ANNO IT. Capodistria 46 Maggio 1868. N. 10. usino «a luì.liì-tX GIORNALE DEGLI INTERESSI CIVILI, ECONOMICI oaevjv sf su , ><ì(|'rpv.-s< ,r.u(j'ji7. sii uiiof.-.i<5'j non ss eco .dnolul Is 1 b'iA'ii'iu stiJEÙ ' èlio sìbuo cileij .olei f) |f!i00 3?.20l U0G ED AMMINISTRATIVI M i i ', j Agi UI W WWMlllIKD liBIJp 9i<£8 Dpi l> lOipnil tiLIi luliilA. wT:''' l-'irca tifi ..! O'yib ! . ; Esce i! \ ed il 46 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno f.ni 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente; gli altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione. Pagamenti anticipati. un del gius provinciale istriano. Abbiamo esperito di dire alcunché sul gius Municipale istriano; ci proveremo oggidì spendere qualche parola sul gius provinciale, del quale accennammo essere vago ancora ed incerto. Il Regolamento provinciale è ben lontano dall'essere il gius Provinciale, non è che legge organica ed assegnazione di azienda provinciale, nè poi la Giunta è l'unico organo governativo, ancorché la Dieta sia l'unico organo legislatorio. 11 codice austriaco delle leggi civili riconosce un gius provinciale al quale sottopone il gius civile privato; ma non là più che riconoscerne l'esistenza, e la limitazione che reca al gius civile, cui può aggiungersi la limitazione che reca al gius municipale. Notiamo, col codice delle leggi civili, il gius provinciale non essere assolutamente generale per tutta quanta è estesa la Provincia, può essere peculiare di una regione. Non vogliamo risalire all'antico diritto provinciale romano, o bizantino, ma comincieremo colla semplice indicazione di quello che il Patriarca Bertoldo delli Audechs vuoisi avesse dato per l'Istria nel 4222; ma non ci riusci di averne più che indicazione. Altro gius provinciale fu pubblicato dal Patriarca Marquardo nel 1366, il quale pare fosse valido per l'Istria; ma avres-simo a dire qual cosa, dacché a quel Patriarca non e-rano rimaste che Albona, Pinguente, Muggia e le castella intorno Colmo ed intorno Portole: il resto era dei Veneziani. Le leggi di Marquardo certo valevano per la Contea di Gorizia, dal che non dubitiamo inferire valessero anche per la Contea d'Istria. Quelle leggi di Marquardo furono mantenute dai Veneziani nel Friuli, e durarono colle modificazioni recate dal Principe Veneto fino al 4806. Se siano abrogate onnimamente pel Friuli, è quesito del quale non ci occuperemo. 11 Principe Veneto, ancorché non considerasse l'Istria siccome corpo sociale di provincia, ma la tenesse divisa in Municipalità ed in Baronie ognuna dà se, direttamente soggette alle Potestà dello Stato; pure dovette venire nel secolo XVI ad unità di Provincia amministrativa, e dovette venire ad ordinamenti generali comuni a tutti i Municipi depositali nelle due Raccolte a stampa Riva e Paruta; ma anche in qualche statuto pare a noi di trovare Ordinanze non comprese in quele due Raccolte, siccome pare a noi ehe li statuti dei Comuni secondari fossero improntati al Gius provinciale f citiamo Buje e Pinguente. Cosi che a formare il Corpo del gius provinciale istriano, concorsero le leggi Berloldiane, Marquardiane, gli Statuti medesimi, le Raccolte di che abbiamo detto, e le leggi volanti. Il primo governo austriaco non léce mutazione pel gius provinciale, lo accrebbe con nuove Ordinanze, pubblicate a stampa volante, facili ad unirsi per privata diligenza, ed a quelle il governo fe'aggiungere indice a stampa. È quesito a farsi se le leggi del Reame napoleonico d'Italia, come quelle dell'Impero francese, avessero fatto tavola rasa colla legislazione e col gius provinciale, il che crediamo non siasi fatto che per effètto di a Irrogazione esplicita, di derogazione o di surrogazione; ma l'impeto delle cose nuove fu allora tale, come si rinnovò nel 4815, che tutto si credette e si proclamò abrogato. In sulla fine del 4815 il generale Nugcnt pubblicò Editto, e fù detto e creduto ristabilisse l'Istria come era nel 180-4, ma non fù cosi, nè ciò stava nei poteri di un generale. Desso non provvide che a qualche scarsa parte di organi amministrativi. Poco stante, altro Editto dall'8 ottobre 1815 di commissione provinciale, che era soltanto governo politico provinciale^ fece manifesto che pareva abolisse interamente ogni legge napoleonica, ma cosi non fù, dacché si provvide soltanto alla giustizia civile ed alla penale; di allre leggi non si intese fare alterazione, e nel 4857 la Cancelleria unita riconosceva ancor validi in Istria due decreti Reali del 1805, e del Ì806, e potremmo citare altri esempi, e più che questi in Istria, si potrebbe far appello alle contingenze del Regno