FÜBBLICITA (prezzi per nun d'altezza, larghezza 1 colonna): conmierciaU L. 1.50 — finanzlarl, legaU, cronaca L. 2.50 — Concessionarla escluslva DNIONE PUBBLICITA ITALIANA S. A. LUBIANA, Via Selenburg n. 1 — Tel. 24 83 Lubiona, 28 ottobre 19^2-XX" DIREZIONE - REDAZIONE: LUBIANA, CASA DEL PASCIO — Tel. 26 58 ABBONAMENTI: Annuo L. 25 — Semestrale L. 13 — Sostenltore L. 1000 Spedizlone in ab'bonamento postale n" Gruppo — UN NUMERO LIRE i,— NOI SIÄMO SEMPRE «DOMÄNI» Sono vent'anni da quando Mussolini mppe ogni indugio per accorrere, consapevole il So-vrano, in aiuto' degli Italiani che agonizzavano sotto la veigogna del comunismo e del demo-liberalismo. Sono vent'anni che I'ltalia ha ritrovato se stessa e in Mussolini la sua espressione romana. E' il Ventennale che ci trova in piedi piii che mai contro nemici polenti quanta si vuole, ma pronti ad accogliere il compromesso che la nostra dignitä di vittoriosi non pud conceder loro. E' una data che racchiude in se stessa tutta la nostra passione, il nostro orgoglio, la nostra fede in un Uomo che volle la povertä armata della Patria e non la pacilica debolezza. Non senza signilicato si apre oggi al pubblico il tempio della nostra fede, la Mostra Permanen'te della Rivoluzione, che farä conoscere alio scono-sciuto quanto sia stata ed e grande la nostra fede, quanti sacrifici coscienti sono stati fatti per dare aU'Italia la sua dignitä imperiale, quanti nemici sono stati sconfitti. La i giovani potranno godere la vista e ac-crescere la loro coscienza nazionale e fascista, vedendo quello che soltanto i libri o i racconti hanno fatto loro conoscere. La gli anziani rivivranno i tempi di un «credo» incancellato e la loro fede si rifocillera. La coloro che in quei tempi si sono soffermati dietro le persiane. a guardare gli «scalmanati» in-seguitori della chiraeia mussoliniana si pentiranno di non essere stati abbastanza intelligenti. La inline gli amid avranno modo di constatare che il Fascismo e stato prima azione e poi dot-trina. Si persuaderanno ancor piii che la nostra amicizia ha valore incaleolabile e il nostro aiuto e di portata decisiva per il raggiungimento del comuni interessi. Fra tutte queste considerazioni pero una e di portata eccezionale, che soddisfa la fedele curio-sita del giovani che non hanno potuto operare, inorgoglisce gli anziani per i risultati della loro opera di fede, rammarica i tiepidi per la loro stupidita, imbaldanzisce gli amid per la buona scelta, accora' i nemici per la loro inferioritä-, e il rico-noscimento della forza del Fascismo, del suo genio, della sua universalita. E' il Fascismo che si rivela ancora una volta universale con la sua azione e la sua dottrina per. mezzo della guerra che combattiamo, che e guerra del Fascismo e della sua «vecchia bandiera» contro i nemici d'ltalia. Sono stati i giovani questa volta che hanno voluto par tire per primi alio scopo ) . E, ancora sul «Pojwlo d'Ita-lia> del 4giugno 1919, egli scri-veva ima pagina in cui l'in-tuito politico e la chiara pro^ fetica visione della realtä sono semplicemente mirabili e con-fermati appieno dai fatti con-creti che ne seguirono: se Pie-Irogrado non cade, se Denikin segna il passo gli b che cosi vogliono i grandi banchieri ebraici di Londra e Nuova York, legati da vincoli di raz-za com gli ebrei che a Mosca come a Budapest si prendono una rivincita contro la razza ariana che Ii ha condannati alla dispersione per tanti secoli. In Russia non sarebbe i>er av-' Ventura la vemdetta deH'ebrai-anio contro 11 Oristianesimo? L'argomento si presta alia meditazione. fi ixxssibile che il bolscevismo affoghi nel sangue dl un «pogroom> d j proporzioni catastrofiche. La fimanza mon- diale ö in mano degli ebrei. » » » Una nuova propaganda pren-deva il soprawento. In tutte-le cittä d'Italia giimgeva una voce nuova, sorgevano i Fasci rapi-damente, l'Uomo che aveva co-nosciuto la giomata tormentosa della trincea porlava al popolo smarrito rinsegnamento della Fatalitä della storia. (Dontro le •meschinitä piü o meno grottesche dei parassiti in contrasto, faceva val ere il iprestigio di quella unitä nazionale dalla quale dipendevano le sorti del-lo Stato. Intanto'l'azione e 11 pensiero fascista ottenevano dei risultati sempre piü evidenti: nelle ele-zioni del 1921 Benito Mussolini in liiogo dei 4064 voti del 1919, ne riceveva 124.198. E nel suo primo discorso come depu-tato, alla Camera, il 21 giugno 1921, prendeva ancora posizio- ne nettissima contro 11 bolscevismo, il materialismo e l'in-ternazionalismo: «ci opporremo con tutte le nostre forze a ten-tativi di socializzazione, di sta-tizzazione, di collettivizzazione! Alle vostre dottrine... neghiamo il carattere di veritä e soprattutto d i fatalitä. Neghiamo che eslstano due classi perchfe ne esistono molte di piü; neghiamo che si possa spiegare tutta la storia umana col determinismo economico. Neghiamo il vostro intemazionalismo, perche 6 una merce di lusso che solo nelle alte olassi puö essere praticata mentre il popolo 6 disperata-mente legato alla sua'terra na-tia.. .> Per reagire a tutte le forme di decadenza si ' manifestava necessario opporre violenxa a violenza. Ma cosa era la violenza dei fascisti ehe volevano salvare la nazione, di fronte a quella dei bolscevichi che volevano incendiare il mondo? Di-ceva Mussolini a Udine, ü 20 settembre 1922: «paragonata a quelle che si comniisero (tra noi) negli anni infausti del '19 e del '20 e paragonata a quella dei bolsceviclii di Russia, dove sono stati giustiziali due mUio-ni di persone, e dove altri due milioni giacciono in carcere, la nostra violenza b im giiioco di fanciulli.> Siamo intanto all'ottobre del 1922. Le legioni che avevano iniziato da Napoli una marcia fatale coronavano a Roma la prima fase di una rivoluzione che lebbe Mussolini per con-dottiero, cosi come lo consacrö rinnovatore dello Stato. Riallacciate le relazioni diplo-matiche e rioonosciuto il gover-no dei Soviet, la Russia fu. at-tentamente seguita nel suo fu-nambolismo e nelle sue evolu-zioni internazionali. AI di sopra di tutte le accortezze diploma-tiche si riconosceva in essa il nwnico irriconciliabile eoiitro il quale un giorno si sarebbero piuitate tutte le forze. Ce lo di-inostra il discorso del Duce del 7 geniiaio 1923 agli oi>erai iiii-lanesi, dove ö detto: olo lavoratore si h redeiito perclife non orede alle Utopie asialiche che ci venivano dalla Russia; crede in se stesso, nel suo la-voro; crecle nalla possibilitä, che per nie e una certezza, d i una naxione italiana prospe-rosa, libera e grande.> II 22 gennaio 1928, nel discorso agli industriali, egli di-ceva: Infine, nel discorso per lo Slato corporativo, il 13 gennaio 1934, dlciiiarava di essere contrario airintervento comunista dello stato: «questo comunismo, oosl come ci appare iu talune sue manifestazioni di esaspera-to americaniänio (gli estremi si toccano) non e che una tor-ma di socialismo di "stato, non 6 che la burocratizzaziome del-l'ecoriomia>. Intanto il grandiose tenlativo comunisla di Spagna, che por-t() alla guerra civile dal 1936 al 1939 dava la dimositrasione matematica d'ell'affermazione del Duce sulla pro|iaganda in-ternazionale rivoluzicinaria da ))arte dei russi, e snll'aiuto a loro prestato dalle grandi de-mocrazie. L'Italia non attese che il pericolo diventasse mortale, e il sangue dei legionari. di Mussolini consacrö in terra spagnola quella fraternitä che lega oggi le due iiazioni latine. E nel discorso di Milano del 1» novembre 1936, eon la sua prosa taglienle il Duce inchio-dava al muro tutti gli ipocriti: šnessuna meraviglia se noi in-nalziamo oggi la bamdiera del-Tantibclscevisimo! Ma uoi siamo iiati sotto cpiesto segno, ma noi abbiamo combattuto contro questo nemico, lo abliiamo vinto, altraverso i nostri sacritici ed in nostro sangue, poiche quello die si cliiania bolscevismo o eo-munismo non e oggi, ascolta-temi bene, non e oggi che un supercapitalismo di stato portale alia sua piü teroce es^ires-sione: non e quindi una nega-zione del sistema, ma una jiro-secuzione ed ima siibliniazione di questo sistema.> Intanto la guerra di Spagna, in cui tre popoli combattevano •insieme eontro il bolscevismo ed 1 suoi sostenitori, diveniva la base per una nuova intesa europea; segna le premesse per la creazione prima dell'Asse e poi del Tripartite. L'intesa italo-germaiiica si fa-ceva strada: i due ]x>poli piii laboriosi e piü sacrificati daila pace di Versaglia, che erano stati redenti dalla volonta di due grandi Capi, predicatori di ini nuovo verlx) sociale, sempre piü, mel loro isolaniento e nel-le loro angustie volute dalle potenze plutocratiche, nella loro ripugnanza comune per la barbarie bolscevica, si compren-devano a vicenda, erano trat-ti a battere la stessa via. Nel discorso di Rerlino del 28 settembre 1937, il Duce 6 pienamenle esplicito in tal sense: cquesta comunita di idee ilalo-tedesca ha trovato la sua espressione nella lotta contro il bolscevismo, forma aggior-nata dellei piü feroci tirannie bizantine, inaudito sfruttamen-to della credulitä popolare, regime di servitü, di tame e di sangue. Questa tornia di dege-nerazione umana — die vive sulla nienzogna — š.stata com-battuta in Italia dojio la guer- ra, e con estrema energia dal Faäcismo: combattuta con le jia-role e con le arnii. Poiche quan-do le parole non bastano, e quando sorge una grave minac-cia, biSiOgna ricorrere alle arnii. <ß quello che abbiamo fatto in Sjiagna, dove migliaia di fascisti italiani volontari sono caduti per salvare la civilla di occidente, che i)uö ancora rina-scere se abband'cna gli dei falsi e bugiardi di Ginevra e di Mosca, per riaccostarsi alle ve-ritä solari della nostra rivolu-zioue.» La parola del Capo non po teva non avere quella risonan-za internazionale che gli avve-nimenti politic! andavano sempre piü completando alia luce deU'esperieiiza. Non e senza signiticato la p'resa di posiizione del Giapixine contro la Russia. Essasi collega,attraverso la guerra contro la Cina bolscevizzante, alia tonnazione di uno spirito nuovo anche nell'Estremo Oriente, quello stesso che portö alla cojiclusione originaria del pat-to Tripartite la cui potenza ed efficacia dovevano apertaniente manitestarsi nell'attuale con-tlitto. (Juesto patto formida-biile che allinea i continenti nella traternitii delle armi e nella solidarietä dello spirito tu piü volte consacrato dalla parola di Mussolini: dalla risjio-sta al inessaggio dei giornali giapponesi del 12 settembre 1938 in cui veniva espressa la sicurezza ne, per niodo die il conuinisimo vada a scomjiarire in maniera assoluta daU'Estre-mo Oriente>. Cosl J'idea e I'opera del Fa-scisnio contro i I l>olscevismo e la sua pro]jaganda alio scoppio della guerra iu atto, voluta e fonientata dalle deniocrazie e dal giudaisnio intenhazionale in coni'butta con i bolscevidii. L'Italia, guidata dal suo Capo, aveva seguito per vent'anni una linea sicura e neltissima; aveva preveduto il tuluro e si era preparata. II 23giugno 1941, nel moniento stesso in cui le truppe tedesce avevano inizia-to le operazioni contro I'eserci-to rosso, ritalia era in istato di guerra con la Russia, e poco dopo le nostre eroiche divisioni davano il loro alto contributo alle vittorie che in pochi mesi fiaccavano con rarroganza bol-scevica i sogni di bolscevizza-re I'Europa di Stalin e dei suoi scci anglo-tranco-anieri-c^ini. Oggi le armate della Nuova Europa conFerniano ancora una volta non solo il prestigio delle armi ma soprattutto quello di una civilla contro tutte le forze deteriori che soltanto in un tor-bido niomento avevano potuto avere il sopravvento. Prima die guerra di eannoni e que-sti. una forniidabile guerra di idee. La Russia deve precipi-tare. £ una fatalita storica, una nemesi indisconoscibile die grava sulla sua disgregazione interna vananiente paventata da artificiose sovrastrutture. Non ]iuö piü resistere questo ultimo covo del giudaisnio internazionale, non e piü compatibile oon la societa europea questo mondo di perenaie antitesi dove ogni giorno iraa costituzione si sgretola come un gioco di fantocci. La Russia deve tinalmente aprire le porte alia ci-vilta. Dai cami)i dell'Ucraina alle pendici degli Urali e del Cau-caso id dominio sanguinario di Stalin dilegua ogni giorno di piü. Nessuno ha dinienticato come il dittatore rosso tosse il grassatore d i ieri: nessuiio po-trä niai dimenticaxe le canie-ficine umane che .sanno di preistoria e di barb-irie. Un lavacro di san^^ue bagna il mondo intero. Da esso I'Europa si leverii rinnovata jier sempre. fi la catarsi necessa-ria. Sconiparso il pericolo 'bol-scevioo, e con esso i suoi com-plici che riconcscono soltanto come valore umano quello rap-presentato dall'oro spesse volte predato, si potrii tornare per sempre alle opere di pace. Giancarlo Berüeri S II II u nmn Nato in antagonlsmo con qualsiasi concetto materiali-sta e denigratore della forza dei valori spiritual! nell'uomo, il Fascismo derivö la propria linfa costitutiva dalla fede nella religione e daH'amore verso la Patria. «Dio e Patria. Ogni altro affetto o dovere viene dopo»: ecco la prima legge del deca-logo fascista. Poich6 il Fascismo ö stato accusato (con naturale esasperazione da parte della propaganda nemi-ca) di aver portato all'estre-ma reazione coll'amore verso la Patria il sentimento del nazionalismo, quasi da ren-derlo un circolo chiuso in ostruzione al sentimento di solidarietä umana nel mondo, e fuclna di militarismo impe-rialista, ci si dovrebbe porre la domanda come il binomio «Dio e Patria», sintesi di una spiritualitä che oltrepassa in-vece gli stretti confini statali, sia stato tuttavia concepito e coltivato in Italia. Non 6 necessario dilungarsi in argomentazioni filosofiche per affermare che nella formula riassuntiva del credo mazziniano «Dio e Popolo», il «popolo» va identificato con la Patria, e che dall'Alighieri in poi nessuno dei veri Italla-ni di razza, poeti o pensatori o uomini d'azione, che fecero della felicitä della Patria e quindi del popolo il supremo scopo della loro vita, disgiun-se mai, e tanto meno negö, quel sacro binomio. Si potreb-be quindi subito dire che il Fascismo, educando gli Ita-liani al culto dei loro grandi predecessori, non ha fatto che condurli sul cammino naturale della Storia sul auale da secoli i migliori intelletti Ii hanno richiamati, preoccu-pandosi perö, e giustamente. che teorie od Ideologie ad essi estranee, non ne devias-sero la forza spirituals basa-ta appunto su quel binomio. II buon padre di famiglia che si preoccupa affinchč la figliolanza sappia mantenere le tradizioni familiari oneste e virtuose, non poträ certa-mente essere accusato di anti-socialitä per i mezzi che egli esplicherä a questo scopo: su questo confronto va basata l'autoritä dello Stato totali-tario in Italia, che hon signi-fica quindi rinchiudersi in se stessi sbarrando la via al sof-fio della civiltä mondiale, ma difendersl dagli effluvi non consoni alle sue tradizioni spirituali. L'amore dell'ln-dividuo per la Patria signi-fica quindi amore dell'indi-viduo per il popolo a cui ap-partienej ma ciö vuol dire sacrificio dl ogni egoismo Individuale neU'interesse della socletä che lo circonda, e che in Italia le organizzazioni del Regime si sono sforzate di sviluppare, non soltanto quale sentimento di solidarietä verso i propri compatrioti, ma anche verso tutta l'uma-nitä. Quindi non piü lotta di classi o di singoli fra di loro, ma collaborazione nöll'lntento di raggiungere l'unico fine che, con la ideale grandezza della Patria, conce pisce praticamen-te il benessere sociale. La Patria 6 una grande famiglia nella quale lo Stato si 6 assunto l'obbllgo di mantenere le tradizioni, accrescer-ne il benessere, svllupparne