ANNO XIII Capodistria, 1 Febbrajo 1879 0 VINCI A i DELL' ISTRIA if Esce il 1° ed il Ì6 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un nafflerò Beparato soldi 15. — Pagamenti anticipati. EFFEMERIDI ISTRIANE Febbraio 1. 1422. — Il consiglio maggiore di Trieste delega i giudici della città, perchè provvedano il comune del medico fisico per due anni col solito stipendio e di un farmacista, ma ben fornito di medicinali. - 22, 35.b 1. 1422. — Il minor consiglio di Trieste raccomanda alla corte del malefizio di procedere con tutta severità contro il cittadino Giusto orefice, traditore e reo di molti altri delitti, fermatosi oggi presso le patrie mura, mentre veniva da Muggia per uccidere due nobili del consiglio. - 22, 40.a 1. 1428. — Il consiglio maggiore di Trieste rielegge per quattro anni il cittadino Giovanni de' Petazzi a sovrastante delle scolte diurne e notturne, conservandogli il solito emolumento. - 22, 52.a 1. 1510. — Un disertore veneto partecipa al comune di Trieste la deliberazione presa dai Veneti ca-valleggieri, vulgo Stradioti, d'invaderne quanto prima il territorio. - 4. 1. 1517. — Il comune di Trieste rende di pubblica ragione la pace conchiusa tra Venezia e 1' Austria, dice conseguentemente essere libero il commercio con l'Istria, escluso Pingu-ente col suo territorio sino all'appianamento di alcune differenze. - 4. 1. 1617. — II veneto provveditore d'Istria, Antonio Barbaro, dipinge al senato ser Pietro Pola di Capodistria benemerito della Repubblica per non essersi risparmiato di soccorrere col suo l'armata veneta la quale guerreggiava in Istria contro l'austriaco a causa degli U-scocchi. - 38, 35. 2. 1339. (M. V.) — Il veneto senato accorda al po- destà e capitano di Capodistria, Leonardo Mocenigo, d'impiegare nella comprita di grano per aiutare i cittadini, quel danaro che avrebbe dovuto erogare per l'innalzamento dei soliti XXV passi delle mura verso la palude, lavoro al quale era tenuto ogni podestà locale entro il corso della sua reggenza. - 7,18-8; 89,a ' 2. 1350. 2. 1512. 2. 1281. 3. 1353 3. 1426. 3. 1446, 3. 1450 3. 1460. 3. 1510. 4. 1304. lei © iati (M. V). — Il senato delibera di raccomandare a papa Clemente VI la nomina del patriarca di Grado, caduta sulle persone del vescovo di Capodistria, Francesco Querini, e del pievano di San Silvestro in Venezia, don, Giovanni Sagredo. - 7, 26-16, 50.a — Ducale Loredan che concede a que' di Muggia il libero commercio con la Carniolia, purché non passino con la roba per la città di Trieste. — 13, 12.a — Venezia ordina l'invio d'una barca armata nelle acque di Muggia a fine d'impedire i molti contrabbandi che facevano que'terraz-zani. - 32, 9. (M. V.) — Il sonato accorda al podestà e capitano di Capodistria ducati 150 nella fabbrica del pubblico palazzo. - 7, 26-16, 128.a — Il maggior consiglio di Trieste conferma per altri duo anni ser Giovanni de'Petazzi a sopraintendente delle scolto notturne e diurne della città. - 22, 44.b (M. V.) — Ducale Foscari che accusa al comune di Trieste il ricevimento dell' antica regalia delle 50 orne di ribolla. - 6. (M. V.) -- Ducale Foscari, volendo rispettate le consuetudini delle ville, comanda ai podestà e capitano di Capodistria, Marco de Lege, di annullare la nomina da lui fatta del nuovo conestabile villanorum, sor Andrea Malgranello, e di confermare la elezione fatta dai villici nella persona di Luca Musez di Popecchio, successore del conestabile Barna-bone di Antignano. - 25, 123.a (M. V.) — Ducale Moro che officia il podestà e capitano di Capodistria, Leonardo Cal-bo, d'imporre al camerlengo locale, il nobile Marco Falier, di numerare mensilmente la paga al capitano sclavorum, ser Giovanni In-galdeo di Capodistria. - 25, 193.a — Il vicario del capitano di Trieste delibera assieme ai sette savi della guerra che vengano custodite con ogni rigore lo porte della città. - 33. — Il procuratore del patriarca Ottobono rilascia al doge veneto quietanza per lire 75 soldi 12 e mezzo di grossi, pari a marche 18 )>?9T fel I «thteftogiQ II1X Orti w 6. 5. 1349. friulane 225, ricevute sotto il titolo dell'annuo censo per alcune giurisdizioni dell'Istria. -46, I, 54. 4. 1355. (M. V.) — Il veneto senato accorda agli stipendiarì di San Lorenzo del Paisinatico di poter ritirare da altre parti dell'Istria entro i primi quattro mesi 150 staia di avena per i loro cavalli. - 7, 27-17, 57.b 4. 1444. — Il podestà e capitano di Capodistria, Andrea Suriano, derogando al civico statuto cap. XI, accorda al canonico locale don Pietro di Rodrigo de Saldana, spagnuolo, di esercitare l'avvocatura. - 15. 4. 1478. — Giacomo e Giovanni fratelli de' Tarsia di Capodistria vengono inalzati a conti del sacro romano impero. - 21, III, 17, - e 38, 55. 5. 1274. — Capodistria, stretta d'assedio dalle armi venete, s'arrende al capitano Marin Morosini. - 27, II, 309. 5. 1292. — Il capitolo della cattedrale di Trieste stipula col Comune un concordio mediante 11 quale le parti promettonsi di sostenersi a vicenda. - 12, II, 237, - e 4. 