Lombardo Veneto, nel quale, pubblicale le leggi del codice, nacque quesito se fossero cadute le leggi che modificavano, restringevano, o subordinavano il gius civile alle leggi italiche, e fu pronunciato che queste duravano. Nel quale proposito citeremo la legge per le saline dell'Istria, applicazione del gius italico napoleonico e la legge sulle opere idrauliche. Ma l'opinione era più forte della legge e del gius, e si credette che tutto fosse ito in lascio-; non surrogativi, sia legge, sia gius. Pare che la commissione provinciale dell'Istria del 4815 ritenesse tolto tutto, se diede mano a preparare nuove leggi, delle quali giungemmo a vedere soltanto quella sui danni recali ai boschi ; le altre non esistono nel Litorale, ma se non esistono in Vienna, dovrebbero esistere nell'Archivio della Luogotenenza di Lubiana, nella quale ciltà risiedeva allora il Governatore generale. Prevalse opinione che nessuna legge valesse, che non fosse compresa nel Codice delle leggi civili, il che poi tornava mollo comodo e per non affaticare la mente, e per non andare in raccolta di quelle tante e disparate leggi, dalle quali sarebbesi manifestato il gius provinciale nello svolgersi attraverso tanti secoli, tanti governi, attraverso tante vicende. Nè fà meraviglia che rimanendo nel Codice lettera morta il gius provinciale, le pubbliche cose venissero rette o con gius all'intuito improprio, o senza alcun gius, il che poi dissonava dalla valenzia degl'Istriani nelle scienze legali, e da genio preponderante a queste: e, giova sperare, che ritornino al gius pubblico, come si tennero sapienti nel gius civile privalo. Lo studio del gius municipale è ormai reso facile per l'abbondanza dei materiali, e per la certezza del gius che ha già varcato il periodo delle incertezze, della noja che ne derisa, della sfiducia. I canoni sono proclamali, nò subiranno vitale cangiamento, se non Dell' azienda dei comuni, che può ampliarsi; ma lo studio del gius provinciale, pel quale non si hanno che le pochissime leggi del 1865, dovrebbe eccitare a por mano in tanto pruuajo e macerie; chè certo, fra vecchi rottami, fra materiali di rifiuto, si rinvenirebbe anche materiale di ottima pasta, ancorché di forma od antiquata o barocca. L'Istria sta ancora lì ove è da 20 secoli; le necessità, i benefizi della sua vita pubblica provinciale, sono sempre quelli derivati da fisiche sue condizioni. Si fa ingiuria alle generazioni preceduteci col credere non vi abbiamo provveduto in modo alcuno; la moderna sapienza supplisca alle strettezze dell'antica, o della vecchia, e mostri come, pel buon governo pubblico, mu-nicipii e governo provinciale, hanno, se non preceduto, tenuto pari passo a provincie che furono in miglior iàma. K. le cucine economiche. Non lasceremo occasione mai di parlare a'nostri comprovinciali di tutte quelle istituzioni, che sono il frutto della intelligenza operosa del nostro secolo, e che hanno il nobilissimo intendimento di sottrarre il popolo ai dolori e alle ansie della povertà, di aggentilire il suo cuore, di aprirgli la mente alla luce del sapere. È uno spettacolo stupendo a vedersi quello che sul-1'esempio delle nazioni più avanzate in civiltà, s'è fatto e si fa in Italia. Tutte le sue cento città, i minori paesi, i villaggi, le borgate s'adoperano con nobile gara per togliere le plebi ad ozi inonorati ed a miseria corruttrice, per apprender loro la dignità del lavoro, del risparmio, della previdenza, per fecondare ne'loro animi le idee di fratellanza e di solidarietà, di mutualità e di cooperazione. Dovunque scuole serali e festive gratuite, biblioteche popolari, pubbliche letture, banche per il popolo, società di mutuo soccorso, altre cooperative di produzione e di consumo, casse di risparmio, e via dicendo. A Venezia particolarmente, da poc' oltre un anno, si operarono prodigi in tutto cotesto intreccio e sviluppo di utili istituzioni, nè si rista punto da quelli che amano veracemente il popolo, dal procurargli sempre nuovi beneficile mentre sono costituite o stanno per costituirsi altre società filantropiche, come p. e., la società per le case operaie, e quella dei lavori di cartonaggio, si volge ora l'animo alla bellissima i-stituzione delle Cucine economiche. Sulle quali ne piace riportare dalla Gazzetta di Venezia la parte principale di un discorso tenuto dall'egregio sig. Luigi Filippo Bolaffio nella sessione del 15 aprile della Società Ugo Foscolo, onde i nostri lettori se ne formino un giusto concetto, ed alcuni tra essi s'invoglino a tentarne la prova con quelle modificazioni che possono venir consigliate dalle nostre circostanze