il sentimento di solidarietä, disciplinarne gli Interessl varii. Esula dal nostro cömplto r esposizione programmatica degli enti e delle organizzazioni cui ha dato vlta a questo scopo il Fascismo, ma giova invece accennare ad alcune di esse affinchfe dal-l'analisi delle loro origini e dei loro scopi risulti ben chia-ro che sono state istituite non soltanto per un benessere interno, ma anche costrettivi dall'ostilitä mostrataci da al-tre nazioni e non per sentimento di un nostro dema-gogico imperialismo. Opera Nazionale Maternity ed Infanzia Vogliamo cominciare dal-rOpera Nazionale Maternitä ed Infanzia che Mussolini stesso volle creare con legge del dicembre 1925, organismo parastatale che deve promuo-vere la difesa e il migliora-mento fisico e morale della razza. «Bisogna onorare la madre ed il bambino,» ha detto Mussolini, perchfe ciö significa onorare 1 valori su-premi della Stirpe. La maternitä e la paternitä non sono fatti soltanto fisiologici: sono in primo luogo fatti spirituali. Ecco la ragione per la quale il piü efficace rimedio contro il regresso delle näselte consiste oltre che nel-l'assistenza fisica e sanitaria, che pure richiede un'attrez-zatura formidabile, quale t stata ottenuta dall'O. N. M. I., nell'educazione deH'anima a cui si ispira ogni organizza-zione del Regime, anteponen-dola al fattore pratico, materiale, contingente per la pos-sibilitä di avere domani nuo-vi e fort! soldati. Causa non ultima della de-cadenza di Roma antica fu la diminuzione di numero dei Romani: questo 6 in veritä l'avvertimento che si dä nelle nostre scuole. Ma possono in-dicare questo insegnamento e i provvedimenti presi al ri-guardo, dettati da ragioni morali prima ancora che materiali, uno spirito di materia-lismo a cui si sia fatalmente portati dal sovrannumero? Certamente questa accusa non poteva esserci portata che da quel popoli i quali, impin^ua-tisi con varia fortuna, temo-no ora per le loro rendite che, si puö dire parassitariamente, raccolgono in quanto fondate sullo sfruttamento della po-vertä di altre nazioni. «Eco-nomisti di f ama — ci ha am-monito Mussolini —, additano nella denatalitä una delle cause della crisi: infatti Chi dice denatalitä dice sottocon-sumo 0 niente consumo. I paesi a piü forte denatalitä sono quelli dove la crisi si 6 cronicizzata.» Anche qui la viltä morale, poichö di ciö si tratta, 6 nelle classi cosidette superior! che pure non hanno preoccupa-zioni di ordine materiale, non nel popolo. Occorre medita-re SU queste parole in quanto 6 sacrosanta veritä che i paesi piü ricchi di materie prime sono proprio quelli che piü soffrono per una crisi sociale, che fe un chiaro atto d'accusa al loro sistema. Ne-gli anni appena dopo l'avven-to del Fascismo al potere, l'America del Nord, che acco-glieva buona parte dell'emi-grazione europea, ne limitö l'afflusso con evidentissimo aggravio soprattutto per la Vita economlca italiana. Tuttavia di fronte a questo atto antiumanitario compiuto dal-l'America, che cosi intendeva riservare soltanto ai suoi an-tichi abitanti lo sfruttamento Si un territorio ricco di materie e per il quale Invece essi erano relativamente ' scarsi, gli Italian! non si sgomenta-rono e nell'ordine e nella disciplina che il Fascismo ave-va riportato in Italia, intra-presero il risanamento di quelle plaghe che, per secoli lasciate incolte e sfugglte per le febbri malariche, ogg! invece biondeggiano di mess! e danno vita a nuove genera-zionl di rural!. Battaglia del grano E la stupefacente realtä, generata dalla «Battaglia del grano» 6 questa: che la pro-duzione granaria dell'Italia ha raggiunto quegli 80 milio-ni di quintal! che ci sono in-dispensabili e che ci dispen-sano da! quaranta milioni di quintal! che annualmente do-vevamo importare dall'estero. Incredibile realtä alia quale si 6 giunti in poch! anni, at-traverso le sagac! provvidenze del Regime, che ha messo fi-nanze e scienze a servizio del-l'agricoltura, che ha vigilato rigorosamente l'opera dei pos-sidenti, che con le numerose «cattedre ambulanti», coigior-nali, col cinematografo, con «l'autotreno del grano», con la «Mostra nazionale del grano», intervenendo con sov- venzioni dirette a migliorare le condizioni di vita dei con-tadini (come quelle rivolte al risanamento delle loro abita-zioni) Ii ha conservati ai loro camp!, combattendo in tal modo anche il nefasto urba-nesimo e dando cosl efficace incremento alle condizioni rural! in generale. II valore dl questa vittoria fu non soltanto ideale quindi, ma anche reale, e si fece sen-tire pure all'estero dove fu-rono costretti a constatare definitivamente che l'Italia ricominciava a non aver bi-sogno degli altri e si avviava anzi, attraverso la sua opero-sitä, ad esplicare nel mondq il suo dovere civile ed umano che le aveva vaticinato il poeta. Oro elavoro La politica italiana si af-francava sempre piü da convenient! passivitä; la lira non pendeva piü dalle quotazion! che la borsa di Londra riteneva opportune manipolare a suo piacimento insieme con altre monete, ma cominciava a basare la sua forza e la sua stabilitä sul lavoro e sul ren-dimento produttivo degli Italian!. Sentimento nazionale Ciö naturalmente non poteva piacere nfe agli inglesi n6 a quant! altri si erano compiaciut! di arricchirsi sfruttandoc!: questo nazionalismo che per gli Italian! si-gnificava amor di Patria, os-sia amor di popolo verso se stesso, solidarietä e spirito di sacrificio degli individui per-chč i loro interessi si confa-cessero a quelli dei loro fra-telli, perchö tutti potessero avere il loro pane, e affinchö nella disciplina sociale impo-stasi anche e soprattutto il ricco cooperasse nel lavoro con l'operaio ed il contadino, questo nostro nazionalismo che ne! postulat! della «Carta del lavoro» e nella successiva sua 9,ttuazione attraverso il Corporativismo ha voluto dire livellamento di sperequazioni economiche, tramonto di gua-dagn! supercapitalisti, raccor-ciamento in ogni senso delle distanze social!, austeritä d! costumi morali, orgoglio di vivere alia fucina del lavoro che ci liberasse un giorno' dalle dipendenze economiche dall'estero, non poteva naturalmente essere consone agli interessi dei banchier! ytra-nieri, che giorno per giorno si vedevano dem'olire, da questo incessante sforzo concreto d! risultati verso i'in-dipendenza e l'autarchia, l'aurea roccaforte dello stroz-zinaggio con cui sl erano abituati a vivere alle nostre spalle. Era proprio il caso del capitalista che, ve-dendo l'operaio il quale co! risparmi del suo lavoro ö riu-scito a mettere su una piccola azienda, si affretta a distrug-gerla per continuare il suo incontrastato dominio: nel caso nostro era l'Italia che doveva farne le spese e poi-chö saggia politica di Albione 6 sempre stata quella di far apparire una provocazione alia giustizia e alla umanitä l'operato del suo futuro av-versario, si da poter fare giu-stificare poi favorevolmente 11 proprio intervento, ecco il nazionalismo fascista accusato di mire e di pretese che, oltrepassando i propri confini natural!, viene a minacciare l'esistenza stessa di tutti i popoli. Ma la propaganda nemica non solo si sforzava di falsa-re la realtä e preparare favorevolmente ranimo dei propri vassalli, bensi si concre-tava in misure d'indole eco-nomica, tendenti a soffocare la nostra rinascita. Allorquando l'Italia si .xc-cinse a conquistarsi in Africa quel pošto al sole che rimperialismo inglese e fran-cese, giä padrone di tutto quel continente, tuttavia cer-cava di rinnegarle, la lotta .iconomica sfociata nelle san-zioni .ginevrine raggiunse il ■isultato opposto a quello spe-rato da! promotori, in quanto gli Italian!~ben si'avvidero di quale ostilitä fossero cir-condati e invece di abbattersi rinnovarono i loro sforzi per emanciparsi dall'estero. Si assistette allora ad un altro miracolo: l'Italia poverissima d! materie prime, quasi priva di ferro, scarsa di carbone, senza petrolio, riusciva tuttavia per l'ingegno dei suoi figli a trasformarsi in potenza industriale e a condurre vitto-riosamente due guerre, in Africa e Spagna. II boicottaggio che francesi e inglesi ci hanno mosso contro in tutto il mondo, e stato cosi un atto di favore fattoci dagli stessi awersari, e che ogg! finalmente si e ritorto a danno di essi stessi: ch! poteva vaticinare che l'Italia, la dei-elitta regione del sole, potesse un giorno non solo resistere agli imperiaUsm! dei plutocrat! anglosasson! e francesi, ma batterli anche su tutti front! dalle tundre ge-late alle steppe africane? II miracolo, se pur tuttavia ap-pare come un aiuto divino, conserva le sue origini umane perch6 frutto della ventenna-le operositä del Regime Fascista. Autoritä suprema dello Stato: dovere sociale del lavoro: unitä produttiva al fine esclusivo dell'interesse e del benessere della Nazione: e a questo altissimo concetto etico risponde con l'organizza-zione corporativa la cosciente disciplina degli Italiani. DiscipUna cosciente perchfe ognuno di noi sa che i sacrifi-ci impostigli andranno a van-taggio non solo degli Italiani ma anche di tutti i popoli che, gravitando nel bacino Medi-terraneo, risentiranno domani beneficamente della collaborazione che prenderä vita fra di essi, finalmente liberati dallo strozzinaggio anglosas-sone e francese. II nazionalismo italiano ha avuto quindi scopi puramente intern!, quali il raccofciamento delle distanze social!, in modo che tutto il popolo risentisse del benessere economico che per l'innanzi era goduto soltanto da pochi privilegiati ricconi: questo 6 il suo significato e non l'altro assegnatogl! dalla propaganda nemica. Se di imperialismo vogliamo parla-re, esso ä un fattore puramente spirituals mosso dal sentimento di solidarietä umana che, sviluppatosi in Italia attraverso la ventennale opera del Fascismo, e che come abbiamo visto in principio 6 basato sul binomio «Dio e Popolo», non puö certamente essere costretto da nessun confine terrestre. [ Luigi' Liciira Coscienza del futuro «Nessun ideale e stato, come quello fascista, consacra-to dal sangue di tanti giovi-netti. Se il Fascismo non fosse una fede, come darebbe lo stoicismo e il coraggio ai suoi gregari?» Queste -parole del Duce sono l'esaltazione piü degna deU'epica impresa che ha gettato le solidissime basi sul-le quali in breve volgere di anni l ltalia ha costruito le sue fortune. In breve volgere di anni: si era alle soglie deU'ottobre del 1922. Un uomo: Mussolini. Un pugno di eroi: quelli che con Mussolini ave-vano combattuto per la buona causa. I neutralisti del 1915 erano i rinundatari del 1919, quelli che avevano tar-pato le ali alia vittoria, che avevano aizzato la plebaglia contro i combattenti e ne avevano insultata la gloriosa divisa. Quelli che avevano spro-nato gli operai a disertare le fabbriche e i contadini a disertare le campagne dove — e ancora oggi lo ricordiamo con dolore — il grano, base noi ricordi, in ogni istante della sua giornata, di rap-presentare in questa nuova provincia italiana l'Italia e il Fascismo, e ne sia degna. E degna sia di coloro che in terra, in cielo e in mare of-frono ogni giorno il sublime olocausto del loro sangue per dare ali alia vittoria che fu, e e sarä di Roma per virtü di sacrificio e d'amore. Ognu-na di noi domani, quando da tutti i fronti ritorneranno gli Eroi con le bandiere lace-re cariche di gloria, possa guardarli negli occhi serena-mente e sentirsi degna di. stringere le loro mani. E ognuna di noi possa, con le lagrime piü pure, piegare il ginocchio sulle tombe di coloro che non torneranno piü a sfilare con i gloriosi came-rati. Nessuna di noi, come nes-suna donna italiana, dimenti-chi le parole pronunciate dal Duce neWottobre del 1922, parole che si possono oggi piü che mai ripetere di fronte a questa gloriosa durissima guerra che stiamo combatten- essenziale del benessere nazionale, marciva coscienzio-samente vigilato dalle carabine dei rossi. Non dimenti-chiamolo. Solo ricordando anche questo nostro penoso pas-sato e possibile esaltare de-gnamente il presente. Solo riconoscendo tutta la malva-gitd, tutto l'orrore, tutta l'in-famia del movimento comu-nista e possibile comprendere la grandezza e la bellezza sublime della" fede che ha ridato novella linfa alla vita della nazione, che ha ridato a noi tutte l'orgoglio di essere Italiane. Quell'Uomo e quel pugno di Eroi che il 28 Ottobre 1922 hanno compiuto la gloriosa Marcia SU Roma, sono stati non solo i gloriosi precursori di quest'om profondamente epica ed essenzialmente imperiale che noi abbiamo l'orgoglio di vivere, ma sono stati pure i precursori di quel-l'era di civiltä che, fatalmen-te, dovrä ritornare al mondo il suo perduto equilibrio. Poiche mai come oggi noi abbiamo sentito la umana lealtä di questa affermazione del Duce: il Fascismo sarä il tipo di civiltä europea di questo secolo. E di questa ancora: la Ri-voluzione Fascista non e soltanto il privilegio e lo sforzo dell'Italia, ma e la parola d'ordine e la speranza del mondo. In. questi giorni di vigilia eroica io mi rivolgo a voi tutte, camerate di questa Fe-derazione in prima Unea, per ripetervi il mio credo e per chiedervi la vostra promessa. Nell'anno nuovo che si af-faccia saturo di eventi noi saremo piü che mai degne dei compiti che ci sono stati af-fidati. Marceremo fianco a fianco ai camerati con la nostra fede pura, col nostro spirito di sacrificio, con la nostra dedizione illimitata alla Santa ca%isa per la quale la 1 Nazione combatte. Ognuna di do: «.grande fu lo sforzo, du-ro il sacrificio e purissimo il sangue che fu versato; e non fu versato per salvaguardare gli interessi di individui o di caste o di classi; non fu versato ill nome della materia, ma fu versato in nome di un'idea, in nome dello spirito, in nome di quanto di piü nobile, di piü hello, di piü ge-neroso, di piü folgorante puö contenere tm'anima umana.-» Ida De Vecchi LA FARMACIA DOTT. G. PICCOLI aLubiana.di Ironie al grallacielo dispone di grande assortimento dJ speciality nazionali ed cslere, for-nisce medicine bu rfcette di tutte le casse ammalatl. 