1310. — Il capitolo di Trieste delibera con giuramento di non nominare canonici, ove non vacasse prima la prebenda. - 4. — Udine. Il patriarca invita a comparire in Muggia il vicario del vescovo di Trieste, perchè renda ragione dei motivi che lo indussero a lanciare contro la città ed il suo territorio la scomunica e l'interdetto. - 9, 114. 5. 1350. (M. V.) — Il senato accorda ad uno dei confinati giustinopolitani a Venezia, causa la rivolta del 1348, di montare la galea del sovracomito, Giacomo Contarini, in riflesso della sua giovine età. - 7, 26-16, 50.a 5. 1710. — Naldini, vescovo di Capodistria, rilascia lettere dimissoriali a don Giuseppe Catinella di Cividale il quale intendeva di ritirarsi da Isola, ove fungeva da pubblico precettore. -15. 6. 1330. — Gisolo del fu Marino Ragoiadi e Massolo del fu Marcegliano mandatari del capitano di San Lorenzo in Paisanatico, Zilbertino Giustiniani, e del consiglio di detto Castello, confessano d'aver ricevuto dalla camera dei grani in Venezia lire 2500 di piccoli per comperare dei bovi per arare le terre, previa restituzione in tanto frumento al prezzo di 12 grossi lo staio. - 46, I, 108. 6. 1354. (M. V.) — Il veneto senato, ricevuto eh' ebbe dal podestà e capitano di Capodistria, Pietro Memo, le migliori informazioni di Rai-nerio del fu Franceschino da Rimini, lo nomina a capitano sclavorum. 7, 27-17, 7.a 6. 1429. — Il maggior consiglio di Trieste visto 1' abuso, che diversi cittadini comperavano in comune animali da macello dividendo quindi la carne tra di loro con grande pregiudizio del civico dazio, pronuncia oltre il pagamento del dazio una non indifferente penale contro tali frodatori; permette però a chiunque di provvedersi di carne per insalarla ad uso della propria famiglia. - 22, 55,a.b. 6. 1482. (M. V.) — Ducale Mocenigo che officia il podestà e capitano di Capodistria, Nicolò Pesaro, di sborsare ogni trimestre a Vanto del fu Nicolò Gravisi certa somma assegnata a questa famiglia dal Consiglio dei Dieci. -25, 232.a 7. 1214. — L'imperatore Federico II conferma alla chiesa aquileiese i diritti in Istria, le dona le regalie dei vescovati di Trieste, Capodistria e Parenzo. - 40, 61. 7. 1330. — Mengossio del fu Rizardo e Guerra notaio mandati a Venezia da Francesco Mali-piero podestà di Montona per ritirare 1500 lire di piccoli della camera delle biave per far acquisto di bovi per coltivare la terra, ne confessano il ricevimento e promettono la restituzione del danaro in tanto frumento. -46,1, 108.a 7. 1423. — Il consiglio dei XL in Capodistria prende deliberazione di domandare al senato, che voglia quiudi innanzi eleggere annualmente nel giorno di Pasqua il podestà per Capodistria, e che l'eletto prenda possesso della carica il dì 15 giugno. - 25, 37.b 7. 1522. — La città di Trieste, i Carsi e la contea di Pisiuo in Istria passano in virtù del concordato di Brusselles all'arciduca Ferdinando fratello di Carlo V, imperatore. - 36, IV, 59. 7» 1806. — Il principe Eugenio fissa in Capodistria la fede del magistrato civile, dell'intendenza di finanze e della delegazione di polizia per l'intiera provincia. - 10, III, 20. 7. 1809. — Giovanni cavaliere Sultanoff, comandante della flottiglia russa nell' Adriatico, muore in Trieste. - 41, num. 13. 8. 1310. — Si apre il concilio provinciale in Udine al quale tra i molti vescovi siedono quelli di Trieste e di Pedena. - 42, II, 828. 8. 1358. (M. V.) — Il senato scrive al podestà della Terra d'Isola, perchè obblighi il comune a corrispondere certi arretrati di vino, olio e grano che doveva alle Monache di S. Maria in Aquileia. - 7, 28-18, 90.a 8. 1364. — Il vescovo d'Emonia (Cittanova), Giovanni de' Grandi da Padova, affitta a Giacomo de Carlis per cinque anni il territorio di San Michele del Ceresario. - 30, VIII, 754. 8. 1492. (M. V.) — Ducale Barbarigo che autorizza il podestà e capitano di Capodistria, Domenico Malipiero, di stipulare a nome proprio un contratto col conte di Pisino per l'acquisto dei boschi, col patto però che il legname passi all'arsenale ia Venezia. - 25, 267.b 8. {1800. — Si fa appello alla popolazione di Trieste che voglia soccorrere que' della Svevia, ridotti alla miseria dalle armi francesi. - 41, num. 15. 9. 1228. — Tardivello, banditore del comune di Ve- nezia, strida in Rialto ed a San Marco, che nessun veneziano possa passare oltre Siniga-glia e l'Istria, sia per mare o perverrà, sia con merci o senza, se non avrà ottenuto un permesso dalla Signoria. - 43, 90.a 9. 1328. — Udine. Il marchese governatore d'Istria, Francesco della Torre, conferma il bando eh* era stato pronunciato li 2 ottobre 1326 contro Drusacio e compagni che volevano consegnare Albona alla Repubblica di Venezia. - 28, II, 148, - e 9, 63. 9. 1352. (M. V.) — Il senato accorda al giustinopolitano 9. 1355. 9. 1539. 9.| 1801. 10. 1333. 10. 1421. 10. 1511 10. 1790. 11. 1221. 11. 1277 11. 1343 12 948. 12. 1285. IU \ IN Giovanni di Andrea, confinato a Venezia per la rivolta del 1348, il rimpatrio e la resti-stuzione de suoi beni, in riflesso dei servigi prestati al governo e le ferite riportate in guerra sotto il comando di Nicolò Pisani. - 7. 