Pregledni znanstveni članek (1.02) UDK 265.1:316.73 Slavko Krajnc Il rito della purificazione e della benedizione della puerpera con l'esempio dell'inculturazione slovena1 L'uomo, formato ad immagine di Dio, ha il dovere di tendere al raggiungimento della santità del corpo e dello spirito. Infatti, Dio stesso lo chiama alla santità attraverso l'alleanza, che non è una legge, bensì un patto d'unione che mette l'uomo in grado di superare la solitudine esistenziale e di santificare la propria vita. L'uomo, se vuole unirsi a Dio, deve 'parlare' lo stesso linguaggio, dato che Dio lo invita: »Siate santi perché sono Santo Io, il Signore Dio Vostro« (Lev 19,2). Tutta la legislazione levitica è basata sulla santità di Jahvè. Egli esige questa qualità in tutti quelli che si avvicinano a Lui, in particolare il popolo israelita che era obbligato a santificarsi mediante l'osservanza dei precetti divini. Quest'obligo incombeva soprattutto sui sacerdoti, destinati a vivere in un'atmosfera di santità rituale e morale.2 La Kedushà ossia santificazione della vita, significa quindi unione con Dio in patto, dominio su sé stesi e non limitazione, ma piuttosto identificazione delle proprie manifestazioni di vita con quelle di Dio, il che implica presenza di Dio in ogni manifestazione della vita dell'uomo nel mondo, una presenza reale e non artificiosa. Infatti, possiamo parlare della santità dell'uomo perché vi è santità di Dio e non tanto per il solo fatto che Dio l' abbia imposta, e dell'allontanamento dal peccato perché 1 Članek je sad raziskovalnega dela v sklopu temeljnega raziskovalnega projekta JG-3257, ki ga je financiral MŠZŠ, Trg OF 13, Ljubljana in ki je bil vključen v raziskovalni program Zgodovina oblik v judovsko-krščanskih virih in tradiciji (šifra voditelja 13884). Nel Levitico si incontrano anche prescrizioni d'indole morale, come: doveri verso il prossimo, divieto di mentire, rubare e frodare (Lev 19, 11.35.36). S'inculca il rispetto verso i genitori (19,3), gli anziani (19, 32), gli infermi (19, 14). Non manca neppure l'invito a mostrare benevolenza per il forestiero come si trattasse di un israelita (19, 3334). Oltre ciò i sacrifici devono essere fonte di vita religiosa e morale per il popolo. Purtroppo si operò in seguito una degenerazione, per gli offerenti si limiteranno a compiere azioni cultuali del tutto dissociate dallo spirito interiore e dalla condotta morale personale. Ma contro questo formalismo si leverà la voce di condanna del profetismo: »Io amo la pietà e non i sacrifici« (Os 6, 6) (cf. A. Rolla, Il messaggio della salvezza II, Torino-Leumann 1965, 34-35). esso è il male, non un bene toltoci da Dio.3 Se Dio ha scelto Israele, allora un individo israelita deve in cambio scegliere se accettare o rifiutare Dio. Nella Bibbia la coppia sacro - profano è posta in correlazione con la coppia impuro - puro (v. Lev 10,10 ed Ez 44,23 che da esso trae origine). Tutte le cose che in qualche modo si attaccano agli esseri umani e li violano, o meglio, li indeboliscono, sono chiamate impure. Un colpo non è impuro, l'infermità invece è ritenuta impura, specialmente la lebbra. Tra gli antichi era pure diffusa la convinzione che la visione della divinità uccidesse. Mentre l'incontro con il sacro nella sua manifestazione più immediata e diretta, cioè il contatto con la divinità, poteva provocare morte, un incontro con forme ridotte del sacro, vale a dire con gli oggetti che sono sacri in quanto appartenenti a Dio, trasmetteva una specie di fluido capace di minare le forze dell'essere umano o di danneggiarlo. Il contatto con una tale sacralità indebolita presente nelle cose ritenute impure, contamina, infiacchisce l'umanità. Verso la fine del periodo persiano, i due concetti del sacro e del puro, diventano sempre più simili. Israele è sacro a Dio e gli appartiene in maniera peculiare; ne consegue, quindi, che deve evitare tutto quello che potrebbe contaminare le persone e minare le loro forze necessarie per avvicinarsi a Dio, per appartenere a Dio. In questo senso tutti i giudei sono sacerdoti (Es 19,6), ma soltanto il sacerdote può celebrare i riti religiosi e affinché possa celebrarli deve mantenere uno stato di purità superiore rispetto ad altra gente.4 Alla Keduschà è legata anche l'idea della purità della famiglia5 e specialmente della donna che dopo ogni ciclo mensile, alla vigilia del matrimonio, dopo il primo atto coniugale, dopo il parto ecc., deve essere sottoposta ad un bagno rituale chiamato Tevilà.6 Dopo l'immersione la donna deve recitare la seguente benedizione: »Benedetto sii Tu, o Eterno, 3 J. I. Pacifici, R. Bonfil (a cura di), La purità nella famiglia ebraica, in: FAL XVIII, 38, p. 6. P. Sacchi, The History of the Second Temple Period. Journal for the Study of the Old Testament. Supplement Series 285, Sheffield Academic Press 2000, 38-39. Sono tre i mezzi per conseguire la