ANNO XXI. Capodistria, 1 Luglio 1887. N. 13. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esc» il 1" ed il 16 d'ogni mete. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre • quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti li ricevono presto la Redazione. Pio Patria, La Nazione di Firenze, in un suo pregevole articolo sul libro pubblicato tempo fa in Rovereto col titolo : Cenni intorno aìV origine e costituzione della Società Pro Patria ed Atti della prima radunanza tenuta in Rovereto il 28 novembre 1886, fa riflessioni assai importanti in lode del benemerito sodalizio e conchiude: „I1 Pro Patria trentino, sorto in paese, alimentato dalle forze migliori, deciso a combattere sul campo della legalità, è quasi un complemento dell' associazione italiana per la diffusione della lingua italiana in Oriente; l'attività sua si estrinseca in campi diversi, ma con intendimenti molto affini. K noi non possiamo che lodarlo ed incoraggiarlo, profondamente convinti della verità del memento di Vincenzo Gioberti, che il Pro Patria ha fatto suo: Si ricordino tutti, a cui cale della patria comune, che secondo la esperienza, la morte delle lingue è quella delle nazioni, Anche 11 Corriere della sera di Milano dedica un articolo alla nostra società Pro Patria. „Se questa società, egli dice, fondata con lo scopo di promuovere l'istituzione ed il mantenimento di scuole italiane entro i confini dell' impero, non conta che due anni di vita, questa non è infeconda. Nel Trentino e nell' Istria non vi è piccolo paese o grosso villaggio dove non sia, vigile e attivo, un suo gruppo, e la società Pro Patria non domanda che di poter fare. Non è il buon volere che le manchi ; non sarà nemmeno il denaro. Qualche mese Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un mimerò separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. fa 1' assemblea dei soci d' ogni parte delle Rezie e delle Giulie fu un solenne e soave avvenimento." Annunziamo in fine che la direzione del gruppo Pro Patria di Trieste ha posto nel giorno 26 decorso, come delegata della direzione centrale, la sua firma al contratto stipulato in Gorizia per la scuola della Società, della quale vennero già eletti i maestri. Le pratiche per la sua effettuazione furono affidate dalla direzione di Trieste a quella del gruppo di Gorizia, la quale pose tutto il suo zelo ed operosità per tradurre in atto un bisogno urgentissimo, richiesto in questi tempi malaugurati, ne' quali è oppugnato il più santo diritto di un popolo, — il diritto cioè di pensare, parlare e scrivere nella lingua de' suoi padri. regata, d.i Trieste Fu uno spettacolo splendido, imponente e per la posizione infinitamente pittoresca e pel numero strabocchevole di partecipanti. Incominciò alle cinque e mezzo colla corsa di due canotti a sei remi, la Moeve della società Hansa e l'Emma dell' Esperia, montati da forti e robusti canottieri. L' Esperia, già a metà strada ebbe la vittoria e ottenne il premiò della bandiera e delle medaglie assegnate ai vincitori. Dopo breve intervallo, il campo venne attraversato dalla Sirena e dalla Tartaruga del club nautico Ausonia ; riportò il premio la Sirena. Alla terza corsa, che destò generale vivissima attenzione, e a cui vennero ammessi anche canottieri ju-niores, furono inscritti Costanza dell'Unione ginnastica e Lina dell'Adria. Tutti i canottieri godevano fama di eccellenti rematori, per cui l'esito, impossibile a prevedersi, era atteso col massimo interesse. I canotti partirono con grande velocità, colla massima che si possa dare a tal genere di imbarcazioni. Dopo quattrocento metri circa, Costanza incominciò a sorpassare Lina. La quale poco prima di arrivare alla metà dovè uscire dal campo, perchè uno dei rematori, del resto noto per la grande sua valentìa, fu colpito da forte indisposizione,., La Costanza quindi ebbe bandiera e medaglie. Venne poi la quarta corsa di giovani canottieri sopra canotti di diporto a quattro remi. Ottennero il premio Scilla e Nelusco dell'Ausonia. Alla corsa dei palischermi (schiffi),\quinta del programma, e che era attesa col più vivo interesse, riportò la vittoria, dopo lotta vigorosa ed accanita, uno schiffo dell' Adria. Toccò quindi la volta ai Parenzani, col canotto Quarnaro della società Adriaco in lotta col-PEtruria della società operaja per l'educazione fisica. I Parenzani, novelli nel diffìcile agone, propriamente juniores, ma pieni di slancio, e animati dal desiderio di farsi degni dei loro emuli e di chi li ospitava, subito ebbero il vantaggio sopra i bravissimi dell' Etruria e mantennero una bella distanza fino all' arrivo. Riportarono quindi il primo premio e la medaglia. Rechiamo qui i loro nomi perchè servauo di nobile gara ed esempio alla gioventù