Anno II della Nuova Serie (XIV della Raccolta) Fasc. I-il Capodistria, gennaio-aprile 1923 PAGINE ISTRIANE Rassegna bimestrale di Letteratura, Scienza ed Arte con particolare riguardo ali'Istria diretta da FR\NCESCO MAJER e GIOVANN1 OUARANTOTTO Avvertimento Pregati dal Comitato Regionale per la Venezia Giulia della Societa Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano di dedicare nell' occasione della traslazione in Istria dei res ti di Tomaso Luciani un numero doppio del nostro periodico alla illustrazione della persona e deli'opera del grande patriotta e benemerito studioso istriano, non solo abbiamo subito e di gran cuore detto di si, ma ci siamo dati pur noi dattorno le mani, affinche la divisata si/loge di scritti commemorativi riuscisse completa e soprattutto degna deli' uomo e della circostanza. Giudicheranno i lettori se abbiamo conseguito o meno il nostro intento. Come ci vorranno i nostri fedeli collaboratori perdonare, se siamo costretti a differire ai prossimi numeri la stampa dei parecchi interessanti articoli messi da loro a nostra disposizione. Quanto poi alla distribuzione della materia nel presente fascicolo, ci siamo attenuti allordine che naturalmente risu/tava dal puro e semplice collocamento alfabetico dei nomi degli autori, e abbiamo fatto precedere il tutto dalla analitica e, per cosi dire, introduttiva biografi a del Luciani dovuta al conterraneo di lui prof. Melchiorre Curellich. Staccandolo dagli altri abbiamo in fine collocato al pošto d' onore il prezioso contributo delionorando Eugenio Popovich d' Angeli, il nestore dei viventi patriotti istriani, il superstite collaboratore ed amico di Carlo Combi e di Tomaso Luciani. Capodistria, 14 aprile 1923. FRANCESCO MAJER GIOVANNI QUARANTOTTO Accanto a Tomaso Luciani Negli avvenimenti, che, attraverso enormi sacrifizi di sangue, gloriosamente versato per la grande causa della unificazione italiana, condussero alla finale vittoria, non poco merito spetta a coloro che questa vittoria non videro, ma la prepararono, la pre-sentirono e la insegnarono. E siccome l'obbiettivo dopo la guerra del 1866 e del '70 era ristretto alle Alpi Retiche e Giulie ed all'Adriatico orientale, alla liberazione di queste zone, alpine e marittime, era naturale che piu di ogni altro si adoperassero i patriotti oriundi da esse. E, diciamolo subito, in prima linea a tal uopo figurano quelli deli' Istria nostra con Trieste, che le appartiene. Accanto ai nostri fraternamente contribuivano i patriotti del vicino Friuli coi loro centri di Udine e di Gorizia, sicche fra la gioventu di questi gruppi del confine orientale si era naturalmente formata una coesione di sentimenti di attivo Iavoro politico, da divenire una vera armata pacifica preparatoria, destinata ad essere guida ai grandi eserciti, allorche fosse giunto il momento provvidenziale per iniziare il grande urto e discacciare per sempre le schiere del nemico secolare dalle nostre Alpi e dalle pittoresche verdeggianti foreste di queste Porte d' Italia. Uno fu per tanti anni dal '49 al 1915 il pensiero nazionale e patriottico fra le nostre popolazioni, tanto fra le masse tenute sotto il dominio prepotente delFAustria, quanto fra i cittadini giovani e anziani, esulati nel vicino libero Regno dei Savoia. I patriotti superstiti del 1848, del '49, del '59, del '60 e del '66, ed i loro amici, rimasti nelle nostre citta per non isguernire le provincie dei naturali difensori della nostra nazionalita, giovarono, pur sop-portando le sevizie del regime imperiale, a salvare tra noi gli elementi principali di vita nazionale italiana ed a mantenere intatto il linguaggio degli avi. Quelli, e furono molti, che passarono i confini e si sparsero pel Regno nelle sedi principali degli studi, pur sapendo d'essere precipuamente destinati alle armi, diventarono subito apostoli, conferenzieri, scrittori, professori, insegnanti ai fratelli del Regno che i nostri paesi erano Italia quanto tutto il resto della Penisola e che i confini naturali e legittimi erano non al Iudrio, ne all'Isonzo, ma a Longatico ed al Nevoso. Fu uno stupore doloroso pei nostri *\P - , 7 " -^'ff f V ,, , LL^ŽMj < T* (H ft •/ {• ; Sf a {L, tu^j/ eutf •«-» ' * n i/) .. . . -r /L ' / .. J, Jr itt* giovani, pieni di ardore, il dovere forzatamente persuadersi ad ogni incontro che le maggioranze non conoscevano 1' italianita nostra perche le influenze diplomatiche di Stati avversari avevano ottenuto che nelle scuole non s'insegnasse seriamente lageografia; sicche si ebbe persino il caso di un primo ministro, che apposi-tamente, per compiacere alle vedute degli Imperi alleati, indisse a Firenze un banchetto ufficiale, nel quale parlo autoritariamente contro i nostri diritti, smentendoli con un colossale sbaglio geografico, vale a dire che ad oriente le nostre Alpi non contenevano visibili altezze ed erano interrotte senza arrivare al mare, come avveniva dalla parte di Francia e del Piemonte; quindi non potevano co-stituire una frontiera! A ciascuno e nota la lotta seguita a questo sproposito in tutta Italia, nella stampa, nelle associazioni liberali patriottiche, nel Parlamento, creando la necessita di non cedere, di resistere alle esigenze straniere, che sopprimevano o almeno volevano soppri-mere le nostre magnifiche Alpi nei cervellidi coloro, che intendevano reggere 1'Italia coi criteri