26-16, 106a. (M. V.) — Il senato delibera di scrivere al comune di Capodistria, che invii pel primo marzo alcuni suoi nunci a Venezia a fine d' informare le autorità intorno ai danni ricevuti e circa le persone che li diedero. - 7, 27-17, 58.b — Il comune di Trieste conta lire dieci e soldi due di piccoli ai suoi delegati che appianarono le differenze insorte tra i villici di San Girolamo (Contovello) e quelli di Prosecco. - 33. — Nella pace di di Luneville, come dall' articolo III, l'Istria ex - veneta viene aggregata all'Austria. 41, num. 19, 243. (M. V.) — Il senato ordina al podestà e capitano di Capodistria di nominare stipendiano pedestre con lire dieci mensili il milite in castel Leone, Marco Paoli di Venezia, e di consegnarli 200 lire dai beni di Marco del fu Pietro Cavalerio di Capodistria, tratto a morte per congiura da lui ordita e svelata dall'anzidetto Paoli. - 7, 16-6, 48.b — I giudici della città di Trieste immettono nel possesso della carica di medico fisico del comune ser Fabricio dottor de Earbertinis da Bologna. - 22, 32,a (M. V.) — Ducale Loredan che officia il podestà e capitano di Capodistria, Pietro Balbi, di mandare le due compagnie di cavalleggieri (cioè i cento Stradioti) nel Friuli assieme ai loro capitani, Nicolò Tracagnotti e Lazaro Crano. - 4. (M. V.) — Il veneto senato conferma i capitoli da osservarsi nei pubblici dazi, e che vennero ventilati dalla camera fiscale di Capodistria. — 44, 290. — Papa Onorio III officia il patriarca di Grado, Angelo Barozzi, perchè intimi a Corrado Boiani della Pertica, vescovo di Trieste, di portarsi a.Koma per rendere stretto conto delle violenze da lui usate in Gemona ai legati pontifici, dirètti al re d' Ungheria. - 4. ■ —.Venezia ordina ad alcuni podestà dell' Istria a non permettere ai rispettivi comuni alcuna innovazione sui beni dei veneziani, nè d'imporre dazi sulle loro merci senza un permesso del doge. - 46, I, 140. — Fermapace e Steno di Muggia, prigioni del patriarca d'Aquileia, si obbligano con giuramento di non allontanarsi da Udine senza un di lui permesso. - 9. 103. — Giovanni, vescovo di Trieste, vende al Comune parte de' suoi diritti, riserbandosi le decime ed i censi feudali. - 45, 51. — La città di Trieste manda a 'Venezia Marco Raniffo (Ramfo ?), Randolfo de' Basilio e Cremonese Cattapane, perchè depongano il giuramento nelle mani del doge di voler osservare gli antichi patti e contribuire le solite regalie. - 46, I, 36. 12. 1300. — Civldale. Il patriarca dà investitura di alcuni beni feudali,, situati in Castel Venere. - 9, 32. 12. 1304. — Il patriarca Ottobono invia Arrigo de' Pramperg, Manfredo de' Porcia e Pietro d'Udine al papa Benedetto XI, perchè definisca la questione sui diritti dell'Istria, contesi da Aquileia, da Venezia e dai duchi di Carintia - 14, XXXI, 171. 12. 1358 (M. V.) — Il veneto senato condona alla villa di Dignano 400 lire di arretrati e 1' imposta per altri dieci anni, in riflesso che gli abitanti erano risoluti di riedificarla, perchè minata ed arsa dagli Ungheresi nell'ultima guerra. -7, 28-18, 90.b 12. 1460. — L'imperatore Federico dà a Martino Snitzenbaumer in amministrazione per due anni il castello di Piemonte verso l'annua corrisponsione di 70 funti di pfenig. - 14, X, 233. 12. 1462. — Luchesso Musez, conestabile di Popecchio, notifica al podestà e capitano di Popecchio di aver rimesso le'croci di confine nella villa di Prapocchie, scalpellate tempo fa da que' di Trieste. - 25, 162.b 12. 1492. (M. V.) — Ducale Barbarico che officia il podestà e capitano di Capodistria, Domenico Mafipfcro, a rèndere avvisati i podestà di Muggia e d'Isola, perchè comandino ai loro comuni di concorrere all' armamento della galea giustiuopolitana. 25, 267.a 13. 1291. — Il senato veneto scrive al podestà e capitano di Capodistria di vettovagliare il castello di Moccò e di metterlo in tutt'ordine da poter resistere ad ogni aggressione nemica. - 46, I, 168. 13. 1347. — Udine. Il patriarca Bertrando nomina in marchese governatore d'Istria Stefano di Cividale. - 9, 110. 13. 1357. —Udine. Il patriarca Nicolò concede ai delegati del comune di Muggia, Ottonello Baroni e Paolo del fu Zero di eleggere il podestà di Muggia, e conferma per sei mesi l'eletto nella persona di Conone di Pertistagno. - 9.128, - e 4. 13. 1388. — Si gittano le fondamenta della chiesa e del monastero dei Minori di San Francesco in Muggia, ove il vescovo di Pedena, fra Paolo dei conti d'Urbino, benedice il cimitero. - 32, 18. 13. 1462. — L'imperatore Federico.appalta per altri due anni in amministrazione il castello di Piemonte a Martino Snitzenbaumer. - 14. X, 383. 13. 1480. (M. V.) — Ducale Mocenigo che ordina al podestà e capitano di Capodistria, Domenico Morosini, a procedere con clemenza nella riscossione della decima delle chiese. - 25,228.a 13. 1508. — Il vicedomino della Carniola avvisa la città di Trieste a tenersi ben in guardia contro la Repubblica di Venezia. - 23, IV, 328. 