locali, e dalla tenuità de' nostri mezzi. « Che cosa sono le cucine economiche? Una istituzione che va direttamente a beneficare i non agiati, facendo costare pochissimo vivande colte, della miglior qualità. Prima di tulio, si vendono i generi al puro costo. Poi, comprandoli in tempo opportuno, all'ingrosso, con pagamento pronto, direttamente dai negozianti, si hanno altri e non lievi risparmi, i quali fanno sì, che al povero le vivande sieno vendute al miglior prezzo possibile. Oltredichè, si adoperano fornelli economici i quali consumano, per cucinare un pranzo comune, una libbra e mezza di carbone. In parecchie città italiane, con uno di codesti fornelli si cucinano cinque pialli alla volta, mediante il vapore dell'acqua. Il prezzo medio d' una cucina economica è dalle 20 alle 25 lire. Dunque, altro considerevole risparmio. Per cui, unite tutte queste economie che si possono fare, eoa un bel capitale, e vendendo al puro prezzo di costo, le vivande vengono a costare pochissimo. Grenoble si può additare a modello per questa istituzione. Colà, lo Stabilimento è istituito mediante l'associazione. Questa si compone di soscrittori, che pagano uno o due franchi per anno, conforme il loro desiderio, se, cioè, desiderano recar il cibo al loro domicilio, o stare alla tavola comune. Ogni socio riceve una carta intestata a suo nome, la quale indica il diritto ch'egli ha di servirsi alla Cucina sociale. Lo Stabilimento è retto da quindici fra' socii, eletti dall' Assemblea generale degli a-zionisti, e prestano la loro opera gratuitamente. Vi sono naturalmente anche gl'impiegati retribuiti, che si scelgono sia fra' socii, che fr a i non socii, quali p. e., un ispettore generale, un economo, un contabile, un capo di cucina, un secondo cuciniere, un portiere, ed altri impiegati inferiori. L'ispettore generale è quegli, che eseguisce le deliberazioni della Commissione nominata dall'Assemblea degli azionisti, che invigila l'andamento dell'Istituto, eh' è responsabile di tutti i fondi che gli vengono affidati e dell'opera de'suoi sottoposti. L'economo, d'accordo coli'ispettore generale, ha l'incarico di fare le provvisioni. Per la fornitura della carne e del pane, si strinse speciale contratto con un macellaio ed un panattiere. Ogni giorno il contabile vende, a pronti contanti, agli associati, marche o gettoni, mediante la restituzione dei quali si ottiene una data razione di cibo. Della cucina non possono valersi che i soli associati. Nessuno di essi può reclamare dividendo sulla sua a-zione, non proponendosi la Società lucro alcuno. Essa è un' istituzione di beneficenza e non altro. Gli a-limenti che si somministrano sono: pane, carne, zuppa, legumi, frutta e vino. Per ognuno di questi alimenti esiste una marca speciale, che porta il nome dell' alimento rappresentato. La tariffa de' varii alimenti fu determinata sulle prime così: Un litro di zuppa......cent. 40 150 grammi di carne, o 200 grammi di pesce ....... » 20 Legumi, ogni porzione .... » 40 4/4 litro di vino...... » 07 V« 452 grammi di pane..... » 05 Dessert......... » 40 Nei refettorii havvi poi, senz'alcun aumento di spesa, su ciascuna tavola, sale, pepe, aceto, mostarda, oltre le posale, stoviglie e bicchieri. Da noi, secondo il mio modo di vedere, questi refettorii non dovrebbero esservi, per cui minori spese e maggior buon mercato. Ma di ciò in seguito. Per finire i cenni sulla Cucina economica di Grenoble, dirò, che, nell'anno 1862, il numero delle marche o gettoni che rappresentavano i valori consumati alla Cucina stessa, ammontarono ad 4.052,529, e nell'anno 4865 ad 4,442,935. A Mulhouse si pranza con 30 centesimi. In media sono 5000 al giorno le persone che vanno a cibarsi in quella Cucina economica. Anche là si pratica il sistema di Grenoble delle marche per acquistare i viveri, ed i socii pagano 75 centesimi ogni trimestre, e possono servirsi alla Cucina per tutta la loro famiglia. Questa istituzione esiste colà fino dal 4848. A San Quintino il Municipio accordò gratuitamente le sale pel refettorio; altre Società di questo genere esistono a Marsiglia, Lilla, Troyes, Bordeaux. Nancy, e sono prosperissime. A Parigi esistono i celebri fornelli economici della Società filantropica di beneficenza. Chi si presenta alla Cucina economica con un buono (poniamo di dieci centesimi, come la Società filantropica), riceve una porzione di minestra, o d» carne, 0 d'altro, e così fa mostra di pagare ciò che acquista, mentre invece gli e rilasciato gratuitamente. £ in un solo anno, di questi buoni ne furono rilasciali, nel solo dipartimento della Senna, 4,618,795. Nel Belgio, in