ANNO XXVIII. Capodistria, 16 Maggio 1894. N. 10 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-jrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti sì ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d' interesne generale li stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Ob numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati Ancora sii la situazione Dall' Istria E poi se l'avranno a male se io dò loro dei ragazzi a tutto pasto — francamente, è il meno che si possa dire. 11 che significa, con altre parole, che non basta, per diriggere l'opinione publica d'un paese di avere una qualche coltura letteraria, di saper mettere assieme quattro versi rimati o barbari, o quattro righi di scrittura saporita ; ma egli è necessario di conoscere bene, meglio di ogni altra cosa, le leggi, l'amministrazione, la costituzione, la storia, le condizioni morali, economiche, etniche ed etnografiche del proprio paese. Ebbene, .di tutto^óìuquei buoni ragazzi si sono mostrati finora supinamente ignoranti, spallandone di quelle dell' ottanta, e non senza detrimento della loro civile riputazione. Nel caso concreto potrei dir loro : amici cari, imparate a leggere, per sapere attribuirvi almeno quello che vi spetta. In quanto alle reminiscenze Shakespeariane, fate grazia di serbarle per momenti più classici degli attuali, chè ora, ripeto, importa sapere ciò che si voglia e ciò che si può. Discutendo tempo fa con un deputato di mia conoscenza intorno alla nuova legge sulla stampa, mi disse: „Per mio conto lascerei libera liberissima la stampa ; ma vorrei soltanto, chi si rende direttore d' un giornale, che fosse assoggettato ad un esame. Infatti, se per diventare medici, avvocati, professori e preti è necessario di sostenere degli esami, e uon pochi, perchè non si esigerà altrettanto, anzi di più, per chi vuole assumere l'apostolato — lo si definisce proprio così — della publica stampa ? Se volete aver V onore d' appartenere alla quarta potenza, date almeno un saggio, dinanzi ad una commissione competente, di essere all' altezza della missione vostra." — L'osservazione mi sembra giusta. Quanta confusione di meno si avrebbe allora nei cervelli ! Ed ora che, per conto mio, ho tacitato l'uno; vengo ad un altro, col quale veramente non ebbi la più lontana idea di accapigliarmi. Intendo alludere all'egregio corrispondente L. dell' Indipendente, i cui scritti lo affermo francamente, rispecchiarono sempre senno, avvedutezza e dignità personale ; se anche taluna delle sue idee non corcordarono colle mie, il che non importa affatto. Vi ha talvolta nella vita pubblica delle posizioni difficili o ingarbugliate che appariscono, senza malizia alcuna, differenti all' occhio di chi le guarda — precisamente come gli stelloni del caleidoscopio che, passato di mano in mano, ad una lievissima alterazione fa mutare l'aspetto della figura. Gli elementi sono sempre quelli, ma, a seconda che si avvicina o si allontana 1' uno dall' altro, i risultati o le deduzioni si cambiano subito d'un tratto. Con che vorrei dire subito, che io non pretendo di aver ragione, e che anzi la potrebbe aver lui. Il tutto dipende dal modo che si andrà dipannando o meglio distrigando la matassa. Però merita un po' di commento il seguente inciso: "Dato che le „concessioni ..alla minpraaza dietale fossero portate, dal Governo d'accordo col capitano prov., e supposto che non fosse stato possibile un atto di energia di tutta la maggioranza, non si vede la ragione, perchè non si fece allora ciò che si fa adesso (di provocare lo scioglimento della Dieta?), Dopo tutto quello che è stato detto e scritto sulla natura ed entità delle concessioni, non credo sia prezzo dell' opera il ritornarvi. Circa all' atto di energia di tutta la maggioranza, è qui il punto principale che determinò, credo, la scissura. La quale, veramente, si rese palese appena colle prime dimissioni, dopo la chiusa della sessione. Ecco il perchè, non si fece allora ciò che si fa adesso„. Anzi l'idea d'uno scioglimento della dieta volontario o provocato, fu sempre ritenuto come cosa da evitarsi il più possibile. Che se oggi son mutati gli umori in questo proposito, ciò avvenne per la circostanza di veder sollevato in paese quel buscherio che fece perdere la bussola un pò a tutti. Ma c' è una grande differenza fra gli uni e gli altri; chè mentre una parte, poco o punto preoccupata delle così dette concessioni già fatte, n'era invece molto impensierita per quelle che in certo modo il Governo avea manifestato l'idea o il volere di fare in avvenire quando non fossero fatte spontaneamente dalla maggioranza — 1' altra parte, viceversa, pigliando partito per 1' uno o 1' altro dei deputati, menava alti lai contro il resto della maggioranza, tacciandola di remissiva, di opportunista ecc. Questi confronti, sempre odiosi, determinò lo scontento e il malumore in tutti; chè nessuno in fatto di liberalismo, vuol essere da meno degli altri Qui poi trattavasi d'un'accusa gravissima che nessuno sapeva sopportare: quella, cioè, di essere poco teneri della dignità e delle tradizioni storiche nostre, ecc. ecc. Ma ora