delle altre cittadelle della nostra provincia : Giusto Borri, — Candido Guzzi, — Nicolò Deàn, — Giovanni Franca, — Giovanni Ghersina, — Giuseppe J'rivihggi, — Luigi Bomano, — Luigi Sbisà; — timoniere : Giuseppe Vittorio Privileggi. Neil' ultima corsa cinque cauotti furono iscritti, ma vi presero parte soltanto il Cariddi dell' Ausonia, l'Ida dell'Hansa, ed il Tirreno dell'Unione ginnastica. Ottennero il primo premio i canottieri dell' Ida, secondo quelli del Cariddi. Così finì la bellissima festività, nell' ordine più perfetto, rallegrata dai concenti della banda dell'Unione ginnastica. E finiamo anche noi coi noti versi popolari dello Stradi : Coraggio, avanti ! — Son nostre 1' onde, Che ci richiamano — l'alma al piacer; Nostre le piaggie — nostre le sponde, Che a noi vicine — si fan veder! Vogliiam con ansia — voghiam, voghiamo, Pieni di fede — ebbri d' amor ; Del mar sull' onda — corriam, corriamo, Lesti nel braccio — forti nel cor ! Z. APPENDICE 1 Documento A Ai 34 d'Agosto 1550, Giuseppe Verona supplica il podestà Gerolamo Ferro ed il maggior consiglio di Capodistria, che accolga lui e suoi legittimi discendenti nel consiglio medesimo. E viene accolto. — Vedi Lettera pgg. 10 e 19, Digressione 6 pg. 67: notizia dal Libro de' Consigli N cc. 4 v. e 5 r. e v., nelle quali il documento si contiene. Si sciolgono i nessi e si muta alquanto la scrittura e l'interpunzione dell' originale. Die 24 Augusti 1550. Convocato maiori Consilio in aula palatii, in quo computata persona clarissimi domini Hieronymi Ferro, praetoris et capitanei dignissimi Iustinopolis, adfuerunt consiliari n.° ducentum triginta, ad infrascripta pera-genda, et primo posita fuit et:capta suplica teuoris ut ! infra, videlicet: 'i Alarissimo Podestà, spettabil Consiglio, Da nessuno l'uomo à ricevuto più e maggior benefici che da Iddio benedetto. Imperciocché da quello à 1' essere, è mantenuto in questo mondo, e finalmente à in dono Gestì Cristo suo figliuolo diletto. Per il che tanto siamo obbligati, che in noi non c' è altro, che soluzione di debito. Dappoi Dio a nessuno siamo più obbligati, che alla patria: perchè da quella siamo nòdriti, difesi da ogni sorte d'ingiurie ed aiutati al poter reuscire a qualche onorato fiue. Per il che dicono i sapienti che la prima madre e primo padre è la patria, la qual come amorevole madre giorno e notte altro non desidera, altro non brama, che li suoi cittadini reusciscano in bene. E però veggiamo questa spettabile Comunità di Capodistria, mia diletta patria, esser tanto sollecita | al bene, utile e comodo de' suoi tigli, quanto ciascbeduu' altra. Per il che sempre in ogni età à avuto cittadini tali in ogni sorte di professione, che sono stati di onore ed utile non solamente ad essa, ma anche a tutto il mondo. Le vestigio e buoni esempli dei quali io Iseppo di Verona dottor di legge, quanto ò potuto, ò seguitato ed imitato. Ora mo mi resta, così come nella virtù mi son affaticato nell'imitarli, che gli abbia ad imitar anche nell' affaticarmi per questa spettabile Comunità, patria e madre mia carissima, e che io faccia quel debito da buon figliuolo, così in particolare come in publico, che loro anco anno fatto. A far questo veramente, certo è, che bisogna entrare per la porta delle benignità vostre e che quelle, come tutrici di questa magnifica Comunità mi abbino ad approvare ed accettare nel numero di quelli che o con consigli o aiuto siano sufficienti di più tosto aiutarla, che altrimenti. Però, patria mia, io supplico le spettabilità vostre che con quella carità, con quella tenerezza, con quella amorevolezza e benignità, che a me e a tutti gli altri studiosi avete provvisto di precettori e maestri dottissimi ed altre infinite comodità, acciocché reuscissimo tali che per tutto il mondo | onore e gloria ne si apportasse, siate contenti con 1' accettar me e miei legittimi discendenti nel vostro Consiglio, dal quale tutta la città è governata, darmi occasione e potere che io ancora da buon cittadino tanto per la mia cara patria mi affatichi, quanto tanti altri amorevoli cittadini in ogni etade ànno fatto. Il che se le spettabilità vostre faranno, se ben per gli altri benefici gli son obbligato, per questo mai potrò pur in parte far sì, che io non gli resti sempre obbligatissimo. Alle cui buone grazie mi raccomando. Pro supplica ball. 187 Contra ball. 44 Ideo capta fuit. II Documento B Ai 26 dicembre 1576, Pietro Vergerio Favonio fa dinanzi al maggior consiglio relazione d'una sua ambasciata presso il serenissimo principe. — Vedi Lettera pgg. 10 e 19, Digressione 6 pg. 99: notizia dal Libro de' Consigli Q cc. 107 r. e. v. e 108 r. e v., nelle quali il documento si contiene, e notizie precedenti. Si sciolgono i nessi e si muta alquanto la scrittura e l1 interpretazione dell' originale. Die 26 mensis decembris 1576 Congregato maiori Consilio more et loco solitis specialiter ad infrascripta peragenda, in quo computata persona clarissimi domini Francisci Minii, potestatis et capitanei lustinopolis, interfuerunt consiliarii n.