Germania ed in alcuni Cantoni della Svizzera, non vi è quasi nessuna città importante che non abbia le sue Cucine economiche. Anche l'Inghilterra ne ha moltissime. A Londra, 1 ricchi ed i caritatevoli, invece di dare in elemosina delle monete, regalano buoni per le Cucine economiche. E così non v'è il pericolo che il danaro regalato al povero sia speso in slravizii, ma nel cibo sano e nutriente. In Italia, Cucine economiche propriamente dette non ne esistono. A Torino ve n' è una ristrettissima, fra operai della ferrovia. A Milano se ne fece un tentativo nel 4864, che abortì. Poi si convertì in magazzino cooperativo, ma Cucina economica veramente, io credo che non vi sia. Ad Udine si comincia appena a ventilare questa questione. Ora, Venezia è destinata a dare l'esempio bellissimo! Ultima a godere delle libere istituzioni^ sarà prima a godere delle istituzioni, che sono figlie della libertà. Qui non vi sarà bisogno di Società, poiché, per una sequela di fortunate circostanze, il fondo si può già dire costituito e depositato nella Cassa di risparmio. Fin da quando il cholcra, fortunatamente milissi-mo, venne a molestarci nell' ultimo anno, la carità cittadina provvide i nou abbienti di carne e di brodo gra- tintamente, ed allora sorse l'idea delle Cucine economiche in seno a quella egregia schiera di cittadini, che si erano assunti il difficile e filantropico incarico di equamente distribuire ai poveri il cibo, che valesse a mantener sani i loro corpi. Ma il loro desiderio rimase allo stato d'un voto impotente, perchè si conobbe che, mediante una Società per azioni, non sarebbe stalo così facile il trovare un capitale, che potesse dar vita alla santa opera. E il voto generoso sarebbe caduto come una buona semente in un campo sterile, se una Società, la quale, sotto il manto dell'allegria, celava uno scopo praticamente utile e benefico, non avesse fatta sua l'idea, e pensato al modo di porla in pratica. Ebbene! Dopo neanche un mese dacché in una seduta della Società del carnovale si era parlato delle Cucine economiche, quella Società, da alcuni aspramente combattuta, rimetteva nelle mani del Sindaco di Venezia, L. 8540:21, a beneficio delle Cucine economiche, fruito d'una tombola da lei promossa e da lei posta in atto. Un primo fondo, e non indifferente, s'era costituito. Ciò era già molto. Attorno a questa somma se ne ebbero in seguito raccolte delle altre, e a poco a poco, il capitale occorrente a stabilire le Cucine economiche si sarebbe trovato. Ma la rapidità, con cui il capitale stesso venne costituito, superò ogni più lieta aspettazione. Già da due anni, un giornale cittadino, alla cui Redazione ho 1'onore d'appartenere, aveva giltalo l'idea di abolire quell' inutili regali, che i biadaiuoli, pa-nattieri, ecc., usavano di fare ai loro avventori nella Pasqua e nel Natale, regali per cui essi spendevano ogni anno ingente somma, senza che la città ne risentisse alcun beneficio. Si era già persuasi di aver, come San Giovanni, predicato al deserto, quando si disse: Ora s'agita la questione delle Cucine economiche; ritentiamo la prova; vediamo se questi bottegai preferiranno regalare una dozzina d'uova o una cattiva focaccia a chi non ne ha bisogno, o piuttosto non vorranno beneficare il povero, assistendo ed anzi assicurando la vita a questa istituzione. E l'importuno vinse l'avaro. E i biadaiuoli e i panatlieri, riunitisi in Società, sottoscrissero i primi per la somma di L. 8701, e i secondi quella di L. 5425, le quali, unite al prodotto della tombola, formarono un totale di L. 22,666.21. A questa somma altre minori si unirono. — In un banchetto di Guardia nazionale, il sig. Adolfo Genovesi, capitano della 12.a compagnia della l a legione, raccolse L. 486. Ad un altro banchetto dell'8.a compagnia, 4.a legione, della nostra Guardia nazionale, dietro iniziativa del capitano Giacomo Levi, furono raccolte altre L. 85:50. Per cui, il capitale già costituito è di italiane lire 22,957:74. Le azioni per mezzo delle quali sono formate le altre Società per le Cucine economiche, sono quindi inutili. Ora sarà a studiarsi il modo di metterle in pratica fra noi. Ho già accennato che, per parte mia, non crederei utile di seguire l'esempio di Grenoble nell"istituire una specie di trattoria, prima di tutto, perchè le spese d'impianto, mobili, stoviglie ecc., sarebbero gravissime, e quindi verrebbe tolta la possibilità di vendere le vivande ad un prezzo minimo. A Grenoble, nel primo anno, l'acquisto del mobiliare destinalo al servizio interno dello Stabilimento, importò una spesa di i1,300 franchi. E notisi che Grenoble è una città, la