purezza della famiglia (Taarat Amishpahà): la purezza dei rapporti coniugali, la consacrazione dello Sciabbat e l'osservanza del Casheruth ossia delle prescrizioni alimentari (cf. D. Prato, Alle spose di Israele, Roma 1950, 12-15). La Tevilà non ha valore alcuno se non ha luogo in un apposito Mikvè, cioè un bagno costruito e rifornito di acqua secondo le seguenti norme: in posizione verticale; in vasca verticale, nella quale s'incontrino acque piovane con quelle sorgenti; in completa nudità; ripetuta con molta energia in un tuffo completo per tre volte. Essa può eccezionalmente essere fatta anche in mare (senza costume da bagno). All'atto della Tevilà, tutto il corpo, capelli compresi, deve essere totalmente immerso. E' anche auspicabile che, oltre il marito, una donna ebrea fidata assista alla Tevilà. Considerare che si possa sostituire la Tevilà con il consueto bagno di pulizia, è un grave errore. Quindi la prima preoccupazione dei giovani sposi era quella di provvedere al Mikvè. Prima si costruiva il Mikvè, poi la Scuola e quindi il Tempio (D. Prato, o.e., 9-11; cf. J. I. Pacifici, R. Bonfil, o. c., p. 3-19). Dio nostro Re dell'universo, che ci hai santificato con i tuoi precetti e ci hai imposto l'immersione di purificazione.«7 Infatti, seguire le norme della purità della famiglia è un atto di fede. 1. Impurità della donna in conseguenza del parto alla luce del Lev 12 Secondo le prescrizioni del Levitico 12, la donna, con l'inizio del parto, è considerata impura (Nidda). Il periodo dell'impurità è di varia durata secondo che la donna abbia partorito un maschio o una femmina. Nel primo caso è di sette giorni, nel secondo è del doppio, cioč di due settimane. La donna in questi giorni passa attraverso il periodo che possiamo definire come periodo dell'impurità rituale al quale segue un secondo periodo di minore impurità (impurità etica) per cui le è vietato soltanto il contatto con le cose sacre e con il santuario; periodo che è di 33 giorni se il neonato è maschio, del doppio, cioč di 66 giorni, se è femmina (Lev 12). Secondo Dante Lates, non si è trovata nessuna ragione plausibile per giustificare la differenza fra il periodo dell' impurità susseguente al parto d'un maschio e quello successivo alla nascita di una femmina. Qualcuno ha cercato di spiegare questa differenza richiamando l'attenzione sulle concezioni mediche di quei tempi ed ha invocato perfino Aristotele ed Ippo-crate, ma si tratta di ipotesi non verificate, avanzate in un campo non ancora chiaro.8 A differenza di tali spiegazioni Karl Elliger dice che questa differenza dei giorni d'impurità dal 33 al 66, è frutto di un'evoluzione che ha aumentato il numero basilare dei sette giorni al quaranta e così ha in-trodoto una distinzione artificiale dei giorni di impurità e di purificazione. Infatti il numero 33 non è nessun numero speciale come per esempio il numero 7 (che è dopo il numero 3, più importante numero sacro nella storia delle religioni), però con l'aggiunta di 33 forma con il numero 7 un numero determinato, cioè 40.9 Ci sono anche quelli che credono, che si tratta di un segno di anti-femminismo comprensibile nell'antichità e in quella struttura sociale, ma anche una misura pedagogica per distinguere tra i sessi.10 Comunque, si tratta del periodo che risponde alla necessità della cautella di fronte ad un evento così pericoloso e debilitante per madre e figlio. 7 D. Prato, o. c, 10. D. Lates, Nuovo commento alla Torah, Beniamino Carucci Editore, Assisi/Roma 1976, p. 383. 9 Tra l'altro dice: »Daß die Geburt eines Mädchens im Vergleich zu der eines Knaben doppelte Unreinheit bewirkt - bei anderen Völkern ist z. B. umgekehrt -, hängt ursprünglich mit der gelegentlich auch in den ältesten Schichten des Alten Testaments (z.B. Gen 3,1ss; Ex 22,17) noch su spürenden Meinung zusammen, daß das weibliche Geschlect dämonischen Einflüssen leichter zugänglich und stärker ausgesetzt ist als das mänliche« (K. Elliger, Leviticus, Tübingen 1966, 158). Soltanto dopo il rito espiatorio la donna riacquistava intera la sua purità e veniva riammessa nella comunità israelitica. Dato che la maternità è sempre stata per l'ebraismo una benedizione, la puerpera doveva festeggiare la riconquistata purità con offerte a Dio, simbolo di espiazione, di riconciliazione e di sottomissione alla celeste Provvidenza. Se prendiamo in considerazione che la Bibbia tratti il parto con grande rispetto (Sal 128, 3; Gen 24, 60) sembra incomprensibile che la puerpera, secondo Lev 12, sia impura. Gordon Wenham vede la risposta a questa apparente contraddizione nel fatto che la puerpera si trovi in uno stato della perdita del »fluido della vita« per cui il suo organismo sia in movimento dalla vita verso la morte.11 Ne consegue il divieto alla puerpera di accedere al sacro e quindi la sua carantena dal santuario. Essa compie il passaggio dallo stato non etico verso