° 154. Eadem die et loco Facta relatione in loco solito publici arengbi per excellentem doctorem Petrum Vergerium Favonium suae ambasciariae, de qua in proximis ultrascriptis chartis, nec non etiam lecta omnibus audientibus in eodem pieno et generali Consilio de verbo ad verbum scriptura tenoris iufrascripti, idem excellens dominus Petrus tam in ipsa relatione quam post, eodem quo supra die et loco, coram clarissimo domino potestate, spectabilibus dominis iu-dicibus, syndicis ac uniuerso Consilio requisivit et instetit, ut eadem hic subtus ad perpetuam rei memoriam prò ut stat et iacet registraretur ac describeretur. ( Continua) COSE VECCHIE ISTRIANE Ci venne inviato per 1' inserzione il seguente elenco : In relazione all' elenco dei pubblici Uffici di Capodistria e dell'Istria ex veneta, coi relativi funzionari, all' epoca della organizzazione franco-italica (1806), inserito nel N. 9 di questo giornale, pubblichiamo adesso l'elenco seguente cogli impiegati di stato e comunali, nonché il clero, all' epoca precedente, durante il primo Governo austriaco. Governo provvisorio dell' Istria Presidente : Calafati Angelo. Consiglieri : Bocchina Francesco Del Bello Nicolò Colombani Bortolo Papadopoli Nicolò Angelini Stefano. Segretari: Contucci Gio. Maria Zugni Gio. Maria. (Personale di Cancelleria omesso). Tesoreria provinciale Venier Silvestro Maria. Ragionati : Macrì Angelo Modena Pietro. Quademiere : Del Tacco Conte Giuseppe. Ragionati del Governo: Solveni Antonio Barbarigo Alessandro. Protomedico provinciale : Urbani Dottor Leone. Ingegnere provinciale: Petronio Benedetto. Tribunale di Appello civile e criminale Preside : Calafati Angelo. Assessori : Gravisi marchese Elio Baseggio Nicolò Venier Francesco Bacchiocco Pietro Bembo Federico. Segretario : Zugni Vettor. Giudizio criminale dell'Istria Preside : Graziadio Nicolò. Assessori : Albertini Antonio Belgrado Valentino Bragadin Andrea Zugni Vincenzo. Cancelliere: Salamon Benedetto. Attuario : Baseggio Nicolò di Nicolò. (Diurnisti). (Continua) Della famiglia Besenghi Portole, giugno 1887 In relazione a quanto già vi scrissi circa la famiglia Besenghi e fu anche publicato nella Provincia del 1 gennaio 1887, poi che all'invito nessuno ancora ebbe a rispondere, rispondo io stesso. Sappiate anzi tutto che dopo un' attesa di cinque lunghi mesi — chè tanti veramente sono trascorsi dal gennaio in qua — io desideravo di vederla un po' finita con codesti miei nobili Besenghi. Volevo, cioè, veder risolto il dubbio che m'era entrato nell'animo, pel quale non sapevo se essi sieno e possano dirsi — come tutti sinora hanno creduto — vecchia famiglia isolana, o se non sia invece quella stessa che, a detta de' Piemontesi, dal loro paesello si sarebbe trasferita ad Ìsola. E scrissi ad un signore d'Isola, pregandolo volesse esaminare con attenzione i libri battesimali della sua cittadetta. I libri battesimali, pensai, risolveranno ogni controversia. Quel signore — guardate quanto gentile ! — mi manda qui l'albero dei Besenghi del tempo che si stabilirono ad Isola. Albero non completo, ma sufficiente allo scopo per cui fu fatto. Pasquale nato in Piemonte, ammogliato ad Isola in Agnese Ughi nel 1752, f in Isola il 28 Agosto 1814 di anni 91. I Giovanni Pietro nato in Piemonte, ammogliato in Orestilla contessa Freschi nel 1786, f in Isola nel 1821. I Pasquale nato in Isola li 31 marzo 1797, f a Trieste nel 1849. Dal quale, come vedete, viene a confermarsi tutto quanto io vi scrissi. Fu dunque Pasquale — certo quel nobile Pasquale dell' iscrizione, se vi rammentate — il nonno del poeta, e tanto il nonno quanto il padre furono niente affatto isolani, ma piemontesi. Ed è anche corretto il giorno- in cui nacque il poeta, che fu dunque il 31 di marzo e non il 4 di aprile. I futuri biografi del nostro Pasquale faranno quindi il famoso piacere di non parlarci più del vetusto palazzo che avrebbe avuto ad Isola la famiglia Besenghi, la quale, ora è dimostrato, venne da Piemonte, eli' è antico castello lontano di qua tre miglia, nella seconda metà del secolo scorso e il padre stesso del poeta fu piemontese. Ed ho anche dimostrato che Pasquale non nacque in giorno di Pasqua, la quale, nell' anno 1797 si celebrò appena il 16 di aprile. E tante grazie a quel signore d'Isola che ih' ha aiutato a risolvere la questione. G. V. 2ST o tizi e L'Italia ha perduto nel 25 giugno uno de' più illustri suoi critici nella drammatica e nella musica: Filippo Filippi, nato a