stranieri. Gli Istriani, raccolti a Milano, a Pisa, a Bologna, a Firenze, a Napoli e, dopo il '66, a Venezia, ad Udine, a Verona, formarono dovunque loro centri difensivi mediante comitati, ed il grande Comitato Veneto, capitanato da Alberto Cavalletto, che aveva sede in Torino, patriottica capitale dello Stato sino al 1864, aveva accolto nel suo seno la sezione delTAlpe Giulia col nome di Venezia Giulia. Con questa potente associazione si misero, sino dal 1860-61, in relazione i nostri benemeriti capi, rifugiatisi nel Regno, cioe Carlo Combi, Tomaso Luciani, Antonio Coiz, Eugenio Soiferini, Raffaele Costantini, Pacifico Valussi, Federico Seismit-Doda. I piu illustri Italiani di tutte le provincie raccolti allora a Torino, unirono la loro opera a quella dei nostri. II Conte Benso di Cavour, antiveggendo 1'avvenire, si era circondato di due valentissimi giovani triestini, del Barone Raffaele Abro e di Costantino Ressmann, ai quali poscia conservo la propria fiducia l'illustre Bettino Ricasoli. Per attivita aperta distinguevasi il nostro gruppo di Milano unito a quello di Venezia: le menti direttive ne erano il dott. Carlo Combi di Capodistria, santa ed eroica figura di sacerdote d'amore per 1'Istria sua, e il Luciani di Albona, anch'esso votato a questa nobilissima missione e non meno istriano d' intelletto e di cuore del suo eminente compagno. Da Milano e da Venezia essi, energicamente e con alto senno politico, insieme al prof. Antonio Coiz, friulano di nascita, ma cordialmente istriano dopo essere stato professore nel Liceo di Capodistria, si mantenevano in costante relazione epistolare con gli študenti istriani delle varie Universita, formando una commovente unita di azione per il bene della nostra regione di confine. Questa unione frutto in modo che tutti consi-deravamo i tre nominati come i nostri direttori spirituali politici e nessuno manco ai vari appelli delle guerre per 1' indipendenza, molti morendo sul campo di battaglia coll'anima anelante alla liberazione delle adorate terre native. Tomaso Luciani, comprendendo la necessita di introdursi nelle societa politiche delle grandi citta della Penisola e di avvi-cinare ministri, deputati, senatori, diplomatici, uomini di scienza, giornalisti, reso ardito dall'amor di patria, si era fatto numerose relazioni, tutte adoperandole per la causa del nostro territorio, della piccola graziosa e ridente penisola triangolare istriana, in cui egli era giustamente interessato a far valere in particolare 1'importanza della sua Albona. Non mi fermero all'elenco delle pubblicazioni dovute alla penna ed al patriottico coraggio di Tomaso Luciani. Queste indicazioni si leggono nella biografia di lui. A me basta far noto com' egli sia stato valido collaboratore di Carlo Combi, come molti tra i migliori articoli, comparsi nei giornali di Milano, di Venezia e di Firenze, sieno di lui ed altri di ispira-zione sua. Egli si teneva in contatto quasi continuamente col nostro Stato Maggiore dell'Esercito regolare, nell' intendimento di disporre le direttive verso la guerra colTAustria, supremo ideale di ciascuno di noi. Nei migliori circoli della capitale, a Firenze, vedevamo il Luciani elegantemente vestito di nero, con gli occhiali dorati, ringiovanito nei baffi alquanto oscuriti, avvicinarsi agli uomini politici e conversare animatamente, sempre con buon umore, sempre sul tema preferito. Amava molto la musica, percid preferiva le sale di Francesco Dali' Ongaro e di Cesare Correnti, ove si godeva una musica tutta italiana e ad un tempo una conversazione confortante con le celebrita della letteratura e delTarte. Dali'ottimo Dali' Ongaro v' era specialmente una liberta ed una famigliarita piacevolissima. La Patria era 1' inspirazione del distinto poeta, del quale si ascoltavano volentieri i vivaci stornelli. Per la vita simpaticamente trascorsa a Trieste, sinche 1' Austria non 1' ebbe paternamente espulso, il Dali' Ongaro, come 1' Occioni, come il Gazzoletti deve essere considerato triestino. Nella mentalita e neIl'azione politica egli fu un nobile irredentista, e percio dovette sopportare dure persecuzioni morali sotto certi Ministeri a doppio colore. CLuando Tomaso Luciani sposo a Venezia la giovane e bella signorina Previtali di Venezia, ritorno con lei a Firenze e presento nelle societa da lui frequentate la distinta sua signora. II cuore esuberante del caro patriotta rivelava dagli occhi e dalla voce la grande contentežza, la felicita, ond'era inondato, alla quale pren-devano parte tutti i presenti, perche tutti a Firenze amavano il sommo difensore della Patria istriana, fiamma dei nostri cuori. A Firenze il Luciani abitava in Borgo Ognissanti N. 47. Nel '66 i principali rappresentanti della Regione Giulia tenevano quotidiane radunanze con personalita del Governo, coi piu auto-revoli parlamentari borghesi e militari. Essi organizzavano anche 1'arruolamento dei volontari garibaldini e raccomandavano tutti i nostri. Tomaso Luciani era il piu attivo; egli onorava con entu-siasmo quanti si inscrivevano e non nascondeva -la propria alle-grezza perche si andava alla guerra, che gia allora doveva essere di liberazione per noi. Ma la fiducia del nostro amatissimo Luciani ebbe non poco a stupirsi quando tutti i reggimenti garibaldini dalla Puglia furono trasportati nella valle delle Giudicarie, nel Trentino, dove, a