lo stato che le permetterà accesso al sacro. Infatti, per poter accostarsi al sacro, le condizioni fisiche dell' essere umano devono esprimere pienezza della vita; al contrario mancanza di questa qualità impedisce l' accesso al Sacro e provoca lo stabilire dello stato di impurità. Un sistema riproduttivo patologico o disfunzionale non è piò capace di riprodursi o generare vita umana, a causa della condizione non-vivifica (senza vita) in cui si trova. Gli individui sottoposti a questo svuotamento sono condannati alla presunta impurità (Lev 15,2-17; 19-30). Il sistema riproduttivo della donna sta sperimentando dopo il parto uno svuotamento (lochia, Lev 12,4a). Di conseguenza il sistema riproduttivo non è in grado di generare vita. In seguito a questa condizione non vivifica (senza vita) del sistema riproduttivo dopo il parto, la donna viene ritenuta impura ed isolata dal sacro (Lev 12),12 poiché Dio può avvicinarsi solo a quelli che sono puri, a quelli che godono la pienezza della vita. Come la causa dell'impurità non è implicita nella natura stessa della donna, così anche la sua purificazione mediante la lavanda e il bagno non derivano dalla natura della cosa, ma dall'ordine dato da Dio. »Non l'acqua purifica, ma Io (cioè Dio) ho preso una decisione, Io ho dato un ordine.« Quest'affermazione trova la sua conferma nell'esistenza stessa della Torah. L'ultima motivazione delle leggi di santità e delle norme relative alla purità è, perchè »Dio, il Signore, è santo« (Lev 11,44; 19,2).13 10 Cf. E. Cortese (a cura di.), Levitico, Marietti 1982, 65. R. Whitekettle, Leviticus 12 and the Israelite Woman: Ritual Process, Liminality and the Womb, in: ZAW 107 (1995) p. 393. 12 R. Whitekettle, o. c., p. 408. 13 D. Lates, Nuovo commento alla Torah, Beniamino Carucci Editore, Assisi/Roma 1976, p. 382; cf. J. Klawas, Impurity and Sin in Ancient Judaism, Oxford 2000, 43-60. 2. Il rito e la festa della purificazione di Maria L' osservanza della legge giudaica (Lev 12) da parte della madre di Gesò viene ricordata dalla Chiesa con la solennità di »purificazione della beata Vergine Maria«, che troviamo già nel sacramentario di Gelasio del secolo ottavo, con i testi eucologici »Orationes in Purificatione Sanctae Mariae«.14 Benché a Gerusalemme la festività fosse celebrata solennemente con una processione15 già nel secolo IV, è stata introdotta a Roma soltanto nel secolo VII. La festa ha un significato cristologico - »Ipa-pante« - Incontro del Signore Gesù nel tempio con il vecchio Simeone e la profetessa Anna, come anche mariologico - Purificazione di Maria. Il rito di purificazione venne effetuato nel seguente modo: Maria fu accolta dal sacerdote di turno, al quale chiese di pregare e di offrire per lei il sacrificio prescritto dalla Legge di Mose. Il sacerdote prese dalle mani della giovane madre la tortora o il colombo, salì sul pendio dell'altare dell'olocausto, formato da un solo blocco di pietra, poi con l'unghia del pollice destro schiacciò la testolina della bestiola e ne premette il sangue che scorse lungo la parete dell'altare. Il sacerdote, quindi tolse il grasso e le interiora della vittima, gettandoli sopra un mucchio di cenere; poi, tenendo il volatile per le ali, lo fece bruciare sul fuoco, che era alimentato da legna. In tal modo si compì il 'sacrificio di grato odore a Jahvé' (cf. Lev 1,14-17). Seguiva poi il 'sacrificio per il peccato'. Maria porse al sacerdote l'altra tortorella o il colombo e costui immolò la vittima, spaccandole la testolina con un colpo dietro la nuca; poi ne versò il sangue ai piedi dell'altare e gettò l'animale morto nella cenere (cf. Lev 5, 7-10). Così Maria, pur essendo la pura e l'Immacolata per eccellenza, aveva compiuto il rito di purificazione.16 3. La duplice prassi della benedizione della puerpera nelle tradizioni della Chiesa Ricollegandosi alle tradizionali festività della Purificazione di Maria nonché alla prescrizione levitica, la Chiesa ha introdoto nella liturgia un rito della benedizione della puerpera. Tale rito si trova descritto già nei Canoni di Ippolito del IV secolo come anche nei documenti posteriori fino ad oggi.17 Così per es. S. Gregorio, nella lettera a S. Agostino, mise ben in chiaro i principi morali di quest'atto, dicendo che se la partoriente entrava in Chiesa nell'ora del parto, non aveva nessuna colpa a suo ca- 14 Cf. L. C. Mohlberg (ed.), Liber Sacramentorum Romanae Aeclesiae (Sacramentarium Gelasianum), Roma 1981, p. 133, nr. 829-831. Cf. Eteria, Diario di viaggio, Roma 1979, p. 112. Cf. V. Dalla Libera, Gesù nella sua terra, Bologna 1991, 42-43. rco. »Peccaminoso, infatti, è il desiderio carnale e non le doglie. Nel congiungimento dei corpi è presente cupidigia; nel partorire la prole sono i gemiti...