quale non conta più di 55,000 abitanti, quindi minor numero di accorrenti di quelli che, presumibilmente, verranno a lare acquisti alle Cucine della nostra città. Un' altra ragione, per cui io non crederei utile di seguire l'esempio di Grenoble, Mulhouse ed altre città dove esistono le Cucine economiche, sarebbe quella, che in quei luoghi hannovi moltissimi operai, pei quali specialmente l'istituzione è stabilita, i quali non sono che avventizi!, e quindi non hanno con loro la famiglia, come accade nei grandi centri industriali, e sono costretti di recarsi a mangiare nelle osterie; mentre a Venezia quasi tulli vivono in famiglia, poiché le nostre industrie non abbisognano sfortunatamente di tante braccia, da doverle andar a cercare fuori del paese; e nella stessa industria delle con-terie, da alcuni dali che mi vennero gentilmente rimessi, rilevo che sono pochissimi i lavoranti che non pranzino alle loro case. Dunque, anche da questo lato, sarebbe più ulile che gli accorrenti portassero il cibo alle loro case. Bisogna pensare che a Venezia il povero può mangiare mollo a buon mercato. I cosi delti friUolini, e quelli che vendono il celebre sguasselo, possono far concorrenza alle Cucine economiche. Con quaranta centesimi circa, un individuo può prendersi una scodella di sguazseto, e della polenta col pesce fritto. Mangeranno male, ma hanno il buon mercato. Bisogna dunque sostenere questa concorrenza, dando al povero il buon mercato eguale, ed il cibo, invece, sano. Per farlo, non si può cominciare dallo spendere un' egregia somma nel mobigliare, nelle stoviglie, ecc. lo ho ferma idea che i locali saranno dati gratui-tamente dal Municipio, siccome li diede all'epoca delle sovvenzioni alimentari gratuite. Ma se non li volesse o non potesse dare? L'impianto d' una trattoria vorrebbe locali maggiormente vasti, che importerebbero una spesa più grande, e quindi un minore buon mercato nelle vivande. INoi potremmo con lutti questi risparmi, che ho indicali, somministrare i cibi più a buon prezzo di Grenoble, poiché secondo i calcoli da me fatti, e che non vi riferirò, certo, per non tediarvi, se la mia idea è accettata, i prezzi potrebbero essere i seguenti : Un litro di brodo Cent. 5 150 grammi di carne » 15 200 grammi di pesce » 15 Legumi, ogni porzione » 8 Per essere maggiormente benefica, I" Amministrazione che verrà scelta dalla Società della Fila veneziana, dovrebbe vendere anche il vino ed il pane, che potrebbe dare a mollo miglior prezzo di quello, che si smercia attualmente. Oltre ai vantaggi di mangiar bene e a buon mercato, l'operaio avrà quello di poter risparmiare, nel suo scarso bilancio, le spese per la cucina, pei combustibili. La sua donna, non più costretta alle cure della cucina, potrà attendere maggiormente ai pro- pri lavori, all'educazione dei figli, alla piospcrilà della sua casa. Minorando i lavori materiali, s'ingrandiranno le gioie morali. Mantenendo sano il corpo con buoni cibi, tanto maggiormente 1' operaio avrà vigore pel lavoro, tanto minori saranno le malattie, e quindi egli accrescerà i suoi guadagni. » io oJàsmsp IDO'É SÌ19? .10(1 iv/afi inoli' a t j Capodistria, maggio. (Continuazione, vedi n. 9J. (J. C.) IN'on sarebbe qui fuori (li luogo il passare in rassegna i sistemi educativi greci e romani, ma ho pensato di non lo fare per due ragioni: prima perchè ci entrerei in un gine-prajo da non sapere poi a qual santo votarmi per uscirne a bene; in secondo luogo mi vi trattiene il timore d'arrecarvi tedio, cosa che mi darebbe un gran pensiero : « Parlo chiaro e dico il vero » Mi spiccierò dunque col dirvi che, tutti i sapienti a una voce, raccomandarono caldamente e con ogni studio promossero la ginnastica, tutti posero a base de'vari sistemi pedagogici, igienici e militari il noto principio: mens sana in corpore sano. Ma in processo di tempo, come suole sempre e da per tutto di ogni buona istituzione, (e la storia lo prova), smesso quel primo bollore, andarono mano mano in dimenticanza gì' insegnamenti de'savi. Accade nella natura umana presso a poco quello che nella vegetale. D'autunno la vendemmia dà un gran da fare, chè matura d'un tratto, poi il resto delle frutta: oggi uno, domani un altro: infine non restano che le sorbe. Giù di lì le brine e il freddo aquilone i i e i- «........levan le foglie « L'una appresso dell'altra infìn che '1 ramo « Rende alla terra tutte le sue spoglie. » Allora la natura resta lì come interdetta per tre mesi Ciati che pare morta davvero. Il contadino però non se ne scora. Scorarsi? fosse matto! Egli ha in vista la primavera, vede l'intirizzita natura ridestarsi a poco