sorge un'altra questione. Poiché, dal più al meno, tutti ornai siamo persuasi che sarebbe un grande beneficio di poter ottenere lo scioglimento della dieta se non altro per creare un ambiente del tutto nuovo e libero di qualsiasi legame col passato, sarà poi facile e possibile di ottenere un tale risultato ? Se le mie informazioni sono esatte, sembra che un tale scioglimento della questione non abbia ornai alcun grado di probabilità, dal momento che non si possono ottenere le dimissioni dell' intera maggioranza, con a capo il Capitano prov. Converrà, dunque, anche una volta, far buon viso a cattivo giuoco e tirare innanzi, come si può, ancora per una sessione. Considerate le condizioni nostre, rese più difficili dalle ultime dimissioni, questo mi sembra molto peggiore che se fossimo senz'altro addivenuti a nuove elezioni generali. In quanto poi alla futura maggioranza, io resto sempre preoccupato per un fatto che potrebbe avverarsi, e precisamente per quello di veder sorgere in seno alla Dieta un terzo partito : un centro. Fin qui non avevamo che destra e sinistra. Considerati i vari elementi ond'è composta la maggioranza (la destra), e viste le difficoltà di poterla migliorare, dirò, in senso energico, radicale; e sopra tutto considerata 1' avvenibile circostanza, che la nuova maggioranza non possa essere tenuta unita e compatta da un capo autorevole e, dirò anche, sapientemente moderato, non è improbabile — tutt' altro ! — che si costituisca un centro proclive, in determinate evenienze, di gettarsi anche colla minoranza, quando questa smettesse il suo contegno di assoluta intransigenza. Questo, a mio modo di vedere, sarebbe un grande male. Ecco il perchè io mi sentii sempre — lo dico francamente — pencolare per un' azione moderata, quantunque consenta nell' animo coi più avanzati, lo credo che non sia lecito di fare delle insinuazioni verso chi si sia, e neppure contro il Governo ; ma l'insistenza addimostrata ultimamente che fossero fatte — e che non furono ancora fatte — ddlle reali concessioni alla minoranza, mi pare che volesse significare all'incirca questo : o adottate quanto vi domando, o sarò costretto di cercare io il modo di venirne a capo. Ora è da chiedersi se il nostro tornaconto — imperocché in politica non conosco che l'interesse, sia pure morale — domandi di venire noi in qualche modo ad una soluzione pratica della faccenda, con un componimento, o modus vivendi, come si voglia dire ; oppure di volersene disinteressare affatto, lasciando al Governo di far quello che a lui pare e piace. Su di ciò io non intendo di portar giudizio, soltanto mi sembra, che soltanto nel primo caso noi potremmo conservare ancora forte ed unita la maggioranza. Nè intendo minimamente di sentenziare apoditticamente in tal modo ; ma semplicemente di manifestare una mia idea, che per il primo desidererei fosse erronea. Sono queste le vaghe preoccupazioni che si affacciarono alla mente dei più assennati, e non già il timore di perdere in modo assoluto la maggioranza, come si espresse qualche giornale. Questa, finché dura l'attuale Regolamento elettorale, non dovremmo perderla mai, checché ne dicano i nostri cari avversari; ma dal canto nostro, mi sembra dobbiamo avere soltanto tutto l'interesse di tenerla compatta e unisona, il che non può essere raggiunto — considerati gli elementi che la compongono, e la comporranno — che con un indirizzo calmo e moderato, per quanto termo e deciso. La quale moderazione non significa di scavarsi la fossa colle nostre mani, mi pare, ma semplicemente di renderci ragione delle non poche difficoltà del momento, e di non aumentarle con atti che, lodati pure come e- nergici, potrebbero condurci a più tristi conseguenze. -------- ZLT o t i z I e Il giorno 9 scorso è intervenuta in Parenzo la Presidenza della Società politica, e perecchi comprovinciali per trattare confidenzialmente sulla situazione e indettarsi sul modo di condurre il congresso che avrà luogo nella prima metà di Giugno in Pola. Ripetiamo anche noi con la più viva compiacenza che venne raggiunto tra gli intervenuti il pieno accordo. Abbiamo ricevuto dalla Spettabile Direzione dell' I-stituto di credito fondiario istriano il resoconto per l'anno 1893. dal quale stralciamo i seguenti estremi : Neil' anno 1893 furono estradati N. 85 mutui per l'importo totale di fior. 153,100 coperte da ipoteche del valore di fiorini 416,955:41. Vennero restituiti fior. 118,793:10. Colla chiusa del 1893 si avevano 2047 mutui per fior. 3,163,472:66; il fondo di ammortizzazione era di fior. 165,727:34. Restavano in circolazione lettere di pegno : 1. già estratte N. 344 per fior. 143,700; 2. non estratte N. 6266 per fiorini 3,185,500; assieme N. 6610 per fiorini 3,329,200 garantite dalle ipoteche del valore di fiorini 9,658,359:15V2. Lo stato dei civanzi in effetti era di fior. 325,500 nominali, compreso il fondo di riserva di fior. 143,870:07 ed il contante per cassa di fior. 33,559:95. Dal conto interesssi risulta un utile di fior. 11,915:8172' essendosi incassati fior. 177,513:3l V2 e pagati fior .165,597 :50 Gl'interessi arretrati per tutti i 13 anni digestione ammontavano a fior. 8875:58. Il conto regia presenta l'utile netto di fior. 22,197 :14V2 passati al fondo di riserva. * Nella seconda metà di agosto di quest' anno avrà luogo in Gorizia una Esposizione artistica, promossa da parecchi cultori ed amatori di Belle arti. A tale esposizione potranno concorrere oltre agli artisti e dilettanti goriziani, anche quelli della provincia. Si ammetteranno pure lavori di belle arti di artisti di altre provincie della Monarchia e dell' estero. Gli oggetti ammessi all' Esposizione saranno ripartiti nelle seguenti sezioni : 1. Oggetti d' arte antica esposti da raccoglitori d'arte. 2. Lavori di belle arti esposti da artisti. 