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AA., fieri di poter dare il loro generoso contributo per la. grandezza della. Patria. L'insegnamento non pote-va rendere risultati migliori. La G. 1. L. rivolge le sue mire, non tanto al lato fisico e sportivo, quanto, e piü di quölle possibilitä che possono trovare risonanza nel-l'animo dei giovani e vigila sulla bontä ed efficacia dei mezzi di educazione che ven-gono offerti ad essi: la Lel-teratura giovanile, il Cinema, e il Teatro. Anche in questo campo, e alio scopo di saggiare le loro attitudini e favorire lo sviluppo delle capacitä artistiche, la G. I. L. crea i Ludi deH'Arte e del Teatro. Per l'addestramento professionale sono entrati in una fase di pieno sviluppo i Centri di lavoro che si dividono in Centri di primo addestra-mento, Centri di lavoro pro-priamente detti, Educatori, istituzioni integrate dai Ri-trovi giovanili che si con-cludono con i Ludi Juveniles del lavoro. Tali manifestazio-ni si svolgono nelle singole provincie una volta all'anno ed hanno la loro conclusione nelle prove nazionali che vengono fatte in determinate localitä oppure, come e av-venuto quest'anno, in Campi di lavoro militarmente orga-nizzati ove i giovani acqui- vani. La G. I. L. provvede di-rettamente a tale insegna-mento nelle scuole medie, attraverso il personale pre-parato dalle due accademie di Roma e di Orvieto, men-tre per la ginnastica delle Scuole deU'Ordine elementare si vale degl'insegnanti st essi, per i quali organizza do delle vacanze estive nelle numerose colonie clima-tiche; e nota anche l'opera igienico - sanitaria che la G. I. L. compie per il risana-mento della razza. Fin dal primo loro sorgere si sono affermati i Collegi della G. I. L., segnatamente quelli di specializzazione tec- Accanto al libro sul quale vol do-vete curvare la fronte e l'ingegno ho voluto agglungere il moschetto, l'arma che difende la Patria e la Rivoluzione delle Camicie Nere. MUSSOLINI special! corsi di aggiomamen-to. L'attivitä fisica ha termine col saggio nationale che rappresenta la manifestazio-ne conclusiva del lavoro compitito durante l'intero anno scolastico. . Connessa con l'addestramento militare e l'educazio- nica e quelli per la prepara-zione dei quadri occorrenti al grande esercito dell'Orga-nizzazione giovanile che con-ta circa nove milioni di or-ganizzati. » * » Una cosi vasta opera di rinnovamento nazionale in stesse finalitä etico-sociali. Di comune accordo gli esponenti della G. I. L. e della Hitlerjugend, in nome del Duce e del Führer hanno teste costituita l'Associazio-ne della Gioventü Europea, punto di fusione tra i popoli ansiosi di difendere i piü alti valori dello spirito e della civiltä d'Europa. Le adunate e i convegni di Padova del 1940, quelli di Breslavia e di Milano del 1941, gli altri di Venezia, di Weimar, di Firenze e di Ber-lirfo del 1942 ne costituisco-no i precedenti. A Vienna, dal 15 al 19 set-tembre XX", le rappresen-tanze di 13 Stati ne hanno discusse le modalitä. II 18 settembre, con una solenne cerimonia alla Casa del Par-tito Nazionalsocialista, si e chiuso il primo congresso dell'Associazione della Gioventü Europea. La presidenza italo-'tede-sca ne ha assunto la direzio-ne. II programma dei lavori e ripartito in 15 sezioni. garia: Diritto della gioventü; Danimarca: Dopolavoro; Croazia: Educazione professionale della gioventü; Gianda: Cultura e Arte; Norve-gia: Lavori campestri; Romania: Educazione scolasti-ca della gioventü; Slovac-chia: Nazionalismo e fol-clore; Ungheria: Istruzione premilitare. Lo scambio di vedute dei dirigenti prelude a rappor-ti sempre piü inten'si tra la gioventü, attraverso convegni culturali, campionati sportivi, viaggi d'istruzione, campi internazionali. Tale intesa ravviverä quella corrente di reciproca compren-sione maturata nel clima della Rivoluzione Fascista e Nazionalsocialista. Significativo il fatto che per la prima manifestazione del nuovo ente sia statä scel-ta una sede italiana: Milano. Con la nuova associazione la G. I. L. e entrata in una fase di decisivo sviluppo. Essa ha 11 vanto di avere in seno all'associazione stessa un posto preminente e la piü alta- considerazione perche quello, al fattore politico e spirituale. Non si concepi-rebbe la sua funzione estra-nea ed indipendente da quella degli istituti educativi. In conseguenza la »Carta della Scuola« crea le Commission! di collegamento le quali sorvegliano il comune lavoro della Scuola e della G. I. L. e nella piü completa armonia danno loro il neces-sario orientamento. Nell'intento di destare nei giovani l'interesse ai piü im-portanti problemi sociali, la G. I. L. promuove annual-mente gli Incontri giovanili, le Conversazioni di cultura iascista e i Ludi Juveniles della cultura. Attraverso la Radio e la Stampa completa la preparazione politi-ca, morale e spirituale. Circa la Preparazione arti-stico-culturale studia tutte stano il senso del lavoro produttivo e si orientano verso le concretezze della vita reale. La preparazione militare costituisce il cardine della formazione dei giovani. Con la premilitare di terra, del-l'aria e del mare si da un'edu-cazione fisico-spirituale che consente di fornire per ogni levcf all'Esercito, all'Aero-nautica e alla Marina forti nuclei di elementi bene ad-destrati, e di giovani decisa-mente orientati verso determinate specialitä, come" mi-traglieri, sciatori, fotografi, radiotelegrafisti, motoristi. L'Educazione lisica rappresenta il complemento neces-sario alla preparazione intel-lettuale e spirituale dei gio- ne fisica e la preparazione sportiya. Le prime esperien-ze sportive comincianö col quattordicesimo anno di etä. I campionati locali e provincial! hanno luogo per saggiare le forze dei giovani e av-viarl! alle prove nazionali, naturalmente piü ardue, c!oe ai Ludi Juveniles dello sport. Lagonismo viene coltivato fra i Giovani fascist! nei quali e giä stato raggiunto il completo sviluppo. E' nota l'attivitä assistenziale che s! svolge in modo quasi totalitario con la distri-buzione della refezione sco-lastica estesa anche al perio- cui la G. I. L. s'e impegnata, ottenendo risultati tanto lu-singhieri e la continua impo-stazione di nuovi problemi culturali e assistenziali ha richiamato l'attenzione di quanti vivono ed operano nel campo dell'educazione su questa dinamica e battaglie-ra istituzione del Regime Fascista. Regge nei suoi confront! un'altra grande associazione giovanile, quella della Hitlerjugend, basata pur essa sugl! stessl principi! di rige-nerazione nazionale e sulle Due sezioni sono state affi-date all'Italia: P) Stampa e Propaganda, Cinema e Radio; 2") Educazione dei futuri dirigenti. Due sezioni sono state de-stinate alla Germania: I") Sport; 2") Edifici pubblici. Le altre sezioni sbno state cosi assegnate: Spagna: Gioventü e fami-glia; Belgio: Igiene della Gioventü; Finlandia: Educazione etica della gioventü; Bul- dai suoi ranghi sono usciti i primi Caduti nell'immedia-to dopoguerra, giovani non ancora ventenni, e che nelle sue file si sono preparati i giovanissimi che hanno avu-to il battesimo del fuoco nel-l'attuale conflitto, il piü grande che la storia ram-menti. Luigi lezzi CORPORATIYISMO IM ATTO Dalle premesse che il sistema economico-sociale del corporativisino non puö es-sere compiutamente inteso se non ambientato nel particola-re clima politico che il Fasci-smo ha saputo creare in Italia, e che per la sua attuazio-ne e necessaria una profonda coscienza del divenire della grandezza dello Stato e la conseguente capacita di renders! compartecipe di questa gi-andezza da parte del sin-golo, risulta chiaro che tale concezione richiede una fer-vida sensibilitä sociale, conseguente ad un alto grado di evoluzione da pai-te di una collettivitä per la quale una simile elevatissima concezione dottrinale non sia destina-ta a restare una piü o meno chimerica direttiva, ma deb-ba invece costituire una sicu-ra premessa ^r un concreto sistema politico, sociale ed economico. Quali dunque i mezzi per la realizzazione di un sistema prima politico ed etico e poi economico, nel quale le aspirazioni e le concrete pos-sibilita e finalita individuali non vengano svuotate ed im-miserite, ma tendano ad iden-tificarsi, in una posizione limite, con quelle dello Stato? Un primo essenziale oggetto dL comuni finalita fra indi-viduo e Stato e costituito dal nucleo familiare, nel quale il singolo riconosce il proprio divenire e nel quale lo Stato riconosce la cellula prima del suo organismo; mentre un se-condo fondamentale aspetto qualifica, nobilita, da pieno, consapevole diritto di cittadi-nanza al singolo nello Stato: il lavoro. Come membro della famiglia, alla cui pandez-za contribuisce con il lavoro in tutte le sue forme, ed in qualitä di cittadino produt-tore, il singolo vede dunque riconosciuta e potenziata la sua Personalita dallo Stato. Partendo da tali premesse, di carattere essenzialmente etico, lo Stato Fascista volle realizzare un assetto giuridi-co che di queste premesse fosse espressione e sviluppo e che consentisse la concretiz-zazione di un sistema economico-sociale, adeguato al rag-giungimento di tali finalita: 11 sistema corporativo (ed e a noi solo possibile sottolinea.-re la delicatezza e la solleci- tudine ' del la#oro compiuto dagli uomini di governo e dai giuristi, volti ad apprestare un'organica elaborazione e sistemazione agli istituti giu-ridici di cui necessariamente il čorporativismo si doveva servire). Addentrandoci invece ne-gli aspetti economico-sociali del nostro sistema e di essenziale importanza rilevare che la libera concorrenza sia per un processo di autodi-struzione, sia per la sua congenita impossibilitä di realizzare le essenziali finalita sociali, e oi-mai definitiva-mente tramontata, impo-nendosi cosi universaknen-te l'intei-vento dello Stato: il čorporativismo, partendo dai presupposti politico-so-ciali ricordati, ritiene che lo Stato debba avvalersi del sistema economico per il X'iggiungimento delle sue finalita, affei-mandone la fun-zione strumentale a tale ri-guardo. L'economia e in sostanza un indispensabile mezzo per 10 Stato che ne diviene il su-piemo regolatore; cio non vuole significare che venga negata la vitalita degli im-pulsi economici ed il valore di determinati rapporti di consequenzialitä che la scien-za off re; si pone invece sol-tanto fuori dalla pura inda-gine economica il problema della scelta dei fini da rag-giungere, fini che si possono riconoscere nel raggiungi-mento di una piü elevata giu-stizia sociale, at'travei-so il pieno potenziamento del lavoro nazionale. « « • Riferiamoci ora ad alcune nostre concrete istituzioni at-te a dimostrare la perfetta coerenza fra dottrina e prati-ca nel sistema corporativo; consideriamo in primo piano 11 fondamentale problema del-la determlnazione del salario (lasciato praticamente indeterminate daU'economia clas-sica in base al piü o meno nebulosi riferimenti alia pro-duttivita marginale del lavoro) e soffermiamoci sulla concezione corporativa del salario che si orienta pro-gressivamente verso la forma di un compenso familiare che, pur consentendo un di-namico adeguamento al mu-tevole variare della congiun- tura agricola ed industriale, pone il nucleo familiare al riparo dei pericoli della mise-ria e della disoccupazione. A questo si e giunti attraverso una serie di provvedimenti ben diversi da quelli caritati-vo-assistenziali ed igienico-sanitari che hanno caratte-rizzato i passati sistemi di politica sociale. Basti pensare agli assegni familiari (proporzionati ai carichi d i famiglia dei lavoratori), alle assicurazioni sociali obbli-gatorie contro i diverei ri-schi, alia politica dei lavori pubblici, all'interessamento amoroso verso la maternitä e I'infanzia, (e la rassegna potrebbe facilmente conti-nuare), per comprendere la nobile opera del govemo fascista volta ad assi'curare una condizione nella quale la pura rimunerazione monetaria non e che una parte di una complessa serie di prowi-denze che, assicurando digni-t£i e tranquillita di vita al lavoratore, costituiscono" un vero accorciamento delle distanze sul terreno sociale. Esaminando un altro essenziale aspetto del čorporativismo, I'intei-vento nella produzione, dobbiamo sotto-lineare tutta I'importanza della politica dell'autarchia, indirizzo conseguente alle ne-cessita della difesa nazionale da un lato e della volonta di dare completo impiego al Potenziale di lavoro italiano dall'altro, e di difenderlo contro i deterioramenti della sua rimunerazione che la li-bertä degli scambi avrebbe portato. Da tale premessa e discesa tutta una serie di istituzioni volte a consentire il pieno inserimento dell'azien-da, organismo base della produzione, nej programma trac-ciato dallo Stato, correggen-do, conservando e potenzian-do I'iniziativa singola dell'im-prenditore che rimane concreto sostenitore dei rischi e responsabile della produzione. Interessante särebbe sof-fermarci sul mutato aspetto e valore di tali rischi e re-sponsabilita e sulla faticosa ma sicura via seguita dal sistema corporativo per mante-nere intatta, attraverso la progressiva istituzione degli organi adatti, la forza crea-trice dell'iniziativa privata, nel quadro piü vasto e lun- gimirante dell'indirizzo volu-to dallo Stato; limitiamoci tuttavia ad accennare alle rinnovate funzioni dell'im-prendltore la cui figura di fervido artefice della produzione si illumina della nuova luce di attivo collaboratore dello Stato. E rileviamo dalla breve analisi fin qui condotta che il progressivo inserimento del sistema corporativo nel deli-cato organismo della distri-buzione prima e della produzione poi, per il raggiungi- mento di finalita politiche e sociali sulle quali si "e dovuto logicamente in tempi'diversi, con conseguenti diverse ne-cessita, porre I'accento, com-prova la vitalita di un sistema che nella riorganizzaziöne del dopoguerra, liberato da angustie di spazio e di risor-•se, sara valido strumento per il raggiungimento di quella piü elevata giustizia tra i po-poli che e meta ultima della ricostruzione europea e mon-diale. Vi^iorio Yigorelli II lavoro nello Stato Fascista La Rivoluza'one Fascista puö a ben ragione vantarsi di aver ispirato la sua politica ad un altissimo senso di «sociality in quanto si 6 dimo-strata preoccupata in ogni momento della sorte di tutte le categorie economiche, ma specialmente di quella piü numerosa dei lavoratori sa-lariati. II Fascismo rivendica •al liberalismo la prerogativa di ridistribuire la ricchezza con criteri decisamente orientati al soddisfacimento dei bisogni delle masse, anzichš di quelli delle categorie economiche piü agiate. Di una «crisi del sistema» si puö parlare anche per il particolare settore del lavoro: ne sono stati vlsibill segni i fenomeni della disoccupazione e della lotta di classe. In-fatti Č per noi inconcepibile che in una economia volta al soddisfacimento del maggior numero di bisogni (e tra que-sti di tutti i bisogni essenziali per I'esistenza) debba verificarsi l'improduttivitä di alcuni fattori e soprattutto del fattore lavoro. Una mancata applicazione, o in altrl termini, una non completa uti-lizzazione del lavoro, compor-ta fatalmente un abbassa-mento dell'indice di satura-zione delle possibilitä produt-tive e quindi una diminuzio-ne del totale della produzione ei beni, e in ultima analisi ad un impoverimento del red-dito nazionale. Infatti a nol sembra insostenibile la tesi Che vede negli alti salari di limitate categorie di lavoratori un sintomo di benessere collettivo anche se a questi salari elevati fa riscontro una massa di esborsi da parte dello Stato, elargiti sotto forma di sussidi di disoccupazio- ne. fi un fatto Che tale massa monetaria redistribuita dallo Stato sotto forma di benefi-cenza e di «quota necessaria per I'esistenza» incide su tutta la collettivitä dei cittadini o in altre parole sul reddito nazionale. Solo — almeno per noi — una totalitaria occupazione del fattore lavoro, compor-tando di conseguenza una correiativa richiesta degli altiu fattori produttivi (terra e capitale), puö determinare un incremento netto nel reddito nazionale. Perseguendo questi principi 10 Stato Fascista ha superato con la sua dottrina e con le sue istituzioni I'lmpostazione liberale del lavoro, che lo considerava merce e come tale avente un prezzo determi-nabile e determinate dalla legge delle domande e del-I'offerta con un mercato che per molti aspetti aveva punti di contatto con quello tipico dei beni. II prezzo del lavoi-o, 11 salario, era sottoposto alle leggi della domanda e del-I'offerta; nella sua determi-nazione giocavano la «forza» dei contraenti e le «capacitä di reslstenza» delle due parti avverse: datorl di lavoro e lavoratori. II fenomeno della «cartel-lizzazione» per ottenere il monopoho della domanda e dell'offerta per poi agire sul prezzo e sulla quantity* of-ferta o domandata fe riscon-trabile anche nel settore del lavoro. Unione dei datorl di lavoro, associazionismo operaio: forme di lotta, serrata e sciope-ro. Era evidente che il punto di equilibrio nel contrasto dl queste due opposte forze si stabilizzasse per lo piü in di- pendenza di concetti utilitari in termini di convenienza economica per la categoria fra il cedere sui salari e I'ir-rigidirsi sulle proprie posizio-ni (per i datori di lavoro) oppure per la parte avversa tra rirrigidirsi sulle proprie