ANNO VI — -..■■«■• * -vr >,, * •• -M. ■.V • Sabbato 4 Gennajo 1851. Esce un^volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione.— ' L'abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. i . LETTERA. Del Signor FRANCESCO ALMERIGOTTI / Nobile Giustinopolitano ! i Al Signor ■ .» ANDREA BONOMO Nobile Tergestino > ' SopreJl' antica Corografia della Città di Trieste. Continuazione e fine. Vedi N. 52 anno V.). Inf ti quand' anco ignote ci fossero le dottrine predette Ilora quando veggiamo descritte da Strabone Larissa ittà, t,arissa Villaggio, Eraclea *vCittà, Eraclea Villaggi' Merone Città, Merone Villaggio, Ornèa Città, Ornèa silaggio, Pellena Città, Pellena Villaggio, Pitana Città, Ppna Villaggio, e tant'altre che per non attediarvi tralapio di enumerare; come mai credendo queste fra se (esse separate, e distinte, lultocchè d' un medesimo nfne; altresì poi creder potremo, che Tergesta Villa d Carni e Tergeste Colonia degl' Istri fossero una cosa Rissa, quand'anco non vi fosse distinzione da Tergeste J Tergesta, e non ci fosse questa in appresso con varie ^dicazioni sull'Alpi Carniche da Strabone di most: . po d'averci egli insegnato nelle descrizioni d' I-talia il Lib. V. a che dal Timavo fino a Pola si estende il Lid degl'Istriani, e che nel mezzo di esso è situata la Co nia di Trieste, descrivendoci nel Libro VII la stradi per la quale da Italia, e d'Aquileja passavano le mere zie a Nauporto, salendo per quel Promontorio, eh'è J più bassa parte dell' Alpi,,, ci rappresenta in seguite che da Tergesta parimente si passava il Promontorio »tesso, andando alla palude Lugea, presso della qual ergesta erano molti fiumi, per via de' quali verso Tran ntana navigavasi perfino al Danubio. ^Prendendo dunque in esame queste locali indica-ziorfeon l'oggetto di rilevare in qual parte situata fosse | stessa Tergesta; volgete vi priego lo sguardo all'Mi Carniche, a quel luogo che oggi chiamasi della Poieba, ed ivi ravvisando la più bassa parte dell' Alpi stt ie, che dalla Rezia fino alli Japidi si estendevano, eh ?ale a dire iL Promontorio suddetto, o sia l'Ocra co da Strabone nel Lib. IV. chiamato, e considerando al ìsì in quelle vicinanze la predetta Tergesta rilrova- . ; i t; .- - " ■ "7 i" ; rete il Lojo Lugeo in quello di Rabli ; li fiumi- «che al Danubio portano le loro acque, li Popoli Taurissi presso de' Carni da Strabone ') e da Plinio a) additati ; e così pure Nauporto loro Colonia, la quale non so intendere come possiate figurarvela fra li Pannoni in Lubiana tanto distante, quando il predetto Vellejo Palercolo 3) la dinota appunto nella situazione predetta, rappresentandola sul confine dell'Italia, la quale al dir di Erodiano4) era circondata dall'Alpi predette, che dal Mar Tirreno si e-stendevano fino al Seno Jonio riconosciuto in questo Seno Tergestino per le dottrine di tanti antichi Scrittori. 6) Io non credo che d'uopo sia, che maggiormente mi estenda su di questo argomento, parendomi che da quanto fin ad ora vi ho esposto possiate aver pienamente compreso l'inganno vostro e di tutti quegli eruditi, li quali senz'avvedersi di quai confusioni, e di quante im-plicanze reo facevano un Geografo di singoiar merito, qual è Strabone, considerando Ji Carni Popoli marittimi, adattar volsero il citato di lui passo di "Tergesta Vico Carrucola quella intelligenza che data avevano alle confuse descrizioni di Plinio, e di Tolomeo, che fu il primo falso interprete dello stesso Plinio, quando queste per l'opposto dovevano essere adattate agli insegnamenti di Strabone e degli altri surriferiti Scrittori, che ci dimostrano gì' Istri sempre contermini alli Veneti, e sopra di essi situati li Carni. Leggete adunque, e rileggete le dottrine predette, combinatele, e tornate a combinarle in quanti modi voi volete che io sono certo, che non avendo voi tanto ardire di tracciarle di menzognere, nè potendo estendere al di qua di Aquileja li Veneti, e considerarli contermini agl'Istri^quando frapponer vogliate fra essi li Carni, dovrete alla fin confessare, come confessar dovette a mia Strab. Lib. IV. * 2) Plin. Lib. BI. c. Xl 3_) Vellejus Pat. 1. 