a poco per le aure tepide della mite stagione : ecco riverdeggiano i prati, le piante fioriscono, met-ton foglie, promettono frutta. Così della ginnastica, e, volesse il cielo, che ogn'altra istituzione saggia e sano principio si ridestassero a vita novella. ■ Dopo secoli di torpore e d'inerzia sorge Vittorino da Feltro a rimetterla sul piedestallo. Egli, da quel sommo pedagogo ch'era. pigliando l'uomo com'è tutto d'un pezzo, volle educato in lui, oltre il cuore e la mente, anche il corpo. Laonde esercitava i propri alunni al cavalcare, alla scherma, al nuoto, e per via di tali esercizi si prefiggeva un doppio scopo, dare cioè al corpo vigoria, sveltezza e grazia, e di rimbalzo, per l'intima connessione del fisico col morale, distruggere i germi delle ree passioni e rendere lo spirito pronto alle fatiche dello studio e della meditazione. Gli uomini grandi fanno gli uomini grandi, diceva il Rosmini parlando di maestri, e diceva bene. Diffatti dalla Giojosa, accademia fondata dal gran Vittorino, ne uscirono uomini eccellenti in ogni genere di disciplina. Ma per farvi capaci di quanto giovasse al fisico il piano educativo del nostro Feltrese, se non vi rincresce, rapporterovvi un fatto. Tra gli alunni di lui c'erano i principi Lodovico e Carlo, figli di Gian Francesco Gonzaga signore di Mantova. I quali, perchè educati male ne'loro primi anni, erano riusciti, a dirtela col Giusti, « Mogi grulli ed innocenti « dome tanti pecori. » F, questo in quanto al morale. Ma il guaio era che anco il loro fisico rispondeva male, chè il primo avrebbe potuto servire di modello alla statua del carnevale che mai il più bello, Unto egli era grasso bracato, e così secco allampanato il secondo che la quaresima non ci è per nulla: a farli apposta non sarebbero riusciti tanto diversi l'uno dell' altro. Combinavano però in questo. che tutt'e due stavano colle mani in mano, sempre col po-ver'a me per paura di malanno maggiore, accidente o tisi che fosso. Come prima Vittorino li ebbe nelle mani che vi si p.;se intorno con ìelo e amor grande, e dì>gli, dagli, e'te li risana che eou p.ireano più quelli. E qucslo è vero; anzi nii dimenticavo dirvi che il bravo pedagogo, divenuto vecchio, li mirava con viva compiacenza, e costumava chiamar l'uno il suo Ercole, l'altro il tuo Achille. Un secolo appresso Tommaso Campanella, domenicano, riconosciuta la necessita della ginnastica, la introduce nella sognata Città ilei Sole; Isa il frate non incontrò. La sua repubblica rimase sempre sulla carta e per conseguenza di ginnastica non se ne parlò più. Cioè se ne parlò, ina furono altro che parole, chè al poveraccio è toccato quello che a' pifferi della montagna. La sapete la storiella? Si narra che un bel giorno questi si ficcassero in testa di andare a non so qual fiera la sugli Apennini coli' intenizone di sonare, ma sbagliarono i conti, e fu così. Arrivali, invece di sonare, furono sonati. E al frale lo stesso. Egli intendeva che i cittadini del Sulc snodassero un po' le ossa alla corsa e alla lotta, invece gli sono slate snodale a lui. indovinate come? colla tortura. Anche il suo contemporaneo, il forlivese Mercuriali si sbracciò a metterla in credito e la prescriveva quale mezzo igienico di sicuro effetto, ma nè manco egli venne a-scoltato. Forse di questo cattivo esito ne hanno causa gli speziali, cui dovea fare certo poco buon sangue la semplice ricetta del valentissimo medico. Ma posso fallare e però mi rapporto. Basta, il fatto è che non si rinvenne più anima che la proponesse, nè chi la praticasse, di maniera che, di là in poi, scomparve affatto dalle consuetudini sociali. Allora le generazioni, venute su come Dio vuole, cresciute nella servitù, oziose e infingarde, si successero snervate d' anima e di corpo, inette a grandi e generose a-zioui. Della plebe, che si lasciò marcire nell'ignoranza, nella Bupcr-stizione e nel pregiudizio, se ne può avere un' idea anche oggidi, che la non 6' è l'insanita ancora del tutto. Dell' aristocrazia troverete nel Giorno del Parini vita, morte e miracoli. La borghesia poi, elemento essenziale della società civile, se fosse sempre vero che nel mezzo sta la virtù, dovrebbe essere quella; ma gira gira, non trovo molto da lodarla; tuttavia diverrà, spero, educandola. In somma trascurata 1' educazione fisica si ebbero corpi fiacchi, anime frolle, idee e fatti meschini. Era riservato a questi ultimi tempi di veder rifiorire questa nobile e salutare istituzione. E così dovea essere, perocché i buoni principi possono illanguidire, spegnersi giammai. Ho detto qui dietro che l'agricoltore per il sopravvenire dell'inverno