«18 Dunque, anche se la prassi delle madri era di astenersi dall'entrare in chiesa dopo il parto, quest' usanza non indicava affatto alla loro colpa. Nella prassi religiosa medievale il rito della benedizione veniva celebrato in due date diverse. La prima benedizione era impartita in casa, nell'ottavo giorno dalla nascita del bambino. In questa benedizione si chiedeva a Dio la guarigione della puerpera e la benedizione di lei e della nuova prole. La seconda benedizione richiamava l'atto compiuto da Maria SS. nel tempio di Gerusalemme, a quaranta giorni dalla nascita di Gesù, secondo il prescritto della legge mosaica, che imponeva alla puerpera una cerimonia rituale di purificazione. Questa purificazione non si rapportava ad una macchia interna di peccato, ma soltanto ad una macchia corporale o legale.19 Visto che il concetto ebraico di purificazione della madre non è più ammissibile nella legge cristiana, la Chiesa ha conferito al rito un nuovo contenuto, cioè di ringraziamento della madre per la grazia della fecondità e per il dono del bambino. Questo rito si trova nel rituale sempre presso il rito del matrimonio col titolo De benedictione mulieris post partum.220 Anche se il rito porta il nome Introductio mulieris in ecclesiam post partum, oppure De benedictione mulieris post partum, veniva nella stessa occasione impartita la benedizione anche al bambino, che la madre doveva portare con sé in chiesa. Ne danno testimonianza anche diversi rituali orientali che ci tramandano un rito col titolo Ordo praesentandi puerum in templum post XL dies. Nella prima preghiera si implora al Signore che conferisca alla madre la grazia e la dignità per poter entrare in chiesa e di ricevere SS. Corpo e Sangue di Cristo. La seconda preghiera, invece, è tutta incentrata sul bambino invocando la grazia del Signore affinché al bambino sia insegnata la dottrina cristiana e gli sia concessa la garanzia dello Spirito Santo. Dopo la benedizione il bambino viene posto sull'altare, i fedeli cantano un canto, il sacerdote fa tre gen- 17 Cf. L. Quarino, Il battesimo nel rito Aquileiese, Udine 1967, pp. 33-36: Rituale ecclesiae de Lestano (cod. Ms. 140), 1525 col titolo »Ordo ad introducendam mulierem in Ecclesiam post partum«; Agenda dioecesis sanctae Ecclesiae Aquilegiensis cum modo et ordine coeremonialium, 1495; 1575, col titolo »Benedictio mulieris post partum«. Epist. Ad. August., XI, 56, cf. M. Righetti, Storia liturgica IV, Milano 1959, p. 471. 19 M. Righetti, o.c., p. 470-471. Cf. Rituale Salisburgense, Salisburgi 1686, 258-259; Rimski obrednik, Ljubljana 1932, 259-262; Zbirka svetih obredov za Lavantinsko in Ljubljansko škofijo, Ljubljana 1933, 234-236 che riporta a p. 317 anche una benedizione prevista per l'iniziazione del bambino. uflessioni. Segue la preghiera del Padre nostro e la comunione sotto due specie.21 Quest'uso di portare anche il bambino in chiesa rispecchia l'episodio della presentazione di Gesù nel tempio in simili circostanze. 4. Le usanze relative alla celebrazione della benedizione della puerpera In diversi tempi e luoghi nascono e si sviluppano intorno ai riti liturgici della Chiesa costumi ed usanze che vengono talvolta presi nei riti. Una particolarità assai interessante troviamo nel Ordo praesentandi puerum in templum post XL dies della Chiesa Armena, dove la madre deve fare ben quaranta genuflessioni al portale della chiesa, prima che il sacerdote reciti una lunga preghiera.22 Anche nella Cronaca della parrocchia di Ormož in Slovenia troviamo una dettagliata descrizione di un'usanza che la puerpera doveva seguire: prima di recarsi al portale della chiesa, essa visitava il cimitero, dove - nel luogo speciale - rigettava un pezzo ombelicale staccato dal suo neonato.23 Al rito dell' iniziazione di solito seguiva la celebrazione della santa messa. Dopo la messa la puerpera doveva portare il figlio intorno all'altare e offrire in dono una somma di denaro. Nel fare questo giro per tre volte di seguito toccava l' altare con la testa del suo bambino, per scongiurare da lui per sempre il pericolo del mal di testa. Con questa offerta si concludeva il rito dell' iniziazione e la puerpera veniva reinserita nella comunità della Chiesa e del villaggio. Da questo giorno in poi gli abitanti del villaggio potevano farle visita, congratularsi con lei e portale doni.24 21 Cf. H. Denzinger, Ritus Orientalium Coptorum, Syrorum et Armenorum in adminis-trandis Sacramentis, I, Graz 1961, pp. 399-401. Nella rubrica viene detto: »Et cum fuerint dies 40, afferunt infantem ad januam ecclesiae, et sacerdos confitetur matrem infantis et quadragies illa genuflectit.