3. Lavori di belle arti e d'arte industriale esposti da dilettanti. Ognuna di queste sezioni sarà suddivisa in classi e gruppi. Gli espositori nelle sezioni II e III verranno premiati con diplomi d'onore e menzioni onorevoli, con esclusione degli artisti di altre provincie della Monarchia ed esteri. Con apposito programma e regolamento speciale si renderanno noti prossimamente tanto il giorno dell' apertura dell' Esposione, quanto tutte le norme direttive per gli espositori, ----i—.-^Sßg&iSJ5''®---- Facciamoci discepoli e non erigiamoci maestri ai Francesi ! L' eccezionale siccità della primavera dello scorso anno 1893 fu, come ognun sa, micidialissima alla riuscita delle nuove impiatagioni di viti americane innestate, le quali, impossibilHate ad emettere le nuove radici e a condurre a pieno effetto la saldatura tra il soggetto e la marza, attecchirono in proporzioni talvolta solo minimissime. Ciò è facilmente spiegabile ; ed anzi sarebbe stato in vero ben strano, che così non fosse successo ; poiché è troppo risaputo, che la terra arsiccia, in luogo di provocare la saldatura degli innesti e la emissione delle radici, inaridisce le talee e le fa disseccare. In siffatte estreme condizioni di siccità, gli innesti fatti in posto, cioè praticati su ceppaie già adulte e bene barbicate negli strati inferiori del suolo, soffriranno assai di meno per la mancanza di umidoi-e, il quale per le radici salirà dal sottosuolo, che è giammai completamente secco. Inoltre, non avendo bisogno, gl' innesti in posto di rifarsi una nuova radice, troveranno condizioni più favorevoli alla saldatura, impossibile a succedere, se manca la freschezza nei tessuti della corteccia. Ciò è quanto successe infatti da per tutto nel l'anno scorso, essendosi ovunque constatato, specie per le talee, una grande fallanza degli innesti, e una riuscita relativamente migliore per quelli fatti in posto. Ma da ciò, al generalizzare a tale punto, da proclamare senz' altro la superiorità dell' innesto al posto su quello al tavolo, vi è ancora un bel tratto. — Non bisogna così di cuor leggero risolvere questioni tanto gravi; perchè qui si tratta niente di meno, che di sospingere su di una falsa strada, chi ha tutto il bisogno di procedere per la via la più dritta e la più corta. Che diremo noi dunque di quelle voci, che qua e colà si elevano nella nostra Provincia, per bandire affatto l'innesto al tavolo, e sostituirlo, sempre e da per tutto, con quello a dimora ? Ma oggi tutti nascono pur troppo agronomi con tanto di barba, ed una agricoltura parolaia e leggera invade colle sue ciarle la carta stampata ed i camerini da giuoco. A che pretendere dunque da siffatti agronomi fenomenali il sentimento della responsabilità pei precetti che vanno sciorinando alle turbe? Altro che ottiorinchi; altro che rinchiti: è codesta agricoltura parolaia, quella che annebbia il cervello dei semplici, che svia i volonterosi, e caccia bastoni tra le ruote ad ogni piè sospinto nella via del progresso ! Una reazione spietata non tarderà a farsi strada, tosto che i danni, che ora si maturano, saranno palesi a tutti. Ben venga e presto la reazione ; che n'è ben tempo. Quando la Francia, coi suoi miliardi di viti americane innestate, già ci ha insegnata la retta via da battere, è pure una strana pretesa, quella di qui volere inventare per noi tutto uno nuovo metodo, per poi dovere, in un giorno non lontano, ricominciare da capo la lotta coi dubbiosi e coi ritardatari, allora più che mai apatici e trionfanti di questa nuova sventura. L'innesto al posto è buono, è eccellente — (e chi non lo sa ?) ; ma solo in casi particolarissimi. Era poi il non plus ultra mezzo secolo fa, quando tutta la scienza dell'innesto della vite si limitava all' innesto a spacco. Ma d' allora in poi, la Dio mercè, si è camminato, e a passo di corsa; cosicché chi è ancor fermo a quell' innesto, ben può dirsi codino, anzi codinissimo. Chi combatte l'innesto al tavolo, legga il sunto della conferenza tenuta ai 10 aprile di quest' anno a Montpellier, da quella autorità mondiale, che è il Foex direttore di quella Scuola nazionale d' agricoltura. Legga e rilegga ciò che disse dei trionfi dell' innesto al tavolo nel Beaujolais e nel Lionese, che a lui tutto devono, se oggidì i loro vigneti sono quasi totalmente ricostituiti. Qui non ne citeremo che una sola frase, perchè crediamo che essa basti : „Se V innesto al tavolo ,susseguito dal collocamento nel vivaio, puossi considerare come sempre da preferirsi a quello in vpieno campo, il suo impiego poi, in certe circostanze „s'impone assolutamente.