Vicenza nel 1832. Studiò legge nell' Università di Padova e compiti gli studi si dedicò interamente a quelle discipline. Fu per quasi trentanni critico drammatico e musicale della Perseveranza, che nel N. 2(3 m. d. ne tesse un commovente elogio, lamentando di aver perduto in lui un fedele amico e de' molti suoi lettori, un membro carissimo della sua famiglia. Scrisse ancora il compianto Filippi nella Gazzetta musicale di Milano, nell' Illustrazione del Treves, nel Corriere della Sera; e compose egli stesso parecchia musica brillante da camera, edita dal Bicordi, dal Lucca, dal Giudici, dallo Strada e dall' Hengel. Come critico dimostrò ingegno versatile, molta coltura e molto spirito. Le egregie doti dell'animo e della mente gli meritarono la nomina ad ufficiale del Regno d'Italia, e cariche onorifiche, tra cui quella di membro del Consiglio accademico del Conservatorio di Milano. Scrive "L'Indipendente, a proposito della nuova linea ferroviaria Trieste-Erpelli, la cui apertura s'inaugura il 5 corrente : 'Siamo lieti di dare la notizia che le inscrizioni alla stazione di Sant'.Audrea sono ormai al loro posto e sono precisamente nella lingua nostra, con a lato una traduzione in tedesco, come in tutti gli altri edifici locali dello Stato. Le autorità governative quindi si sono anch'esse convinte che una inscrizione slovena in Trieste italiana, di faccia al nostro mare e sotto il nostro cielo, sarebbe stata un' offesa a tutte le più preziose tradizioni della nostra storia intellettuale e civile.. La Società adriatica di scienze naturali in Trieste, considerando l'importanza che vanno acquistando sempre più gli studi paletnologici, stabilì di creare una sezione antropologica preistorica3 coll'intento di potere estendere il campo delle ricerche e conservare in quella città gli avanzi preziosi dei primi popoli che abitarono sull'agro triestino. Il comitato all'uopo costituito fa caldo appello ai cittadini in cui dice, tra altro, che la Società adriatica potè già assicurarsi, sorretta dal Consiglio municipale, alcuni terreni, i quali promettono larga messe di cimeli preistorici. Aggiunge poi che sorretta dalla cittadinanza si vedrà sorgere a Trieste un museo paletnologico, che in pochi anui nulla avrà da invidiare ai più splendidi della penisola e di oltremonte. Il comitato, presieduto dal magnifico podestà, si fregia pure dei nomi di Attilio Hortis, Dr. Benussi, Dr. Marchesetti, Dr. Pervanoglù, prof. Vierthaler, Ruschi, Tominz, Defaeis, Tommasini, Valle, Sartorio, Geiringer, Pavani. Cose locali Il giorno 11 giugno p. d. il prof. Giovanni Bolle ha constatato la presenza della fillossera nel nostro co • mime, e precisamente nella contrada Prove (buso de Provò) circa a metà strada tra Capodistria e Isola, non lontana dal mare, sulle ultime pendici del monte S. Marco. I vigneti infetti appartengono a Pietro Depase di Giovanni, detto Zauegro, e Vascotto Nicolò, vignaiuoli d'Isola. L'infezione, a parere del jjcof. Bolle, sarebbe già di qualche anno,r e si estenderebbe su circa 3000 ceppi di viti, e più o meno latente, nei vigneti circo-stanti, tutti proprietà di Isolani. Per queste considerazioni, e trovandosi l'infezione appena a un chilometro distante dalla zona infetta di Villisano, nel territorio d'Isola, sarebbe opera vana tentare l'applicazione del sistema estintivo di questo nuovo focolare, poiché nel fra-tempo la fillossera avrebbe già invase le vigne circostanti. L' ubicazione delle vigne infette in quella località, quasi tutta proprietà di vignaiuoli d' Isola, è una condizione che fa sperare lontana la minaccia del territorio vitifero di Capodistria. 11 prof. Bolle ha fatte le seguenti proposte: 1. Ingiungere ai proprietari dei singoli vigneti infetti nonché agli altri confinanti, di non esportare dai vigneti altro che 1' uva matura. 2. Ingiungere ai detti proprietari di estirpare soltanto nell'inverno i ceppi di viti improduttive e di bruciarli sopra luogo, unitamente a pali e canne di sostegno. .3. Di eseguire una esplorazione di tutte le località di Prove e di quelle a questa adiacenti, durante la stagione favorevole a questa operazione; cioè nell'Agosto, collo scopo di bene delimitare l'importanza e l'e-stensione del male. 4. Di esplorare i vigneti situati in altre località del territorio di Capodistria ed appartenenti a proprietari che hanno vigneti uelle località di Provè. 