolo per la «vitalità del ceppo tutti gl'insetti che vi annidano e «per conseguenza anche la fillossera e il suo ovo in-,vernale, come lo attesta anche recentemente il Sig. «Heneguy delegato fillosserico dell'Accademia delle «scienze: sia mediante una soluzione al 10% di acuto ,fenico cristalizzato che non nuoce alle gemme e uccide Je uova della fillossera dopo un contatto di 24 ore, «come lo accertano Balbiani e Rommier ; sia finalmente «con qualunque altro espediente egualmente efficace « ed inocuo alla vite ; — e acciò si compiaccia altresì «di promuovere, occorrendo, la modificazione della Co n-«venzione internazionale di Berna nel senso suaccennato. «(Ecco in appoggio delle mie proposte le due prime «conclusioni del congresso di Lione: «1. La impossibilità di trovare fillossere sui magliuoli durante il sonno vegetativo essendo oramai un „fatto incontrovertibile per tutti quelli che conoscono «la vita dell'insetto, il Congresso, esprime il voto che «il Governo voglia togliere il più sollecitamente «possibile tutte le disposizioni restrittive che limitano «al presente il libero commercio delle talee americane «pel rimpiantamento delle vigne. «2. Poiché gli esperimenti scientifici eseguiti dal «rappresentante della Svizzera al congresso, Dr. Fatio, «hanno dimostrato che non. vi è nulla di più facile «della disinfezione di viti con radici e senza, mercè «un processo già conosciuto e provato da qualche «tempo, così la Convenzione di Berna sarebbe da mo-«dificarsi in guisa da facilitare il Ubero Commercio di «tutti i prodotti vegetali.") Ed ecco qui la Relazione: La Questione Fillosserica del 1880. — Ricordi di Viaggio in Linguadocca e Guienna di Alberto Dr. Levi; rassegnata alla deputazione centrale della I. R. Società agraria di Gorizia nella seduta del 16 dicembre 1880. — Gorizia Tip, Paternolli 1880. Il Congresso antifillosserico internazionale tenuto a Lione nei giorni 12, 13 e 14 Settembre p. p., fu una nobile gara di fautori dei vari trattamenti curativi e dei vari mezzi colturali che aspirano al vanto di aver assicurato la convivenza delle viti colla fillossera. E diciamo espressameute la convivenza delle viti colla fillossera, poiché dopo ben 15 anni d'instancabili prove e di dolorosi disinganni, non havvi oggidì più alcuno in Francia, anche fra i più appassionati fautori della sommersione, degli insetticidi, o delle vite americane, che non riconosca esplicitamente che nessun trattamento curativo e nessun mezzo colturale è capace di distruggere completamente la fillossera, e non convenga in pari tempo che ognuno di tali spedienti, perchè adoperato a tempo, a modo e corrispondentemmente alle diverse esigenze economiche di ciascun luogo, permette di convivere coli'insetto, salvando la viticoltura dalla rovina che le sovrasta, permette, cioè, di coltivare proficuamente la vite a dispetto della presenza dell'insetto. E questo il massimo fra i preziosi insegnamenti che ci fu dato trarre dalle dotte e interessanti relazioni fatte da oratori eminenti nelle sei sedute tenute dal Congresso di Lione, da cui era stata esclusa preventivamente ogni discussione contradittoria. Se non che tale postulato, cui erano perveuuti del pari, quantunque per diverse vie e con opposte tendenze, tanto il precedente Congresso delle viti francesi di Chermont - Ferrand, quanto il successivo Congresso fillosserico di Saragozza, non poteva soddisfare completamente le indeclinabili esigenze di chi era venuto in Francia al solo scopo .di conoscere tutta la verità e la sola verità circa allo stato presente della questione fìllosserica dal punto di vista della pratica viticola e vinicola, di conoscere; cioè, la