„ Ora sapete quali sono queste circostanze, che impongono assolutamente l'innesto al tavolo, sempre già da preferirsi in linea tecnica ed economica? Sono i terreni argillosi ; cioè le terre bianche e rosse, fredde ed umide in primavera, come lo sono generalmente 1' ottanta per cento delle terre dei vigneti istriani. Ma i vantaggi dell' innesto al tavolo, praticabile da novembre a tutto maggio, contro quello al posto, ormai riconosciuto solo conveniente in primavera e in casi eccezionali, sono tali e tanti, che bisognerebbe diventar ciechi e sordi per non comprenderli. Dunque facciamoci discepoli, e non maestri ai Francesi, in queste cose che noi ancora conosciamo pochissimo. — E i dilettanti (ed ora tutti purtroppo sono dilettanti di agraria ad ore perse) per isciori-nare la facile loro erudizione, ci facciano la carità di scegliere qualche altro argomento più inocuo. Ci ripetano, magari, la innocente istoria degli uccelli che beccano gli ottiorinchi, e i rinchiti, o la leggenda risaputa dello zolfo e della crittogama; ma ci lascino stare le viti americane e gli innesti. Scrivendo di quelle siffatte cose più o meno nuovissime, se pur non caveranno un ragno dal buco, tuttavia lascieranno le cose almeno come sono, e non imbroglieranno ancor di più la matassa, già arruffatissima, data a dipanare a noi altri agricoltori di nascita e di professione, ormai coi capelli grigi e tuttavia ancora modestamente curvi davanti alle gravi difficoltà e alla responsabilità del nostro mestiere. Parenzo, 5 maggio 1894 HUGUES Appunti bibliografici Max Nordau. Degenerazione. Versione autorizzata sulla prima edizione tedesca per G. Oberloser. Volumi due. Milano. Dumolard. 1S94. Completando quanto ho già scritto sul primo volume nell' Indipendente di Trieste, e il cenno del secondo nella Provincia N. 7 spiegando e rettificando qualche giudizio torno ora all' argomento. Il lettore non si aspetti un' accurata e piena recensione ; l'opera è lunga, varia, pensata; riassumere in questo caso vale spesso guastare; tocca al lettore affrontare le difficoltà. Piuttosto piacerai qui manifestare quel qualsiasi giudizio complessivo che mi sono fatto dell' opera stessa, per scendere poi a qualche dettaglio a meglio spiegare il mio pensiero. Siamo in faccia ad un' opera ponderosa. Non mai forse si è fatta una così larga applicazione delle dottrine del Lombroso e dei moderni fisiologi ai prodotti dell' arte attuale, e un più ampio esame delle condizioni degli spiriti in questo finisecolo. Dato il punto nel quale si è collocato l'autore, per vedere, analizzare, scrutare, sarebbe opera da vero degenerato negare la sua competenza nel trattare 1' argomento. Se non che qui subito sorge un dubbio, anzi due dubbi nella mente del lettore, e naturalmente vengono sul labbro due domande. Non è forse Max Nordau uno specialista e come tale soggetto a voler tutto ridurre e spiegare coi principi di quella scienza, di cui si è fatto così strenuo campione? E la sua filosofia materialistica, negante il soprannaturale, il divino nell' uomo, basta poi a spiegare i fatti, si noti bene tutti i fatti; e ci dà una conveniente spiegazione di tutto l'uomo ed argomenti convincenti a credere che qui si tratti solo di degenerazione fisiologica; l'ultima parola insomma su di un mistero, a spiegare il quale da Platone al Rosmini ed al Bonghi si è sempre affaticata l'umanità? Io per me, non lo credo. Cominciamo dallo specialismo. Discepolo d' uno psichiatra profondo egli vede in tutte le manifestazioni eccentriche originali dell'arte, un caso di pazzia: degenerati e pazzi sono per lui Wagner, Tolstoi, Zola, Ibsen ecc. ecc. — Ammetto che l'applicazione del suo sistema sia talvolta giusta come pei Parnasiani ed i Diabolici, benché incompleta e ciò si vedrà in seguito. Come tutti gli specialisti però egli ha la tendenza di fare un'applicazione troppo generale de' suoi principi; di vedere tutto d'un colore, per via degli occhiali colorati che porta, simile in ciò a que' medici che vogliono (il parroco Kneipp informi) guarire tutti gli ammalati con 1' acqua fresca. Davvero che vedendo alle lettere ed alle arti applicato in ogni caso da Max Nordau il principio della degenerazione ed accusati di pazzia gl' ingegni di primo ordine, viene voglia di domandare se Max Nordau non sia egli stesso per avventura un degenerato. Simile al parlatore che si sente forte in sella in un dato argomento, e tira l'njuolo alle cose sue; Max Nordau imita un po' il padre provinciale dei Promessi Sposi, che di discorso in discorso fa cadere l'argomento della conversazione su F^onia, e allora va al sine fine. Più grave però è l'altra obbiezione che si può fare all'autore. Lo ripeto, in fisiologia piena è la sua autorità ; e la negligenza, o meglio l'ignoranza di molti nebulosi metafisici, i quali nello studio dell' uomo trascurarono i diritti della materia con grave danno dello spirito stesso, causa l'intimo e misterioso nesso dell' anima col corpo, rende più che mai oggi