4) Herodian. Lib. VII. Hi sunt longissimi quidam Mon- tes vice murorum Italiana circuoadati in longum por-recti, ut universam Italiam comprehandant. Laeva ad Tyrrhenum, dex'era ad Jonium usque pertin-gentes. 5) Dionysius Halicarnas. Lib. I. Appianus de Bel. Illyr. Lucianus in Dialou. Cassiodor. Lib. XII. Ep. XXI. & XXIV. Ascens. in Coment. Virg. Lib. I. Stephanus Byzant. ad. voc. Jon. Aliique. persuasione il Co. Carli, che li Carni non fossero popoli marittimi, ed in conseguenza che l'odierna Città di Trieste descritta dai più antichi Scrittori qual Romana Colonia, non sia la stessa Tergesta YiHa de' Carni, che fin ad ora voi insieme confondevate. Vi ho detto quanto posso dirvi. Mi resta pei" a'tro da dire ancora, che quand' anco supponere voleste che al tempo di Plinio fossero stati in Aquileja introdotti li Carni per disposizion dei Romani, ciò nulla ostante 1' antica Istria sempre sarebbe stata quale vi fu da me descritta, nulla giovando una tale supposizione a giustificare l'inganno fin ora corso, da cui derivate sono tutte le confusioni, e gli equivoci, fra quali fu fin ad ora inviluppata l'Istriaca Corografia. Credetemi. CAPPELLI CIVICA »I S. PIETRO. Da lungo tempo il Comune voleva eretta una cappella sulla piazza di Trieste, ma fu contrariato nel proponimento. Pietro Onorati, cittadino di Trieste, venne in soccorso ordinando per atto di ultima volontà nell'anno 1367, che venisse costrutta sulla pubblica piazza chiesetta al titolo del Principe degli Apostoli, volontà che ebbe anche compimento. La facciata venne tutta rivestita di pietrasquadrata a corsi regolari dei quali due bigi di arenaria, alternati con uno bianco di calcare; decorata con occhio rotondo che dava luce, ad imitazione del grande che è al duomo. Erasmo Brasca Milanese, capitano di Trieste, ri-staurò nel 1500 questa chiesa, e siccome contiguo era il pubblico palazzo di residenza del Municipio si ha conferma che fosse cappella del Comune, per le divozioni di questo. Nel 1602 cessata fiera peste che aveva assai travagliata la città, il Comune fe' per voto alzare cappella a S. Rocco costruendola a Iato di quella di S. Pietro, pnr modo che una sola ne fosse la facciata, conservando nell'aggiunta il carattere della prima; aperta poi per arcata comunicazione fra le due cappelle. 1 Secondo quanto vedovasi in queste cappelle doppie, la minore era dedicata a S. Pietro, la maggiore alla B. Vergine; in questa veggonsi tuttora i seggi disposti pel Consiglio minore di allora che era di quaranta, cantoria, organo, per funzioni anche maggiori, pulpito dacché il Comune teneva predicatore e ne corrisponde tuttodì l'onorario, e teneva cappellano proprio che tuttora stipendia. Questa difatti era fino ai nostri giorni la cappella dei governatori, e dei principi imperiali quando si trovavano in Trieste, e fino quasi ai giorni nostri era la cappella del Comune, come altri Comuni di maggior rango le ebbero. Fino dal suo primo sorgere la cappella di S.Pietro fu argomento di questioni col capitolo cattedrale, che era l'unico paroco di Trieste, ed appena nel 1629 furono composte le differenze perdurando il capitolo nel fare le funzioni maggiori allorquando il consiglio interveniva ai divini offizl, ed adempieva i voti fatti dalla città; oggidì è 1' antico uso caduto in obblivione, durando solo il nome, e le corrisponsioni a carico del comune. La palla che era nell'altare di S. >ietro e che tuttor conservasi, fu opera di Santo Peraida discepolo del Palma e del Corona, che la dipinse pe commissione del Comune dopo il 1820. Intorno il 1820, la cappella di S. Pitro fu compresa