misura e ragioni dei successi e degl' insuccessi ottenuti da quegl'instancabili sperimentatori coi diversi trattamenti curativi e mezzi colturali, per poter scegliere fra questi quello che meglio convenisse alle condizioni del suolo, di clima, di coltura e alle esigenze economiche delproprio paese, nelmomento, purtroppo prima o poi inevitabile, in cui la fillossera, che già batte alle sue porte, vi fosse effettivamente penetrata. Al vivo desiderio di profittare della preziosa esperienza acquistata con tanta pena e a prezzo di tanti sacrifizi dai coraggiosi nostri vicini, i francesi, si accoppiava in me l'attraente lusinga di poter instituire istruttivi confronti fra lo stato in cui avevo lasciata nel 1874 (all' epoca del primo congresso viticolo internazionale di Montpellier) la viticoltura francese alle prese colla fillossera, e lo stato in cui si trovava al dì d' oggi dopo altri sei anni di indefessi studi, di continue prove, e di sforzi perseveranti. Indipendentemente poi da tale considerazione, niun paese poteva meglio della Francia prestarsi a simili ricerche, sia per la data'remota (il 1865) cui rimontava colà il primo riconoscimento dell'invasione fillosserica, sia per la gravità dei danni da questa recati alla florida viticoltura di quell' industre nazione, la misura dei quali si rende ben manifesta gettando uno sguardo sul seguente prospetto contenuto nella Gelazione del sig. Tisseraud, Direttore dell' agricoltura, alla Commissione superiore per la filossera intorno allo stato delle vigne colpite da tale flagello alla fine dell'anno 1879: Estensione delle vigne ■ invase distrutte ma non peranco distrutte dalla fillossera 319.760 474.760 Eisolsi quindi di visitare le provincie viticole più importanti del mezzodì e della parte occidentale della Francia, e precisamente la Linguadocca e la Guienna, fissando in ispecie la mira sui dipartimenti del Gard, dell'Hérault e della Gironda, noti il primo per la enormità e generalità del disastro subito colla invasione della fillossera, il secondo per la portentosa feracità delle sue vigne, l'ultimo per la squisita qualità dei suoi vini che hanno fama mondiale. Mi furono compagni in tale interessante ed istruttiva peregrinazione l'illustre Prof. Dr. Eoesler, Direttore della Stazione chimico - fisiologica di Klosterneuburg presso Vienna, e i chiarissimi signori Prof. G. Bolle, Dirigente la stazione bacologica ed enologica di Gorizia, e Bar. N. Prato di Trento, giovane colto e d'ingegno svegliato, che sta completando la sua pratica viticola ed enologica in una delle più belle e più vaste possessioni del Bordelese, Il nome illustre del Roesler, le estese relazioni personali del Bar. Prato, e la proverbiale cortesia ed ospitalità francesi ci dischiusero tutte le porte, e ci prepararono la più cordiale accoglienza da parte di tutti gli eminenti proprietari viti-cultori da noi visitati, i quali corrisposero volonterosi a tutte le nostre ricerche, e ci permisero di raccogliere un'infinità di dati e di notizie interessanti. Lasciata il 15 Settembre di buon mattino Lione, salimmo sul treno in partenza pel mezzogiorno fino alla stazione di S. Rambert d'AIbon e di là proseguimmo lungo il tronco laterale di congiunzione colla ferrovia di Grenoble fino alla stazione di Beaurépaire nel dipartimento dell'Isére, poi in vettura per l'altipiano dello stesso nome fino alla Grande Serre, ove giace la bella possessione del sig. Robin, distintissimo viticultore ed ampelografo, e collaboratore del sig. V. Pulliat nella pubblicazione dell'importante rivista: La Vigne américaine e la viticulture en Europe. Vi fummo accompagnati e ricevuti dall'egregio