14. 1339. (M. V.) — Il veneto senato, udita la man- canza dei grani in Capodistria, acconsente che il podestà locale, Leonardo Mocenigo, impieghi nella comprita di grano quel danaro che avrebbe dovuto spendere nella costruzione dei XXV pàssi delle civiche mora giusta la commissione datagli. - 7, 18-8, 89.a 14. 1358. (M. V.) — Il senato, posto ^attenzione alla fedeltà del giustinopolitano Paolo de' Casto nella rivolta del 48, gli accorda una graziale mensile di lire sei di piccoli. - 7, 28-18,91.a 14. 1398. — Àqùileià, Il patriarca Antonio Caetani domanda ai capitani delle, venete galere di poter spedire a Muggià farina, calce e ferro lavorato, e di poterne ritirare per proprio uso vino ed olio. - 32, 19, - e 4. 14. 1785. — 11 véscoVo di Pedena, Aldrago Antonio de' Picardi triestino, ànzicchè aderire al trasloco nella città di Segna, si ritira in patria a vivere vita privatà. - 30, Vili, 775. 15. 1295. — L' àbbadessa del monastero di S. Maria ih Aquileia investe Andrea del fu Facina di alcuni feudi col patto che arrivando ella a Trieste debba allogarla e darle un pranzo. - 14, XXVI, 269. 15. 1304. Il comune di Montona legge divieto a que' di Pinguente di danneggiare la foresta di Montona. - 4. 15. 1419. — Un forte incendio scoppia nell'officio della vicedominarfa in Trieste, ed ove le scolte notturne non si fossero prestate con ogni impegno, tutto il civico archivio sarebbe andato in fiamme. - 47. 15. 1425. — Neustadt. Il duca Federico applaude alla nomina di Nicolò de Aldegardis a vescovo di Trieste, loda il capitolo triestino che volle difesi i suoi diritti di nomina, assicurandolo che scriverebbe a Roma per la conferma. - 4. 15. 1450, (M. V.) — Ducale Foscari che ordina al podestà e capitano di Capódistria, Marco de Leze, di prendere la rappresaglia contro i sudditi del Walseè, signore di Duino ov'entro l'intero mesa di marzo non risarcissero i danni dati a que' di Pirano, cui avevano rubato gli animali. - 25, 123 .a 15. 1514. — 11 comune di Trieste invia il messo Luca da Uremo con un dispaccio al campo nel Friuli por avvertire il capitauo delle truppe d'un tradimento che gli sovrastava. - 33. 15. 1732. — Il comune di Trieste proibisce d'introdurre in città vini dei luoghi veneti,, minaccia ai contravventori, nonché la confisca del vino, anche quella dei loro beni. - 29. Scritti inediti del Dottor Kandler (Proprietà dell'A.rchivio provinciale) Lettera al Kancller sui popoli alpini dell'Istria citati da Plinio — ed appunti sulla medesima. Pregiatissimo signor Dottore ! Sinché Ella, illustre Signore, non s'è occupato dei quattro popoli alpini che Plinio coli'aggiunta d'illustri rammenta esistenti a' suoi tempi fra Pola e la regione di Trieste, essi passarono si può dire inosservati, non essendovi stato, ch'io sappia, alcuno storico che avesse voluto indagare dove almeno verosimilmente, siano da porsi le sedi di ciascuno de' medesimi. .Questi popoli non occorre ch'io il dica, sono i Secussi, i Subocrini, i Catali ed i Monocaleni. Ai primi Ella assegnavi, anche nella recente bella sua Epistola al Dr. Egidio Mrach, il posto nei monti costituenti 1' antica cessata Diòcesi di Pedena, ai secondi la regione subalpina del Piiiguentino, ai terzi la regione del Timavo soprano ossia della Piuca, agli ultimi il paese al disopra e ad occidente di Trieste. Il testo di Plinio nelle comuni edizioni è il seguente; Incolse Alpium multi populi, sed illustres a Pola ad Tèrgèstis regione» Secusses, Subocrini, Catali, Monocaleni, juxtàque Carnos quondam Taurisci appellati, nunc Norici. In una memoria del D.r Carlo Buttazzoni inserita nel I fascicolo Vói. II dell' Areheografo Triestino pag. 321, trovai con mia sorpresa invece di Secusses, scritto FecUsses, che dapprima ritenni errore di stampa. Da prese informazioni porò ho rilevato che nell' edizione di Plinio di D. Dellescex, Berlino presso Weid-mann 1866, e nei più rinomati codici manoscritti sta effettivamente Fecusses, di cui sono varianti Fecues nel Codice Leidense Vossiano del secolo IX, ed in quello contemporaneo di Parigi, mentre il codice Riccardiano dell'11° e 12° sècolo ha Ferses. Ho sempre pensato che siccome tante denominazioni di antichi luoghi durano fra noi o manifeste e precise o nascoste, però in modo che un critico (ed Ella ne diede copiosi esempii) ne solleva facilmente il velo che lo ricopre, dovrebbesi pur rinvenire qualche traccia che ricordi quelle antichissime popolazioni, anche attraverso della susseguita romanizzazione della Provincia, e di altri pòpoli che da Carlo Magno in poi si vennero loro soprapponendo ; e ciò vieppiù dacché non è a porsi in contingenza che gli slavi, come lo dimostra anche la moltiplicità delle loro schiatte sparse per i nostri contadi, furono trasportati fra tìoi non già per violenta occupazione di guerra, ma lentamente, in via pacifica, da paesi vicini e lontani, per riempire i vuoti, che guerre e pesti avevano prodotti nelle campagne ; senza dire delle traslazioni che operarono i baroni già nei primi tempi dell'introduzione del sistema