malgrado delle vittorie di Garibaldi e dell'ar-tiglieria del Dogliotti, tutto fini col famoso Obbedisco! I nostri amici ricorderanno che nel '66, prima deli' inizio della guerra, una commissione di irredenti nostri presento a S. E. Agostino Depretis un Memoriale, indicante al Governo italiano come e per quali fini doveva essere condotta la nostra guerra. Quel Memoriale, come quel!o di anni prima al Ricasoli, era un capolavoro di saggezza diplomatica e di patriottismo politico e militare. Era merito non di un solo, bensi dell'accordo dei valenti che componevano la Commissione, e Tomaso Luciani v' ebbe un intervento efficace. La piccola Istria in ogni tempo offerse alla Patria Italiana dei talenti umani, onde si tenne onorata nel mondo ed anche nel Risorgimento italiano teste coronato dalla grande Vittoria. Ma se gloria meritano quelli che diedero la vita pugnando, non sono ugualmente gloriosi combattenti tutti quei nostri, che nei lunghi e tristi anni delle supremazie austro-tedesche lottarono con la voce e con la penna e con ogni mezzo per far sapere alHtalia che la sua časa si estendeva assai al di la di quanto era segnato in bianco sulle sue false carte geografiche scolastiche? Coloro che percio affrontarono, come il Luciani, il Combi, il Coiz e tanti altri, patimenti, persecuzioni, ingiustizie, ogni difficolta della vita per 1'odio delle polizie imperiali, insediatesi anche nella Penisola, contro i nostri profughi piu eminenti per sapere e per amor patrio? Non e questa crudele e lunga lotta pari, e forse superiore, ai momentanei sacrifizi della guerra? Non e anche essa guerra sociale e combattimento per creare intera la Patria italiana? Non sono martiri anche coloro che per le sofferenze morali lasciarono la vita? Io applico coscientemente questo assioma anche ai nostri grandi, che perirono in tempi di pace per Trieste, per 1' Istria. Ora la salma e lo spirito del nostro illustre albonese saranno ospitati la nella pittoresca terra, donde erano sorti e che torna ad essere con Lui, col glorioso suo figlio, la sentinella fra Pola e il Quarnaro, la sentinella d'Italia. Ed oltre la tomba il grido di Tomaso Luciani sara': Viva l' Italia signora della mia A/bona/ signora di tuita l' Istria! EUGENIO POPOVICH D'ANGELI La vita e V opera di Tomaso Luciani 1. Nel paese nativo Nella seconda meta del secolo XVIII 1'Istria aveva avuto in Gian Rinaldo Carli, 1' autore del discorso "Della patria degli italiani« '), ora giustamente rivendicato al grande Istriano, uno dei precursori delTidea nazionale; il culto della patria incominciava cosi a farsi strada fra noi cjuando era ancora patrimonio di poche anime elette. L'attaccamento al dominio secolare di Venezia con-tinuava vivissimo, come s' era visto anche al momento della caduta della Repubblica '); venute meno le speranze fallaci suscitate dalle prime vittorie napoleoniche in Italia, i nostri padri mantennero la loro fede durante il primo dominio austriaco e subirono 1'influsso rinnovatore del Regno d'Italia e del governo delle cosidette «Province Illiriche«; ritornati gli austriaci, gli Istriani guardarono sempre verso Venezia come verso la Madre desiderata. L'idea d'una patria grande si diffondeva continuamente; il Metternich, sempre vigile, controllava ogni passodei sudditi e dei presunti agenti dei Bonaparte; il nuovo movimento si ricollega vadifatti all'epoca napoleonica, come risulta dagli interessantissimi documenti che va ora pubblicando il prof. Silvio Mitis 3). Tali erano le condizioni anche nella piccola Albona, posta sul Quarnero, che aveva conosciuto i fasti di Roma e di Venezia, che aveva visto un giorno le flotte di Cesare e di Pompeo in lotta per il dominio della Repubblica e gli Uscocchi vinti dalle navi della Serenissima. ') F. Salata, La patria degli italiani nel pensiero di un italiano del settecento, «Rassegna italiana«, vol. IV, aprile 1920; F. PasinI, Gian Rinaldo Carli nel secondo centenario della sua nascita, «Rivista d' Italia«, vol. III, fasc. III. 1920; Giovanni Quarantotto, Per Gian Rinaldo Carli nel II centenario dalla sua nascita, «Atti e memorie della Soc. Istriana di archeologia e storia patria«, vol. XXXII, 1920 ; F. De Stefano, Appunti sul pensiero po-litico di Gian Rinaldo Carli, "Pagine istriane«, 1922, N. S. a. I, fasc. VI. 2) Gino de Vergottini, L' Istria alla caduta della Repubblica di Venezia, «Atti e Memorie«, vol. XXXII, 1920; II diritto d'Italia su Trieste e l'Istria, Fratelli Bocca, editori 1915, documenti 1/63. 3) Silvio Mitis, Alcuni documenti deli' archivio capitanale di Pisino (1810-1860), «Atti e memorie«, vol. XXXII e XXXIII, 1920 e 1921. In questo ambiente, saturo di memorie, pieno di speranze e di fede, nacque Tomaso Luciani il 6 o 7 maržo 1818 '), cenfanni prima della nostra Redenzione, dalTavvocato Vittorio Luciani e da Lucia Manzoni 2). Egli discendeva da due distinte famiglie; specialmente quella paterna aveva dato alla patria in varie epoche figli intelligenti e operosi, come il sacerdote Don Priamo Luciani, uno degli animatori della resistenza contro gli Uscocchi nella notte di S. Sebastiano del 19-20 gennaio 1599. Fu un ragazzo vivacissimo e dimostro nei giovani anni poca passione allo studio; perduto il padre nel 1834, fu affidato per otto anni alle cure di Anton Maria Lorenzini, uomo di vasta coltura, di grande esperienza, di nobili sentimenti, di forte patriottismo, il quale esercito sulTanimo delTalunno una influenza quanto mai benefica che il Luciani ricordava sino agli ultimi anni della vita con grato animo. 