non si disanima: ciò serva di conforto a noi. Le grandi idee, ripeto, presto o tardi ritorneranno a galla, non v' ha dubbio. Spetta a noi, onde riappariscano il più presto possibile, preparare il terreno, agevolarne il ritorno levando gl' ingombri. Mercè le cure e lo ingegno d' un Pestalazzi. d'un Fellemberg, d'un Jahn, d'unAmoros, d' un Young, prosperò nel nostro secolo ed ebbe perfezionamento la ginnastica moderna. Mercè i progressi della pedagogia si sono finalmente capacitati e padri ed educatori e governanti della necessità di educare 1' uomo intero, del bisogno di (^ingiungere alla educazione morale ed intellettuale quella del corpo. perchè soltanto con un corpo sano, con una mente illuminata e eou un cuore buono si può veramente giovare a se e alla patria (continua) Portole, maggio. ( F. T. ) Agitandosi presentemente nei circoli scolastici la questione sull' opportunità di abolire i premi finali nelle scuole elementari e medie, permettetemi che anch' io, benché mi viva lontano dai rumori della città, e benché su questi monti non giunga che una debole eco di tale questionare, dica la mia opinione in proposito. Per quant' io mi sappia vi fu nella prima assemblea generale dei maestri tenuta 1' anuo scorso in Vienna che taluno propose l'assoluta abolizione dei premi in tutte le scuole della monarchia. Dopo lunga ed animata discussione 1' assemblea ne accolse la proposta a grande maggioranza, ed il Ministero facendosi forte di tanto autorevole sentenza ne decretò l'abolizione in tutte le scuole regie, non Ben-za prender lingua da altre persone competenti, fra le quali non ultimo sarà stato il ministro delle finanze. — Non ha guari un giornale di Trieste scrisse che il decreto relativo sia stato comunicato anche al Magistrato di Trieste, evidentemente, acciocché anche quel Comune ce segua l'esempio. La delegazione municipale fece esami- ni nare la questione dalle sue commissioni scolastiche, le quali però si dichiararono pel mantenimento de'premi. La delegazione accolse la proposta e passò all'ordine del giorno. iijv1i.il Per me, me ne congratulo colla delegazione municipale e cogli abitanti di quella città. Ritenendo però che anche le allre rappresentanze comunali saranno state edotte dal governo della presa risoluzione, e temendo che pure qualcuna potrebbe accedervi senza curarsi di troppo dell' opportunità, mi studierò di esporre brevemente i molivi per cui uè crederei improvvida 1' abolizione assoluta nella nostra provincia. Gli oratori dell' assemblea di Vienna partirono dal punto di vista nazionale, cioè tedesco, e dichiararono che. l'istituzione de' premi è un' importazione francese ; che lo scopo delle scuole tedesche si è quello di formare il carattere dell' uomo; che i premi non si prestano a ciò; che l'adempimento del proprio dovere è premio ben sufficiente a 'ulte 1 ■ bui ne azioni; che il fanciullo poco si cura del presente e nulla dell'avvenire, e che perciò ncn puossi ammettere in un ragazzo tanta fermezza da studiare un anno intiero per buscarsi finalmente un libro; die il numero de' premi è sempre limitato; e che quindi non sempre si possono regalare tutti i meritevoli; che spesse volte per distribuirli tutti si dauno anche a de' tangheri ( schlinghel), che ciò abbiano delto sul serio, noi credo, almeno nei nostri paesi non si procede con tanto poco criterio; che non sempro giustizia vi presiede alla distribuzione ; che non vi sono ammessi che libri di leggende e di devozione, avendo i Concistori il diritto di rivederli, e giù di lì. Or bene, premio significa mercede che si dà ad altri in ricompensa del suo ben operare. Se adunque tutti quelli che premiano azioni belle fossero francesi, francese sarebbe stato padra Giacobbe che regalò d' una tunica variopinta il suo buon Giuseppe: francesi sarebbero siati i romani che ornavano la fronte del prode della corona murale, della classica o della civica ; francese Cristo che in premio delle buone opere promite la gloria eterna; francesi i repubblicani degli Stati Uniti che cffurscro una spada d' onore al valoroso Grant; francesi i principi che lapezzano di Bielle e croci il petto dei loro benaSezionati; francesi tutti quei filantropi che istituirono ricompense per scoperte, per invenzioni o per opere insigni di abnegazione e di beneficenza; francesi tutti i popoli della terra, non esclusi gli Esquimesi e gli Ottentoti, perchè tutti o in un modo o nell' altro premiamo la virtù. Convengo pienamente che la coscienza d' aver fatto una buona azione dovrebb'essere guiderdone sufficeute ad ognuno; convengo che un galantuomo non domanda mai quale sarà il premio del