feudale, per rafforzarsi con genti nuove contro i recalcitranti istriani teneri degli antichi ordini municipali. Per tal modo, ciò che non avviene facilmente dove le invasioni nemiche sono accompagnate da sterminio degli abitanti, la commistione di genti nuove alle antiche, non fece tra noi onninamente cessare l'antico, e le tradizioni di questo rimasero, sotto una forma più o meno corrispondente al vero, perpetuate. Difatti i Monocaleni, i quali per 1' enumerazione topica che fa Plinio di detti popoli si devono cercare nei dintorni di Trieste, Ella li ha scorti colla guida del castello di M(incoiano, ad occidente ed al di sopra di questa città ; il monte Catalan appiedi dell'Albio le diede la traccia per trovare le sedi dei Catali. Il primo dei popoli enumerati da Plinio procedendo da Pola sono i Secusses, o Fecusses, sono questi quindi a cercarsi nei monti a questa città più prossimi. Nel rapporto sull'Istria presentato nel 1806 al Viceré d'Italia dal Consigliere di Stato Bargnani, e pubblicato nella Porta Orientale del 1858, è rammentata la strada che da Pola per Dignano, Filippano, Carnizza, attraversando il Canale dell'arsa saliva per l'erta e scoscesa montagna di Segus ad Albona. Questo monte, se non foose fuori dei confini dell'Istria d'allora ricorderebbe i Secusses. Sia poi che vogliasi leggere Secusses o Fecusses, io credo doversi tenere conto della desinenza in «8, che si trova nel monti Canùs sopra Pisino e karkùs sopra Rozzo. Ma altri monti ancora hanno 1' ks, oppur l'os che è semplice modificazione ; di pronuncia o come radice o come terminazione, così il Caldiero o Monte-maggiore viene dagli slavi appellato Ucka, o anche Us - ha, vi sono vicini il Berlos - nik, il Barus, - niak, l'Oseale, presso Lanischie Clenos - ciak. Osserverà qui che il nome stesso di Volosca, che gli slavi vorrebbero ora derivare da FoZ-bue, ove però nè vi sono nè vi potevano essere buoi da darle il nome, io lo reputo accennante ad Osca od Usca, che potrebbe essere stato l'appellativo celtico del Montemaggiore. Forse l'attiguo porto di Preluka che in islavo significa niente altro che porto, o veramente regione al porto come Primorie esprime paese al mare, litorale) si chiamò dai Romani Vallis Osca d'onde Yolosca, che naturalmente v'appartiene, — come vi ha a Lovrana la Val Cessara e Val Medveja, che, dicono là, non essere altro che Valle Cesarea e Valle Medea. Io pertanto non limiterei questo pòpolo all'agro della Diocesi di Pedena, in primo luogo perchè esso mi risulta troppo piccolo per poter meritarsi il nome di illustre; in secondo luogo perchè non v'ha un confine naturale che dividesse quest'agro dagli altri arenarti che gli stanno attaccati a settentrione, per lo meno sino alla valle del Quieto che arriva a Rozzo, formando un geografico complesso con questi. — Crederei invece che a questo popolo debbasi assegnare tutto quel tratto di paese che comprende i monti arenarii dall'Arsa al Carso, dalla Dragogna alle vette del Montemaggiore e del prossimo gruppo di monti, Planik, Berlosnik, ed altri suddetti. E qui osserverò che le desinenze di questi in ik e ak, se è vero che sono proprie di Celti, lo sono anche degli Slavi, esprimendo qualità còme le desinenza italiane ano, ino, oso, ecc. Così p. e. l'Albioo Nevoso essi lo chiamano Sues-nik da sncg o snìg — neve. Vengo ora ad esporre altre ragioni per cui sarei indotto di estendere nel modo suindicato la regione dei Secusses o Fecusses. I castelli e le ville del Pinguentino (escluse quelle del Carso), tra cui v'è Grimalda che apparteneva alla Diocesi di Pedena, sono abitate, come notai altra volta nel giornale 1' ^Istria" da ,una popolazione che viene appellata Fucki; essi si distinguono per una berretta bianca di filo, di forma frigia, quale usasi tuttodì in alcuno parti del Nord della Francia, come ho letto testé in una corrispondenza dal teatro della guerra ; questa berretta per l'addietro, ed a mio ricordo, usavasi anche a Bogliuno, Pas, Borutto, Previs, Gradigne, Gol-legorizza, Ceruglie, e Novaco, al tempo d'estate, mentre d'inverno adopravasi il solito berretto nero cilindrico di feltro. I Fucki parlano uno slavo sgrammaticato che è mistione di varii dialetti e con pronuncia particolare; conservano l'w gallica, e cangiano volentieri la l in v; p. e. mentre gli altri slavi esprimono il sono stato con san o sam bil, bio o bìu, secondo le differenti razze essi dicono san bio biv; invece di pasul (fagiuolo) pronunciano pasiiv. Fucki, in singolare Fuciak, non è voce slava, nè si sà cosa significhi, nè di qual lingua sia. Ora i Fecusses, Fecses ce lo spiegherebbero. Penso the il uome di Fecusses, Fucki attualmente, datò ora soltanto 'ai Pìnguentim dai contermini slavi del distretto di Pisino, siasi perduto per le forti colonie slave icroate trasportate dai Conti d'Istria nel proprio territorio. Gli slavi dei Comuni di Pedena, Scopliaco, Tupliaco e parte di Gollogorizza, quella cioè Sul versante dell'Arsa, sono, come credo, venuti dalle isole dalmate, al pari di quelli dell'Albonese, però