5. Di favorire l'applicazione del sistema colturale ai proprietari di vigneti iufetti di Provè, loro somministrando gratuitamente il solfato di carbonio e gli attrezzi, nonché impartendo loro le istruzioni necessarie all' uopo. Col prof. Bolle ha partecipato all' ispezione, la locale commissione lìllosserica, composta dai signori marchese Nicolò Gravisi, preside, — Luigi Damiani, Giovanni Sleotti ed Antonio Marsich fu Nazario. Alcuni giornali parlarono già con lode della Stanzetta misteriosa, racconto scritto, com'è noto, con intendimenti patriottici dal nostro egregio concittadino Dottor Domenico de Mauzoni ; parecchi altri lo annunziarono a titolo d'onore, tra cui la riputata Gazzetta di Venezia. Leggiamo ora un cenno nell'ottimo Corriere di Gorizia, che ci piace riportare : L' autore, buon patriotta, lo pubblicò in occasione che fu a Trieste ed in Istria il De Amicis. Naturalmente il racconto ha niente da fare coll'illustre autore di Spagna. ila è preceduto da quattro capitoli che s'intitolano : La conferenza del De Amicis a Trieste — De Amicis in Istria — A Capodistria — Si congeda nella capitale. E questi quattro capitoli servono di caro ricordo di quella visita, e di devoto omaggio all' illustre letterato, sicché il volume acquista valore di memoria patria. Stanzetta misteriosa, il racconto del signor Dom. Manzoni ha il pregio di dipingere i costumi di una buona famiglia borghese istriana di venticinque anni fa. Le considerazioni dell' autore però sono d'oggi, per tutto quello che è politica, specie fra l'Italia e il Vaticano. L'intreccio è semplice ; ma non uggioso ; e una certa arguta bonarietà sparsa per tutte quelle pagine, fa che si leggano con piacere e si pensi bene dell'autore. C' è per lo meno una serenità, che non è poco pregio in un'epoca in cui lo scrivere stravagantemente vuol essere creduto effetto di genio indiscutibile ! Appunti bibliografici Antonio Fogazzaro. Daniele Cortis. Romanzo; Torino, Casanova, 1885. t Le novelle si succedono- alle novelle, i bozzetti ai bozzetti; i romanzi ai romanzi; e la letteratura •moderna passa via rapida come lui carro tirato da due focosi destrieri; più rapida ancora passa la gente intenta a' suoi affari : pochi comprano la nuova merce esposta, danno un' occhiata, intascano, e via. Dal carro spesso si strombettano nuove glorie, la stamburata (reclame) all' americana sale anche in Italia all'apogeo del ridicolo: per un buon mese, a dirne una, si videro i muri delle case di Milano e le colonne della piazza della vicina Lodi, coperte di carte a tutti i colori con sopra un enorme tricorno. La gente guardava : che sarà mai ? Un bel giorno si seppe che l'era una monovra del giornale L'Italia compilato da Dario Papa, reduce dall'America, per annunziare, come, qualmente si cominciava in appendice la pubblicazione di un nuovo romanzo — Il cappello da prete. Dicesi che dietro a San Fedele a Milano, in Via degli Omenoni, quei quattro giganti abbiano sentito i griccioli scorrere per la marmorea schiena. A noi, senz'altri preamboli. Ogni romanzo, ogni nuovo libro del Fogazzaro si può definire un onesto sforzo del poderoso ingegno per vincere la noncuranza e la fretta del rispettabile pubblico, e attrarre legittimamente con l'originalità dei — caratteri e la novità dei casi l'attenzione d'una gente svogliata, annojata. Io non so se ciò basterà oggi per spacciare molte copie, e ripetere 1' edizioni ; ma ciò che a me appare certo si è tenere il Fogazzaro il primo posto tra i romanzieri viventi. E già col — Malombra — l'egregio scrittore ha saputo vincere la noja e l'indifferenza: i casi così strani di quella matta originale, quel carattere forte, violento si potrà discutere; ma tutti hanno dovuto riconoscere nell' autore una potente immaginativa, ed un elevatezza di sentimenti rara sempre, rarissima oggi pur troppo. PI in questo giudizio ci conferma il nuovo romanzo — Daniele Cortis. Eccoci al primo capitolo, che si potrebbe benissimo paragonare al primo atto di una commedia del Sardou: personaggi che vanno e vengono; discorsi, chiacchere che poco o nulla hanno a fare con l'azione principale : non importa ; così il Sardou dà il tempo alla così detta buona società di venire in palchetto a rappresentazione cominciata come esigono le regole del bon ton. E il Fogazzaro con quell'andirivieni s'impossessa subito del lettore, e gli si impone, e pare dica: attenti, qui non ci sono minuterie, gretterie, analisi e passioncelle, passate pel lambico del metodo sperimentale : un pajo di personaggi non bastano a me ; la società è bella, perchè varia. Così voglio, così intendo l'arte. E il lettore capisce subito che questa è ricchezza; povertà l'altra, benché si ricopra con altisonanti pa- role. Tra tutta questa gente emerge ben presto il protagonista ; il suo carattere si delinea chiaro, spiccato ; e l'autore sembra getti il guanto di sfida alla società snervata, scettica, materialista e soggioghi il giovinotto, la signora nevralgica, sbalorditi entrambi di trovarsi in un mondo nuovo, in un ambiente sano, trascinati ad altezze vertiginose. Ma leggono, leggono sempre, affascinati, vinti dallo