richieste e il poter resistere il pjiü a lungo possibile senza lavoro (sciopero). Nessuna preoccupazione pier l'economia nazionale, anche se ne depauperasse le fonti di reddito o se la lotta degene-rasse in motivi di turbamen-to della quiete sociale in forme violente e distruttrici del patrimonio sociale (assalto delle fabbriche). II Fascismo afferma invece il concetto che lo Stato ha il cömpito della tutela deUa collettivitä nazionale in tutte 3 sue manifestazioni e che pertanto I'azione degU indivi-dui viene permessa solo e in quanto risulti utile alia collettivitä stessa. Ne deriva che il «farsi giustizia» mediante atti di rappresagUa (sciopero, serrata) non č piü concesso all'individuo e per esso alla associazione che lo rappre-senta, non solo, ma tale unilaterale iniziativa viene pu-nita come reato. Ma nel con-tempo lo Stato permette che le due masse (lavoratori e datori di lavoro) si misurino per una piü fattiva collabo-razione, intervenendo lä dove I'accordo risulta difficile per rirrigidlmento delle parti su posizioni difese prevalente-mente in funzioni di interessi particolari. Dlco prevalente-mente perchfe il contempera-mentG degli interessi individuali con quelli nazionall dovrebbe essere sempre te-nuto presente dalle parti opposte durante lo svolgersi delle trattative. Lo Stato naturalmente si riserva 11 dhitto di interve-nlre tutte le volte che sia necessario raggiungere un ac-cordo in vista di special! fi- • nalitä pohtiche. Risulta quindi Che la funzione dello Stato nei conflitti di lavoro non 6 piü prettamente arbitrale, ciö Che presuppone 11 carattere di transazione e di compro-messo, ma 6 piü autorltarla-mente dl conciliazione, o nel caso estremo, di giudizio in termini di equitä e di giustizia. L'organizzazione sindacale propriamente detta o «ver-ticale» permette alio Stato la risoluzione paclfica delle con-troversie del lavoro; cömpito prevalente dei Sindacati ä la determinazlone del salario attraverso 11 contratto collet-tivo di lavoro, di quel salario che risulti la componente del tre fattoi-i interdipendenti: le esigenze di vita del lavoratore, le possibilitä della produ-zione e il rendimento del lavoro. II problema della determi-nazione del salario fe per noi di eccezzionale importanza in quanto al lavoro affidiamo una funzione regolatrice del-l'economia, poichö noi lo poniamo al centro di essa, come «soggetto dell'economia». Ci sembra infatti che par-ticolare attenzione deve essere rivolta all'altura dei red-diti della massa lavoratrice, se vogliamo che questi si ti^s-mettano in moltiplicato lavoro. Dcbbiamo tendere ad una espansione del consumo, ad una piü diffusa utilizzazione del lavoro, ad un incremento della produzione. Ed eeco ap-parir« chiara la funzione pro-duttivistica del salario; per questo auspichiamo un po-tenziamento della funzione del Sindacato e ne scorgiamo in questa le ragioni essenziali di vita. Ma dato che al salario noi affidiamo tale funzione regolatrice del flusso della produzione, ci risulta altrettanto vero che fe indispensabile che nella Corporazione il Sindacato veda il suo naturale sbocco, nella Corporazione ove gli interessi tendono ad unificarsi nel supremo fine della difesa e dello sviluppo della produzione nazionale. Filippo Ubatdi Le opere pubbliche La nostra terra, cosi pove-ra di combustibili, ha sui bei monti che la circondano una formidabile ricchezza di carbon bianco, che nel 1922 dava airitalia una produzione di appena 4 miliardi di chi-lowattora; per poter avere un'idea concreta di quanto, in questo campo, si e realiz-zato in venti anni di regime fascista basta aver presente che tale cifra era giä šalita ad oltre 15 miliardi di chilo-wattora nel 1938. Nel campo poi parallelo delle costruzioni idroelettri-che si sono fatti dei passi gi-ganteschi, realizzando un complesso veramente impo-nente di opere, il cui valore aseende a circa 30 miliardi di lire. Un impulse non minore e stato dato alle opere idrauli-che, di cui molte concernenti nctevoli sistemazioni di cor-50 d'acqua, in ciö riprenden-do le tradizioni dell'antica Roma; con una spesa di un miliardo e 748 milioni di lire sono State costruite opere di clifesa e repellenti per uno sviluppo di km. 1.605.000 e nimovate arginature per ol-Lie cinque milioni di chilo-raetri. Dove perö e stato attuatp un programma addirittura fantastico e nel campo del-l'edilizia e dell'urbanistica con la sistemazione di piani regolatori, con la costruzio-ne di pubblici edifici e con l'edilizia popolare. A cura degli Istituti per le case del popolo sono stati costruiti 105 mila alloggi in oltre 8 mila edifici con una spesa di due miliardi e 560 milioni. I Comuni hanno di-rettamente provveduto alla costruzione di 4.135 alloggi di tipo economico per 147 milioni. Le cooperative private, quelle dei ferrovieri e l'Istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato hanno costruito 28 mila alloggi. La spesa complessi-va supera pertanto i cinque miliardi e mezzo. Un altro non meno impor-tante problema, che piü da vicino riguardava il mezzo-giorno d'Italia e le isole, il Fascismo ha affrontato: quello dell'edilizia scolastica. Era stato fatto nel 1923 un censi-mento dal quale era risulta-tp che SU 82 mila aule, 45 mila erano adatte, 32 mila inadatte e 5 mila mancanti. Da quell'anno al '39 sono stale costruite 30.600 aule, con una spesa di due miliardi circa. Per quanto si. riferisce agli acquedotti, problema trascurato od affrontato con mezzi esigui dai governi co-sidetti democratic!, dal 1922 al 1*940 ne sono stati costruiti per oltre 3 mila centri urbani, e di essi beneficiano 16 milioni di abitanti. Nello studio dei problemi vitali, che maggiormente in-cidono sulla economia nazionale, si era pure presentato quello delle comunicazioni. Quando Mussolini assunse il potere, trovö una disastrosa disorganizzazione nelle fer-rovie, che aveva portato ad •un disavanzo di un miliardo e 431 milioni, dovuto soprattutto, io ritengo, all'esagera-to namero di agenti ferro-viari salito alla cifra di 241 mila. Si dovette curare la malattia con il bisturi epura-tore e ridurre tale personale a 135 mila; per ogni chilo-metro di linea si avevano riel 1922 ben quindici agenti: oggi se ne hanno circa otto. Anche in questo campo, superanclo evident! gravi dif-ficoltä, si addivenne a nuo-ve costruzioni di strade ferrate per uno sviluppo di oltre 3 mila chilometri, per cui quello complessivo delle fer-rovie dello Stato supera oggi i 23 mila chilometri. Parallelamente al problema delle strade ferrate e stalo affrontato quello della viabilita su \'ie ordinarie, e fu pertanto creata I'Azienda autonoma statale della strada; con la gestione tecnica di questa le strade statali sono šalite a 137 con un eser-cizio di 21 mila chilometri. Contemporaneamente si costruivano alcune autostrade, ove il traffico dei veicoli faceva sentire piü necessa-ria la loro realizzazione, e cosi sorse la Genova-Serra-valle-Scrivia onde permette-re una comunicazione breve e comoda fra il porto della Superba e la valle padana, la Milano-Laghi, la Milano-Torino, la Firenze - Mare e la Roma-Ostia. Ma a Roma soprattutto ri-fulse il genio creativo del Fascismo con opere di impo-nente grandezza, volute e concepite dal Duce, il quale aveva impartito le seguen-ti direttrici di marcia alla commissione per lo studio del nuovo piano regolatore: <'I problemi di questa Roma del ventesimo secolo mi place dividerli in due catego- rie: i problemi della necessi-tä e quelli della grandezza. I primi sgorgano dallo sviluppo di Roma e si racchiu-dono nel binomio case e comunicazioni. I problemi della grandezza sono di altra specie: bisogna libefare dalle deturpazioni mediocri tut-ta la Roma antica e medioe-vale; bisogna creare la Roma del ventesimo secolo. Roma non puö e non deve essere una cittä moderna nel senso banale della parola: deve essere una cittä degna della sua gloria, e questa gloria deve rinnovare inces-santemente per tramandarla colne retaggio dell'etä nostra alle generazioni che verranno.» Ed ecco sorgere il Foro Mussolini, con lo Stadio co-ronato di 92 statue di atleti, l'Accademia di Educazione Fisica, dominata dal monoli- te alto 36 metri, che esprime la volontä di una fascista sempre maggiore grandezza. Ed ecco la meravigliosa via deU'Impero che nasce da Piazza Venezia, cuore del-ritalia operante, continuata dalla via dei Trionfi, oltre il Colosseo. L'isolamento del Campi-doglio, la liberazione del Teatro di Marcello, l'allarga-mento della Via Appia Nuova, la via di Ostia in prose-cuzione del Lungotevere, sono fra le realizzazioni che rUrbe ha visto sorgere e conseguire con dinamico moto affinche Roma potesse essere, come il Duce aveva co-mandato nel 1926 in Campi-doglio: «meravigliosa a tutte le genti del mondo, vasta, ordinata; potente' come ai tempi di Augusto.» Pieiro Carra IDE0L06IA DEILA GUERRA Due anni e cinque mesi di guerra salutano l'alba di questo XXI° annuale della Rivoluzione di Mussolini. Due anni e cinque mesi di uuerra in cui i volti degli uomini e delle cose sono stati scoperti dalle loro ma-schere e rivelano ora i loro tratti reali, spesso differenti da come ci eravamo abituati ad immaginarli. Per questo accade talvolta, specie a quelli che iurono i piü. mio-pi, di non ritrovarsi, di non riconoscere le fisonomie alterate dei personaggi eccita-ti di questo mondo in cui vi-viamo: udiamo allora quei miopi invocare a gran voce i nomi del passato, parlare ■Se 'd sacodo (ftu 'd se.- colo dMa poten&a dal capitala, cfudsto odtitasuno a id se.cotc deMa 'fiotans.a a datUa g iona daH Liooto.» 'in nome di quei personaggi a loro cari, rievocarli con nostalgia e con certezza di ritorni. Vediamo anche quelli che si sentivano a loro agio solo dietro I'egida della maschera, maledire la guerra che mette a nudo volti e situazioni. Noi invece che, fin da prima, ■ intuivamo le maschere e le verniciature, benediciamo questa guerra che spoglia volti e sent ime n-ti, che ci permelte di cono-scere finalmente chi e il nostro prossimo. Guerra di giustizia si, ma anche e soprattutto guerra morale. PiCi ancora di una vittoria territoriale, noi sen-tiamo la necessita d'una vit-tOMG dello spirito individua- te e collettivo, in sostanza dello spirito nazionale. La vittoria delle armi sarebbe nulla se da questo Hume di sangue noi non ne uscissimo purificati nell'inti-mo; se le lacrime di tante madri non fossero tale lavacro ai nostri occhi da con-sentirci una volta per sempre di riconoscere al primo sguardo lamico dal tradito-re, I'eroe dal vile. Siamo giunti al capovolgi-mento di tutti i falsi valori morali che hanno alimentato la vita di questo tormentato '900. L'«uomo nuovo» sta per scaturire da questa guerra e noi dobbiamo metterci nelle condizioni spirituali di comprendere e impersonate quest'u o m o nuovo. Si richiede sinceritči d'azione, sinceritä di sentimento. Si richiede passione e corag-gio. Affrontare una svolta storica non e facile; bisogna essere compatti, precisi,chia-ri con se stessi e con gli altri; il minimo deviamento di rotta potrebbe essere fatale. Qui non si tratta piCi di rivoluzione nazista, di rivoluzione bolscevica in parti-colare, oggi si tratta di rivoluzione mondiale; la vittoria non sara. delle armi, ma di coloro che piü hanno fede nel loro ideale ed hanno sa-puto segnare se stessi e le masse con le stigmate di questo ideale, in nome di una vera giustizia collettiva, in nome di quella solidarie-td umana che 1'individuali-smo ha sacrificato alla piü grande delle utopie: la li-bertä. S. COLONIÄLISMO FÄSCISTA L'Italia si affacciö alia que-stione coloniale gloriosa delle Iradizioni romane e delle sue rcpiibbliche niarinare, ma tuttavia priva di una coscien-7,a coloniale quale richiesta (lalle e.sigenzo moderne. Gli animi, protesi verso il riscat-to nazionale, furono, durante il primo Hisorgimento, preoc-cupati principalmente di uni-re le varie regioni della pe-nisola liberandola dalle in-fluenze straniere. Non manca-ronö tuttavia gli spiriti vatici-nalori di un'ltalia colonialista, da Alfredo Oriani a Francesco Crispi che volle la con-(luista dell'Eritrea, alla nu-merosa ed eroica scliiera dei nostri espioratori die, spin-gendosi per la maggior parte nel cuore della Africa, giä fracciavano.alle nuove gene-razioni quale sarebbe stato l'indirizzo principale della nostra colon izzazione futura. Pure il poeta dell'Italia nuova, Gabriele D'Annunzio, salutava il re Vittorio Emanuele che dal mare ritornava accin-gendosi a prendere la corona per la morte del padre Umberto 1°, quale auspicio che sul mare si sarebbe fondata la futura potenza d'Italia. Ma il parlamentarismo con le sue beghe politiche e la sua tradizionale facilitä nel-i'ossequiare, per la debolez^a della sua interna costituzione, il volere delle a)tre Potenze, ci procurava le prime dolo-rose esperienze in materia coloniale: possiamo indicarle principalmente nella prima Adua e nella cessione, cosi possiamo ben dire, alla Fran-eia della Tunisia, ove da anni si era venuto formando per nierito degli Italiani il nucleo europeo [)iii compatto, piii prolifico e piii laborioso giac-che, dall'agricoitura alle miniere, mano d'opera ita-liana non soIo era stata sempre presente ma aveva perfin dato un nuovo vol-to a quella terra, schiuden-dola per prima al soffio vivi-ficatore della civilta latina. La Libia, per la quale i nostri soldati avevano compiu-to i piü eroici sacriflci, veni-va nel 1919 da Cagoia defi-nita uno scatolone di sabbia, inutile sotto ogni riguardo. Questa inettitudine degli uo-mini al potere di allora, do-veva essere riscattata coll'av-vento del Fascismo, il quale doveva incaricarsi di dimo- strare coi fatti a Nitti che non solo la Libia non era quell'in-utile scatolone di sabbia come egli riteneva, ma che occorre-va comprfendere e sviluppare il senso della colonizzazione italiana per ottenere i mig)io-ri risultati. Nel dopoguerra infatti la politica coloniale fa-scista ha avuto per principale scopo I'assistenza diretta, materiale e morale, degli Italiani costretti ad emigrare al-I'estero e che, nel numero di oltre 10 milioni, dalle-Ameri-che al bacino mediterraneo, tenevano alto con le loro opere il buon nome oltre che cooperare alla sua rinascita economica Inviandole il frutto dei loro risparmi. Sul terrene politico Mussolini iniponeva un arresto alia invadenza che Francia e In-ghilterra cercavano di impor-re, soprattutto nel bacino mediterraneo, mirando a soffo-care la vita economica italiana. A Versaglia tutte le richie-ste italiane erano state boi-cottate, mentre dalle coste oc-cidentali dell'Africa al Mediterraneo Orientale e all'O-ceano Indianb, ingles! e fran-cesi avevano occupato terri-tori ricchi di materie prime e di grande importanza strate-gica. Tutti sappiamo come i Mandati affidati alle potenze occidentali si siano pratica-mente convertiti in colonie di sfruttamento. Tuttavia, poi-che i patti firmati vanno ri-spettati, 11 Fascismo accetto la situazione di privilegio creatasi purtroppo a sfavore dell'Italia, ma intese con la sua politica stabilizzare la po-sizione delle varie potenze interessate nel Medio Oriente, sullo «statu quo» in modo che quei privilegi, francesi ed inglesi, non facessero sorgere altre pretese che ci soffoca«-sero completamente. Politica di equilibrio quindi e nello stesso tempo di pace, poiche nessuno piü deU'Italia poteva essere interessato al suo mantenimento. Infatti al- la nostra penisola, che piü delle sue alleate aveva risen-tito gli effetti dannosi per la lunga durata della guerra, oc-correva un lungo e sicuro periodo di pace e coUaborazione con gli altri popoli che le servissero a rinforzare coi traffic! e coi commerci, rifio-riti nella tranquillitä, lo sche-letro