frammisti a romanici, e lo iudicherebbero le fisonomie, il vestito, la vivacità nei movimenti e nel linguaggio, e la pronuncia. Queste sovrapposizioni di popoli, potevano bastare a cancellare in questa parte il nome, il berretto conico, la pronuncia insomma ogni traccia dei Fucki o Fecusses. Ora estendendo io questo popolo anche alla regione dove Ella pone i Subocrini, m'è forza necessariamente trovare un posto per questi ultimi. Essi traggono il nome dall'Ocra, iElla ,sa meglio di me cosa sia l'Ocra, perchè me 1' ha insegnato con Strabone, il quale ne parla in due luoghi : Ocra autem pars est Alpium humilima qua ad Garnos accedunt (scilicet Iapodes); ed altrove meglio: Est autem Ocra pars Alpium a BJietis ad Iapodes porrectarum humilima ; apud Iapodes rursum se attolunt montes et vocantur ATbiì. Essa offriva tre passaggi, per Nauporto ed indi Aemonia, per la palude lugea, per Tarsatica. Vorrei credere che gli abitanti dell' Ocra, oltrecchè coi particolari nomi dei singoli popoli, venissero appellati anche colla denominazione generale di Ocrini, come diciamo tuttodì Carsolini a tutti gli abitanti delle varie regioni del Carso, di stirpi differenti, e crederei che essa denominazione siasi conservata nel nome dei Berkini che vieu dato agli abitatori dei monti arenari del distretto di Castelnuovo, perchè questo nome assolutamente non può essere, come vorrebbero gli slavi, uno storpiamento della voce Verkini (abitanti delle cime), in primo luogo perchè la desinenza qualificativa in ini non è slava, poi perchè gli slavi non avrebbero cangiato la radice Verli (rima o vetta, o eminenza) in Berlo che presso loro non ha significato, se si eccettui la parola berke (che però è croata e serba) e significa mustacchi, ma che nè i Berkini, nè alcuna altra razza slovena usano portare — mentre all'opposto sino a mezzo secolo fa erano comuni ai Cicci, ed io stesso trovai fra loro dei vecchi che ne erano forniti ancora nel 1846. Sono poi d'avviso, che la voce Subocrini se può esprimere un popolo situato sotto V Ocra, vi può egualmente indicare una gente che occupa V Ocra inferiore. Ciò stante io porrei i Subocrini sul Carso di Pinguente e Castelnuovo e sino ai Monocaleni di Trieste, compreso tutto il territorio montano dei distretti di Capodistria e Pirano. La Dragogna dividerebbe i Subocrini di questa parte dai Fecusses. I Catali starebbero ove Ella li colloca ad entrambe le rive del Timavo superiore. Aggiunti ai Subocrini gli abitanti dei monti di Capodistria e Pirano, supponendo che nel nome di Savrini loro dato specialmente dagli italiani, mentre gli slavi contèrmini li chiamano Bresani — ossia montanari — siasi conservato quello di Subocrini. Fra i Savrini comprendonsi anche i Mandrieri di Trieste, e se nou i,sbaglio Ella ci fece conoscere che nel medio tempo la Karsia, la Provicia Ocriua, abbracciasse appunto anche il paese dei Savrini. Se poniamo i Fecusses o Secusses sotto la Vena o Carso istriano, v'esisterebbe tra quelli ed i Catali e Monocaleni Un grande spazio vuoto '.d'illustre popola- zione mentre forse al pari d'adesso, quella montagna ne aveva una delle più fiere. Capisco che ella vi porrà le colonie militari, ma ciò indicherebbe appunto che là v'era una popolazione delle più ardite, quali erano i Iapodi. Eccolo i miei pensamenti, che veramente non sono che dubbi; volevo farne argomento di Epistola e a Lei indirizzarla; ma dimessane poscia l'idea, ho preferito invece di soggettare colla reverenza dovuta a Lei Maestro mio e di tutti in siffatte cose, queste mie deboli opinioni, in camera charitatis. Parerno, 16 Gennajo 1871 Suo Dev.mo Aff.mo _.y, :.r <;■;. * NOTIZIE Scrivono da Pola all' Indipendente, che i negozianti della nostra provincia, stucchi e ristucchi del modo, con cui vengono trattati nel trasporto e prezzo di nolo dai vapori privati e della Società del Lloyd che percorrono F Istria, si sieno radunati in comitato provvisorio per fondare un consorzio per acquisto di vaporetti, con cni provvedere ai propri interessi ed a quelli del pubblico. Questa società sarebbe la prima per vapori nell'Istria e noi la salutiamo con gioia, augurandole prospere sorti. Che poi 1' affare abbia a riuscire, ci è caparra la circostanza che anche dei privati acconsentirono a far | parte del comitato e lavorano perchè la cosa non abbia ad abortire. Vedremo ! — "Se saran rose fioriranno» ! :J_____ r\ i i • Cose locali Il 26 gennajo ora cessato, compi vasi il quarantesimo anniViersario dall'apertura del nostro Asilo Infantile. Come abbiamo annunciato nel N. 22 dell'anno XII, la compagnia fu Lazzeri, diretta dall'esimia artista signora Léontina Papà-Giovagnoli, darà col giorno IO del corronte, un brève corso di recite tra le più applaudite del moderno teatro Italiano e straniero. Ed ecco l'elènco quale ci venne favorito dalla spettabile direzicn.