stile un po' scuro, misterioso, da cui però tanta vita si diffonde, vinti se non altro per quel secreto legame che unisce, anche reluttante, 1' anima umana alla verità. Accanto a Daniele Cortis, come un bel quadro di donna di Guido Reni di riscontro ad un robusto ritratto del Tiziano, sorge una donna, la Contessa Elena, cugina di Daniele e moglie del Barone di Santa Giulia, senatore del Regno. È un matrimonio male combinato : due esseri affatto opposti ; lei gentile, altera; lui, un bestione, un vero tipo di que' nobili senza creanza, impetuosi, discendenti dei don Rodrighi di campagna e che così di frequente si trovano anche oggi nell' alto Veneto. È naturale quindi che una viva simpatia avvicini i due cugini Elena e Daniele. Ma non è il solito adulterio del romanzo e del dramma : excelsior è il motto del Fogazzaro, vero cavaliere della penna. Elena non è una delle solite gattine del romanzo moderno; ma neppure un essere freddo, o soprannaturale ed angelico : siamo sempre nell' umano. E il dramma intanto si complica ; Daniele è nominato deputato; Elena, piuttosto di cedere alle violenze del marito ed estorcere denari dalla madre e dallo zio, per soddisfare alle brame di lui, va in una specie di volontario esilio in Sicilia. E qui si comincia a navigare nel mare magnum della politica ; ma solo quel tanto che basta a dare il colore del tempo al romanzo, e con intendimenti nuovi. Anche qui il Fogazzaro mauifesta le sue nobili idee, e precorre i tempi. Daniele Cortis parla il primo di conciliazione, vuole mettersi a capo di un nuovo partito, sdegna i clericali, ma sente la potenza del soprannaturale, sa che dall' alto viene la forza e l'elemento divino al carattere: sarà solo, sarà frainteso, non importa. Il fine di Daniele è nobilissimo adunque; solo parmi, non usi dei mezzi più opportuni ; il suo linguaggio agli elettori di campagna è troppo mistico, troppo sibillino ; non è da maravigliarsi se quei semplicioni non ci capiscono un acca. E pochi anche i lettori all' altezza delle idee dell' autore. In ogni modo Daniele Cortis è nominato deputato, e va a Roma, e sta per fondare un giornale. Ma ecco un fulmine a ciel sereno, ii>*1 capitolo XVr Il segreto della signora Cortis. Perchè, c' è anche-lina signora Cortis, la madre di Daniele; che viveva separata dal marito, ora defunto, e del figlio che naturalmente non aveva nè stima nè amore per una simile donna. E questo della madre di Daniele è altro tipo riuscitissimo, e, benché già tanto sfruttato, nuovo sotto la penna del Fogazzaro, un vero tipo di vecchia donna galante, veneziana, che si applica le costolette sulle guancie per mantenerle fresche, e con lo strafare, con i suoi anfanamentir con le esagerazioni, con le movenze di ballerina smessa, dà la nota comica al romanzo. Di tale donna è figlio Daniele Cortis. L' autore non fa mai travedere la tesi ; forse non gli cadde neppure in mente; ma uscì dal fondo del suo ingegno, emanazione della sua indole battagliera, e il lettore non se ne accorge. Così il romanzo è una stupenda condanna dell' atavismo ; è il rimedio eroico contro la malattia contemporanea, la paralisi della voloutà T Daniele Cortis reagisce contro i nervi e il sangue; vuole, fortemente vuole. Ma se lo spirito è pronto, la carne è inferma. Egli scopre un terribile segreto dalla bocca della stessa madre. Un tempo ella era stata corteggiata da molti, e tra questi dal barone di Santa Giulia, il marito di Elena e forse , . . . E questo segreto si rivela a lui proprio il giorno in cui per salvare il barone di Santa Ginlia carico di debiti, e vicino ad ammazzarsi, generosamente si offre a pagarli e sta per sottoscrivere. Allora succede un grande cangiamento: «Niente, non sottoscrivo, tuona Daniele. E balenò a lui una terribile idea, tutta la stanza gli s' empì di queste parole — Si è ammazzato il barone di Santa Giulia. Ed era lui che 1' aveva ucciso col suo rifiuto, che avea fatto libera Elena." (Pag. 240). L'idea di quel morto per causa sua lo spaventa; egli vuole salvarlo, e sottoscrive : il dovere anzi tutto. Poi col tumulto di questi affetti, di queste idee, corre alla camera per tenere un importante discorso, si alza, balbetta qualche parola ma casca colpito da congestione cerebrale. La malattia di Cortis non è debolezza, ma proviene da esuberanza di vita, da sangue che corre al cervello ; non da acqua, non da rammollimenti della spina dorsale come nei tisici eroi del fatalismo e del metodo esperimentale. Chi pagò i debiti del barone però non fu il Cortes, ma il conte Lao, lo zio d'Eleoa, altra macchietta veneta, riuscitissima, sempre preoccupato de'suoi nervi e de' suoi dolori reumatici. Il barone di Santa Giulia fiero, e un caratterone anehe questo a suo modor non vuol superno della