« »... et quadragies illa genuflectit. Deinde sacerdos dicit orationem« in: H. Denzinger, o. c., 399 23 »Die Mütter hatten den Gebrauch die entlösten Nabeln ihren neugeborenen Kinder am Tage der Kirchlichen Introduction und Benediction auf den Friedhof hinein zu werfen» (cf. Pfarrliche Urkunden zum heiligen Apostel Jakob in Friedau gesammelt, geordnert und eingebunden im Jahre 1840, p. 26). In alcune regioni anche il padre del neonato viene considerato impuro. Nella Regione oltre Mura (Prekmurje) viene messo in ridicolo e chiamato »gosak« (cioè maschio dell' oca). Affinché provveda al più presto alla propria purificazione, gli abitanti del villaggio gli tracciano la via più breve dalla casa al vicino ruscello cospargendola di erbace in modo che »l' impuro« non sbagli strada e raggiunga quanto prima la BENEDICTIO MULIERIS POST PARTUM MS ML 1. Introductio puerperae legitimae - accoglienza e discorso introduttivo................... sloveno sloveno - Salmo 24 (23)...................................................... latino latino - Ingredere in templum Dei................................. lat.- slov. lat.- slov. - Ingredere - se il bambino č deceduto................ sloveno - Kyrie, Pater noster............................................. latino latino - Orazione »Omnipotens...«.................................. lat.- slov. sloveno - Orazione - se il bambino č deceduto................. sloveno - Preghiera di ringraziamento............................. sloveno - Benedizione finale............................................. lat.- slov. lat.- slov. 2. Introductio puerperae illegitimae - Salmo 130 (129) De profundis........................... latino - Ingredere............................................................ latino - Kyrie, Pater noster............................................. latino - Orazione............................................................. latino - Benedizione conclusiva..................................... latino 5. Benedizione della puerpera nei manuali di Anton Martin Slomšek Il fine della celebrazione dei sacramentali è di rafforzare e di incrementare la fede e la vita spirituale dei fedeli. Il vescovo Anton Martin Slomšek ne era ben consapevole soprattutto quando si dedicava alla stesura dei manuali liturgici per i sacerdoti, i quali ci riportano tra l' altro anche il rito della benedizione della puerpera dopo il parto. La Chiesa conosceva tale rito già da secoli. E come testimonia lo Slomšek, soltanto una puerpera »leggittima« poteva beneficiare di questa benedizione, mentre nel caso della madre non sposata, il rito non si doveva celebrare. Il rito, preso dal rituale romano, è stato arricchito dallo Slomšek con l' aggiunta di varie preghiere ed adattato appositamente alle diverse occasioni particolari. Se mettiamo a confronto i due rituali sloveni, scritti dallo Slomšek -Mnemosynon slavicum e Manuale liturgicum,25 possiamo distinguere sorgente, dove possa lavarsi. In alcune altre regioni invece il padre del neonato bambino, specie se è una figlia, viene sottoposto ad un inaspettato bagno. (cf. R. Ložar, Narodopisje Slovencev, I, Ljubljana 1944, 269-270). Cf. Mnemosynon slavicum suis quondam auditoribus ac amicis carissimis dicat Antonius Slomshek, Glanforti 1840, p. 13-16; Manuale liturgicum Juxta Rituale Romanum, ms. (cca. 1840), p. 33-38. Oggi il rito della »benedictio mulieris post partum« si trova sia nel due tipi di ceremoniale della benedizione della donna: il primo per la puerpera 'legittima' con un'eucologia di gioia e ringraziamento, e il secondo per la puerpera 'illegittima' con un'eucologia del tipo piuttosto penitenziale. Schematicamente, per quanto riguarda le aggiunte e la diversità delle lingue, possiamo evidenziare i seguenti elementi: Già dallo schema presente possiamo rilevare che, nel primo caso, tranne il Salmo, Kyrie e Pater noster, il rito è completamente in lingua slovena, specie nel 'Manuale liturgicum'. Si osservi anche una particolarità pastorale: la differenziazione tra puerpera legittima ed illegittima. Il manuale Mnemosynon slavicum non accenna minimamente allo stato spirituale della puerpera, mentre il Manuale liturgicum parla apertamente di puerpera legittima o meno, stabilendo rispettivamente una diversa eucologia propria del caso. Il primo rito (per la puerpera legittima), con la sua accoglienza festosa, imprime un tono solenne alla celebrazione; invece, nel secondo caso (puerpera illegittima), osserviamo che il rito rimane completamente in latino e con l'eucologia penitenziale. 5.1 Introductio Puerperae legitimae I rituali dello Slomšek recano all'inizio del rito un discorso, piuttosto breve, sul significato del rito, che viene pronunziato davanti al portale della chiesa dove la donna, inginocchiata, tiene in mano una candela accesa in segno dell' ardore della fede. Salvo il rapido accenno alla purificazione legale, questa accoglienza solenne non si riferisce ai (fastidiosi) significati relativi all'impurità della puerpera, ma mette in evidenza la gioia, il ringraziamento e l'augurio per la nuova creatura. Anzi, subito dopo aver menzionato la prescrizione levitica, richiama l'esempio di Maria, che pur non avendo bisogno di purificazione, si reca al tempio per adempiere la prescrizione di Mose. Per