è,"deT nostro teatro: I borghesi di Pontarcy — Sardou.; Gli Speroni d'oro— Marenco; Il fratello d'armi — Giacosa; Acquazzoni di montagna — Idem; Leoni e volpi — Augier; II Divorzio — Idem; Esopo — Castelvecchio; Giuditta — Giacometti ; L'articolo 47 del Codice penale — Bolot; I dispetti amorosi — Moliere; I Danicheff — Newski e Dumas; Dna pagina dell'Archivio segreto — Cormonn; Lngrezia Borgia — Vittore- Hugo; La figlia del maledetto — Turatti; Patria —- Sardo u. Appunti bibliografici Poesie di Renato Fucini (Cento Sonetti in vernacolo pisano — Nuove Poesie) Firenze, G. Barbèra. 1876. _ Siamo di carnevale. Si può adunque smettere dalla critica pretenziosa, che sale talora ad acchiappare i rondoni tra le nuvole ; e tornare al vecchio stile un po' scollacciato, onesto sempre. Penso a que' miei vecchi amici, e non sono pochi, obbligati a vivere su'pei monti in qualche remota cittaduzza o borgata, e che per tutto ' divertimento hanno sempre dinanzi la beata distesa del monti, della valle, del bosco, del tacito serpeggiante Quieto, del mar lontano lontano, dell'Alpe Carnica col suo bravo tricornuto Cavallo che si estolle di là dall'acqua, e pare dica in suo muto, eterno linguaggio : Sono qui, amici miei, sempre immobile, sempre lo stesso; e si giurerebbe faccia l'occhiolino al Monte Maggiore altro faro, altra spia posta di riscontro da mamma natura, a vigilare 1' ultime acque dell' Adria. Se stiamo allo Stoppani e a tutti i geologi, verrà giorno che il Tagliamento, l'Isonzo, e tutti i cento fiumi e torrenti dell'Alpe avranno riempiuto il golfo; e la grande vallata del Po si prolungherà fino a Salvore ed a Pro-montore ; e allora i nostri cefali e le triglie e i sardoni sentiranno contrada aequora secondo il motto di Orazio; e allora addio, brune barchette, addio, sandalini volanti sul mare. Ma a compiere questa grande opera ci vogliono settimane e settimane di secoli, e noi, e i nostri figli e nepoti fino alla centesima e millesima generazione saremo tutti a cantagrilli ; perciò, lasciando da parte le rivoluzioni telluriche di là da venire, gli è meglio, tornare agli amici come sopra, che per tutto divertimento carnevalesco hanno la bella vista di giorno e la sera il concerto delle campane. Amici miei, soffrite di malinconia, avete proprio bisogno di uno svago. ? Senza scendere fino a Trieste, a sentire, Dio sa che musica, con molto strazio delle vostre orecchie, v'insegnerò io il modo di passar bene non una, ma due, tre, dieci sere. Mandate un vaglia postale al signor Barbèra editore a Firenze ; ed egli in cambio vi spedirà le Poesie di Renato Fucini; e per tre lire voi potrete ridere e far ridere gli amici, di quel riso sano, che aggiunge un filo alla trama della vita, come diceva quel tale, e guarire così dallo spleen, dalla noja, dal mal di fegato, e dalla musoneria nordica ; malattia dominante. Il Fucini da molto tempo noto in Toscana quale uno dei primi, anzi il primo poeta in vernacolo, da poco in qua, grazie a qualche sonetto fatto conoscere a tutta Italia dal Fanfulla, ha esteso la sua fama, ed è reputato degno di entrare nell'eletta schiera dei Porta, dei Belli, dei Nalin, dei Zorutti ecc. Non abbiate paura del vernacolo pisano ; fatta eccezione di qualche storpiatura, del R che si cangia in L (toldo per tordo), e del L in R. (la farda per falda), la lingua è fresca, viva, spigliata, italiana. Si aggiunga che il poeta si è messo poi a comporre anche in italiano; e che abbia vinto la prova lo dimostrano le sue poesie nella seconda parte, e specialmente — La mamma tisica — che è tutta un giojello. Il Fncini ha'tutti i pregi e i difetti del popolo che lo inspira; perciò la sua non è poesia a soggetto, a tesi; egli canta per voglia di cantare, perchè si vede dinanzi certi tipi quasi sempre allegri, qualche rara volta mesti. Non è quindi nè ateista, nè materialista ; non vi parla di se-lections e di materia eterna ; ma non perciò intuona 1' inno sacro o la sequenza. Ci fotografa il popolino credente, le sue feste, le sue superstizioni; ci fa ridere, e il popolo stesso, trovandosi messo un po' in caricatura, ci pensa e do venta migliore. San Ranieri protettore di Pisa è un gran santo di quei buoni ; ha piena la nicchia di ori, e . . . „sai non dubitare, Se glieli danno c'è le su' ragioni,. Ma non fa la grazia, e non ismette dai flagelli, se non lo portano in processione. Un'altra volta però è buono di fare il manesco, e di obbligare Domenedio per «e- forza a finirla con la piena d'Arno ed altri malanni. Precisamente come a Napoli dove s'implora il Signore a pregare San Gennaro, perchè mandi la pioggia, e a Capodistria ove la Madonna "e sarebbe anche pronta a mandar la pioggia, ma è San Nazario che non lo vuole,,. Lassiate adunque passare i lanternoni e i gonfaloni ; non me lo pigliate a contrappelo il popolino ; altrimenti è buono di pigliare a sassate la carrozza del vescovo, e a lattone le vostre tube : egli crede al suo Santo come i Pisani a San Ranieri: è un certificato di nazionalità anche questo ; e dei certificati si ha sempre a tenerne conto. Tornando al Fucini dirò che spiace nel poeta popolare (difetto veramente comune a tutti gli altri) vedere come talvolta si abbassi ad accattare parole e motti plebei che