carità dei parenti, e piuttosto ha deciso di finirla con un colpo di revoltella. Intervento della moglie all' ultima ora. I debiti suoi saranno pagati dal governo, così gli si dà a credere ; unica condizione la partenza per 1' America per non disonorare il suo grado. — Mi accompagni tu? grida il barone alla moglie, a questo patto accetto. Elena acconsente. E dovrà fuggire quasi di casa, e abbandonare i suoi, ingannarli anzi, e non vedere più Daniele? L'autore ha descritto con potenza di stile questa situazione. Elena aveva un dolore nel cuore, un'inerzia mortale nelle membra, e le pareva di avere nel petto un peso di lagrime morte che non me potessero ascendere." (Pag. 296). È uno strazio pel lettore. E una tale donna dovrà partire per l'America, in mano d'un così bestiale marito? No, no, virtù sovraumane, diranno molti : A rendere verosimile l'azione, ed umane le virtù di Elena e di Daniele, l'autore, dopo una viva descrizione della lotta dell'ultima ora, (lotta onde uscirono salvi per l'alterezza d'entrambi e per altre circostanze) 1' autore, dico, immagina una semiconversione del marito, che invita per lettera la moglie a seguirlo non più in America ma a Yokohama, dove avrà un buon posto procuratogli dagli amici. La lettera è comica (pag. 354) e riveda il carattere di quell' originale, che dopo tutto è anche lui, umanamente, non bestialmente cattivo. E così tutti hanno lottato ; tutti compiuto il proprio dovere : i personaggi di mezzo carattere restano nel fondo della scena. Il lettore rimane poi alla chiusa del romanzo, con una soave malinconia, che è la nota dominante del libro, diffusa nell'anima, e sente, come un effetto dell' azione che si è svolta dinanzi a lui, quella stanchezza sana che si prova dopo una giornata di lotte e di sacrifizio. Una dolce e vaga malinconia trasfondono pure le varie descrizioni, e tutte belle, delle scene naturali, specialmente di montagna. Anche in queste un non so che di mistico e di vago ; e sempre, tra l'oggetto e la percezione dell' oggetto, stesa una nebbiolina illuminata dagli ultimi raggi del sole cadente. Il sentimento della natura non è quindi reso nella forma più semplice e popolare ; gli effetti sono studiati, ma non perciò strani, come quei rari effetti di luce, di colori, di ombre nelle scene più stravaganti della natura, e che studiate sul vero dall' artista, pure ai poco attenti osservatori fanno esclamare : non mi par vero. Nel Daniele Cortis finestrate di sole tra nubi bizzarre, intonazioni calde, campane che gemono, quiete profonda di lago, murmure strano di fontane che rispondono ai dubbi, e alle tempeste del cuore. Le fontane specialmente hanno parole nei romanzi e nelle novelle del Fogazzaro. Tradotto in tedesco, il Daniele Cortis deve piacere, e ci troveranno dentro talvolta un certo fare che arieggia l'Auerbach, senza il suo panteismo però. Ma piace anche chez nous ; e più piaceranno i libri del Fogazzaro, quando l'autore tratterà soggetti più alla mauo, e ci descriverà anche il nostro popolo, e non solo conti e marchesi, nè sentirà più il bisogno di dare a' suoi romanzi l'intonazione battagliera di cui si disse di sopra. Un gran bene ha già fatto alla nostra società, e ne farà sempre più. Già un' utile reazione si è destata; la gioventù è stanca di chincaglierie : non muschi, non fossili, non fumo, dateci aria per Dio! Troppo qua e là fu già sbattuta dalla tempesta, e sospira un luogo di raccoglimento e di pace. L'autore, che ha come il Fogazzaro dei nobili ideali nella mente, deve raggiungere il suo scopo e soddisfa ad un bisogno del tempo. Il merito de' suoi libri non va misurato alla stregua delle molte ed improvvise edizioni. Il suo libro rimarrà nella storia letteraria, ed anche subito sarà leito e riletto da poche anime, ma elette, perchè, lo ripeto, soddisfa ad un bisogno del tempo, sentito dai migliori. Dite alle povere rondini portate qua e là sopra il mare dal vento, che c' è in vista una nave dagli alti alberi forti. Raccoglieranno tutte le loro forze, e andranno a pascersi sulle cime ospitali. La navicella dell' ingegno del Fogazzaro ha drizzato la prua ad un porto sicuro, e sulla poppa dorata rifulgono sempre i Lari ed i Penati del buon popolo antico che volentieri favoleggia d'altri mondi e d' altri cieli ; e Cui più veri i piacer, più miti i guai, Fa un' aura ancora dell' antica fede. ('). P. T. Bollettino bibliografico Quando e come vennero gli Slavi in Istria. — Trieste, Stab. tip. di L. Herrmanstorfer, 1887. „Voi, Sloveni, aspirando al possesso della nostra provincia, vorreste una terra italiana, la quale, sappiate ed imprimetevelo bene in niente, giammai rinuncierà alla antica sua civiltà italiana, giammai vorrà perdere la sua autonomia per far parte del vostro paese, da