11 Luciani puo dirsi del resto un autodidatta; si approfondi da solo nelle lingue classiche e nelle discipline storiche e archeologiche, tra grandi difficolta create dalla mancanza di libri e di mezzi didattici, propria dei piccoli centri; dimostro pero sin da quell'epoca una grande simpatia anche per gli studi di mineralogia e geologia. L'ambiente di Albona era quanto mai ristretto e, a rendere ancor piii grave questa circostanza, contribuiva il governo colle sue infinite restrizioni. Se le rivoluzioni di Napoli e del Piemonte avevano gia contribuito ad accrescere i rigori polizieschi in tutta 1' Istria, 3) dopo la rivoluzione di luglio del '30 1'autorita impensierita ') Tomaso Luciani ricorda nelle sue lettere d'esser nato il 7 maržo e tale data e riferita da tutti i biografi; il libro battesimale di Albona, da me consultato, indica pero il 6 maržo come giorno della sua nascita. 2) Per la bibliografia mi richiamo allo studio del Cav. Enrico Genzardi, genero di Tomaso Luciani, che rappresenta quanto di piu completo fu finora pubblicato intorno al grande Istriano (Tomaso Luciani scrittore e patriota istriano, «Atti e memorie«, vol. XXXII e XXXIII, 1920 e 1921). Di materiale inedito io consultai i protocolli delle sedute del Consiglio Comunale di Albona dal 1846 al 1861 e quelli del 1894, gli atti dello stesso Municipio riferentesi agli anni suaccennati e al 1892, 196 lettere (1868-1894) di Tomaso Luciani ali'avvocato Andrea Amoroso, 60 lettere a Carlo De Franceschi, una lettera al Dottor Luigi Barsan, 2 lettere aH'avvocato Antonio Scampicchio, 19 lettere (1847-1890) a Giovanni Martinuzzi, 102 lettere (1884-1893) alla maestra Giuseppina Martinuzzi, 3 lettere a Giuseppe Dusman, inoltre i protocolli delle sedute ed altri documenti della Soc. Istriana di archeologia e storia patria, 1884-1894. 3) S. Mitis, «Atti e memorie-, vol. XXXII e XXXIII; documenti degli anni 1820-1821. per il diffondersi delle nuove idee che si facevano sempre piu strada, proibiva persino la festa popolare che si soleva cele-brare ad Albona il 25 aprile e sopra tutto il grido «Viva San Marco» '). II 16 dicembre 1830 il Commissario distrettuale di Albona Beden rispondeva ad una circolare del Capitano di Pisino Barone Skrbensky che, «estese le piu accurate e diligenti indagini», s'era persuaso che nel suo distretto non era diffuso il «Nuovo catechismo pel 1831», un libro di propaganda dei rivoluzionari parigini e che avrebbe tenuto in seguito 1' occhio vigile tanto »sulle secrete corrispondenze che sulle lettere private«.2) Quattro anni dopo Biagio Adam comunicava da Albona al capitano circolare Barone Grimschitz che le gazzette forestiere non erano permesse nel suo distretto 3). Tomaso Luciani cercava di dedicarsi almeno a quello che i tempi tristi permettevano ed, entusiasta del nostro passato, am-miratore delle bellezze incomparabili della natura, iniziava gia nel 1842 4) una serie infinita di escursioni nell'agro albonese e nell'Istria orientale allo scopo di studiare il proprio paese, d'im-pararlo a conoscere e ad amare viepiu ; durante le lunghe gite, intraprese spesse volte in compagnia del medico comunale dottor Luigi Barsan, frugava e cercava in ogni luogo, raccoglieva iscrizioni, monete, avanzi d'ogni specie e piu di rado anche minerali e pietrificati, gettando cosi le basi di una raccolta, alla quale egli rimase quanto mai affezionato durante tutta la vita. A questo proposito egli stesso, ormai vecchio, scriveva al defunto presidente della Societa istriana di archeologia e storia patria, dottor Andrea Amoroso '): «In questa raccolta c'e una parte deli'anima mia, della mia vita, c'e la mia prima passione, la mia prima espressione ') «Chi per mar, chi per tera — tuti i Turchi soto tera — pin pum! Viva San Marco», gridavano i ragazzi a ricordo delle vittorie sui Turchi e specialmente della battaglia di Lepanto, quando essi ritornavano colla processione a! duomo e sbattevano rami di sambuco contro i muri del sagrato (Tomaso Luciani, Tradizioni popolari albonesi, Capodistria, Tip. Cobol e Priora, 1892, pag. 81). 2) S. Mitis, «Atti e memorie«, vol. XXXIII, p. 125. 3) Ib., p. 134. ') Lettera al Marchese Gian Paolo Polesini; d. d. 5 sett. 1871, «La Provincia deli'Istria«, 1871, pp. 834-835; "Annuario della Soc. Agraria istriana«, a. III, 1873, p. 169. 5) Lettera dd. Venezia, agosto 1885. d'amor patrio, passione, espressione ed amore che mi accompa-gnarono in tutti gli studi, in tutte le vicende della fortunosa mia vita e che scenderanno con me nella tomba.» Tomaso Luciani, sebbene fosse al primi passi del suo lavoro scientifico, divenne ben presto corrispondente della rivista «L' Istria» del Kandler, la grande miniera di notizie, alla quale devono attin-gere quanti vogliono occuparsi della nostra storia. Egli andava spesso a Trieste, dove si metteva a contatto con gli uomini migliori4). Trieste era divenuta difatti un centro notevole di studi, e intorno al libraio Orlandini e alla «Favilla», periodico letterario fondato nel 1836 dal capodistriano Antonio Madonizza, si racco-glievano rappresentanti di tutte le Venezie, come Pasquale Besenghi, Francesco Dali' Ongaro, Antonio Somma, Pacifico