della sua ancor giovine esistenza. Ecco infatti I'ltalia preoccu-pata di strin^ere rapi>orti di buon vicinato e di coUaborazione commerciale coi popoli del Medio Oriente, dove so- prattutto si doveva dirigere la nostra espansione economica coloniale. Dalle sponde dell'Eritrea che, fedele ma piccola colonia, aveva pur vi-sto con I'apertura di nuove strade e con sovvenzioni sta-tali rifiorire il proprio com-anercio, connnercianti, inge-gneri, medici italiani riusci-vano per primi a penetrare nello Yemen, I'antica cArabia Felice»: indice anche questo che la politica di pace dell'Italia era stata ben compre-sa e quindi anche accolta da-gli stessi arabi. Nella Somalia, alla quale la fermezza politica di Mussolini aveva fat-to aggiungere I'Oltregiuba, le concessioni agricole degli Italiani facevano rifiorire agri-coltura e commercio in quelle terre dove la barbarie della schiavitü o del lavoro coatto era stata completamente eli-minata, laddove sappiamo che inglesi e francesi, sotto forma piü o meno larvata, rendeva-no il servizio del lavoro obbli-gatorio con punizioni fisiche. Nel Madagascar il contin-gente di leva militare indigene doveva fornire pure una parte per lavori nelle strade e nelle miniere dello Stato; nell'Africa Equatoriale fran-cese gli indigeni validi al lavoro dovevano dare la loro ])restazione per sei mesi al-l'anno ed erano spesso tra-sportati con la forza da una regione all'altra dove, per il nuovo clima, per le febbri, per l'insufficiente assistenza sanitaria e la scarsitä di cibo, morivano in gran numero. II depauperamento della popo-lazione indigena eseguito con qüesti modi, unito alla scarsa capacitä colonizzatrice delle nazioni dominanti, che non riuscivano a trovare cittadini capaci di adattarsi ai duri sa-crifici nelle colonie, hanno portato come conseguenza non ultima alla crisi della produzione e della economia di cui naturalmente hanno risentito anche le altre nazioni. Sorvolando sulle ragioni che ci mossero alla conqui-sta dell'Etiopia, la cui glustez-za non ci poträ mai essere negata, volgiamo lo sguar-do invece all'operosi-tä con cui gli Italiani seppero in breve tempo far frut-tare quel-l'immenso territorio che essi trovarono ancora ini-merso nella barbarie. Innan-zi tutto la politica se-guita com gli indigeni non fu di sfruttamento inu-mano, quale quella eseguita come ab-biamo ac-cennato da altre Potenze, m a di coUaborazione: dei bene-fici che la civiltä romana porta va in quelle terre non dovevano risentirne infatti soltanto pochi ingordi capitalist! ma tutto il po-polo italiano, oltre alle genti del luogo. Abolita la schiavitü sotto ogni forma, pro-tetti quei poveri abitan-ti dalle razzie dei pre-doni, gli indigeni si av-vicinarono a noi con fi-ducia e cooperarono an-zi in piena libertä alla costruzione delle strade, arterie vitali per quei territori, le quali resteranno imperituro monumento del-l'ingegno e del lavoro italiano che non trova riscontro in nessun altro territorio africa-no, e nelia bonifica dei terreni oltre che nelle ricerche mi-nerarie. L'afflusso dei nazio-nali fu disciplinato in modo che non si creassero specula-zioni sul loro numero da parte degli imprenditori di lavoro, mentre i soldati stessi che prima avevano combattu-to, posavano accanto a loro i nioschetti per imbracciare la vanga del contadino o lo scalpello dell'operaio. Dopo pochi mesi potevano giunge-re le prime famiglie coloni-che che giä trovavano trac-ciati i limiti dei terreni che lo Stato si era preoccupato di far loro trovare giä dotati di strade, di case, di concimi e anche in parte dissodati per la prima volta dai militari del luogo. Le Corporazioni si as-sunievano Tinearico di ren-dere partecipe tutto il popolo italiano dei benefici della co-Icnizzazicne, che si formava cosi per gradi, con sicura vi-sione di trapiantare in Africa l'eccedenza della forte razza italiana, e non lasciare adito acl intraprendenti speculator!. Non piü quindi la colonizzazione tipo anglosassone e francese che, affidata a poche compagnie o societä private, si limitava ai porti e alle regioni costiere dove si accumulavano le merci pro- dotte dall'internp sfruttando il lavoro degli indigeni. E in-fine la Libia, quel fanioso scatolone di sabbia, vedeva sorgere, dai confini tunisini a quelli egiziani, villaggi e vil-laggi di contadini e dove il deserto si stendeva squallido e uniforme fin sulle coste niarinare, l'ingegno e la tenacia dei Jiostri lavoratori scovava-no dalle viscere della terra l'acqua e trasformavano quelle sabbie in fertili terreni. Chi potrebbe negarci la le-gittima conimozione ß il legit-tinio orgoglio per queH'opera di redenzione čompiuta, e che non puö trovare assolutanien-te riscontro da parte di nessun altro popolo? Soltanto la perfidia di Albione poteva impunemente abbandonare alle razzie di negri e di austra-liani quelle terre sacre non soltanto per ogni italiano, ma per tutte le genti civili che in esse possono scorgere coi frutto di un tenace lavoro il segno di una civiltä che deve affratellare in un sentimento comune tutti i popoli! Ma ringhilterra sarä vinta e con la sua sconfitta ritrove-ranno in fine pace e serenitä non soltanto quelle povere famiglie coloniche che ora seno martoriate dalla guerra, ma anche tutte quelle popola-zioni che vivono nel bacino mediterraneo, potranno final-mente godere i frutti della loro piü intensa coUaborazione civile. L ^ DUCE E LA GUERRA Nei suol ricordi di guerra, Ardengo Soffici racconta: «lo vidi Benito Mussolini nei luo-ghi dove gli uomini morivano per la Patria. Fu in una ba-racca sconnessa, in una notte di pioggla, di vento e di fuci-late. Oltre Saga, ai piedi del massiccio del Rombon, nella conca di Plezzo. La sua ma-schia figura mi apparve alla luce del bivacco, i suoi occhi scintillanti e vividi li vidi per la prima volta alla luce rossa della fiamma crepitante del rogo resinoso. La sua voce maschia, metallica, unita la udii al erosciar della pioggia, all'urlo del vento, al brontolar rabbioso della fucileria... Ri-pigliando L'ascesa, lo zaino, pesante piü della nostra stan-chezza, mi parve piü leggero, la šalita meno aspra. Ci pre-cedeva la Fede.» E la Fede doveva essere provata coi sangue. Ecco Mussolini, il 23 febbraio 1917, presso Doberdö a quota 144, mentre si eseguivano tiri di addestramento con un lanciabombe da trincea, rimanere gravemente ferito: «Aveva piü di 40 gradi di febbre e pur dovettero scalpellargli la tibia, estrargli le schegge dalle 42 ferite ond'era crivellato. Fissava il bisturi penetrante nelle cami, stringendo le forti mascelle per non gridare. In certi squarci entrava il pu-gno del chirurgo .. Chi puö dire, dunque, che il Duce non conosce la guerra, Che non sa quali siano i sacrifici immensi che essa comporta, 1 dolori di cui č piena? Nessuno, che non sia in mala fede. Egli I'ha vissuta — ä bene sempre ri-cordarselo — da semplice sol-dato di truppa. Ha provate incise sulle sue cami le ferite Che dilaniano 1 soldati nelle trincee, o li piegano all'assalto. Ha mangiato iiella semplice gavetta, tra il fango, i pidocchi, il sangue dei morti, il lamento dei morl-bondi. Ha vissuto la tragedia immane della guerra, ed abor-risce la guerra. Quando, ora, nelle quasi quotidiane visite agli ospedali, note ed ignote, passa tra i fe-riti, fissandoli con lo sguardo acuto del Capo, lo so che nei suoi occhi si puö veder passare I'ombra dei ricordi d'un tempo, quando anch'egli, con lo spirito proteso verso I'azio-ne, doveva rimanere a letto immobile nel piccolo ospeda-letto da campo dl Ronchi Egli conosce la guerra. II suo cuore, che non ha mai tremato di fronte ad alcun personale pericolo, era stretto dall'angoscia nel tempo dure Che precedette questa gueiTa. Vedeva profilarsi all'orizzonte il conflitto che doveva riget-tare il mondo, come nel lon-tano 1914, nella guerra totale, certo piü aspra, piü lunga, piü terribile di quella giä vissuta, e paventava 1 dolori che inevitabilmente sarebbero ri-caduti sul suo popolo, quel popolo a cui egli aveva dedicate la vita, sin dalle prime battaglie politiche, quel popolo a cui aveva sacrificato ogni personale ambizione anche militando sotto le insegne del socialismo. La sua notte non conobbe la sosta del riposo. II passan-te frettoloso di Roma, pas-sando sotto le finestre di Palazzo Venezia, poteva vederne una sempre illuminata: la sua, fino all'alba. E pensava: 6 il Duce che lavora. Anche di notte, soprattutto di notte, quando gli altri hanno ciascuno il proprio riposo. Se avesse potuto avrebbe fat-to indietreggiare le lancette del tempo, perchč non scor-resse cosi veloce. Egli non poteva, non doveva — secon-do il suo spirito ed il suo cuore — riposare. Un popolo di 42 milioni di abitanti, I'Eu-ropa, il mondo intero aspet-tavano dal suo lavoro la parola di pace, che li avrebbe difesi contro le insidiose ma-novre dell'ebraismo e delle pluto-democrazie — alleate col comunismo — che lavora-vano oscuramente nell'ombra, tramando la guerra. I fratelli che vent'anni prima erano con lui nella trincea, ed erano caduti poi sotto il piombo nemico, gli erano certamente d'intorno. Era a loro che pensava, era al popolo dell'aratro e delle offi-cine, alla gioventü degli ate-nei e delle scuole, che anda-va tutto il suo pensiero. Quan-to tempo li separava ancora dalla guerra? Dipendeva for-se da lui di far indietreggiare per molto o per sempre 1° spettro vlscido della morte. E lavorava. Per tanti anni dal balcone di Palazzo Venezia, dalle piaz-ze storiche d'Italia, parlando piü col cuore che non la mente, stringendo i denti nelle pause per l'intensitä dello sforzo inteso a far capire Tintlmo pensiero, egli ricordö agli alleati di ieri cos'era la guerra. Incitö i capi di go-verno a rivedere col cuore alia mano i propri gesti in-considerati di demagogica su-perbia, a pensare — se era loro possibile — alle sofferen-ce, alle crudeltä d'una guerra, scatenata per la difesa di ^porchi interessi personali, di una guerra voluta soltanto dalla bramosia ebraica, dalle mene massoniche, dalla poli-tica assurda di capi irrespon-sabili, e di folle illuse dalla sottile propaganda comunista. Parlo con I'asprezza e la sincerity del Capo che sente avvicinarsi I'ora decisiva. Ma troppi erano i voluti sordi, Che da lontano sembravano non capire, nonostante che altre folle, altri popoli, inten-dessero come le parole del Duce sarebbero servite anche a loro, come a noi. Bisognava ancora lavorare. La diplomazia estera aveva indetto diverse conferenze per 11 disarmo, certo con la segreta intesa che tutto si sarebbe risolto in un bel ban-chetto finale ed in brindisi pill o meno calorosi... Nel 1930 a Londra, a Ginevra nel 1932, a Stresa nel 1935 I'lta-lia partecipö alle discussioni con sinceritä d'intenti, segna-lando Che le premesse neces-sarie per un disarmo reale dovevano venire dalla revi-sione degli ingiusti trattati di Versaglia, che avevano diviso 1 popoli in oppressi ed oppressor!... Come per il Patto a Quattro, le democra-zie per bocca dei loro ministri degli esteri, promisero la buona volontä ... che rimase sulla carta dei comunicati finali . Bisognava fare da sfe. Cera un territorio ancora da colonizzare; I'Abissinia. II trattato di Uccialli aveva san-cito il nostro diritto intangi-bile ed aveva posto in rilievo la necessitä d'una collabora-zione stretta tra il Regno d'ltalia e I'lmpero Abissino. Ma il nostro lavoro cozzava contro quelle piü subdolo del-la Perfida Albione. Credem-mo sinceramente, nonostante tutto, di poter lavorare con spirito d'amicizia. Ual Ual fini per sempre le nostre illusioni. Non c'era prassibilitä di altri compromessi. Bisognava fare la guerra. Era la guerra che 11 Duce non aveva voluto e che si pre-sentava ora, come un fatto storico, alle porte d'ltalia. Prima di deciderla, il Duce certamente ne aveva vagliato il pro ed il contro. Astraendo per un istante dalla nostra potenza mili tare, che era iri-discutibile e che ci confer-mava una vittoria slcura, pen-SÖ con cuore di padre — come sempre — e non come uomo politico, ai dolorl che inevita-bilmente avrebbe arrecato. Bisognava decidersi, perö, per-chö oltre al nostro necessario pane quotidiano bisognava pensare anche al necessarissi-mo onore. Una nazione che avesse chinato 11 capo, che avesse anche per poco cerca-to di arzigogolare sulle necessitä d'una guerra, avrebbe perduto per sempre la possi-bilitä di risiedere da pari a pari tra le altre. II popolo sarebbe diventato un popolo di schiavi. Bisognava decidersi, per far si che I'ltalia avesse ancora una volta 11 suo destine Imperiale e non abdicasse di fronte al vile nemico, cui dovevamo far pagare la dolorosa memoria di Adua. Fu deciso. Dalla prima bat-taglia del Tembien, alia bat-taglia del lago Ascianghi, si-no all'occupazione di Harrar, la guerra — per il sacro diritto coloniale dell'Italia, per il suo onore — vide le nostre armi sempre vittoriose. Da Roma, il Duce aveva se-guito e comandato ora per ora, minuto per minuto le operazioni dell'Esercito. Cinquantadue Stati di di-chiarararono 11 blocco economic©; stringemmo la cintola con virile energia e conqui-stammo un'altra vittoria: quella per I'Autarchia. Una guerra: due vittorie. I labari delle legioni che passarono per la via dell'Impero ricon-fermarono al mondo che 1 figli d'ltalia erano ancora i legionari della Roma di Ce-sare. Agosto 1936. Franco, dalMar-rocco spagnolo, inizia I'opera per la liberazione della Spa-gna dal bolscevismo. L'ltalia, per volontä del Duce, accorre con le sue giovani schiere al nuovo posto di combattimen-to. I volontari di Spagna, mu-tilati e feriti, ricevono con I'abbraccio del Duce, il pre-mio al loro valore, che con-tribuirä alia rinascita del-I'Europa. Ma le mene politiche degli stati ebraico-pluto-democratic!, rtsoltesi ignominiosamen-te nelle aule lubriche della Societä delle Nazioni, conti-nuarono allora sotto forma di speciose alleanze. Berchtesgaden dimostrerä che l'ltalia non 6 sola ad af-fermare la sua volontä di pace con giustizia. Italia e Germania alleate, si contrappor-rano al blocco politico-demo-cratico e lavoreranno fianco a fianco. N6 Hitler nfe il Duce volevano una nuova guerra, anzi, bisognava radunare tut-te le forze, economiche, militari, diplomatiche per scon-giurarla. 1938 Monaco. Per iniziativa del Duce rappre-sentanti della Francia e del-ringhilterra si incontreranno con Hitler e Mussolini, ancora una volta deciso a chiarire il suo pensiero, costantemen-te rivolto ad evitare una se-conda tragedia mondiale. Istigazioni, complotti diplomatic!, sintomatiche dichia-razioni di aiuto continuaro-no. Cecoslovacchia e Polonia divennero teatri di guerra. Marzo 1939. Boemia e Moravia sono dichiarate protettorati del Reich. I» settembre: Danzica dichiara la sua an-nessione alia Germania, men-tre Francia ed Inghilterra mobilitano le loro forze chie-dendo come ultimatum un ri-torno delle truppe germani-che sulle posizion! di parten-za... Monaco era rimasta indietro nel tempo a docu-mentare la perfidia dei govern! franco-inglesi. 3 settembre 1939: la guerra europea č aperta. Sulla fronte del Duce pas-SÖ un'ombra di tristezza. Le rughe ne segnarono piü pro-fondamente !1 volto chino alia luce azzurra del tavolo di lavoro. Si avvicina il momen-to decisive anche per l'ltalia. 1940. Danimarca, Norvegia, Gianda, Lussemburgb, Belgio sono occupati dalle truppe del Reich. Tra il maggio ed il giugno la Francia, costernata, vede cadere il sue sogno circa l'imprendibilitä della Linea Maginot. 10 giugno. L'ltalia, che dal lo settembre 1939 aveva dichiarate la sua «non belli-geranza», che non significava affatte un assenteismo egoista ma una presa di posizio-ne avvedutamente concorda-ta con il suo alleate germanice, dichiara a sua volta la guerra. 