cui ci dividono la natura, ') Dall' Ongaro). » la storia, la civiltà, le tradizioni, l'indole, gì' interessi." — Così nell'anno 1869 chiudeva un suo articolo su questo stesso periodico il compianto Dr. Orazio de Colombari!, podestà di Pirano, facendo plauso al Codice delle epigrafi romane dell' Istria dal limavo alla Giulia, comprese le isole del Quar-nero, intorno a cui stava elaborando Pietro Kandler, il grande antesignano della storiografia istriana. E gli stessi pensieri del Colombaia a noi ispira oggi l'opuscolo che porta il titolo: Quando e come vennero gli Slavi in Istria. Col quale il coscenzioso erudito Don Angelo Marsich, che n' è l'autore, ci offre saggio novello non solamente della sua pazienza, ma anche della sua perspicacia nello scegliere le date coi relativi cenni della venuta degli Slavi in Istria, date e cenni che potremmo dire le nostre tavole mosaiche aperte contro i moderni taboristi, purché, spinti dal loro mal talento, questi avidi sfruttatori della buona fede dei nostri contadini, non le tramutino ancora a loro bell'agio. — E le preziose notizie di Don Angelo Marsich, cronologicamente ordinate, sono, come sempre, suffragate da infallibili documenti, che egli seppe compulsare nei vecchi codici e nelle opere più attendibili d'illustri scrittori, come un monsignor Tommasini, vescovo di Cittanova, un Ludovico Muratori, il già citato Pietro Kandler e Carlo De Franceschi. Il nuovo lavoro del sacerdote istriano, il quale è anche una buona azione, perchè ispirato da vera carità patria, dovrebbe poi servire a raddirizzare le idee storte o bislacche di quegli ingenui, e invero non sono pochi, i quali persistono a credere che gli Sciavi sono autottoni dell' Istria. Ma essi, gì' ingenui, apprenderanno, se pur si degnano apprendere, dalle succose note del Marsich, che gli Sciavi e loro affini, calati prima tra noi da prepotenti e ingordi ladroni, degni segnaci delle fiere orde di Attila, offertisi a Venezia o chiamati più tardi da lei stanziarono qui a poco a poco per coltivare le nostre campagne, più sterili e rocciose, oppure in qualità di fuggitivi, oppressi dalla tirannide tur-chesca, per vivere tranquillamente operosi sotto il mite nostro cielo, e all'ombra del fatidico vessillo di San Marco. Queste, e molte cose ancora potrebbero —CAUBDISTKU, Tipografi» di Carlo l'rior*. apprendere, gl'ingenui, dall'opuscolo del Marsich, — come tra altro gli importanti servigi resi all'Istria dagli Uscocchi, schiuma di pirati e assassini da noi. maledetti sempre o, almeno, finché il sole risplenderà sulle nostre sciagure. Le antiche velleità poi di qualche rara e inconcludente frazione slava, che pretese introdurre perfino nella sacra liturgia, la lingua illirica, sona degne di quel sorriso che meriterebbero coloro, i quali, per esempio, tentassero schiantare dalla nostra Istria quel preziosissimo tesoro di insigni memorie, che formano l'odierna sua impronta caratteristica e che le provennero da due .civiltà poderose e formidabili: la romana e la veneziana. Ma gli Sciavi, ospiti dell'Istria, sanno (o se lo sanno !) di quanto essi vadano debitori a Venezia; nè mai lo potranno obliare, se non vogliono essere ingrati e se amano vivere in pace colla antica popolazione istriana anzi addirittura italiana, la vera autottona della penisola. Le date e i cenni storici raccolti da Don Angelo Marsich vennero stampati la prima volta nel-l'Arclieografo Triestino. Questo pure è caparra della opportunità e santità dello scopo che indussero il Marsich a raccoglierli. N. R. PUBBLICAZIONI Cuore. Edmondo De Amicis. Milano, fratelli Tre-ves editori, 1887. La prima copia fa messa in vendita il 15 ottobre dell'anno scorso ; e il lo maggio di quest'anno si metteva in vendita la 50,000a. Un successo simile in sette mesi, è un fatto nuovissimo nella storia bibliografica d' Italia. Gli editori Treves hanno voluto ricordarlo, pubblicando in occasione della 50a edizione o migliaio un fascicoletto che raccoglie o riassume i gindizii della stampa italiana ed estera sul Cuore. Sono ventiquattro pagine a due colonne in caratteri fitti. I giornali italiani vi figurano quasi tutti, e fra i critici si osservano Ruggero Bonghi, Domenico Berti, A. G. Barrili, prof, Lombroso, Ed. Magliano, L. Fortis, E. Checchi, F. Ver-dinois. F. Filippi, la contessa Della Rocca, Ida Baccini, ecc. Più singolare è 1' attenzione che la stampa estera ha dedicato al libro del nostro autore : vi sono giudizi! dei fogli più competenti di Berlino, di Vienna, di Pest, di Pietroburgo, di Parigi, di Ginevra, di Belgrado. L'Istria nel N. 288 pubblica la trentanovesima lettera, riferentesi a storia, archeologia, letteratura, e-conomia ed arte istriana. fietro HaJoniii» -- Anteo (fransi «ilit. • r«d»t. rospousabilr