utili cotesti studi in generale, e proficua l'opera — Degenerazione. Rimane però sempre a vedere quanto l'attuale generazione sia degenerata nello spirito, e profondo il male prodotto dall' orgoglio, dall' egoismo, dalla mancanza di carità, e via dicendo. Perchè a spiegare i fatti non basta cangiare il vocabolario, e chiamare per esempio con barbare voci Egotismo, Altruismo, ciò che sempre fu detto Egoismo, Carità. Tolta la base del divino, e negato il soprannaturale si rifiutarono i vocaboli dei vecchi metafisici; ma la questione rimane sempre la stessa; e invano con fatti desunti dalla vita fisica i fisiologi si argomentano di darci un concetto chiaro dell'uomo, e di spiegare i fatti della degenerazione, che meglio vorrebbe essere chiamata spesso depravazione. Max Nordau adunque come specialista, troppo prova, e quale materialista poco nello stesso tempo ; ed il suo sistema pecca per eccesso e per difetto. La verità è un'anfora a due manichi; e il fisiologo non la piglia che per un manico solo. Quale psichiatra Max Nordau ha fatto una diagnosi accurata e dotta del male; ma le sue conclusioni non possono essere accettate da que' moltissimi che credono nella potenza della idea, nell'efficacia divina del soprannaturale; e neppure da que' pensatori medesimi, che mentre fluttuano col Negri in uno scetticismo più umano, pare non neghino il soprannaturale quale un sentimento profondo, intimo provato da tutta l'umanità. Bellissime per esempio le dissertazioni di Max Nordau, e di tutti i fisiologi sui fatti della vita materiale; batto anche io le mani ai risultati della scienza che esamina nei delinquenti l'insensibilità della cute, e studia col Mosso, il calorico nel cervello; ma viva Dio! i fatti sono sempre fatti; e mi si spieghino un po' anche quest'altri fatti della credenza nella spiritualità dell' anima, nel soprannaturale, nella, potenza dell' idea, nel predominio dello spirito, nella forza del carattere, per cui mille e mille, fisicamente degenerati, seppero col volere e con la potenza dell'educazione vincere tutti gli ostacoli della materia, e riuscir ben altri uomini da quello volevano i nervi ed il sangue: testimonio quel galantuomo, che, dopo un attento esame del suo cranio fatto da un frenologo, udita la litania dei vizi e dei delitti, ai : quali da natura era inclinato, rispose: Avete ragio-. ne, tale io sarei divenuto se non mi fossi educato. Se 11011 che per questo uso della libertà umana, per questa costante lotta con la materia ci vuole una fede ardente nei mezzi soprannaturali ed anche umani, conseguenza di una più elevata filosofia e di uno studio più profondo e degno dell' umanità che quello dimostrato da Max Nordau in questa sua opera. Ecco come egli definisce la libertà. "Libertà vuol dire capacità della mente di trarre impulsi non solo dalle eccitazioni degli organi, ma benanche dai sensi e dalle proprie immagini scolpite nella memoria,, (pag. 319). Organi, sensi, immagini. . . ., se non è zuppa è pan bagnato. Non è con questo concetto della libertà, che gli schiavi durarono nella battaglia contro il despotismo, e contro la tirannia degli organi dei sensi e delle immagini! Libertà è scelta, tra il bene ed il male, tra le allucinazioni dei sensi, delle immagini stesse e gli alti doveri, ed un ideale supremo che piove da ben altra fonte nell'anima. Del resto è questo il linguaggio materialistico dei Sensisti, del Liberatore e dei Gesuiti, trionfanti oggi anche nelle scuole di teologia. Ed ecco difatti come Max Nordau spiega l'origine delle idee — L'attività dei centri cerebrali consiste nel ricever sensazioni, e tramutar queste in idee ed in movimenti (pag. 83). Povero Platone, povero Rosmini! E se tutte le idee proprio tutte, vengono dalle sensazioni per mezzo dell'attività dei centri cerebrali che razza di libertà è questa dell'uomo? E qual colpa è la sua se il fosforo cerebrale non ha saputo manipolare niente di meglio? Oh sì, in questo solo caso saremmo tutti degenerati ; e brontolar potremmo un requiem senza tanti discorsi. Materialismo e specialismo sono questi adunque i due vizi del sistema. Gioverà addurne qualche prova, onde scendere all'analisi. Già nel primo volume 1' autore presenta più volte il fianco alla critica, come quando scusa la scienza del non avere mantenuto la promessa di felicità. Altri appunti gli si possono fare nel secondo volume. Max Nordau trova nell' Ibsen un indizio di degenerazione nel misticismo, nella tendenza che hanno i suoi personaggi di predicare la necessità della confessione della colpa (pag. 223). "In quasi tutti i suoi drammi, scrive l'autore, essa è, la meta verso cui è sospinta tutta l'azione; non la confessione di una colpa fatta da un malfattore in forza delle circostanze; non l'inevitabile rivelazione di un misfatto teuuto nascosto; bensì il volontario aprirsi di un animo chiuso, la rivelazione voluttuosamente auto-torturatrice di un male interno schifoso, il ììiea culpa, mea maxima culpa, recitato con pentimento dal peccatore, che sotto il peso della propria coscienza si umilia; che confessa onde trovare la pace interna — in una parola la vera