proprietario, ed ebbimo la fortuna d'incontrarvi, reduci come noi dal Congresso di Lione e tratti colà dallo stesso desiderio di visitare le vigne del sig. Robin, i signori G. Vimont di Le Mesnil (Marne) relatore della Commissione intemazionale di viticultura del 1878, F. Lajeunie Consigliere generale di Chalais (Charente), P. Oliver farmacista di Collioure (Pyr. Or.) e D.r P. L. Despetis medico di Pomeroll (Hérault). (Continua) Appunti bibliografici Luigi Settembrini. "Ricordanze della mia vita. Con prefazione di Francesco De Sanctis; Napoli. Morano 1880. Il secondo volume delle Ricordanze del Settembrini, uscito non è molto alla luce, confermò pienamente il successo del primo, appagando i desideri e la giusta aspettazione del lettore. Non è solo una pubblicazione letteraria, ma un avvenimento, un mezzo potente per educare il popolo : la figura del grande patriotta sorge dalla cintola in su come il Farinata di Dante a sgomento dei birbanti e a conforto dei galantuomini. Parlando di questo libro di Luigi Settembrini la mente corre subito a Silvio Pellico, e non per istituire * odiosi confronti ; sono due figure, due tipi che si com-/ pletano a vicenda: il piemontese e il napoletano uniti in un grande affetto concorrono a formare il nuovo uomo italiano. Entrambe le figure si disegnano nette, e spiccano dal libro che si chiude con entusiasmo e con una specie di culto per l'autore. Leggendo queste due biografie si prova un fremito d'indignazione, si sente la febbre addosso, si detesta profondamente, si ringrazia la somma sapienza, il primo amore perchè ha fatto l'inferno e ci si crede; e poi si perdona tutto tutto agli autori ; anzi si capisce come, secondo il vario loro temperamento e le circostanze, dovevano uscire modificati dal carcere : liberissimo il Pellico di diventare gesuitante, e il Settembrini antigesuita, anticattolico e un po' anche anticristiano ue' suoi giudizi letterari; si dimenticano le sue diatribe contro preti e frati, le sue idee fisse, i suoi pregiudizi contro il Manzoni, i suoi idiotismi napoletani : hanno tanto sofferto, e hanno perciò tanti diritti; e guai, guai al critico demolitore, che volesse provarsi oggi, e speriamo sempre, di rovesciare queste due statue dal piedestallo. Lo scopo del libro è raggiunto per vie opposte dai due autori : la quiete, 1* imperturbabilità filosofica, la pace cristiana del Pellico suscitano in noi odio contro i tempi dell'assolutismo; le sfuriate del Settembrini, , i suoi sfoghi hanno non so che di sacro e solenne, e diventano amore. Diverse anche le vie degli autori dal lato dell'arte; I il Pellico scrive dopo la liberazione dal carcere con uno ( scopo ben determinato nella mente, e che traspare da ogni linea: il trionfo del cristianesimo sulla filosofia; e perciò /a sua mano livellatrice è passata su tutta l'opera liscia, eguale, piemontese. 11 Settembrini scrive nel carcere senza uno scopo determinato ; scrive,, perche scrivendo il duol si disacerba, perchè ha bisogno di scrivere; e se non scrive non vive" (pag. 295); perciò il suo stile è ricco, vario, a sbalzi, napoletano. Lo stile del Pellico è ehiaro, terso, come ruscello che scorre tra i prati: stile limpido; quello del Settembrini è un riflesso dell'anima nei vari suoi momenti : chiaro il primo, lucido il secondo. Il libro del Settembrini però in certe pagine raggiunge il sommo grado della semplicità e del sublime assieme come nel capitolo III, Tre giorni in cappella ; e si avvicina forse più che altro mai alla sublime semplicità del Vangelo. Se un qualche giorno si avesse a dubitare della verità storica di certi fatti, e i critici volessero discendere dalle nebulose per