questo motivo la liturgia raffigura in ogni madre una meravigliosa vicinanza alla Madre di Cristo, che è tempio della presenza di Dio.26 Dopo il Salmo 23, che viene recitato all' ingresso nella chiesa, il sacerdote, porgendo il lembo della stola alla donna, dice: »Entra nel tempio... « Qui le parole non vengono solo tradotte, ma anche arricchite di una breve intercessione per il bambino: »... Intercedi, affinché il tuo bim- »De Benedictionibus« (=DB) 236-257 che nell'OBP 105. Qui alla conclusione del rito del battesimo si legge: »Deinde celebrans benedicit matrem, infantem suum in brachiis tenentem, patrem, et omnes adstantes«. Al contrario DB 237 riserva la benedizione alla »puerpera quae Baptismi filii sui partecipare non valuit«. Tuttavia si afferma che tutti gli »adstantes ad gratias Deo agendas pro accepto beneficio sollicitantur«. A. M. Slomšek, Mnemosynon slavicum.., p. 14; A. M. Slomšek, Manuale liturgicum..., p. 33-34. bo sia sempre Suo; che cresca in età e in amore verso Dio e verso gli uomini.« Lo Slomšek prende in considerazione anche il caso della morte del bambino, per il quale adegua le parole rituali alle tristi circostanze, sicché il sacerdote deve dire: »Entra nella casa del Signore e allieta il tuo cuore triste nel Signore, su cui poggia tutta la nostra fiducia e protezione.«27 Poi tutto si svolge nel modo consueto, con preghiere alternate (Kyrie, Pater noster...). Alla fine del Mnemosynon slavicum alla consueta orazione in latino viene aggiunta una nuova in sloveno. In essa viene messo in rilievo il ringraziamento per la vita, per il parto e il battesimo ricevuto dal bambino; poi segue l'intercessione per la salute, sia per il bambino che per la madre nonché l'intercessione per una buona educazione del figlio.28 Invece il Manuale liturgicum ha diverse preghiere conclusive, ma tutte in sloveno. La prima è identica a quella precedente (slovena) del Mnemosynon slavicum. La seconda, al contrario, viene recitata soltanto nel caso in cui il bambino sia morto. Questa orazione è un inno di fede e di rassegnazione cristiana alla santa volontà di Dio, per suscitare e ravvivare nella madre addolorata, perché privata della sua creatura, sentimenti di profonda adorazione per i disegni divini, mentre si continua a pregare il Signore di infonderle il necessario vigore per superare la difficile prova alla quale è stato sottoposto il suo cuore materno. Dopo questa orazione, sia quella ordinaria che quella in caso della morte del bambino, lo Slomšek, nel Manuale liturgicum, ne prevede un'altra che è un ringraziamento gioioso a Dio per la felice maternità. Si implora al Signore la bontà, perché dia alla madre la grazia di poter bene educare il bambino, in modo che diventi buon cristiano e buon membro della società e infine cittadino del cielo. Si tratta di una preghiera che - come prescrive la rubrica - la donna e il sacerdote devono recitare insieme. Ciò dimostra quanto sia importante per lo Slomšek che la donna partecipi attivamente alla liturgia anche in tali circostanze, e quindi le fa recitare questa preghiera: »O Dio eterno, Padre celeste buono, padrone della nostra vita e della nostra morte, Ti ringrazio umilmente e con tutto il cuore, per avermi fatta superare felicemente tutte le difficoltà, gioendo del mio neonato. Questo mio bimbo è il tuo dono e a Te oggi stesso lo consegno. Prometto di prendermi cura di lui, di essergli una buona madre e di educarlo al regno dei cieli, affinché diventi un buon cristiano nella tua santa Chiesa, un bravo uomo 27 A. M. Slomšek, Manuale liturgicum..., p. 33. A. M. Slomšek, Mnemosynon slavicum..., p. 16; A. M. Slomšek, Manuale liturgicum..., p. 35-36. nel mondo e affinché un giorno, dopo questa vita terrena, possa essere partecipe nella patria celeste della salvezza, per Cristo nostro Signore.«29 Alla fine, dopo le parole di benedizione in latino, tutti e due i rituali riportano l'orazione in sloveno, allargata però anche al bambino, benché assente. 5.2 Introductio Puerperae illegitimae A differenza del cerimoniale precedente che risuona in un gioioso ringraziamento a Dio per il bambino, vediamo che in questo (secondo) caso, cioè dell'»Introductio puerperae illegitimae«, il rito rimane completamente in latino, con la sostituzione del salmo introduttorio regolare e la corispondente antifona a quello penitenziale, che imprime a tutto il rito un tono penitenziale.30 E' interessante la rubrica apposta, nella quale lo Slomšek fa notare che nella vicina diocesi di Lubiana non mettono in atto l'«Introductio pu-erperae illegitimae«. Perciò la rubrica continua: Wo solche vorgenommen, so besprengt Sie der Priester und kann sprechen... e si svolge nello stesso modo come vediamo in altri rituali.31 Questo atteggiamento si riscontra anche nel protocollo della conferenza pastorale del 1847. In quell' occasione, per quanto riguarda la benedizione della puerpera