Valussi, Antonio Gazzoletti2). Francesco Hermet ricorda nelle sue memorie d'aver passato in quella compagnia, alla quale si associavano molte volte i migliori uomini d' Italia che fossero di passaggio per la citta, «le ore... piu belle e gradite della... vita» 3). Nel frattempo era gia entrato nella vita pubblica della sua terra, nel 1843 riusciva a creare un teatrino, coll'aiuto della gioventu albonese, al pošto dell'antico fondaco veneto e della sottoposta loggia, dopo aver sostenuto una lotta vivacissima col commissario distrettuale de Pregl che voleva fare di queH'ambiente un corpo di guardia, mentre il Luciani desiderava che vi sorgesse appunto il teatro, fonte di «piaceri affetti, civilta, concordia».4) ♦Meglio cento volte il teatro che 1'osteria, e quello che dicevamo sempre, e per questo abbiamo promosso l'erezione del teatro», cosi egli si esprimeva alcuni anni dopo in una lettera ali' amico Giovanni Martinuzzi5). L'anno seguente, mentre era ancora podesta Giacomo Lius che da moltissimo tempo copriva quella carica, entrava nella 1) A. Tamaro, La Veneiie Julienne et la Dalmatie, Historie de la nation italienne sur ses frontieres orientales, Rome, Imprimerie du Senat, 1918, vol. I, p. 671. 2) Ugo Sogliani, Tre precursori, Pagine di storia triestina, Trieste, Tip. Ed. della «Nazione», 1922.' 3) «11 Piccolo», 16 febbraio 1923. ') Discorso del ff. di podesta dott. Vittorio Scampicchio (protocollo della seduta della rappresentanza comunale di Albona, dd. 31 luglio 1894). s) Lettera dd. Dignano, 9 gennaio 1858. delegazione comunale, avendo come compagno di lavoro Antonio Scampicchio, propugnava quindi con tutta energia, tra mille animosita, la costruzione della strada di Porto Albona che doveva congiun-gere la citta col mare: in mezzo alla lotta manteneva pero sempre calmo 1'animo suo e, parlando degli avversari della strada, scriveva: «11 cielo illumini le loro menti e renda migliori i loro cuori«.1) Divenuto podesta alla fine del 1847 2), rimase in carica fino al termine del '49;i); fece parte anche negli anni seguenti della delegazione municipale, per essere rieletto nel '56 e conservare il suo pošto sino al '61. Come podesta favori in tutte le maniere il progresso materiale e intellettuale del paese, curo la conser-vazione dei beni del comune, 1'intangibilita delle peschiere comunali, la vendita in piccole partite della vallata paludosa dell'Arsa, la sua conversione in praterie, fece sventrare singole parti della cittadina, porto a compimento la strada pittoresca, direi quasi alpina, di Porto Albona col bel ponte; opera di Matteo Bartoli, promosse la fondazione della scuola femminile, di quella di musica, della Societa del casino. L'appoggio concesso a queste ultime istituzioni, come pure il riattamento del torrione e della loggia veneta, nella quale vennero murate le iscrizioni da lui raccolte che attestavano la bimillenaria civilta latina di Albona ') sono una prova del culto, nel quale erano tenuti dal Luciani i valori morali. Spuntava intanto il '48, questa sublime primavera di patriot-tismo italico, e Tomaso Luciani, podesta d'Albona, pošto tra i suoi ideali e 1'entusiasmo popolare dalTuna parte e il sospetto e l'a-nimosita del governo dall'altra, si trovo in una posizione diffi-cile, che egli affronto con dignita e con tatto notevolissimo. La rivoluzione fu accolta con entusiasmo, come in tutta 1'Istria, cosi Lettera a Giovanni Martinuzzi dd. 6 agosto 1847. 2) Che egli tenesse la dignita di primo cittadtno gia dal 1846, come asseriscono i biografi suoi, non corrisponde alla verita; risulta difatti dal «pro-tocollo di sessione straordinaria per la consegna deli' Uffizio podestarile al nuovo podesta signor Tomaso Luciani in rimpiazzo del dimissionario signor Giacomo Lius», che questa ebbe luogo appena il 4 novembre 1847. 3) II podestariato del Luciani non fu ininterrotto, come erroneamente si trova dappertutto indicato; appare anzi dai protocolli delle sedute della rap-presentanza comunale che gia all'inizio del 1850 era podesta Giacomo Battiala e che appena dopo una crisi municipale iniziatasi nel 1854, crisi durante la quale il comune fu retto da Giovanni Palisca, nel 1856 segui la rielezione del Luciani a podesta. 4) Nel 1900 le iscrizioni passarono neU'atrio del nuovo palazzo municipale. anche ad Albona: si fecero dimostrazioni, s'intonarono canti pa-triottici, si organizzo la guardia nazionale, a capo della quale fu pošto Antonio Scampicchio. ') Tutti i cittadini poi erano forniti della coccarda tricolore. 2) 11 commissario Fradenek, venuto nella nostra cittadina, si spavento al vedere sul petto di tutti la coccarda tricolore e chiese se la sua vita fosse sicura fra tanti repubblicani; benche rassicurato da molti, non presto gran fede alle parole dei cittadini e di passaggio per Pedena e Gallignana diffuse la notizia che ad Albona fosse scoppiato un moto a favore di Venezia. II famigerato capitano circolare barone de Grimschitz, appena avutane notizia, scrisse al commissario distrettuale di Volosca che raccogliesse un migliaio di contadini e li inviasse ad Albona.:i) A quanto mi consta, pero, quest'ultimo ordine per fortuna non fu eseguito; gli albonesi tennero fermo alle loro idee e ad un rappresentante del governo, presentato al popolo raccolto nella piazza del fontego dal podesta Luciani dal poggiuolo del palazzo