asserire che Ferdinando Borbone fu un mito, basterà leggere queste pagine del Settembrini per convincersi del contrario e l'ermeneutica sacra presterà le sue armi alla letteratura in difesa dell'autenticità di questo nuovo vangelo civile dell'italiano. Ho detto più vario lo stile del Settembrini, e quiudi più dilettevole. Ci sono pagine che ci fanno fremere e piangere; ma l'autore, dopo auni ed anni di carcere trova qualche raro conforto alle sue pene, e ci muove talvolta perfino al riso; lo stile diventa poetico, fantastico, senza perdere di semplicità. Leggasi questo brano bellissimo: — „Ora qui è cominciato il passaggio degli uccelli ; e quasi ogui dì vedo in quello spazio di cielo che ricopre 1' ergastolo passare stuoli di grandi e di piccoli uccelli. Oh quanto io invidio le ali ad una rondine, ad una lodoletta, ad una tortorella! Se io avessi le ali, io volerei senza stancarmi mai e saprei trovare la nave che porta il figliuolo mio diletto, mi poserei sopra un'antenna e lo riguarderei. Vorrei vedere quanto è cresciuto, come ha abbronzata la faccia al sole e al mare, vorrei udirlo parlare, guardarlo negli occhi per sapere che fa e che pensa e che sente. Spesso quando il tramonto è sereno, ed io con gli altri sette, che son meco nello stesso covile, sono chiuso, mi siedo e volgo gli occhi alla piccola e bassa finestra ferrata. A quest' ora io taccio e malinconicamente guardo il cielo a traverso i ferri, e nel cielo veggo una stella bellissima e lucente, nella quale io fisso lo sguardo e il pensiero e 1' anima. Parmi talora che io voli a lei, e talora che ella venga a me, che io le parli, che ella mi sorrida col sorriso del mio Raffaele, e Raffaele mio che mi parla; così vivi, così lucenti splendevano gli occhi suoi. Quante cose io dico a quella stella, al mio Raffaele, il quale parmi che mi si avvicini, prenda i ferri cori la mano e mi dica: Beneditemi, o padre mio; ed io lo benedico. La stella tramonta, s'accende il lume, si chiude la finestra; ed io scrivo quello che vado fantasticando dolorosamente." (pag. 297) E ci fa anche ridere. Veggasi il ritratto del condannato, il giudice, a pag. 300. E poi qua, leggete. — „Uu delinquente (fornajo) ha imparato a leggere e scrivere ....... Giorni fa gli capitarono fra le mani non so come le lettere di Annibal Caro, ed egli, $opo aver letto un pezzo, venne da me, e mostrandomi il libro, ed a stenti compitando la parola Conciossiacosacchè mi dimandò: Che significa questa santa diavola di parola? Io non sapendo che rispondergli per farglielo capire, me ne uscii pel rotto della cuffia : È una cosa simile al tuo santo diavolo" (pag. 338). La santa diavola! Ecco il motto di un povero idiota che è la più bella condanna dello stile artifiziato di molti cinquecentisti che si studiano tuttora in qualche scuola quali modelli di stile. Propongo che quindi innanzi il Galateo del Casa non si chiami più il libro del conciossiacosacchè, ma il libro della santa diavola. E lo stesso dicasi anche oggi di qualche dissertazione accademica o relazione scolastica. Di questi rapidi passaggi, di questi scatti ce ne sono anche nelle Mie Prigioni: Tremareilo, Giordano, la Zauze, lo Schiller; ma è un racconto di fatti già da qualche tempo accaduti : egli disse, cosi feci ... lo stile è riflesso. Il libro del Settembrini ha poi non so che di più attraente, di più semplice (dirò tutto in una sola parola) di più umano ; più umauo nella fede, nell'amore. Luigi Settembrini crede in Dio e lo confessa: esempio ai merli materialisti, sicuri per poca bonaccia. — „I condannati politici son quasi i soli che vanno alla chiesa, perchè chi crede nella virtù crede in Dio, e sente