non sposata, invita i sacerdoti alla comprensione di tali circostanze, consigliando che nei casi in cui tale benedizione sia caduta in disuso, rimanga pure così; quando invece esiste la volontà delle puerpere 'illegittime' a sottoporsi a questo rito, è necessario allora che il pastore, prima di impartire una tale benedizione, le dia le opportune istruzioni, spiegandole innanzi tutto il clima penitenziale e consigliandole una confessione sentita.32 29 A. M. Slomšek, Manuale liturgicum..., p. 36. Sal 23 (24): Domini est terra... - è una specie di rituale per l'ammissione dei pellegrini al tempio di Dio. Sal 129 (130): De profundis clamavi... Cf. A. M. Slomšek, Manuale liturgicum, p. 37. Anche nella lettera (che è una risposta) all'arcivescovo e metropolita M. J. Tarnoczy, riguardo alla nuova edizione del Rituale Romano Salisburgense, del 1854, Slomšek, dopo la revisione della prima copia del detto rituale, raccomanda che il rito della puerpera illegittima deve aver lo stesso ordine di svolgimento stabilito per la puerpera legittima, però con l'eucologia penitenziale (A. M. Slomšek, Lettera del 31. Gen. 1854, in: Archivio diocesano a Maribor, XXXI-B, nr. 8). Quindi abbiamo nel menzionato 'nuovo' rituale già il rito (messo nell'Appendice) con titolo Introductio mulieris post partum prolis illegitimae (Rituale Romano Salisburgense, Salisburgo 1954, pp. 408-410). 32 Cf. A. M. Slomšek, Schußprotocoll der Pastoralkonferenz, I (1847) 1; XI (1857) B, 7. 6. Il nuovo rito della benedizione della madre (dei genitori) dopo la nascita del bambino In conseguenza delle errate convinzioni, di cui la credenza popolare circondava questo rito che portavano a credere che dopo il parto ci fosse qualche colpa da perdonare, si è arrivati già nei primi decenni del secolo ventesimo ad abolire questo rito. Anche in Slovenia si trovano testimonianze risalenti al 1945 del fatto che tale rito fosse ormai quasi completamente in disuso.33 Perciò la riforma conciliare ha dovuto far sparire quell'accenno all'obbligo della purificazione, retaggio dell'antica cultura ebraica, dando al rito una nuova forma e specialmente un nuovo significato. Il rito rinnovato contiene oltre a una preghiera di ringraziamento per il dono della maternità, anche una preghiera per il bambino, per tutti e due i genitori, per i padrini e per tutti i presenti. Questo nuovo rito della benedizione dei genitori entra a far parte integrante del rito del battesimo dei bambini. Inoltre, nel nuovo Benedizionale è incluso il rito della benedizione della madre (dei genitori) con la Liturgia della Parola. Il rito verrebbe celebrato nel caso in cui la madre non potesse partecipare alla celebrazione del battesimo. Comunque, la celebrazione di questo rito può anche far parte dei preparativi per il battesimo, il che conferisce all' intera preparazione il carattere liturgico.34 7. Conclusione La vita umana è già di per sé sacra,35 ed implica la vocazione dell' uomo alla santità. L' uomo è chiamato a santificare la vita ed a manifestare con la propria vita consacrata la santità di Dio. Conforme all'ordine divino »Siate santi, perché santo sono io« (Lev 19,2), la donna giudaica doveva osservare la legge, che le imponeva dopo ogni ciclo mensile, alla vigilia del matrimonio, dopo il primo atto sessuale e dopo il parto del bambino, di sottoporsi al rito della purificazione chiamato Tevilà. La purificazione rituale della madre dopo il parto includeva anche l'obbligo di offrire a Dio »un agnello per l' olocausto e un colombo o una tortora per il sacrificio espiatorio« (Lev 12,6). Benché la Sacra Scrittura parli del »sacrificio espiatorio«, la causa delo stato dell' impurità non è nella natura stessa della donna, ma nella relazione con Dio e con la legge. Sull' esempio di Maria che si era sottoposta ai precetti della legge, anche la Chiesa ha introdotto nelle proprie azioni liturgiche il rito della 33 Vpeljevanje mater (autore ignoto) in: Ave Maria 37(1945), Febbraio, p. 16. Cfr. Blagoslovi, Ljubljana 1989, p. 175. 35 Cf. Pavlo VI, Humanae vitae, Ljubljana 1968, 30. purificazione, dandogli un nuovo contenuto di ringraziamento della madre per aver ricevuto la grazia della maternità e il dono del figlio. In seguito alla fusione eccessiva del rito della benedizione della madre dopo il parto con le concezioni anticotestamentarie riguardanti il rito della purificazione, il rito della benedizione della puerpera è stato spesso malinteso e nei primi decenni del novecento è caduto quasi completamente in disuso. Inoltre, in alcune diocesi la benedizione veniva impartita soltanto alle madri sposate. A questo trattamento discriminante si era opposto fermamente già il beato vescovo Anton Martin Slomšek, che aveva rinnovato ed arricchito il rituale inserendo in esso diverse preghiere e discorsi e, anticipando di molto i tempi, gli aveva impresso nuovi accenti spirituali. Lo Slomšek