pretorio, risposero unanimi: »Cluello che sara di Venezia sia anche di noi.» ') Per calmare 1'autorita circolare si penso pero anche di mandare una deputazione a Pisino. Che lo spirito rivo-luzionario fosse diffuso in tutta 1'Istria, risulta anche da scritti pubblicati nella raccolta piu volte ricordata «11 diritto d' Italia su Trieste e l'Istria».r>) Vi si accenna ali'entusiasmo generale e a corrispondenze eol presidente Manin; e probabile quindi che anche il nostro Luciani abbia avuto parte notevole in questi segreti accordi eol governo di Venezia.'') Passata ogni speranza dopo gli irisuccessi militari del '48, subentrata la reazione specialmente dopo 1' infausta giornata di Novara e caduta Venezia, 7) Tomaso Luciani continua 1'opera sua ') Protocollo della seduta della rappresentanza comunale del 28 dic. 1848. 2) «L'Osservatore Triestino« del 24 maržo 1848, articolo dd. 21 maržo, scritto da Michele de Fachinetti. 3) II diritto d'Italia. Dalle «Memorie autobiografiche» inedite d'un pa-triotta istriano, p. 160. ') Da comunicazioni orali avute parecehi anni fa da un contemporaneo. 5) Numeri 170, 174, 175, 183, 187. R. Drioli: I precursori della Redenzione. Le drammatiche vicende della guerra del '66 nel carteggio del patriotta istriano Tomaso Luciani. «11 Piccolo della Sera», 4 novembre 1922 Ai moti del '48 a Venezia aveva partecipato anche il diciottenne Antonio Scampicchio. Francesco Cattaro, pure albonese, fu poi uno dei volontari accorsi alla difesa della risorta repubblica. assidua e costante nella certezza che gli avvenimenti debbano avere il corso segnato loro dalla natura, che nessuna forza di despoti puo trattenere. I deputati alla Dieta di Kremsier Carlo De Franceschi, Antonio Madonizza e Francesco Vidulich, im-pressionati dalle dichiarazioni del governo che gli italiani fossero nell' Istria «la decisa minorita>, rivolgevano nel gennaio '49 un manifesto agli Istriani, spiegando loro la gravita dell'enunciazione. Francesco Combi, allora podesta di Capodistria, si faceva, per opportuno consiglio di Antonio Madonizza, ') iniziatore d'un'azione simultanea dei comuni della provincia, la quale doveva dimostrare che tutti i comuni, anche le frazioni slave della campagna, erano d'accordo che si mantenesse 1'italiano quale lingua d'ufficio e d' insegnamento. I comuni istriani unanimi, e fra essi anche quello di Albona, rispondevano con entusiasmo alTinvito e dichiaravano di volere un' amministrazione nazionale italiana scevra... da rapporti con province transalpine. Per interessamento del podesta Luciani, anche i nostri sottocomuni si dichiaravano solidali colla citta.1) Nel luglio del '49 i municipi istriani, preoccupati degli interessi nazionali e culturali del paese, si rivolgevano all'imperatore Francesco Giuseppe chiedendo di non essere uniti, come si pro-gettava, alla Carniola e domandavano un' autonomia nazionale amministrativa che sola poteva garantire il carattere etnico della provincia. La copia autentica di questo documento conservasi appunto nelle carte del Luciani 4), che, quale podesta di Albona, era stato uno dei promotori della presentazione del memoriale. Due anni dopo la delegazione municipale di Albona '), se-guendo 1'esempio del comune di Pirano, decideva, colla coopera-zione del Luciani, di presentare un reclamo al ministero del culto ') G. Quarantotto: La deputazione istriana alla Costituente austriaca del 1848-49: in «Le Nuove Provincie», Roma, a. I, fasc. 2, pag. 57. ') S. Bonfiglio: Condizioni passate e presenti deli'Istria e conseguenze relative di pubblico diritto, Torino, Stamperia deli' Unione Tip. Editrice, 1874, p. 36. 3) «11 Costituzionale«, 3 febbraio 1849; II diritto d' Italia, N. 245, pp. 250-253; 1'originale trovasi nell'archivio comunale di Capodistria, una copia tra le carte di Carlo Combi. Tutti i sottocomuni di Albona (Cerovizza, Chermenizza, Vlacovo, Bergod, Cerre, Cugn, Vettua, Dubrova, S. Domenica e Ripenda) ade-rirono alla richiesta. ') II Diritto d' Italia, N. 255. 5) Protocollo della seduta della rappresentanza comunale dd.25 aprile 1851. e de]l'istruzione contro il divieto fatto agli študenti del cosidetto Litorale di proseguire gli studi nei licei delle province venete. Come si vede, Albona, per iniziativa del Luciani, prendeva parte ad ogni opera intesa a tutelare 1'avito patrimonio nazionale; ma i tempi volgevano assai tristi; 1' assolutismo decennale impe-rava in tutta la sua efficienza; limitazioni d'ogni specie, concul-camento d'ogni liberta erano le questioni del giorno. Nell'Istria le elezioni di molti podesta venivano annullate, cosi quella del dottor Egidio Mrach in Pisino nel gennaio 1849, perche ascritto al partito italiano «ultraradicale».') A Trieste Pietro Kandler chiedeva invano 1' introduzione della lingua italiana come lingua d' insegnamento al ginnasio dello stato.2) «La Favilla«, ricostituita nel 1850 da Francesco Hermet, dopo i tre ammonimenti di prammatica, doveva sospendere le pubblicazioni;3) avevano pure vita effimera «II Popolano deU'Istria» di Michele Fachinetti, «L'Almanacco istriano« di Jacopo Andrea Contento, «I1 Giornale di Gorizia« di Carlo Favetti, «L' Eco deli' Isonzo« che si pubblicava a Gradišča !) Se Antonio Madonizza dava espressione ai suoi sentimenti e alla sua esasperazione in una lettera al conte Prospero Anto-nini5), anche Tomaso Luciani scriveva in questi sensi aH' amico dottor Luigi Barsanli): «Io le sono debitore da lungo tempo di una risposta. Mi scusino in parte i tempi mutati, che non con-sentono nessuna buona novella, che gettano lo sconforto nell'a-nima, che fan cadere la penna di mano e morir la voce sul labbro. Pero non čreda ch'io sia divenuto altr'uomo di quel ch'io era! Mutino pure i tempi le mille volte, io rimango fermo nei miei principi e non potro mai dire che vi sia luce dove sono tenebre fitte.