nel diroccamento di parecchi edilìzi ulla pubblica piazza, che si dissero pericolanti per far kjgo a progetti, detti ma non eseguiti; una delle due cappelle, la minore dedicata a S. Pietro venne demlita, l'altra rimase. Oggidì la cappella che conserva il noie di S. Pietro è filiale della parocchia di S. Antonio nu&o, servendo al pubblico culto. ARCHIVIO MUNICIPALI. L'archivio del Comune va distinto in du sezioni ; quella che dicevano Archivio Secreto perchè ontenente gli atti che riguardavano il corpo intero de Comune, privilegi, concessioni, acquisti, leggi ecc. e quellache dicevano la Vicedomineria, che era veramente arclvio notarile, per atti di diritto civile privato, i quali lovevano cortrasegnarsi dal vicedominò del Comune. L'archivio detto segreto precede 1'.epoca dell' affrancazione totale del Comune di Trieste che è ol 1295, e fu Sempre tenuto presso la municipalità; ma dde carte anteriori al 1300 poche sono originali, e non abondan-ti, mostrando di avere patito spogli e guasti, t rinnovazioni, specialmente intorno il 1350 quando bllivano le questioni coi vescovi, e nei frequenti cangia/enti di dominazione di quell'epoca. L'archivio segreto u posto in ordine nel 1754 da due illustri cittadini Aldrgo de Piccardi poi vescovo di Pedena, e dal Bonomo tettner, ambedue dotti delle cose diplomatiche e dell'antihità, i quali non solo ne fecero registro, ma trassero coie dei diplomi medesimi che registrarono in due libri,1' uno depositato alla civica biblioteca, l'altronell'archiviomede-simo. L'archivio ha di codici gli statuti del 115, pubblicati dal procuratore civico nel 1850, quelli dell350, quelli del 1365, quelli del 1550 originali firmai dall'imperatore Ferdinando, un codice delle deliberaziai del consiglio del secolo XV, altro piccolo con copia i diplomi antichi; diplomi e rotoli di tempi più vicin gli antichi suggelli del Comune ; 1' atto originale del 1720 con cui Trieste accetta la prammatica Sanzio» di Carlo VI. " la Vicedominaria venne instituita formalmenltappena nel 1322, e vi si era destinato ad archivio,r»|8po-sito edilìzio isolato sopra arcate libere, posto ove oggi è la casa Costanzi. Aboliti li vicedomini da Maria Te-resia, vi supplirono i segretari del magistrato, poi es-sarono anche questi dacché pei testamenti e pei contatti non fu necessario l'intervento di Viòedomino. L'd(fi-ziò rimase chiuso ed abbandonato fino'; al 1818 dea, però soggetto a qualche spoglio parziale per infedltà di serventi. Venduto l'edilìzio* la carte passarono dain deposito ad altro, ripararono nell* archivio del magistno, uscirono da questo, ed Ór sono ricuperati. Le carte nit sono più antiche dell' affrancazione del Comune del 125, ed oltre atti civili contengono atti penali; un codice del secolo XV che registra sentenze penali venne ricuperato; quello delle leggi del Secolo XV in testo latino ed italiano andò interamente perduto, ricuperati soltanto alcuni fogli stracciati, già destinati ad involgere colori. Però dee dirsi in paragone ad altri comuni, che dal impoi gli atti sono abbastanza completi nella serie; imperfetti però quelli del governo Francese, per la impròvvida divisione che si fece di questi. & M& • --- * ■ • ■ •••' W' * Pissertazione del Sig. March. Girolamo Gravisi sopra un passo di SlraboDe risguardante Vantico commercio d'Aquileja co' Popoli del Danubio. Al Padre Gerolamo Tassis della C. D. G. Lettore di Filosofia nel Seminario di Capodistria. Qual ragione sarà, che a V. R. produr mi faccia con un punto di Erudizione, mentr'Ella "Pien di Filosofia la lingua e'1 petto,, calca presentemente un sentiero tanto diverso? Tutto in fatti sublime, libero, e spaziosissimo è il suo: angusto è il mio, ed intralciato di nolti ingombri, ed inciampi. Non può negarsi però, che ambedue non conducono alla scoperta del vero. L' oggetto dunque è lo stesso tanto degli Eruditi, che