confessione, come la richiede la chiesa. Io sono ben contento di additare ai difensori del catolicismo, fra i tanti anche questo altro argomento, desunto dall' opera del Nordau. In ciò l'autore va di un passo col De Maistre il quale scrisse:. Dal fanciullo che spontaneamente confessa alla madre aver rotto un vaso, sino all' omicida che spontaneamente palesa al giudice di aver ucciso un uomo, la ragione umana ha riconosciuto sempre e da per tutto degno d'indulgenza l'uomo che spontaneamente confessa la propria colpa ; e sempre e da per tutto ha creduto che questa confessione spontanea ha una forza espiatrice. „ Ma dopo ciò, che cosa ha a fare, domando io, questo motivo teologico dellVlbsen con la degenerazione? Se il credere nell'efficacia della confessione, costituisce un caso di pazzia, allora si avrebbe a erigere un'immensa casa di salute per accogliere gli ottanta milioni di cattolici, e i Greci di giunta ed i moltissimi protestanti, che sempre dominati dal sentimento cristiano ammettono come pratica utile ciò che pel cattolico è un sacramento. Se non che il Nordau si è accorto a tempo che questa fede sincera, elevata nella confessione non era sufficiente per costituire un caso di pazzia, e perciò da vero specialista, non accorgendosi neppure della contraddizione, trova il fatto suo nella circostanza che Ibsen stesso in altri luoghi delle sue commedie pone in ridicolo l'idea della redenzione e della purificazione mediante la confessione. Ed in proposito ci ricama sopra il seguente ragionamento : "Il noto bandito francese Avinain compendiò l'esperienza della sua vita, recandosi al patibolo, in questa sentenza : Non confessate mai. Questo consiglio non possono seguirlo che uomini di ferma volontà, di spirito sano. Un'idea vivace richiede di essere tradotta in movimento con grande insistenza. Il movimento che cagiona minore fatica è certo quello della laringe e dei muscoli linguali e labiali, vale a dire quello degli organi vocali. Chi dunque ha dentro di sè un'idea vivace, prova l'impulso di far diminuire la tensione dei gruppi di cellule del suo cervello che hanno elaborato l'idea, permettendo di scaricare l'eccitazione loro sui centri vocali. Per dirla in termini più brevi prova il desiderio di esprimersi. E se è debole, se la forza inibitrice della sua volontà non è superiore all'impulso del movimento che parte dal centro dell'idea, scoppia, checché abbia a succedere poi Tale legge psicologica fumai sempre nota all'uomo come lo dimostrano gli scritti della favola del re Mida fino al Raskolnikow di Dostojewski; e la chiesa cattolica dimostrò una volta di più di conoscere profondamente la natura umana allorquando trasformò la confessione pubblica, la quale dovea essere una umiliazione ed una penitenza, nella confessione auricolare. Questo corrisponde allo scopo, ad un sollievo, e ad una distensione piacevole; ed è un bisogno fisio-psichico di primissimo rango per la media dell'umanità. „ Che confusione! Quanti errori e contraddizioni! Di sopra ha detto che il penitente si umilia, sotto il peso della propria coscienza per trovare la pace interna; e Max Nordau riconosce l'efficacia morale della confessione; poi tutto si riduce ad una distensione piacevole, ad un bisogno materiale. Ma se si trattasse solo di una distensione piacevole non vede Max Nordau (die la sensazione sarebbe più piacevole con la pubblica confessione, perchè allora si dovrebbe gridare alto, specie in un tempio vasto per farsi sentire da tutti, che con questo sgangheramene degli organi vocali certo più rimarrebbero soddisfatti gli organi, che con quel bisbigliare all' orecchio di un solo? Così l'autore per la smania di trovare da bravo medico il caso, il bel caso,, come dicono, non si è accorto della contraddizione in cui è caduto, e della poca o nessuna stima che egli nutre per l'umanità, la quale, secondo lui,, sente in media il bisogno di confessarsi per ottenere quella piacevole distensione. 0 sapienza della chiesa cattolica che ha provveduto così anche ai bisogni dei pappagalli! Qui il materialismo confina col ridicolo; e basti questo per mettere sull'avviso i credenti, ■ per non accettare quale lode alla chiesa ciò che in fondo non è che biasimo. Ed ora dal campo filosofico, passando all'esame artistico, il difetto dello specialista appare pure evidente. Per amore di brevità toccherò solo dello studio sull' Ibsenismo. Secondo il giudizio dell'autore, Ibsen è un degenerato, perchè ha le sue tesi in testa, al servizio delle quali fa muovere i suoi personaggi, e svolge l'azione. Ibsen predica sino alla noja i tristi effetti delle colpe dei padri nei figli; e in ciò sono anche io d'accordo col Nordau. Ibsen predica 1' anarchia. Ibsen ha fatto furore con tre mezzi: discorsi nebulosi, diritto di vivere a suo modo, emancipazione strana della donna. Ha povertà d'idee diluite in parole ecc. ecc. — Se l'avere una tesi costituisce un caso di degenerazione, allora anche Paolo Ferrari fu un degenerato di primo ordine, e con lui quasi tutti i nostri scrittori drammatici. E quanto ai difetti, dato anche ci siano tutti quelli notati, quale opera umana ne va