suo operare, e che adempie sempre ed ovunque il proprio dover» senza curarsene della lode altrui; ma, domando io, quanti sono che la pensano così, quanti son quelli che a giudice delle loro azioni chiamano soltanto la loro coscienza? E seppure ve ne fossero molti, chi potrebbe dimostrarmi che noi facciano per ostentazione, la quale in mente loro rifulge ben più che una croce in brillanti. La storia ha registrato nelle eterne sue pagine i Cincinnati, i Fabrizi, e scriverà a lettere d' oro anche qualche altro, ma uomini sì fatti si contano pressoché sulle dita. È compilo dell' educazione di condurr» 1' uomo a sentire sopra tutto la propria coscienza, la propria dignità, ma a questo punto tutto spirituale non si giunge, dice l'illustre Delfino nella sua filosofia del metodo, che pussundo per una. serie ordinata di mezzi materiati e sensibili che sono i premi ed i castighi. Nello stato attuale di civilizzazione i premi sano adunque naa soltanto utili, ma necessari, e tanto più lo sono presso di noi per 1» nostre condizioni particolari, pei nostri costumi e pel nostro carattere nazionale. È vero che Giustizia non sempre presiede alla loro distribuzione, e che per questo motivo il popolo ne fa poco conto. Ala se il malvagio abusa del fuooo per danneggiare il suo prossimo grideremo noi : abbasso il fuoco? No, per certo: riteniamo adunque i premi, e studiamoci piuttosto di togliere gli abusi e gli inconvenienti che vi a' incontrano. Secondo me si giungerebbe facilmente allo scopo abolendo una tolta per sempre gii esami pubblici, i quali non poche volle ingannano e le autorità ed i genitori, e sempre poi arrecano detrimento alla scuola, introducendo invece gli osami di promozione. .4 questi nella campagna dovrebbero presiedere alcuni rappresentanti comunali colle persone del paese più intelligenti come fiduciarii, e nelle città si dovrebbe istituire una commissione esaminatrice composta di tutto il personale insegnante d' una scuola e di qualche membro della commissione scolastica comunale, i quali insieme pronuncerebbero il loro giudizio sulla capacità d' ogni singolo scolaro. Procedendo scrupolosamente e con tanta solennità, soltanto i più distinti verrebbero premiati, ed i premi acquistati in tal guisa manterrebbero sulla retta via i diligenti, spronerebbero allo studio i negligenti, ecciterebbero nei fanciulli il sentimento del buono e dei bello, servirebbero a mantenere viva quella nobile gara eh' è «empre fonte di azioni magnanime e virtuose, in una parola raggiungerebbero perfettamente lo scopo della loro istituzione. , . JS I Hill . ..iit rills »I)JÌS' V i- .i'JfUj le terme sulfuree di san stefano in istria (*) .... .i-i . ,„ | *i 7 ;. ' 4 ififiv 'iì . ' La fonte minerale di san Stefano non peranco a-nalizzata, e conosciuta appena di nome, scaturisce nel mezzo quasi della provincia dell'Istria, In una valle romantica, fra le citlà di Montona e Pinguente. Il terreno, bene feudale dell'aulica famiglia istriana dei Marchesi de Gravisi di Bultorai, appartiene secondo l'attuale divisione politica al distretto di Montona. Atteso però che, si ripete, l'esistenza di questa fonte, cotanto considerevole, come si dimostrerà in appresso, è conosciuta appena dai luoghi più vicini, non dovrebbe riuscire superflua una descrizione minuta della sua situazione. Il punto del bagno trovasi tracciato soltanto nelle carie più grandi di dettaglio, a motivo che attualmente non esistono colà che pochi fabbricali. Non lo si deve però confondere col villaggio di San Stefano posto più al Nord sullo Pirano presso Umago alla spiaggia del mare. Il bagno veramente non va denominato come comunemente si usa, ma precisamente « Bagno della Grotta di San Stefano. » Tale denominazione deriva da una roccia grottosa, la grotta di San Stefano, sotto cui l'acqua zampilla. L'attuale comunicazione con Trieste offre due strade: delle quali una mette per Capodistria e Buje a Visinada, da dove si arriva al bagno per una strada ben conservata alla volta di Montona in ore 2 'A. Il viaggio poi da Trieste a Visinada col Mallepost dura 5 ore. (**) L'altra strada è quella da Capodistria a Pinguente, da dove si arriva al bagno passando per la miniera di Sovignaco. La strada che da Visinada per (•) Relazione del sig. Carlo cav. de Hauer, tolta dall'Annuario dell'i, r. Istituto geologico dell'Impero. (**) Pel nuovo tronco di strada ora in costruzione dalla Le-*«da sotto Montona al Ponte Porton sotto Grisignana, si avrà ac-eeKso ai bagni [direttamente da Capodistria per Buje e Crasizza, senza divergere per Visinada o Montona, abbreviandone la gita di <(«JUI9 ìTùjOIt'f uas r, i