« Erano forti, nobilissime parole che rivelavano un carattere, un uomo. Proseguendo aggiungeva: «In Albona non si vive come anni fa, ma pure si vive«; dal che si deduce che gli animi erano sempre fiduciosi e non disperavano. J) II Diritto d' Italia, N. 248. 2) G. Quarantotto: Pietro Kandler, Trieste, G. Caprin, 1921, p. 17. 3) II quarantesimo anniversario della morte di F. Hermet, «11 Piccolo®, 16 febbraio 1923. 4) A. Tamaro, o. c., pp. 773-774; V. Monti, Antonio Covaz, Parenzo, Coana, 1913, pp. 6-7. 5) II Diritto d'Italia, N. 256. °) Lettera dd. Albona, 20 febbraio 1852. Per evitare la malinconia, ricorda poi che si dedicava alla campagna; risulta pero da molte altre fonti che egli attendeva sempre con fervore ad occupazioni intellettuali, nelle quali cercava distrazione e conforto. Nell'inverno del 1853 preparava la maggior parte delle • Tradizioni popolari albonesi*, pubblicate molto piu tardi, in parte nel «Pro Patria» e quindi complete in apposito opuscolo.') Si trattava di oltre 2400 proverbi italiani e latini, di locuzioni argute, di motteggi comuni alle altre regioni d' Italia, che rivelavano l'anima italiana del popolo albonese attraverso i secoli, contributo indiretto al nostro diritto nazionale. 2) Dal '53 al '60 mandava molte notizie sulla regione al Kandler per il suo «Conservatore>, la grande raccolta inedita, oggi depo-sitata alTarchivio provinciale deli'Istria. 3) Continuava poi con lena la raccolta, iniziata anni prima, di oggetti delTepoca preistorica e di cimeli storici d'ogni genere atti «ad attestare 1'antichita originaria del popolo albonese, lo svolgi-mento successivo della sua civilta». Lo studio non era per lui fine a se stesso, non era l'apprendimento di aride discipline, ma doveva servire a dimostrare 1'esistenza multisecolare della nostra stirpe in questo estremo lembo d' Italia, a comprovare la bonta della nostra causa. La preistoria incominciava ad attrarlo in modo speciale; assieme col giovane Antonio Scampicchio proseguiva le proprie esplorazioni, suscitando in lui I' amore per le memorie patrie e per le scienze naturali,- scienze quest'ultime che lo Scampicchio curo poi in modo speciale, si da divenire il vero creatore del museo geologico albonese. «Se non avessi trovato i fossili fra le anticaglie, non mi sarei dato certo a questo studio. Io ho in-cominciato ancora imberbe a lavorare con voi e sotto la vostra direzione», 4) scriveva piu tardi 1'avvocato Antonio Scampicchio a Tomaso Luciani. Guesti sosteneva, assecondato anche da Antonio Covaz di Pisino, contro le idee dominanti e contro il Kandler, il quale vedeva nei castellieri avanzi deli' eta romana, che questi rappresentassero abitazioni preistoriche. ') Tomaso Luciani, Tradizionipopolari albonesi, Capodistria, Tip. Cobol e Priora, 1892. 2) Quest'opera venne lodata con parole eloquenti da vari scienziati e spe-cialmente da Atto Vannucci (Genzardi, o. c., pp. 19-20). 3) Genzardi, o. c., p. 10. 4) Da copia di una lettera dell'avvocato Antonio Scampicchio a Tomaso Luciani conservata nella corrisponoenza Luciani-Amoroso. Nuove, vivissime speranze s' affacciarono nel '59, quando i sogni parvero per un momento divenire realta, l'arrivo della flotta franco-sarda nell'alto Adriatico, come gia quella deli'ammiraglio Albini nel '48, faceva fremere i. cuori'), ma 1' armistizio di Villa-franca portava la disillusione piii completa in tutti i Veneti. 11 Luciani durante quei fortunosi avvenimenti rimase ad Albona, e il municipio da lui diretto, non ostante i dispacci luogotenenziali e i decreti pretorili, contribuiva con una somma irrisoria al «Corpo dei volontari» 2) e lasciava esclusivamente all'iniziativa privata qualsiasi altra azione di soccorso "). Quando nel luglio si conobbero i dettagli dell'armistizio, i municipi istriani, anche questa volta per iniziativa del comune di Capodistria, si affrettavano a chiedere al governo 1'unione ammi-nistrativa deli'Istria col Veneto, sperando in tal modo di poter far parte deli'istituenda Confederazione italiana, alla quale doveva esser aggregato anche il Veneto, pur restando «sotto la corona di S. M. lmp. e Reale Apost.» 4). In tale occasione il Luciani, podesta d'Albona, aderiva con entusiasmo alla richiesta l'i. r. pretore di Pisino, Schwarz, proibiva pero poco dopo al dottor Cristoforo de Belli di Capodistria e ad Antonio Bartole di Pirano incaricati d' ottenere la firma di tutti i podesta deli' Istria, la continuazione deli' opera loro; ciononostante il memoriale, natural-mente con un numero di firme piu limitato, veniva spedito al governo Gli eventi precipitavano, la pace di Zurigo assegnava la Lombardia ai Savoia, gli stati deli' Emilia e la Toscana con una azione tenace ottenevano la loro annessione al regno di Vittorio Emanuele II, Garibaldi conquistava in brevissimo tempo coll' impresa gloriosa dei Mille il regno di Napoli; 1' unificazione d' Italia non si sarebbe certamente arrestata a questo punto, bisognava agire al piii presto: tale era 1'opinione dei patriotti migliori. 