11 Duce I'aveva prevista da tempo e si era sferzato con-tutti i mezzi di evitarla, per-chč .conosceva cos'e la guerra, piü Che ogni altre capo di governo demecratico e nen. La conosceva, ma 11 file dei suo desider! s'era spezzate, e tutta l'ltalia chiedeva di peter cembattere per il suo giu-sto diritto. II valico delle Alpi, I'occu-pazione del litorale francese fine a Mentene consacrano la gloria delle nostre truppe. Sgretolata dall'avanzata germanica, colpita duramente ai fianchi ed alle spalle dalle truppe italiane, la Francia — nonostante le residue illusioni inglesi — capitela e firma a Compiegne Tarmistizio con la Germania: due giorni piü tardi con l'ltalia a Roma — villa Incisa. II Duce 6 state sulle Alpi ed ha stretto la mane ai suoi seldati ed al Principe Sa-baudo. 28 ottobre 1940. La prepa-ratissima Grecia, che volle essere la pedana di lancio deiringhilterra centre I'Euro-pa, depo la nostra occupazie-ne dell'Albania, dichiara una guerra assurda alle potenze dell'Asse. I nostri alpini muoione con il gride dell'Italia sulle labbra, tra le neve ed 11 fango. Sicari prezzolati albanesi li pugnalane talvolta alle spalle. Ma nen prevar-ranne. L'ereisme italiane non ricerderä che un neme per designare I'immane fatica del seldati, ma esse comprende tutto e tutti: Divisione Alpina Julia. II Duce premia I'infatica-bile resistenza degli alpini »o 11 duce^ e ia ^utcca passando tra loro — camerata e non capo — giornate lumi-nose: gli uomini non gli espri-mono soltanto con le parole la loro indefettibile fede: combattono piti duramente di prima e vincono, perchfe que-sto 6 I'impegno solenne e sacro sancito dalla Sua visita. La guerra assume ora una forma pitx aspra con I'lnghil-terra, per mare e per aria. Con le memorabili battaglie di Punta Stilo e Capo Teu-lada il Mediterraneo ritorna la via di Roma, il «Mare nostrum». Febbraio 1941. L'offensiva inglese raggiunge Bengasi, ma si esaurisce presto, mentre la controffensiva italo - tedesca riporta I'ltalia a Solium e piü tardi In territorio egiziano, ad El Alamein. II Duce k in Africa fra le valorose, tenacissime truppe della quarta sponda. A. O. II nostro Impero, accerchiato da piü lati dal possedimenti inglesi dell'Egit-to e del Sudan, ö difeso con la piü dura resistenza dalle nostre eroiche truppe colo-niali, contro I'enorme prepon-deranza delle forze nemiche: neozelandesi, indiani, austra-liani eccitano la loro barba-rie contro i fanti, pionieri della civiltä in terra d'Africa. Palmo a palmo il terreno cade in mano ai nemici: gli Ita-liani consacrano col sangue 11 loro diritto a quella terra e col sangue ne anticipano il futuro dominio, auspice il sa-crificio del Duca d'Aosta che all'estremo delle forze, prima di cedere, manda al Duce il suo estremo messaggio «Ri-torneremo». Aprile 1941, L'ltalia occupa assieme alia Germania, che colpisce alle spalle la dispe-rata resistenza greca, la Jugoslavia, che aveva cercato subdolamente di guadagnare tempo alleandosi aH'ultlmo momento e con ample i-iser-ve mentall al Tripartito. La Croazia chiede -airitalia il suo Re. Unica incognita ancora č la Russia. Pletorizzata con I'acquisto di territori polac-chi, ucraini, finlandesi e ro-meni essa rappresenta la carta finale su cui giocheranno le .democrazie ... L'enorme armamento e la mobilitazio-ne affrettata alle frontiere germaniche di milioni di uomini, decide il Reich a dichia-rarle la guerra. II Duce, che aveva consa-crato tutta la Sua vita alia disfatta del comunismo pren-de immediata posizione contro il colosso bolscevico. A fianco dell'Italia e della Germania combatteranno Flnlan-dia, Ungheria, Slovacchia, Romania e contingent! volontari di Spagna e Croazia. L'ltalia puö vantare per sö un primato assoluto: quello di aver capito da ventanni il sogno dl predominio mondia-le del bolscevlsmo. Finalmen-te il Duce poteva mettere di fronte alia loro pazzia i po-poli diretti dalla megalomania dl democratici govern!, Che vantavano il bolscevico come il popolo della pace. Se I'Europa ed il mondo-avessero dovuto avere una guerra, questa doveva essere svolta unicamente contro la Russia: il solo, il vero, I'unico pericolo mondiale. La Rivolu-zione fascista confermava la sua necessitä storica; 11 lavo-ro del Duce aveva un premie ed un riconoscimento con lo smascheramento finale del mostro bolscevico. Truppe italiane sono sulle rive del Don e sul Ladoga. II Duce ancora una volta parte in volo ed aniva tra le truppe in prima linea. fi la volta dell'America. II-lusa sul suo vlcino d'oriente — il Giappone — essa crea la guerra del Pacifico. Un'altra guerra, un altro alleato per l'ltalia e la Germania. E la guerra continua. Gli Italian! sanno che il Duce pensa soltanto alia vit-toria, conquistabile e conqui-stata con il minimo possrbile di sacrificio. Sanno che Egli vive ora per ora il loro duro lavoro, che 6 accanto ai soldat! ed ai lavoratori delle of-ficine; che h presen te in tut-te le famiglie, che ad esse pensa sempre con la decisio-ne di compiere unicamente il proprio dovere, come il piü semplice degli Italiani. Ma Egli doveva awicinarsi di piü, se possibile, e durante la guerra, al popolo con il proprio dolore, attraverso la perdita del figlio Bruno. Bruno, pilota atlantico — di quel-I'Atlantico varcato non per smania di primato sportivo, ma per affermare di fronte al mondo tecnica ed ardimen-to italiani — doveva ca-dere con l'ala infranta del-l'apparecchio su cui era sa-lito per prova. Aveva compiu-to anch'Egli — fino all'estremo — il proprio dovere di italiano. II popolo, tutto il popolo, intese allora piü che mai che 11 Duce era vicino al suo cuo-re; 11 Suo dolore era quello dell'Italia che suU'albo della gloria imperitura scriveva il nome di un altro Caduto per la Patria. Non aveva voluto la gueiTa. Dovette dichiararla perchö il diritto alia vita dell'Italia la reclamava, se non si voleva abdicare per sempre al destino di grandezza e di civiltä. Anch'Egli ne fu colpito. Forse piü di tutti, perchž 11 posto oScupato Gli dava 11 privile-gio e la possibUitä di salvare la propria famiglia dagli or-ror! della guerra. Ma, nš Lui ne i figi! vollero mai essere guardat! altro che come Italiani, uguali a tutti, primi soltanto nel compimento del proprio dovere, in pace come in guerra. fi con la visione del Suo sacrificio, della Sua enorme fa-tica, dell'lmmane responsabi-litä Che Egli vplontariamente ha preso su di sfe, che il sol-dato della trincea e della ca-serma guarda al Duce. Sa che Egli non calcola i soldati come matricole, come numeri, ma come uomini e che Gli 6 piü cara la vita d'un soldato che non certamente la propria. fi con questa certszza che ogni soldato va alia bat-taglia, e se deve morire 6 col Suo nome sulle labbra che muore, unito a quello dell'Italia, binomio indissolubile che dä a tutti la certezza nella vittoria finale, che sarä ^ i morti lo confermano — mussoliniana e fascista. Luciano FrassineISi Se noi riandiamo a questi venti aniii durissinii e luniino-si, durante i quali la dottrina di Mussolini ha dato un senso nuovo alia Aita del popolo italiano, li seiitiaino scanditi, ad uno ad uno, non soltanto dal fervore delle opere con cui il Fascismo ha scritlo una storia destinata a si'idare i secoli, ma anche — direi anzi specialmen-te — dalle parole oon cui 11 Duce le ha scolpite nel cuore degli Italian! prima ancora che nella loro forma sostanziale. Cosi se pensianio all'imponente mole di previdenze sociali attraverso le quali il popolo e stato elevato ad un tenore di vita che non risponde soltanto alle sue necessitä ma anche al suo nuovo destino, noi le ve-diamo fiorire, come per magica virtu di volonta e d'amore, da quelle frasi brevi e incisive che ne costituiscono la iiicon-fondibile e formidabile base. «Voi — EgU dice alle madri — dovete dare con la vostra vigilante attenzione col vostro indefettibile amore, la prima im-pronta alia prole che noi desi-deriamo numerosa e gagliarda.> Ma per dare questa possibi-litä alle donne lavoratrici bi-sognava creare per loro tUtto un nuovo sistema di vita ed ecco quind! che, per virtu del Fascismo, ricostruttore delle fortune della Patria e costante restauratore dei valor! dello spirito, la madre ed il bambino entrano neH'orbita della vita nazionale per non uscirne mai piü. Giä nel 1925 viene istituita I'O. N. M; I. con legge che viene modil'icata in seguito e riunita in testo ujiico il 24. 12. 1933. Giornata da allora dedicata alia celebrazione della Madre e del Fanciullo e non a caso stabilita alia vigilia della celebrazione della Maternitä Divina. Con que-sto il Duce non ha inteso soltanto di esaltare la sublime missione delle 'madri, I'eterna ix)esia della famiglia, ma ha iuteso, aitresi, di affrontare in pieno il problema demografico il cui incremento e I'indice piü sicuro dell'ascesa della Nazio-ne. La scarsa beneficenza che si era fatta prima, in queslo pur cosi importaute settore, di-venta in un primo tempo I'assi-stenza piü fraterna. In un se-condo tempo, poi, diventa la forma piü umana e piü squisi-tamente fascista di previdenza sociale, attraverso le cure prestale alle gestanti ed a! neonati, e, anche maggiormente, attraverso le svariate,. complesse e complete cure preventive fat-te a quelle madri e a quei fan-ciulii fisicamente piü deboH, o quindi piü facilmete predispo-sti a quelle micidial! malattie che tanti incolmabili vuoti ave- vano scavato nelle statistiche degli auni precedent!. Sorgono, frattanto, ad una ad una, le varie organizzazioni del Partito die penetra con iK)Ssen-te palpito rigeneratore in tutti gli strati della popolazione. II sindiicalismo, imnienso serbato-rio di forze umane, inquadra la massa operaia la quale non domanda di meglio che di po-tp.r EPordare il triste periodo di smarrimento durante il quale distrusse, col beuessere proprio, ar.che quello della Nazioiie. Le Organizzazioni giovanili con ritmo sempre crescente, assorbono le migliori promesse della Patria. Attraverso ! Fasci Femminili e le sezioni delle Mas-saie Rurali e delle Operaie e la-voranti a domicilio la doiina ö chiamata a collaborare come madre, come maestra e come organizzatrice. Inunediatameute il Fascismo valorizza la sua at-tivita ed esalta in lei I'ideale della famiglia. La fecouditä e premiata ed 11 focolare dome-stico diventa I'ara sacra attor-no alia quale gli spirit! si pu-rificano e le anime si riteui-praiio. «Bisogua — insiste il Duce — vigilare sej'iamente sul destino della razza, bisogna curare la razza.. .> E fioriscono i nidi per i bim-hi del popolo. Fioriscono ne! rioni piü salubri delle citta, come nelle fabbriche dove i piccoli balbettano lieti mentre le madri attendono serene al loro lavoro. A questa nobilissima opera d; solidarietä si dedicano il Dopolavoro Provinciale e tutti i Dopolavoro Aziendali i quali provvedono pure alia ricreazio-ne e alia cultura della massa lavoratrice. Fioriscono le colonie marine e montane dove ride e canta la . Per i bimbi del popolo viene istituita la refezione scolastica mentre, pure nelle scuole, ! pationati provvedono alle necessitä dei piü indigent!. Ma uon basta: per I'infanzia viene or-ganizzata la Befana Fascista che nelle citta, ne! paesi, ne! vil-laggi e. nelle campagne, dovuu-que sboccia il sorriso di un bimbo, reca immancabilmente il suo prezioso carico di doni. Tutte le forme di assistenza e previdenza sociale si sviluppa-no e si inquadrano nel modo piü armonico nella vita nazionale. Turn! di cura e di riposo per la classe lavoratrice, assicu-razioni contro gli intortuni, as-sicurazioni per I'invalidita e vecchiaia, premi nuziali, prenu di natalitä e di fedella al lavoro, assistenza siudacale od assistenza invernale per i disoc-cupati a cura degli Enti Conui-nali di Assistenza. II popolo italiano sente di aver trovato finalmente il suo Capo e il Duce sente piü che mai la sod-disfazione di aver avuto fede in questo suo popolo del ^uale, in un triste giorno, ebbe a dire: — II popolo italiano e un masso di minerale prezioso, ma bisogna iirenderlo, pulirlo dalle scorie ed elaborarlo. — Ne la gente italica poteva de-siderare artetice piü meravi-glioso per la sua trasformazio-ne e per le sue fortune. La formula di Mussolini: , e assorbita dal jwpolo italiano il quale comprende che questa fornuila implies che I'economia e la po-litica devono trovare nello Stato la loro dis'ciplina, la loro attuazione e la loro integrazio-ne. Passano gli auni. Alia sicu-rezza ed al beuessere del fe-condo e forte popolo italiano il Duce provvede per virtü della Sua mente illuminata e lungi-niirante. Sorge e si sviluppa vittoriosaniente la battaglia del grano, si rinnoväno le citta, si boriificano le paludi, sorgono nuovi importantissimi centri rural! i cui nomi simbolici ed augural! squillano come inn! trion-fali nel cielo della Patria. Conscio del suo destino imperiale il popolo si stringe ado-rante iutorno al suo Duce e qiiando l'ltalia, che ha ritrova-to la sua posseute anima mil-lenaria e soffoca nei troppo an-gust! confini, decide di spezza-re ! ceppi onde e staia croce-fissa dall'infame trattato di Ver-saglia, offre al mondo lo spet-tacolo de! due front! ugualmen-te formidabili: il fronte di guerra e 11 froute interno che ha debellato I'assedio di 52 Na-zioni, le quali invaaio lianoio ten-tato di spezzarne I'incrollabile struttura. Da allora I'Esercito ed il popolo italiauo, sorretti da un ideale sublime e da in-crollabile fede, hanno continua-to a battersi e a vincere su front! divers! ma sempre contro lo stesso nemico. Ed ecoo sorgere altre forme di assistenza e d! previdenza. soprattutto per i combattent! e per le loro famiglie. fi I'ora del Fasci Femminili ! quali, mentre organizzano attraverso le loro sezion!, cors! di economia do-mestica, cors! di addestramento per massaie e operaie, concors! autarchici intesi a raggiungere il maggiore rendimeuto col minore consuino, mentre ancora jpronmovono la raccolta de! rof-tami metallici e collaborano coi G. U. F. per la riuscita dei Lit-toriali del Lavoro, che assu-mono particolare importanza in questo periodo di emergenza, provvedono a dar sviluppo a tutte quelle svariate iuiziative che, oggi piü che mai, sono in primo piano neirämbito della vita nazionale e nel campo del-I'assistenza. Raccolta della lana, organiz-zazione di laboratori, dj post! di ristoro, e di post! di confor-to presso le stazioni per i militari, assistenza a! feriti e alle famiglie dei richiamati, assistenza agli sfrattati ed ai rim-patriati, confezione d i pacch! e corrispondenza con i eombat-tenti. A rigore di sfatistica, accanto ad ognuna di queste voci elencate va posto un nu-uiero equivalente ad alcune centinaia di migliaia di pacch! e di famiglie assistite, mentre ad alcuni milioni ammontano le assistenze prodigate attraverso i posti di ristoro e di conforto mobili delle stazioni di transito. Queste sono schematicamente, nella luce del Ventenuale glorioso, le forme di previdenza e di assistenza sociale, attraverso le quali il Fascismo ha dato al popolo tranquillita benessere e fiducia nelFavvenire. In quel-I'avvenire nel quale ciecamente crede perche I'lia forgiato con le sue fort! mani, col suo saldo cuore, e con la sua incrollabile fede nel grande Duce e nei de-stini della Patria. |. D V CINEMATOGRAFI LU B^A WA Rappresentazioni: giorni (esiivi alle ore 10.00, 13.30, 15.30 e 17.30 - giorni {eriali alle ore 14.00 e 17.30 MATICA Un Icnero amore di una hollu semplico ragaz/a nel suo tra;*ico deslino Sissignora KUm Irntto dal celtbre romanzo dl Flavia Steno SiTupaticlssimi allori: Marin Denis, Lc onarüo Cortese, Emma Granuitica. SLOGA Fianinu' di pasBione noi dosorlo bianco ncl film fin'a idc.sc .,B A STAR DO" Con Gabriel Alw. Hilda liorgstroem, Ocorf Lopkliborg. Sogiiirn un i^randicjao e iiu-ravi^Iioso film „Anima che forna" UNION Un nim HVizzero senlimentalo c ^rol-Icsco, poetico e soUllracnte caricaluraic, ridcntc c niclanconico: e !a rivelazionp piü gcnuina deH'ultima moslra interna-zionnic del cinema : ..LETTERE D'AMORE SMARRITE" MOSTE Un grande, travolgente film nor-dieo „BASTARDO" Sigiie Ilasso, Georrj Loekkhery KODELJEVO II dramma di una ragazza a cui non ha arrlso la fclicitä di una madre „F/INCIULLE INNflMORATE" Film argcntino-Atlori: Delia Ganjes, Ottnda Hozan. ^ Reparil Specializzati. Tre sono i Reparti specializzati Fiat della GIL per la preparazione tecnica e premilitare dei giovani: pre-autisti, qjre-inarinari, pre-avieri. 