dei Fi-osofici tentativi, e sudori. Né si può dire, che meno ìerta, e sicura ci apparisca per ordinario la verità tra e tenebre dell'antichità riguardata, di quello che se si »sserva con la scorta di un raziocinio per 1' uso di tanti Secoli raffinato ne' vari aspetti della natura a se mede-ìima sempre eguale. Perchè crederei anzi di poter dire, senza taccia di troppo ardito, che se da qualche tempo iiù in là di poco più di due secoli, con le severe leggi li quella critica, che ora si è resa sì rispettabile, fosse itala osservata l'antica Storia; forse la verità ne'fatti di |uesta, non solo non arrossirebbe in vista dell'evidenza le'filosofici raziocinj ma il vero Storico trionferebbe an-:he a fronte di molte astratte speculazioni. Sia però Ietto a lode della Scienza sua prediletta; riconoscer dee la lei sola i suoi vantaggi l'erudizione. Essa fu, che laccandola da quella cieca credulità, per cui tutto ab-iracciava indifferentemente per vero quel eh' era antico, e diede in iscorta il Criterio per renderla meno timida, i più sicura nel disastroso suo viaggio; e quindi è che >ra può giungere più agevolmente a scoprire il vero tra e tenebre e tra gii errori. Ecco dunque, che sebbene n viaggio diverso, ambedue si moviamo con al fianco la tessa scorta, e ver l'oggetto medesimo. Ella può dun-ue un momento solo discendere dalle sue sublimi a-trazioni, e farsi meco compagno per una via, che indiata dalla Geografia di Strabone, mi lusingo di avere gombrata da varj inciampi. Die'egli adunque nel Lib. Axvlrja. Ò' tjatQ fiali erta za pv/a aXijtriafrt, yahjfia fih TtiPwfiaimv &iitu%a&b roti vnsQxei/jiévoie Baopàooig. àvunltX-ai Sh ó).xàtara tòv Nazùamva notaio v ini nldaxovg i^xovra (TtaSlov'g. ùveVzcu d' s/inoQeiov rote fTSQÌ tòv 'Iozqov taf 'DIvqixwv é&vtai. xofiféovai Č' ovrot fiiv tà ix &cùmi-ttig, xaì oìvov ini i-vllvmv nl&mv ÙQ/xa/ia^ais avaMvttg, xccì Ììmiov. ixeìvoi S' avdQÓnoda, xcd 6ojerci in quella Città, ma non dice da chi. 8 Ad eam.adverso Natisene amne subvehuntur a mari plurimum 60 Stadia S'egli poscia soggiunge, che tal Città "pater Emporium Illyricis Gentibus „; e chi non vede, che questa è un' altra via di commercio, che non si può mai confondere con quella dei Natisone ? In fatti in modo diverso da lui si esprime il commercio che a-veva quella Città per la vi« di terra, da quello che aveva per via di mare. Accennando quelle del Natisone, dice a f unteli ai à'òX^àci, che vale a dire "Navibus subvehuntur,,; e parlando dell' altro dice xo^ovai... ex cddzzijg... ÙQnccnà^ais, che dal Casaubono fu interpretato "auferunt mafinasmerces... curribus». Non dee dunque confondersi qutllo che necessariamente convien distinguere; come anche fu fatto del Paucirolo x) dicendo, cha " ad ipsain flumine adverso onerariis Navibus per Natisonem fluvium plus Stadiis 60 navigabatur; Vinum, Oleum, Mancipia, pel!es,juinentaqiie, eo ab Illyricis Gentibus subvehebantur„. Chiaro apparisce, ch'erano questi Illirici diversa cosa da quelle Genti, che commerciavano pel Natisone. Anzi per questo Fiume probabilmente portavansi quella medesima merci di mare, che di là poi trasportavano questi Illirici per la via di terra sopra de' Carri. Diverso era dunque il commercio, e differenti i Populi che lo formavano. Fu dunque mal inteso questo Geografo nel volere eh' egli abbia detto, che gì' Illirici portassero pel Natisone. Io loro Merci. Sopra qual fondamento si asserisce poi dal Sabel-lico, che Istriani fossero questi Ilirici? Si dirà forse, che al verbo xo/nfo«o-t, con cui si enunzia il detto commercio, invece dell' "auferunt,, dell' Edizione del Casaubono, vien dato in qualche Versione il significato di "adferunt, e "convectantj,? Su tal caso non più passivo ma divenendo attivo il commercio di quegl' Illirici, ed essendo questo precisamente di marittime Merci, d'Olio, e di Vino, si verrebbe ad individuare