che da lui solo avrà il premio delle azioni virtuose." — (pag. 274) Ed altrove — „I miei amici ed io li confortiamo e li esortiamo a sperare in Dio, ma questi miseri non credono in Dio; perchè alcuni nati gentiluomini e condannati com> falsatori, facendo pompa di stolida sapienza, hanno persuaso a questi miseri che se vi fosse Dio. non vi sarebbe ergastolo. Non li confortiamo : ed essi udendo le nostre parole sospirano profondamente, e pare che si tolgono un gran peso dal petto. Oh scelleratissimo chi toglie Dio agli sventurati !" (pag. 279) Noi italiani, dicono, non abbiamo oratori da paragonare al Bossuet, al Fenelon. La famosa invettiva però del Gioberti contro re Bomba per le stragi di Cosenza nei Prolegomeni al Primato, e il brano del Settembrini a pagina 289 sono un capolavoro di eloquenza, e valgono tutte le prediche del padre Segneri, 11 passo citato finisce con questa apostrofe: — „É che bo fatto io per meritare tanti strazi, per essere mescolato coi ladri, con gli assassini, coi parricidi? Cristo agonizzò tre ore fra due ladri, io agonizzo da tre anni fra settecento scellerati pessimi." (pag. 291) È questo il grido dell'umanità, l'Èli Eli lamma sabacthani del Cristo, il lamento ardito di Giobbe; perchè non è nello stupido gnosticismo, nella indifferenza che consiste la perfezione ; ma nel sentire di patire ; in alto i cuori, ma anche gli occhi e dritte le spalle; i santi col collo torto e con la gobba releghiamoli nel limbo dei bambini. Anche il Pellico sente l'umano: e getta via qualche volta la bibbia, poi torna a consultarla e fa la prova del primo versetto che gli cade sott'occhio ; ma in tutto questo c'è non so che di ascetico, di mistico che non è del nostro tempo; a noi poco importa della sua lotta tra la filosofia e il cristianesimo, tra Voltaire e il vangelo; battaglie d'altri tempi; il Settembrini è più umano. Più umano anche nell'amore; e ciò causa le circostanze, perchè Silvio è scapolo, Luigi è padre e marito affettuosissimo. Povero Silvio ! Povera anima ammalata! Il mutolino 10 commove ; il canto di Maddalena lo fa andare in sollucchero, e tremate come una fanciulla; vien poi l'amoretto della Zanze „Venezianina, adolescente sbirra,• e il tocco della sua mano fa male al povero Silvio. Si signori tutto questo è bello, vero, umano : ma c'è qualche cosa di molle, di nervoso, d'isterico che si compiange, si sente, ma non si ammira. Nel libro del Settembrini trovi affetti sani, nobili, grandi; amore, meglio che umano, virile. — „E voi o carissime immagini, esclama 11 prigioniero, della pudica e dolente moglie mia, di quella angioletta della mia Giulia, e del mio Raffaele, venite innanzi a me, fate che io vi rimiri, e mi santifichi questi occhi, coi quali non vedo altro che orrori nefandi. Dove sono gli occhi tuoi, o Gigia mia. il tuo sorriso, le tue parole che mi scendevano sì soavi al cuore? Povera compagna della mia vita e delle sventure mie, dove sono i nostri figliuoli che un dì ci stavano intorno?" (pag. 296) Mettetemi da una parte tutti i sonetti dei Petrarchisti, e dall'altra questa sola apostrofe agli occhi della Gigia; io getto nella cesta dei ritagli i sonetti, e mi tengo l'apostrofe. E qui accanto alla maestosa figura del Settembrini sorge la Gigia modello di moglie e di madre. Io vorrei che tutte le donne italiane si specchiassero ogni giorno, ogni ora in questo stupendo modello. Si legga la descrizione de' suoi strazi, della gita a Caserta nella reggia di quella jena di re, che non avea tempo di ricevere e di fare grazia di vita ad innocenti, perchè occupato nella visita delle quaranta ore: del viaggio a Genova, del ritorno clandestino a Napoli. E