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I'cr inforinaziono rivolgorsl alia Dlrc-Jilono Udino, via Antonlnl 3; Tclofono 1(4 MPRCOf ED/. 28 OTTOBRE J942-XX fnUfna Uftea 11 u F 7ntendiamoci: quando il Duce affei-ma: «Se non vi fosse stata la Marcia su Roma, non vi sarebbe stata la marcia su Mosca», o quando •sosteniamo: «questa e la guerra del Fascismo», non significa che noi implicita-mente riconosciamo che rica-de su noi la grande respon-sabilita storica di aver sca-tenata questa guerra, la quale ha ormai investiti tutti i continenti e nella quale bi trovano coinvolti, piü o meno direttamente, gli uomini di ogni razza e colore. Noi non volevamo questa guerra anche se ad essa era-vamo preparati materialmen-te e spiritualmente. Solo la malafede di certa gente puo affermare il contrario, falsando o fingendo d'ignorare la realta storica dell'immane sforzo concilia-tivo del Duce tra vecchio e nuovo mondo ideologieo. Vedi Patto a Quattro; vedi Monaco ove si e fin troppo chia-ramente visto chi ha voluto essere ad ogni costo I'aggres-sore. Noi non volevamo questa guerra, perche siamo sempre stati propensi per una colla-borazione pacifica fra i po-poli! Pur tuttavia dobbiamo ■convenire che essa e proprio «la guerra del Fascismo», pei-che sviluppo logico, ine-luttabile della Rivoluzione delle Camicie Nei-e. E con tale asserto non ci contraddi-diciamo minimaimente! . La Marcia su Roma non e stata una qualsiasi corsa al potere, ma una presa di co-scienza del Popolo Italiano ■contro le forze disgregatrici dell'anarchia e del bolscevi-smo. Sino all'avvento del Fascismo, queste foi-ze demolitrici dei valori spirituali e dell'u-nitä d'Italia avevano avuto libero campo d'azione per la debolezza e la vigliaccheria di un governo preoccupato piü di conservare le sue «me-■dagliette» che di difendere gli interessi vitali della Nazio-ne; di un governo quindi, del tutto indegno a rappresenta-re ufficialmente un popolo uscito con la fronte insangui-nata, ma vittorioso, da una delle piü dure prove della sua Storia. Ma col porre fine al disor-dine interno, il Fascismo ha tolto la migliore arma ai sub-doli maneggi della cricca de-mo-pluto-massonica, che ave-va- sin d'allora eletto i suoi quartieri generali a Londra e Washington, contrarie al-Taffei-marsi dell'Italia come grande potenza mediterra-nea. Cosi il 28 iottobre 1922, se da un lato pone la parola «fine» al pericolo bolscevico nella nostra penisola, dall'al-tra fa registrare il primo at-to d i ri volta ideale al ti'adi-mento di Versaglia perpetra-to ai danni dell'intera umanita. Siamo noi i primi ad aver gridato «Basta con i falsi so-cietarismi!» E per bocca nostra era tutta l'umanitä che gridava, angustiata dai problemi che la guerra 1914-18 invece d i risolvere aveva moltiplicati, e che Versaglia aveva complicati terribil-mente. Siamo dunque noi che ab-biamo l'invidiabile privilegio di aver aperta la marcia contro la razza che si esprime in inglese, che stava giä specu-lando sul sangue e sulle la-crime dei popoli ancora una volta messi contro col solo egoistico scopo di rinfrancare la sua egemonia politico-eco-nomica-militare su tutti i continenti e su tutti i mari. La nostra presa di posi-zione, e stata l'inizio di una presa di posizione di tutta l'umanitä sofferente. * fe per questo motivo che la Marcia su Roma, da fatto storico italiano e divenuta presto fatto storico europeo. Anzi, tutta la storia del mondo contemporaneo comin-cia con la fatidica data: 28 ottobre 1922. Ma quale valore storico e sociale avrebbe avuto questo atto 'di spavalda eroica ri-bellione, se la Rivoluzione non avesse avuto in se, sin dal primo istante, i germi e gli elementi necessari per so-stituire il vecchio mondo ideologieo con uno nuovo, piü aderente alle necessitä reali dei popoli? A che vale di-struggere un sistema, una dottrina se al loro pošto non si crea un sistema migliore, una dottrina piü elevata? Cosi la nostra Rivoluzione ai tradizionali e tipici sistemi del mondo capitalistico inglese dello sfruttamento dei popoli, dell'egoismo, del ma-neggio politico, ha opposto la collaborazione, la sua etica GUERRA DEL FASCISMO sociale e la sua dirittura jk)-lilica; ed al materialismo ed flla lotta di classe della dottrina bolscevica, la sua mi-stica e la collaborazione fra capitale e lavoro, dando cioe convincente risposta sia nel campo dottrinale che pratico ai piü urgenti problemi na-zionali e sociali dei popoli. Per questo la Marcia su Roma non ha avuto carattere di semplice sommossa di piazza, per questo lo spirito della Rivoluzione ha varcato i confini italiani. Ecco perche a fianco del Fascismo sono germogliate e e si sono schierate rivoluzio-ni" gemelle come il Nazional-socialismo ed il Falangismo. E l'affinita dei problemi sociali, Tidentitä di certe si-tuazioni, l'analogia di alcune necessitä ed aspirazioni, e comprensibile che abbiano fatto sorgere nell'anima dei popoli, nella mente degli sta- tisti l'interrogativo: «per.-che non riusciamo a siste-marci nei nostri spazi vitali, a raggiungere piena autono-mia economico-politica, a col-laborare serenamente per il nostro reciproco benessere, ed avere cosi finalmente la pace, la giustizia, il lavoro, il pane di cui abbiamo bi-sogno?» Noi abbiamo risposto: «perche il cammino dei popoli e della civiltä e arrestato dalla gente di lingua inglese e dai suoi accoliti che al posto del loro senso di onore e di re-sponsabilitä storica hanno messo la borsa dei trentatre denari di Giuda.» Basta un atto di buona volontä e com-prensione da parte della gente che parla inglese perche i popoli riprendano il loro cammino sulle vie della civiltä, ribadendo cioe l'affer-mazione primogenita: «biso-gna cancellare lo spirito di Versaglia.» E che fosse solo la gente di lingua inglese il grande nemico ed il grande ostacolo dell'umanitä se n'e avuta la dimostrazione a Monaco prima, nelTalleanza col bolscevismo poi. Chiedevamo comprensione e collaborazione; hanno offer-to le aiTni e cercato di col-pirci alle spalle. Ma essi non prevarranno. La Marcia della Rivoluzione continua e raggiungerä le mete segnate, a malgrado di Londra, di Mosca, di Washington. I nostri avversari giä dot>-trinalmente e storicamente battuti e sorpassati verranno piegati dal filo delle nostre spade. Devono assolutamente essere piegati perche dall'affer-marsi dello spirito della Rivoluzione Fascista sul mondo, tutti i popoli di buona volontä si attendono un sicuro awenire, quieto e fervido d'opere, degno dell'umanitä che si sublima nel lavoro. Certo duro, sempre piü duro si e fatto il compito di que- sta nostra Rivoluzione sociale la quale, per liberare de-finitivamente l'umanitä dai mali che l'hanno travagliata per decenni e darle com'e nei suoi desideri piü pace, piü giustizia, piü lavoro, piü pane, 1ha virilmente accettato la prova suprema del ferro 6 del fuoco cui il destino l'ha chiamata. Perö se il compito si e fatto piü duro, essa avrä alia fine, in compenso, l'in-commensurabile vantaggio di liquidare e per sempre tutti i conti nuovi e vecchi, perche quando la storia dei popoli non e fatta a tavolino con delebile inchiostro, non vi e piü possibilitä di com-promessi. Per questo la guerra e im-pegnativa e risolutiva da am-bo le parti. Ma la Vittoria sarä in ogni modo nostra: 1) per la nobiltä e santitä della causa per cui combat-tiamo; 2) perche ove e il solco di Roma, Ii e luce di civiltä e giustizia. Orazio Folco Zambelli I WOSTRI SOLDÄTI Cosa ne sappiamo noi del nostra soldato? Cosa sappiamo di quello che avviene en-tro di lui, di qiiello che nel suo animo sta maturando sui campi di battaglia e sui mari e nei cieli? Si raccoglie quotidianw-mente della sua vita la parte episodica: le dure fatiche oh innumeri accorgimenti; le ansiose attese della notte, la freddezza impavida nel peri-colo, I'audacia eroica nei momenti estremi, sono efficace-mente ritratti nella osserva-zione di qualche frettoloso cronista. Li rivediamo, i nostri soldatini, come in tante altre guerre, al servizio dei pez-zi e alle leve dei earn, inten-ti ai congegni delle navi e degli aerei, scolte silenziose ai reticolati e sulle tolde, ab-bracciati ai fidi moschetti, contratti nello sforzo della pedalata o abbandonati sui poveri giacigli,\ li ritroviamo tutti sereni e talora scanzonati; talora con il pensiero di qualche affetto lontano di-pinto sulla limpida fronte, ma il ricordo fugace si trw-muta subitamente in rapido zelo filiale ove una meta od un bersaglio facciano appello all'urgenza del suo piede o del suo occhio. Specialmente quando il saggio comando riesce a galvayiizzarne ben bene le forze ed i riposti serh timenti; soprattutto quando I'ufficiale conosce a fondo i suoi uomini e I'arte, diciamo proprio I'arte, con cui gli Ita-liani si fanno condurre fin oltre ogni pensabile quota dell'entusiasmo e della dedi-zione, il nostro soldato e I'uo-_ mo che possiede uno slancio ' vitale ' piü che in qualsiasi altro popolo della terra sia possibile riscontrare. La sua premura si fa affettuosa, fraterna, commovente come alcunche di religioso; la sua prontezza e accesa come da fuoco mistico e negli occhi vedi scintillare, cöme tm bel dono divino, la vivacissima intelligenza della razza. Noi ci domandiamo ora in qtial modo i formidabili avve-nimenti da lui in mille forme ed in milioni di ore vissuti con I'intensita della corrente galvanica e col calore della febbre stanno operando nel suo animo semplice ma fatto d'antica preziosa materia umana; nel suo cuore gene- roso ove pero si elaborano le piü sensibili reazioni. Questo ci stiamo doman-dando. L'altra guerra europea, la guerra in cui per la prima volta il popolo italiano unito, si immerse in una prima grande prova totalitaria, pro-dusse una letteratura a sfon-do popolare e a sfondo politico d'una certa bellezza per quell'epoca romantica, ma di assai scarso valore intrinseco ove se ne consideri — cosa che si pud fare piü agevol-mente oggi a distanza di tempo — il tono alquanto di-messo ed il tono alquanto re-torico. Ma il nostro popolo aveva dischiuso gli occhi sid mon-do; il nostro popolo, cui il Fascismo conferl in pieno questo senso, imparo a misu-rare le sue capacita e possi-bilita, prese doe, come si dice, coscienza di se stesso. II nostro popolo ha comin-ciato a formarsi sotto il gri-gioverde sui campi di battaglia della guerra europea, ha continuato la sua preparazio-ne, ha provato ancora i suoi mezzi sui campi di Libia, d'Etiopia e di Spagna, sta ora completandosi nell'attuale guerra mondiale sulla terra, sui mari e nei cieli in una prova estrema, definitiva. Se del resto riguardiamo all'Impero di Roma, i suoi legionari piü combattevano piü divenivano valorosi, e do non soltanto per la maggior pratica che acquistavano nel-I'uso delle armi e negli espe-dienti tattici, quanto per il convincimento preso ben to-sto a giganteggiare nel loro fermo animo, di una supre-mazia assoluta siii popoli con i quali via via venivano a. trovarsi impegnati in lotte secolari. Divennero cost, i soldati di Cesare, «inella prosperita piü coraggiosi, nella disgrazia piü fieri»; divennero insomma imbattibili. E noi guardiamo oggi, con occhio attonito, alle imprese nelle quali si cimenta con tan-ta autorevolezza la nostra Arma Aerea; noi teniamo I'animio sospeso con uguale sentimenio di sorridente me-Taviglia, per la maestria con aii i nostri uomini di mare sostengono I'impari lotta con-tro il, piü potente nemico, e poi seguiamo i nostri soldati, scaglionati in cosi diverse la- titudini, dar prove di tenacia e resistenza inusitate; dar prova soprattutto di una ine-sauribile fede. Attraverso I'tdtima guerra per I'Unita, attraverso il Fascismo e le sue guerre, attraverso questa immane lotta finale che condurremo fino aU'estremo con le un-ghie e coi denti, se sara ne-cessario, com'e appunto nella volonta dei nostri soldati, si e appreso, proprio come I'appresero gli antenati legionari di Roma, il giusto valore dell'eroismo e del sa-crifizio, la portata del contri-buto individuale d'ognuno. quali vantaggi si ricavano dalla forza e dalla prepara-zione e I'importanza dedsiva del dovere e della disciplina. Ha appreso il nostro soldato che I'Italia non e un'im-magine poetica, ma una cosa concreta appartenente a noi tutti. Ha appreso che I'ltalia e la vita! La vita di tutti noi. A questo essendo arrivato il nostro soldato, c'e da pensare e da dire sui suo conto cose assolutamente nuove. L'immagine del nuovo soldato d'ltalia rimane a tut-t'oggi inedita. Alessandro licoiera Conoscere la guerra «La guerra e inevitabi-le!» Cosl il 25 aprile lOUO-XVIII", il Duce, riuni-ti nel suo «studio» di Palazzo Venezia noi redattori di «Libro e Moschetto-», diceva con voce chiara, calda, suxisi-va, appassionata ed armonio-sa, ben diversa, anzi molto diversa da quella che in altre precedenti «udienze» aveva-mo avuto il privilegio di udi-re cosl da vidno, o da quella tonante dal fatidico balcone di Palazzo Venezia. La guerra e inevitabile. E difatti, a poche settimane di distanza, la misura fu col-ma e la guerra, quella tanto temuta e paventata guerra dai vili e smidollati, preparata in silenzio e subdolamente, voluta dai nostri nemici cosl falsi e bugiardi nell'armeg-giare nel torbido ai nostri danni, scoppid, divampo e trasse anche noi nel vortice suo tremendo. Continenti proprio all'ultimo momenta, suU'orlo dell'abis-so, quando giä i soldati fran-cesi, muti e senza entu^iasmo alcuno, erano entrati a pre-sidiare, iru pieno assetto di guerra la loro fainosa e tan- bero massacrati per causa della cricca ebraica, sitibonda di sangue e di vendetta con-tro i goins, i cristiani! Chi ricorda ancora to scalpore sollevato dalla lettura delle Leggi dei Saggi di Sion, co-raggiosamente pubblicato an-ni fa dal nostro Preziosi, e che non erano altro che il semplice piano di battaglia dei giudei contro la nostra civilta? Nessuno; tanto era terribile il tragico piano. Eppure rileggendo il terribile libro ci si sente presi dal raccapricdo al pensare che tutto quanto sta succe-dendo oggi, nel lOU-XX, in piena guerra universale, dove anche nazioni latino-ame-ricane (netta filiazione del-lo, nostra civilta romana, cui tutto il mondo moderno deve riconoscenza piena per lo sta-to suo attuale di superiorita in ogni ramo della sdbile) si sono dichiarate contra di noi, non solo, ma hanno im-pugnato le armi e mandano i loro figli (nelle vene di mol- to ad esempio questi assassi-ni, e figli di assassini, di australiani neozelandesi in Cirenaica. Veramente po-tremma anche mandarli a fare gli «uomini di fatica», a fare «i servizi» ai nostri ma-gnifici soldati che vivono, combattana e vincono nelle buche dello schieramento in Egitto ... ad El Alamei, ad El Quattara e giu di li Tutto il loro gagarismo in un paio di giorna di vita ha mezzo litro d'acqua, mezza sca-toletta e una galletta con ab-bondantissima contorno di milardi di mosche ... gua-rirebbero definitivamente! Mandiamali laggiü e constate-ranno can i loro occhi che cosa hanno fatto questi valorosi cosi detti soldati (valorosi quando sano in died contro uno, contro danne e bambini; e questo lo diciayno senza tema di smentita), contro le case dei bei 'villaggi cirenaici da Lora abbrudate e distrutte, ma anche contro le opere d'arte antiche, mw-gnifici retaggi della civilta. romana che aveva nei secoli Quante nazioni, quanti popoli ne sono stati squassati e sconquxissati da quel lantana agosta 1939 quando i primi colpi di cannone, sparati dai polacchi e dai tedeschi, an-nunziarona al mondo civile, tremebondo ed incredulo, che il terribile carosella di fuoco e di sangue era cominciato! E per che cosa? Chi, dopo tre anni di quel tragico ini-ziot ricorda ancora il fatto cruciale che diede esca a tale terribile incendio, doe I'affare di Danzica?! Nessuno di fatto. Oh! Come sembrano lontani quei giorni di passione; ed ancora piü lontani i giorni di Monaco che li avevano preceduti di un anno quando il Duce, con il suo tempestivo intei-vento riusdva a fermare i due to strombazzata e creduta an- „^.nU scorre san- —- - f->-midabile «linea Magi- '^^ILSnoTZ"^^ di -m. ddWrnpero, ^or^a^o a^ distruggere la nostra fede civile e religiosa, e imputabile all'ebraismo internazionale. Si, anche questo ci e data di vedere! Ma ancora piü ci e data, anche materialmente. not»! Si, propria nessuno piii ricorda la cau^a di tale tragico inizio ...! Ed in^ sieme can «Danzica» nessuno piü rammenta i principali delinquenti di tale delitta doe Chamberlain e Daladier massimo il tana della vita civile in quelle magnifiche pro-vincie, cadute poi nella bar-barie, ed ara da pochi anni da noi Italiani viportate con inenarrabile sforzo di sangue e di lavora al nostro livello e Blum e via via tutti i cosl dktti astri minori della poli-tica internazionale anglo-francese, i veri respansabili, con la loro cocciuta e malva-gia intransigenza, dello svi-lupparsi e del progredire di tale immane conflitto. Tutti sono caduti nella polvere e nel dimenticatoio. (Se non sotto il piombo vendicatore!) II Duce, invece no, non ha subito tale ignominiosa sorte! Con la sua vista lungimi-rante, egli aveva campreso che cosa voleva dire comin-ciare la guerra; egli che I'avevd fatta, che era stato in trincea, che era stato feri-to: e si era interposto, autore-volmente interposto, affinche con un po' di buona volonta e buon senso can il cuore in mano, i due contendenti si comprendessero e si rappa-cificassero. Ma a nulla val-sero i suoi sforzi: le mene guidaiche trionfarano ... ed il cataclisma che sta ora travolgenda il mondo, scoppid irreparabilmente. E cosl le sue parole di al-lora: «la guerra e inevitabile» dette a noi in moda cosi «familiare» risuonano ayicora al nostro arecchio come un tragico monito, come la voce del Destino nostra inevitabile. Oh! se il mondo avesse ascoltata allora le proposte del Duce, giä definito dal Papa della Condliazione «I'Uo-mo della Pravvidenza», non si sarebbe giimti a questi passi: milioni e milioni uomini non si sareb- di saffrire, di vederd doe combattuti non solo dalle innumeri varieta di razze di colore, dal malese aU'indod-nese al negro al negroide, fieramente comandati da uf-fidali subalterni pure loro di pelle di vario colore (per-sino degli ufficiali medici, dal -sottotenente al capitano, abbiama preso prigionieri e avevano una pelle verdastra prodotto di plurimi incrod di chissa quali razze asiaii-che), ma dagli au^t^-aliani e dai neozelandesi, puro prodotto degli accoppiamenti dei galeotti inglesi, deportati in quei lontani paesi dall'ama-bile e puritana Inghilterra, unitamente a tutto il fior fiore delle piü classiche e laide meretrid inglesi! E questa fatto, triste ed angoscioso ma pure vera, non sard mai abbastanza ricorda-to e denundato a voce alta, ai «quattro venti» perche tutti gli onesti sappiano che cosa ringhilterra ha fatta e fa per tener schiavo tutto il mondo civile che dovrebbe lavorare a piü nan posso, come ha fatto fino ad ora, perche la sua classe dirigente possa fare la vita del ricco opulenta e fannullone! Ma soprattutto «forte» lo ripetiama perche purtroppo ancora ci sono dei gaga, degli smidollati che pensano che I'lnghilterra sia stata e sia il non plus idtra della civilta. Ebbene, mandiama costoro a vedere che cosa hanno fat- di vita civile! Si, vadano laggiü e vedran7io ad esempio il branzo classico di Cirene saccheggiato e quasi distrut-to, nan solo, ma laidamente insudidato e profanato (si Sana macellati la dentra — fra quelle belle statue di viarma pario — persino dei maiali!) E questi «difetisori» del-I'lnghilterra davrebbera esse-re i nostri maestri di civilta? Ah! no, per Dio! do non pud durare. Ecco perche noi ammiriamo, dird quasi ve-neriama il Duce, che pur co-noscendo tutti gli oneri della guerra, e recenteniente li ha veduti anche in Africa Set-tentrionale, pur avendo nel pensiero e nel cuore il dolore di sapere che tante immane soffereyize si sarebbero abbattute sidla nostra Patria, non ha esitato, al momenta giusto, a far si che noi Ita-liani non venissimo travolti dall'inesorahile fata della guerra, ma volontanamente vi entrassimo a visa alto, a-bandiere spiegate, certi di se-guire il nostro Destino, quella segnato dal Dio vera, apo-stolico romano, che nan pud permettere che i navelli barbari, i giudaica-anglo-anieri- cani spengano il luminoso furo di civilta — I'eterna Roma— che da piü di venti secoli illumi-na il mondo. II vecio alpin paracaJuiista ... Cortese MCPCO'EO/. 28 OTTOBRE 1942-XX ^fna ÜHca 13 gjMti di ^JUMta Venti anni di guerra owe-ro: risurrezione di un popolo in venti anni di Regime. Vi sono nel nuovo risor-gimento della nostra Italia, clie ha inizio dalla Marcia SU Roma, vari momenti che si succedono. II primo mo-mento e di preparazione, e va dal 1915 al 1918. L Italia si prepara; riceve la prima impronta rivoluzionaria, ma manca l'uomo dell'azione. Nel secondo momento, che va dal '18 al 1922, lltalia si af-fretta; succede pol il terzo momento in cui l'avveni-mento si compie. . La guerra del '15—'18 donö dalla trincea un Uomo al-i'Italia, il quale pensö di ri-costruire la nostra Patria sbrindellata e vilipesa e fu il primo a far notare che la pace di Versaglia non appor-tö alcun vantaggio, ma bollö eternamente l'ltalia come una nazione vinta. E soprattutto fu il primo ad agitare la fiac-cola anticomunista. 11 28 ottobre 1922 e il giorno in cui l'ltalia risorge a nuova vita. Da quel giorno ha inizio la vera guerra rivoluzionaria del nostro popolo. Gli anni che precedet-tero la grande guerra furono una rivoluzione in senso di regresso; dissiparono con la tradizione italiana le antiche discipline, ruppero i legami della vita giusta, distrussero la nostra tradizionale e fe-conda morale sociale, furono antitesi radicale e ruinosa del Medio Evo, cioe distrussero la collettivitä, le aspira-zioni comuni, crearono l'in-dividualismo che nel Nord, in Germania, andö fino agli eccessi della Riforma e in Italia causarono la decaden-" za, la quale alia sua volta fu causa della schiavitüpolitica. Vi e nell'individuo una Cosa sacra, un diritto sacro, sanzionato da ogni legge, ri-spettato da ogni civiltä: il diritto alia vita, diritto che procede da una cosa piii sacra ancora, dalla sua persona rispettabile, sacra anche essa per mille ragioni, e dal suo dovere, cui s'impone il rispetto della sua persona e della sua vita. Principio morale questo che, sconosciuto, causa la barbarie, ricono-sciuto e rispettato produce la civiltä o meglio e sintomo e prova che la civiltä trionfa in tutto il suo spirito e le sue influenze. Ma il grande diritto cui qui accenniamo non e solo per I'individuo, ma anche per il popolo. . Vivere e la necessitä di ogni organismo, quindi la necessitä anche del popolo. Se la vita languisce, quel popolo deve rafforzarla, se la vita esiste, deve conser-varla e svilupparla, se e per-duta, deve risuscitarla. Mussolini, allorche inizio la sua guerra rivoluzionaria ed entro con le sue quadrate legioni in Roma eterna, s'im-pose il programma di rido-nare la vita al suo popolo che I'aveva perduta. Ogni italiano ed ogni fascista sa che cosa e stato fatto in venti anni di Regime. Pacificate le frontiers, era opportuno iniziare la lotta sul nostro terreno: si dove-va distruggere ringiusto ruo-lo di vita creato da coscien-ze pavide, infrolliteedamanti del quieto vivere purche nessuno fosse venuto a scuotere la loro cappa di timidezza e d'egoismo. Mussolini con la sua dot-trina prepare ciö che e il substrato - e la condizione dell'indipendenza e della li-bertä politica ed economica. Quando, infatti, si tratta di dare vita politica ad un popolo, bisogna anzitutto dar-gli la vita sociale, se non perfettamente almeno suffi- cientemente. Tutti sanno che la vita politica e principio e fattore di vita sociale ed economica: ma ciö e potu to av-venire solo in un'organizza-zione perfetta, ideale come la nostra. II Fascismo spianö il terreno. Ma preparare il terreno non e far sorgere I'edi-ficio. Distendere lungo la via preparata le verghe ferree, non e correre sul carro del fuoco: e ovvio. Per questo, bisognava andare avanti. Avanti per fare scomparire le conseguenze della pace ingiusta, avanti per supplire all'opera che il socialismo aveva soltanto annunziata ma non mai espletata, avanti verso la meta. II socialismo aveva tolti i diritti altrui, ma aveva tenuto ai suoi. Aveva dato libertä varie, ma nega-va la civile e la politica. Per andare avanti bisognava ri-mediare a tutto questo. La preparati a vivere meglio e pill sicuri e solo ha per meta il miglioramento del nostro popolo ed il destino di Roma, sintesi della civiltä mediter-ranea che illvuninerä il mon-do intero. II Fascismo s'e schierato contro la scorret-tezza, la slealtä e I'ingiusti-zia. L'ltalia ha ferma volontä di giustamente e fortemente tutelare i suoi interessi na-zionali, contro chiunque ha voluto sopraffarli. La lotta e tremenda ed esi-ziale. I nostri interessi colli-mano con quelli superiori della civiltä. L'Europa deve chiudere il ciclo di alternative tra dispotismo e anar-chia, inaugurato dalle rivo-luzioni inglese e francese del XVII" e XVIII" secolo. L'Asse s'e imposto il programma di modificare sensi-bilmente I'equilibrio europeo, e la guerra in atto e stru- f ^ a battaglia di Stalingrado ha ormai qualcosa di leggendario. Non e piü cronaca, giä non e piü storia: 6 leggenda. Davanti agli occhi d'Europa a Stalingrado due giganti sono di fronte, due giganti lottano, per lei, per 1'Europa. E se lo spettacolo dei nissi, impegna-ti in un'estrema e disperata difesa della citta, 6 motivo di stupore, la visione dei te-deschi, lontani migliaia di chilometri dalla loro patria, dei tedeschi appoggiati dalle armate italiane, romene, un-gheresi, e da tutti 1 minori popoU d'Europa, che tengono fronte alia mostruosa forza russa, e non solo le tengono fronte, ma giomo per giorno, attimo per attimo, la piegano, Č meraviglioso. A Stalingrado io credo, la forza pesante non ha piü va-lore. E' una forza leggera, quella che possiede I'uno de-gli avversari, e che vien meno all'altro. E' una forza che PACE CON GIUSTIZIA Italia e Germania sono entrate in guerra con un programma chiaro: pace con giustizia. Che cosa significa gTustizia? Dunque, quando io mi v^o ridurre una mia qual-siasi razione di pane o di carne o d'altro, dico: iva il Duce! Orlando Orlandini Cameratismo II sergente Luciano Fras-cinelli, nostro collaboratore, ha voluto inviare all'Ufficio Combattentl la somma di lire cinquanta offertagli per la sua collaborazione a «prima linea-», perche sia devoluta ai combattenti. II gesto del Camerata Frassinelli merita la segnalazione. II camerata Arturo Raita-no, Direttore dell'Istituto di vigilanza per la difesa del risparmio e l'Esercizio del Credito, ha inviato al Segre-fario Feder ale, anche a nome dei funzionari dell'Ente stes-so, la somma di Lire 225.— per onorare il Ventennale della Marcia su Roma. II Federale ha devoluto la somma per l'assistenza dei Combattenti. II saluto deU'Eccellenza Robotti assume il piü alto significato della comunilä di spirit! e di intenti che in questa zona- d'operazioni lega i soldati d'Italia alle Camicie Nere della Rivoluzlone. II vice Federale Scarnicci lascia Lubiana II camerata Giulio Scarnicci lascia in questi giorni la carica di Vice Segretarlo Federale della Federazione del Fasel di Combattimento di Lubiana per assumere a Trieste un altro incarico. Per sei mesi Giulio Scarnicci ha dato la sua opera intelligente e fattiva alla Federazione in «prima linea», ove si ä distinto sempre per le sue doti di intelligenza e soprattutto di fede purissima al servizio della Rivoluzlone delle Camicie Nere. Nel porgergli 11 saluto af-fettuoso di «prima linea» che lo ha fra 1 suoi coHaboratori, siamo sicurl di interpretare l'animo di tutti i fascisti di Lubiana che gli hanno voluto e gli vogliono molto bene. Spettacoli per le Forze Ar-mate e per i dopolavoristi italiani Seguitando 11 ciclo delle redte iniziate lo scorso settem-tore, la filodrarmnatica «E. Duse» del Dopolavoro ferro-viario di Trieste ha rappre-sentato sabato sera, al teatro «Drama» la commedia in tre atti di Greste Poggio «II ca-so si diverte». Alle due rap-presentazioni, la prima alle 18 per le Forze Annate, la seconda alle 21 per i dopolavoristi italiani, 11 concorso degli intervenutl č stato quanto mai numeroso e nu-trlti applausi sono stati tributati ai bravi filodramma-tlcl che hanno svolto 11 loro compito con non comune pe-rizia. AI seconiäo spettacolo sono intervenutl l'Eccellenza Grazioli e il Segretarlo Federale i quail nell'lntervallo fra il secondo e 11 terzo atto si sono voluti congratulare con 1 fllodrammatici per la ottlma riuscita della manifestazione, esprimendo il loro soddisfa-cimento anche a nome del dopolavoristi italiani. Gli interpretl sono stati tutti all'altezza del loro compito. Altro particolare elo-gio va alla Signora Marini come pure al Roll. Molto bene PAbriani, 11 Majola, la Vandella, la Lange. A pošto 11 Ferula. Encomiabile la messa in scena. La manifestazione si 6 conclusa al suo-no della Marcia Reale e di Giovinezza, eseguite dal com-plesso orchestrale del Dopolavoro del Fascio. [oflceno pro onere m\uM\ II 7 e 8 novembre alle ore 17 al Teatro Lirico si terrä un concerto vocale e stnmientale con la partecipazione dell'or-chestra dello stesso teatro e col concorso del tenore Nino Ederle del Teatro alla Scala di Mllano e di altrl artisti italiani. II concerto č a beneficio delle Opere Assistenziall. ^ntutta Uttea SETTIMANALE DELLA FEDERAZIONI OKI FASCI 01 COMBATTIMENTO Dl LUBIANA Nel teatro del Dopolavoro Provinciale si celebra la storica data. Foto OiND Direttore rcsponsobile LUIGI PIETRANTONIO Tlpografia »McrkiiW 8. A. J,ulil«n» 16 ^aima Unca Ö TUsiocohie' liatioM a Lublana — Gosposvetska 16 Cucina Italiana • Ottimo trattamento • Pregiati vlni itaUanl • Pasto Lire 14 — Maglierie — Cotonerie — BiancAeria per sigtiore, s i g n o r i e f) a m f) i n i. Caffe Europa Lubiana - Piazza Ajdovščina (centro) si raccomanda alia speftabile clientela A Ceica ingrandimenti soiluppo, slampa, foto per tessere. Di saranno serviti con grande csattezza delta ditto F0107ECNICÄ LuBiana — ßleiweisova (lyrieva) 15 Caffa «C^mOHd» jZukancL ESERCIZIO DI PRIMO RANGO NEL CENTRO DELLA GITTA — RITROVO DI PUBBLICO DISTINTO — SER-VIZIO INAPPÜNTABILE. — GIORNALI E RIVISTE. — GIORNALMENTE CONCERTI POMERIDIANI £ SERALI. Rodolfo Pajk Cappelleria Lubiana - Via S. Pietro 38 ♦ PuliturOt cambiamento di forme, e finfura cap-pelli. — Prezzi bassi I — Provate I Sorete com-p'e/omenfe sodisfafi del n o s f r o I a V o r o. Ristorante ciffadino «FIGOVEC» Nel centro della citta — offre ottimi vini e birra di prima qualita Ammlnlstratore: A. 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