questa nostra Provincia, e cosi anche a giustificare la lezion del Sebellico. Suppongasi dunque per ora, che sia vario il significato di questo verbo, e che non possa d'error tacciarsi l'interpretazione diversa de' Traduttori. Dico però, che in verun modo non si può intendere, che Istriani fossero questi Illirici. In fatti non può comprendersi, che gl'Istriani levassero da Aquileja le dette Merci, delle quali per esser marittime, non aveva d'uopo questa Provincia, eh'è situata sul mare; e s'erano in particolare d'Olio, e di Vino, non può mai credersi, che invece di un attivo commercio Io facesse passivo con tai prodotti, che furon sempre suoi propij, e che anzi essa somministrar poteva abbun- l) Notit. Imp. OcciJ. cap. 36. • • '.Q'i' i i , . Trieste, Tipografia del Llojd Austriaco. dantemente non solo quella Città, ma a tutte quelle Regioni. Come poi si può intendere, che questi Illirici portassero in Aquileja le dette Merci ? S'è dimostrato di sopra, che questi non commerciavano per via di mare, ma con viaggio terrestre, facendo uso de'carri. Come dunque può credersi, che quelle genti, che, secondo il Sabelllco, abitavano "intorno all' Istria,,, rinunziando ai vantaggi di una spedita, e comoda navigazione, portassero a quella parte le loro merci sopra de' carri con un viaggio, che da Trieste medesimo sarebbe stato incomodo, e lungo ; ed assolutamente impossibile per via di terra dal rimanerne della Provincia? Chiaro è dunque, a mio credere, che questi Illirici commercianti, nè se portavano, né se levavano da Aquileja le loro merci, possono considerarsi per Istriani. Ma e qual uopo è di ragioni, dove ' il fatto parla da sè medesimo? E fu certamente un equivoco, o una ridicola correzione del Sabellico la sostituzione in quel passo d'Istriam per Istruni, che manifestamente al testo si oppone. Certo è che nel Greco si legge roìg hsqì, rov larrmv i&v 'IXXvqixàv l&veffi che suona precisamente, che quella Città servia di Emporio "a quei Popoli tra gl' Illirici, cho sono intorno all' Istro„, e non dicevi tijvItjzgìuv "intorno all'Istria,,, come dovrebbeleg-gersi per intendere degl' Istriani, Né si può sospettare un errore questo nel Greco, perchè così costantemente leggendosi in tutti li testi, non fu tal lezione mai posta in dubbio da alcuno di que' molti, e dotti Commentatori, che hanno illustrata non solo, ma anche in più luoghi corretto questo Geografo. Anzi per le addotte ragioni non mono, che per quelle, che si addurranno, sarebbe un error manifesto, se scritto fosse diversamente. Ecco dunque caduto a terra l'immaginato commercio degl'Illirici Istriani con Aquileja: caduto però rapporto all' addotto passo, che in veruu modo non può spiegarsi, come ha preteso il Sabellico. Non è però, che non si possa supporre, che questa nostra Provincia abbia a-vuto il commercio appunto d' Olio, e di Vino con Aquileja. Anzi dee credersi, che spezialmente del primo di tai prodotti, che fu sempre suo proprio, e di cui certa-j mente fu scarsa in ogni tempo Aquileja con le circonvicine sue regioni, se non affatto mancante, ella abbia' fatto un vantaggioso commercio. Questo però P avrà fatto per via di mare entrando nel Natisone, oppure nelle | Natisse, come corregge il Sabellico, o per meglio dire nell'Isonzo confuso dagli antichi col Natisone, come sospettarono dottamente Mons. del Torre (da ann. Imp-i M.i Ant. Elagab. cap. 14), e'1-Padre deRubeis (Dissert. Var. Erud. p. 213.) Certo è però, che se può credersi.»al commercio, non si dee credere, perchè Strabone l'abbia indicato« Anzi Io confessa più il suo silenzio, cheVpod si oppone ad un supposto cosi probabile, di quello che il manifesti la confessione, che gli fa /are il Sabeilioo, ch'è non sincera, ed inattendibile. <;„;,yil> «,. i, ' •( v ■ • ■ - t ■ ' ; ' ('Contìnua) . ' . :. • .Ci .'■ ' ; n. .;■'<,.?>••: CI fàm-ià f, • Redattore Dr. Kandler