che non mi vengano solo fuori con certe spartanate, e fatti d'amor materno dell'epopea nazionale ; lo strazio lungo, occulto, pudico di Luigia Settembrini meriterebbe bene di essere ricordato con un mouumento. I poeti non l'hanno cantata col berretto frigio calcato sugli occhi, la sua statua non posa col peplo in artistiche pieghe ; il monumento degno alla moglie lo ha eretto il marito con queste pagine che tutte le buone mogli e madri italiane vorranno leggere sempre. _ Ci sono altri punti di contatto tra i due scrittori. Entrambi, come avviene ai poveri condannati, vanno soggetti a strane allucinazioni, varie secondo il temperamento e più ancora secondo le circostanze. Silvio tormentato dalle zanzare, soffocato dallo scilocco, dall'afa 8otto i Piombi a Venezia, immagina non so che spiriti che vengono a buttargli sossopra le carte: Luigi iu mezzo al vasto anfiteatro dell' ergastolo, con sempre quella muraglia bianca dinanzi invece di sipario, nella compagnia di pessimi ladroni ed assassini, si spaventa di non sentire più così vivo 1' orrore del delitto ; gli pare che i discorsi uditi diventino come una parte dell' anima sua e la guastino, e inorridito innalza a Dio questa commovente preghiera; — „L' anima mi si va guastando; mi pare che anche io ho le mani lorde di sangue e di furto : ho dimenticata la virtù e la bellezza. 0 mio Dio, o Dio padre degli sfortunati, o consolatore di chi soffre, deh salvami l'anima mia da quest9 sozzure; .......Io temo di diventare un malvagio: io temo che l'anima mia diventi scellerata ; io già non la riconosco più. Come io ti verrò innanzi con questa anima?" (pag. 289) Scrupoli, fantasie che onorano il pensatore e poeta, dolore profondo, studio psicologico, che dimostra un'anima consapevole e pronta ad avvertire' e a riflettere alle più intime percezioni. Da ultimo l'assenza di uno scopo superiore, la manifestazione dei propri pensieri ed affetti non frenata da un principio direttivo ; questo scrivere insomma per iscrivere e seaza falsariga dà occasione al Settembrini di mostrarsi qual' è ; di posare non come vuole il fotografo, ma là là naturalmente, come meglio piace. Ed ecco quindi un carattere quale oggi si desidera. Sta bene dimenticare, va benissimo perdonare: la serenità olimpica però è cosa di altro mondo : e manifestata. negli affari di quaggiù può anche far credere che l'animo sia freddo, insensibile all'offesa, e quindi meno meritevole di lode. Anche il Settembrini perdona, magnanimamente perdona; e quando lo esigono la dignità, 1' onore del paese sorge perfino dai ferri del suo ergastolo a difesa del re che lo ha ingiustamente condannato ; protesta contro le pretensioni di Francia e d'Inghilterra le quali, anche se a fine di bene, temeva avessero a compromettere la dignità del governo, ed esclama : — „Io fui condannato a morte, io sono nell'ergastolo per causa di Stato : ma io darei il mio sangue e la mia vita a Ferdinando, se lo straniero volesse insultare lo Stato. — Io non guardo l'uomo, ma guardo il re rappresentante dello Stato, capo della nazione." (pag. 389) Questo perdono si capisce: sono questi gli uomini che hanno ad educare il paese. E se qualcheduno vuol contraddirmi con le parole del Cristo, io gli rispondo che il detto — Perdona o padre, perchè non sanno quello che fanno, è un atto sì di sublime perdono, ma anche una sublime protesta, un' accusa insieme e una difesa — non sanno quello che fanno. A' miei bravi Istriani, perchè spesso si ricordino di discendere da que' nostri vecchi che risposero per le rime al Duca Giovanni nei campi di Maggio, raccomando quale mezzo educativo pei figli questo libro di Luigi Settembrini. p rp