era precursore dell' epoca moderna anche nel preparare il rito per la benedizione delle madri non sposate. In breve, nel suo rito della benedizione della puerpera, si possono rilevare le seguenti particolarità: la saggezza pastorale di impartire la benedizione sia alla puerpera legittima che illegitima; le composizioni nuove, che concorrono a creare una celebrazione festosa in lingua volgare; attenzione alle diverse circostanze possibili come al caso della morte del bambino; coinvolgimento attivo della donna con la recita di una preghiera speciale di ringraziamento. Così il rito della benedizione della puerpera riceve un volto nuovo, ricco di significati catechetico-pastorale e liturgico-spirituale. Povzetek: Slavko Krajnc, Obred očiščevanja in blagoslova matere po porodu s posebnim ozirom na slovenske liturgične prilagoditve Človek je poklican k posvečevanju življenja in s posvečenim življenjem k ra-zodevanju Božje svetosti. Zato mu Bog naroča: »Bodite sveti, kajti jaz, Gospod, vaš Bog, sem svet« (3 Mz 19,2). Izogibati se mora vsega, kar fizično ali moralno preprečuje življenjsko povezanost z Bogom. V tej luči svetostne postave se je morala judovska žena držati predpisov, ki govorijo o obredni čistosti in očiščevanju. Obred se je vršil zasebno in je vključeval posebne molitve. V primeru očiščevanju porodnice je bila z obredno kopeljo povezana tudi obveznost darovanja »spravne daritve« (prim. 3 Mz 12,6). Ker je rojstvo otroka nekaj svetega, ni vzrok ženine nečistosti njeno stanje ali narava. Materinstvo je namreč za judovstvo blagoslov. Zato je žena po porodu po starozavezni postavi nečista le v odnosu do Boga in do postave. In kakor vzrok njenega nečistega stanja ni njena narava, tako se tudi njeno očiščenje ne zgodi s kopeljo, ampak po Božjem ukazu. V drugem delu prispevka je predstavljena praksa Cerkve, ki je ob uvedbi praznika očiščevanja Device Marije (4. stol.) oblikovala posebni obred blagoslova matere po porodu. Ta več nima v ospredju judovsko-očiščevalnega značaja, ampak je zahvala za dar novega življenja. Ker je bil ta obred pred 2. vatikanskim cerkvenim zborom spokornega značaja in pridržan le poročenim materam, je Slomšek s pastoralno modrostjo preoblikoval obred z novimi duhovnimi in liturgičnimi poudarki in mu dal bolj veselo podobo. Vrh tega, da je obred prevedel v slovenski jezik in ga namenil tudi neporočenim materam, kar ni bilo dovoljenjo v sosednji ljubljanski škofiji. Z že tako veliko mero ustvarjalnosti je Slomšek posegel tudi na področje dejavnega sodelovanja. Materi je namenil molitev zahvale, ki jo je morala sama ali skupaj z duhovnikom na glas prebrati. Zaradi takratne velike umrljivosti otrok pa je v obred vključil še posebno molitev za primer, če je otrok umrl. Četudi otrok ni bil pri blagoslovu navzoč, se ga je duhovnik v blagoslovni molitvi posebej spomnil in klical nanj Božjega blagoslova. V Slomškovem obredu matere po porodu, ki je čudovit primer inkulturacije bogoslužja sto let pred liturgično prenovo drugega vatikanskega cerkvenega zbora, lahko zasledimo naslednje posebnosti: pastoralna modrost podeliti blagoslov poročenim in neporočenim materam, oblikovanje novih evholoških besedil v domačem jeziku in možnost dejavnega sodelovanja žene pri omenjenem obredu. Skratka, pričujoči pregledni članek predstavlja liturgično-pastoralne inkultur-acijske rešitve v različnih časovnih obdobjih, od starozaveznih obrednih predpisov obredne čistosti in očiščevanja vse do novooblikovanih in vsebinsko bogatih pasto-ralno-liturgičnih sestavin novega obreda blagoslova matere po porodu. Ključne besede: inkulturacija bogoslužja, očiščevanje, svetost življenja, obred blagoslova matere po porodu, Slomšek, Mnemosynon slavicum, praznik Očiščevanja Device Marije Summary: Slavko Krajnc, Feast of the Purification of the Blessed Virgin Mary Krajnc, The Rite of Purification and Blessing of the Puerpera and its Slovenian Inculturation Man is called to sanctify his life and to reveal God's sanctity by his consecrated life. Christians reveal God's sanctity by celebrating and living out liturgy. After a short presentation of the meaning of the regulations of Lev 12 dealing with the purification of the puerpera, the author describes the practice of the Church, which at introducing the Feast of the Purification of the Blessed Virgin Mary (4th century) created a special rite of the blessing of the puerpera. Before the Second Vatican Council this was a rite of atonement and reserved for married mothers, but Slomšek with his pastoral wisdom remodelled it by new spiritual emphases and gave it a more joyful form, made it available also to unmarried mothers and incorporated special prayers for mothers who had lost their child. Key words: inculturation of liturgy, purification, rite of blessing the puerpera, A.M. Slomšek, Mnemosynon slavicum, Feast of the Purification of the Blessed Virgin Mary.