esente? Intanto poniamo bene in sodo che Max Nordau ammette "essere 1'Ibsen un poeta robusto e pieno d'impulso, capace d'inventare situazioni, di tratteggiare con pochi rapidi tocchi una situazione, una commozione dell'animo, situazioni semplici ed irresistibilmente commoventi più che nel teatro di tutte le nazioni„ (pag. 187 e seguenti). E mi pare che basti. Ora ciò premesso il Nordau dovea esaminare se con tutte queste belle qualità lo scrittore norvegese non abbia dato spesso in ciampanelle, e sforzato la mano per amore della tesi, o per isinania d'effetto, di teatralità: difetti in cui caddero tanti altri valentissimi, senza bisogno di tirare in ballo la degenerazione. L' Ibsen ha esagerato spesso, si è lasciato sforzare la mano : ecco tutto. I suoi drammi dovoano essere giudicati secondo i principi eterni del bello, come si è fatto sempre dalla critica, e non con le teorie del Lombroso e dei psichiatri. Se a quelli si fosse attenuto l'autore, il suo giudizio sarebbe stato accolto più facilmente, ed avrebbe ottenuto migliori effetti. Però anche come è il libro del Nordau, è venuto a tempo, ed è opportuno per ispegnere certi fuochi di paglia ed esagerazioni, e specialmente per combattere l'amore del nuovo, vizio dominante del finisecolo nella letteratura drammatica. Tentare nuove vie nell' arte, seguire il progresso, rappresentare i tempi, sono tutte cose bellissime, siamo pienamente d'accordo. Ma per amore del nuovo non si ha a dare nello strano ; nè in Italia fa bisogno rinnegare il carattere, il tipo nazionale per un cieco omaggio a quanto si tenta con altri esempi sotto gli occhi, ed in altre condizioni altrove. L'amore del nuovo, 1' arrendevolezza a lusingare le passioni del giorno, lo studio degli effetti e della teatralità ad ogni costo; ed uno sforzo di analisi, uno studio di rappresentare l'uomo non quale fu, è, e un po' sarà sempre; ma come si vorrebbe che fosse; una smania di benessere, di perfezione non raggiunta a grado a grado secondo le immutabili leggi della natura (ciò che è nel desiderio di tutti), ma afferrata ad un tratto con la violenza: sono questi i principali difetti del teatro ibsiauo. Ho già detto che non faccio una recensione : gioverà addurre per mancanza di tempo e di spazio un solo esempio: Casa di bambola, commedia tanto acclamata. Per raggiungere l'effetto, la teatralità, l'autore ha violato nella catastrofe le leggi del buon senso, e i suoi norvegesi non gliela passarono buona; tanto è che ha dovuto mutarla di pianta. E non ci voleva che la prepotenza del fanatismo, e del pubblico grosso per farla passare così come è in Italia. Nora, la buona e semplice bambola, la moglie e madre affettuosa, tanto ingenua da non sapere che a falsificare una firma c' è in tutto il mondo civile penale, e che lo fa, ciò che sarebbe spiegabilissimo, per amore del marito, ma anche con la perfetta inscienza della colpa, tutto ad un tratto si ribella, e come dice benissimo in questo caso Max Nordau, fa una 'dissertazione da inatta sui diritti della donna, e parte, nuovo Catilina in gonnella dalla casa, abbandonando figli e marito. E tutta questa rapida inesplicabile, assurda mutazione avviene in 48 ore. Una tecnica simile è di molto effetto certo, ma non è vera. Nella realtà gli avvenimenti mai si combinano in modo da determinare una catastrofe così brillante e sintetica. (Max Nordau, pag. 189). „Nella natura tutto si prepara di lunga mano e si svolge lentamente, ed i risultati delle azioni umane durate per anni, non si combinano in un pajo d' ore. La natura non lavora in modo epigrammatico. Essa nou può tener conto di unità aristoteliche, poiché ha sempre molti affari cui attendere in una sol volta. " Verissimo, e da parte mia aggiungo, che i nostri classici ed i francesi del secolo di Luigi XIV hanno saputo però trovare il giusto punto dell'azione, e concentrare nella catastrofe tutta una vita. Filippo è sempre Filippo, dalla prima all'ultima scena. Ma che dire di Nora che in 48 ore fa una così rapida trasformazione? E quel minchione di marito, il quale per mettere a dovere una simile pazza non sa altro contrapporre, che la leggerezza dei principi del padre di Nora? L'atavismo, l'idea dominante dell'Ibsen qui rasenta il riso omerico. Altra colossale contraddizione sfuggita a Max Nordau. 11 marito nell' ultima scena domanda alla moglie — Tu non sei stata mai felice? — Mai; allegra niente altro, risponde Nora. E nell'atto primo, cioè poche ore avanti: — Nora (battendo le mani): È vero, Torvaldo! Dio che felicità! (gli cinge le braccia al collo). E una simile bambola aspira poi all'elevazione di sè stessa, parolone che fa andare in visibilio nella piccionaja le massaje aspiranti all'emancipazione della donna ; e grida di avere atteso quest' ora di libertà pazientemente otto anni, ella che non ha atteso mai niente di simile; e vuole assicurarsi chi abbia ragione lei o la società; mentre, assurdo degli assurdi, non sa e non vuole intendere niente della società di cui fa parte. L'esame dell'Ibsen insomma è fatto dal critico con molta cura, e cou sana dialettica vigorosa; ma dà in qualche esagerazione per le