offendono il decoro dello stile; mi affretto però ad aggiungere che se qualche volta è un po licenzioso non è mai corrotto, e non ha nulla di comune coi poetastri moderni che strascinano l'arte in bordello. Scivolare, minacciar di cadere, e rimettersi subito, passi; ma avvoltolarsi nel fango e dire: come si sta benino in quest'acqua di Colonia, viva Dio! non si ha a tollerare; e fra licenza e corruzione ci corre un gran tratto. Ipocrisia, diranno i nuovi professori di rettorica ; nossignori è creanza. E sia pure ipocrisia; alla fin de' fatti fini anche l'ipocrisia è un tacito omaggio alla virtù. Ma come è spontaneo il brio, come ammirabile la vis comica in queste poesie ! Vi trovi la schietta allegria, quella vena inesauribile del ridicolo spontaneo, facile senza raffronti, senza troppe antitesi, senza stiracchiamenti, che dal Boccaccio al Giusti ha sempre sgorgato dai nostri scrittori popolari: certi tipi eterni del ridicolo ritornano in campo, e ci fanno sbellicare dalle risa; così quel Priore a pag. 29 (Consigli a uno sposo in elba) (erba) che ha un segreto agguantatore per scacciare i bai (vermi) ai bambini. Si è tanto, e in tutti i tuoni, decantata la gentilezza toscana, che a molti dei nostri parrà strano di trovare in qnesti versi tipi di popolani bestemmiatori, rissosi, maneschi. E non dee far maraviglia. La gente aggraziata e pacifica si ha a cercare su' pei monti col padre Giuliani; la pialla dei Medici e successori non ha potuto correggere appieno la buccia un po' dura dei nepoti di Farinata. Nelle città, a Livorno e a Pisa specialmente, i béceri sentono un rigoglio, un' abbondanza di vita; il Guerrazzi poi si era proposto pe' suoi fini di educare, come diceva, una gioventù feroce, e vi è riuscito. Cessato lo scopo, molti di que' popolani si sono gettati all'internazionale e ad altre novità, senza capirle, par di far qualche cosa. C' è da sperare che 1' Italia, migliorando le sue interne condizioni abbia ad aprire a questo popolo attivo, un nuovo e più nobile campo di azione. Il poeta educatore intanto alza la voce a correggere questi impeti dissennati e grida: Di nulla nulla, giù 'na stilettata .... Assassini! e nun pensan ar dolore D'una povera mamma disperata. Frequenti sono questi accenni al dolore; anche tra il riso spunta spesso una lagrima sul ciglio del povero popolo, e quanto efficace! Allora la musa del poeta pisano diventa gentile e mesta ; il sole giuoca a rim-piattelli, pioggia e sole ad un tempo; si ride e si piange : prova certa di grande ingegno. Eccone esempio in questo sonetto italiano, che va fra i più belli della moderna letteratura: La canzone della poma Nena — Tre cose, al mondo, non si scordan mai : La Gioventù, la Mamma, il primo Amore; E se posso scordarle tu lo sai, 0 disgraziato mio povero core. Orfana e sola, nell'amor sperai Conforto a questa vita di dolore : Un angiolo mi parve e l'adorai; Era pur bello, e mi rubò l'onore. Ora è finita. Se la morte viene, ] Pallida mi vedrà sì, ma serena: Da lei sola m'aspetto un po' di bene. — Ripetendo la mesta cantilena, Cerca, nel cauto di sue lunghe pene La pace che non ha ... . povera Nena! Chi ha scritto questo sonetto mostra di aver ali per sollevarsi a' più sublimi voli. Il Fucini ha cominciato precisamente come il Giusti; ripudi qualche composizione licenziosa, rinforzi con lo studio le doti naturali; e potrà essere non solo uno de' più originali tra i nostri poeti giocosi ma il primo poeta satirico dell'Italia nuova. Che se il suo genio o le occasioni non lo portassero più in su; rimanga pure al suo posto : in mezzo a tanti affannoni, a tanti ciaccioni,'a tanti palloni gonfi c'è sempre da ridere, e qualche cosa da fare. Che dire da ultimo della lingua e dello stile? A tesserne le lodi sarebbe un sine fine dicentes. Una bella novità sono quei sonetti a dialogo, spigliati, naturali, che pajono cascati dalla penna. Ne riporto uno ad esempio, e finisco: II Battesimo d'un cavallo Tizio Indovinalo un po'? ... . cento zecchini! Cajo Sorbe! è un bell'animale, ma è salato. Tizio Ma, credi, va; va da levare il fiato: Ci ho già finito un par di barroccini. Cajo Bello !.. per quello è bello, — ben tagliato; — E quant'anni? Tizio Puledro. Ha due dentini — Cajo Sitoso? (') Tizio Non saprei . . sì . . coi bambini — Oajo E lo chiami? Tizio Non l'ho anche battezzato. Anzi, guardiamo, se mi trovi un nome Corto, ma che però faccia sapere Come il cavallo scappa forte, e come . . . Cajo Razzo ti piacerebbe? Tizio No! Cajo Sparviere ? Tizio Sì . . . Sparviere s'accosta, ma siccome . . . Cajo Te l'ho trovato: chiamalo Cassiere. E non aveva ragione di dirvi che il Fucini vale l'opera buffa e le mascherate del carnevale,? (*) Ombroso ' P. T. Bollettino bibliografico Annunziamo con piacere la prossima pubblicazione di un nuovo girnaletto pedagogico col titolo 11 Giornale d' Infamia, che l'egregia educatrice signora Rosalinda Polli, direttrice della Scuola Speciale per le istitutrici della infanzia di Milano, si propone di scrivere a vantaggio delle air. ten* .a .