suesposte ragioni. È ora di conchiudere. Se il Nordau avesse considerato tutto 1' uomo, e non solo la parte sua materiale, ci avrebbe dato un' opera completa e senza esagerazioni. Un idealista puro chiudendo il volume domanda invece a sè stesso : E non siamo noi anche depravati? Il lettore leggerò, il materialista, perchè così vuole la moda, si spaventa della logica serrata e delle conclusioni, e si domanda alla sua volta: Siamo noi degenerati? Chi crede poi nel trionfo finale della giustizia, chi ha fede nella dignità umana, chi non ha rinnegato, per amor di un sistema trionfante oggi, la scienza di Platone, di Dante, di Vico può deplorare nel finisecolo la degenerazione e la depravazione : ma non suona perciò tanto a stormo, non profetizza esagerate rovine: ! e se vede la linea spirale per cui si muove 1' umanità volgere oggi assai al basso, anche ha fede in una rapida ed opposta evoluzione, in un ascendere a meta altissima, dolce riposo della niente e del cuore, della scienza e del sentimento. P. T. Proverbi ladini e lodigiani raffrontati Dal libro tlel Cavalli — Reliquie ladine — prendiamo alcuni proverbi nell' antico dialetto di Muggia e li raffrontiamo coi simili del dialetto lo-digiano. Sono raffronti di parole e di cose, e nel-P attuale sviluppo di simili studi gioveranno a conoscere le affinità dei dialetti settentrionali d'Italia, e le modificazioni del pensiero popolare secondo le varietà di tempo e di luoghi. I numeri segnano la relativa posizione dei proverbi nel libro del Cavalli. Dobbiamo anche rendere pubbliche grazie al dantofilo maestro Agnelli da Lodi che si occupa pure di questi studi e ci ha dato i proverbi lodigiani. Muigiano antico ') 2 pàska pifània, dirti ti fiésti la puòrta in mànija. 3 San Bastian ku la viòla in man. 4 la madóna candelòura, de l'inviér siinon fóura; se la ven kun sòul e viént, de l'inviér sùnon drent. 5 san viséns gran fre-dùra, san loréns gran cal-dùra; l'una e l'altra póu-kul dura. 13 vója o no vója, pàska ga la fuója. 19 a san martin, se spina el vili. 21 santa katarina, glàsa per marina. 23 de santa lusia a na-dàl, l'a kresù un svuàrk (passo) de gal; de santa lüsia a paskuéta, l'a kresù 'na méza oréta. 24 nadàl al zóuk3) pàska al fóuk. Lodigiano vivente Pifania, tutte le feste i a para via. San Bassan (protettore di Lodi 19 gennaio) cu la maneggia (vimine per legare le viti) in man. A la Madonna de la se-riveula de 1' invera sem foeura 2). San Lurenz gran caldura. No ven pasca se ne glie frasca. San Martin romp la su-ca, beu el vin A santa Caterina se liga la vaca a la cassina (cioè finito il pascolo si conducono le vacche nella cascina). A Nadal, pass d'un gal, a Sant'Antoni un ura buna. Nadal al balcon, pasqua al tisson. latino : ') A pagina 150 e seguenti nello „Reliquie ladine" Sono tutte incomplete traduzioni del vecchio proverbio Clara die purificante Mtijus frii/us dein quam ante. 11 Toscano lo rende esatto e compiuto : La Madonna candelora : Se nevica o se plora Dell'inverno siamo fuora ; Se gli è sole o solicello Siamo sempre in mezzo a quello. ') Località di Muggia. 35 an de néu, an d'in-tràda. 49 il can ke bàia, no mursija. 52 ko se va kui lóuf, bìa bajàr kóme lóur. 58 la lénga bat dola ke '1 diént a dóul. 61 el pan de càza stufa priést. 63 kuànt ke un a ze skotà de l'àga calda, a ga paura de la fréda. 65 iniéj un óu vuéi, ke una galina dumàn. 67 no ze rózi sénsaspini. 74 il pan dei àltri a kuarànta krósti. 81 il mal ven a brènti, e a va via a mank de ónsi. 89 i kuórf no i se gàva i ógli l'un ku l'altro. 90 el pròve su 1' àltàr fai a. 92 nisùn nas maèstro. 93 plùi se viu, plùi s' inpàra. Per mancanza di appositi siamo dare esattamente tutte le ciò vorrà tener nota il lettore. An de neu, an d'abun-dansa. Can che baja, el pia no. Andà cui lu s' impara a lilulà. La lengua la bat du e ghè el dent guast. El pan di alter l'è pussè bon. Chi è stat scottat cu l'acqua calda, el ga pagura anca de quella fregia. Mei un eu incou che la galina diman. No glie rosa senza spin. El pan di oltri el ga set croste. El mal el ven a braz, e el va via a onze. El lu el mangia miga la carne de lu. Sbalia anca el pret a di messa. Nessun nas maester. Pu se viv, pu s'empara. (Continua) caratteri nella tipografia non pos- j segnature come nel testo, e d i (La Redazione). ------ PUBBLICAZIONI Alcune odi di Q. Orazio Fiacco con un saggio di traduzione di Onorato Occioni. Città di Castello. S. Lapi, 1894 — Ne parleremo. L' egregio comprovinciale Domenico Lovisato professore dell'università di Cagliari ha pubblicato in separati opuscoli: Gita al Serpeddì, del 13-14 maggio 1893 — Tipolitografia Commerciale, Cagliari 1893 — (Estratto dal Bollettino del Club Alpino Sardo, annata 1893). Raccolto in un volume di oltre 200 pagine è u-scito P Ìndice delle Carte di Ruspo, del nostro collaboratore Giovanni Vesuaver, il quale lo andava pubblicando in questo periodico fin dell' anno 1890. Preghiamo tutti quelli fra i nostri Associati, che non avessero per avventura soddisfatto al prezzo di abbonamento, di rimetterlo al più breve possibile all' Amministrazione del periodico „LA PROVINCIA DELL' ISTRIA"