11 Luciani, il quale gia negli anni precedenti era stato nei centri maggiori d'Italia, pensava intanto di venire a contattp coi dirigenti dei paesi gia liberi; chiese quindi ed ottenne una licenza di sei mesi ') II Diritto d'lialia, N. 276. •) Protocollo della seduta della rappresentanza comunale del 19 giugno 1859. 3) Protocollo della seduta della rappresentanza comunale dd. 17 luglio 1859- 4) II Diritto d' Italia, N. 278, copia nelle carte Combi-Luciani; Tamaro, o. c., vol. I, p. 777. 5) II Diritto d Italia, N. 279 e 280, carte Combi-Luciani. dalla carica di podesta ') e si reco in parecchie citta del regno di Sardegna, venendo cosi a cognizione degli armeggii segreti dei vari circoli politici. Nello stesso anno 1859 Carlo Combi, che negli ultimi tempi nella sua «Porta Orientale«, dal titolo tanto significativo, aveva sostenuto con ogni possa i diritti della nazione sulla nostra terra, diveniva il capo del Comitato nazionale segreto di Trieste e deli' Istria che doveva tener viva la fiamma del patriottismo e formare il legame tra i patriotti dei nostri paesi e quelli delle terre ormai redente 2). L'entusiasmo si diffondeva in tutta la regione, i popolani deli'Istria contribuivano ali'acquisto del milione di fucili desiderato da Garibaldi3), marinai deli'Istria e della Dalmazia, coll'appoggio del Cavour stesso '), si arruolavano nella regia marina, altri accorrevano nelle file dei garibaldini, le donne del Friuli e deli'Istria donavano le bandiere ai reggimenti 37 e 38,5) si raccoglievano denari per la spedizione di Sicilia'). Nessun particolare sappiamo del viaggio del Luciani; la delicatezza deli'argomento, la modestia delI'uomo ci spiegano il silenzio. Ritornato ad Albona, rimase, come risulta dagli atti e dai verbali delle sedute, quasi sempre lontano dal Comune. Difatti egli aveva deciso, secondo ogni probabilita d'accordo col Combi, col «Comitato politico veneto di rappresentanza in Milano« e col »Comitato centrale di Torino«, d'abbandonare la sua piccola Albona, campo troppo ristretto, specialmente in tempi ritenuti decisivi, per la sua attivita che nel regno di Vittorio Emanuele II poteva esplicarsi piu feconda e libera dagli inciampi frapposti dal governo austriaco, sempre sospettoso e diffidente. Prima della partenza egli consegnava tutte le sue raccolte, frutto di tanti anni di lavoro assiduo e intelligente, al coliaboratore e compagno di fede avvocato Antonio Scampicchio, che le ospito ') Decreto deli' autorita circolare dd. Pisino 29 settembre 1859, N. 1598, comunicato a Tomaso Luciani il 1° ottobre dali' i. r. pretura di Albona (firmato Medeotti) e conservato negli atti dell archivio comunale. 2) G. (Juarantotto: Carlo Combi, discorso commemorativo; Capodistria, Priora, 1919; pag. 18. 3) II Diritto d• Italia, N. 283. *) lb., N. 284. s) lb., N. 285. 6) lb., N. 290. Confronta per il movimento del '59 anche Lupo della Montagna, II Trentino, La Venezia Giulia e la Dalmazia nel Risorgimento, italiano, Milano, Časa Editrice »Risorgimento«, 1914, Capp. IX e X. in časa sua. Nel gennaio del '61 '), presi accordi cogli amici piu fidati, in tutta segretezza lasciava la sua terra coll' unico supremo scopo di contribuire con tutte le forze alla sua redenzione. Prima di lasciare 1' Istria si reco da Carlo Combi per abboccarsi ancora una volta coll' amico che, in virtu della sua posizione ed autorita, era l'anima del nostro movimento nazionale, e per pre-cisare con lui 1'azione e combinare i minuti particolari sul da farsi. Tomaso Luciani nell'Italia libera e Carlo Combi nell'Istria dovevano preparare di comune accordo il giorno tanto auspicato. 2. A Milano e a Firenze Tomaso Luciani si štabih a Milano. Incominciava cosi il periodo piu importante e piu attivo della sua vita, 1'epoca, nella quale egli con raro disinteresse, consumando il patrimonio avito, si dedico tutto alla Patria, alla piu assidua, tenace propaganda perche essa raggiungesse dopo tanti secoli i suoi confini naturali e la sua Istria e la sua Albona, che stavano in cima ad ogni suo pensiero, fossero ricongiunte alla Grande Madre '). Gia ben noto agli emigrati veneti per i suoi purissimi sentimenti patriottici e per le sue doti intelleltuali, fp chiamato subito a far parte con Antonio Coiz e con Pacifico Valussi del »Comitato politico veneto di rappresentanza in Milano* (piu tardi chiamato «Comitato deli' emigrazione italiana*) e del »Comitato politico veneto centrale« a Torino ,!). Nel febbraio del '61 si portava a Torino per partecipare alle discussioni intorno allo statuto deli'emigrazione veneta, nelle quali, con suo sommo piacere, 4) Per quanto riguarda la sua carica di podesta, risulta dai verbali che egli era semplicemente assente dalla seduta della rappresentanza comunale dd. 27 gennaio 1861, mentre il nuovo podesta Vincenzo Depaagher e rammentato la prima volta appena nella seduta del 10 maržo 1861 ; non e quindi esatta la solita indicazione che egli si sia dimesso gia alla fine del '60. 2) Alla trattazione di questo argomento io non potro portare alcun con-tributo, essendomi mancati completamente i ricchissimi materiali, gia in mano del conte Eugenio Rota, 1' ottimo patriotta ed amico di Tomaso Luciani, morto piu che sessantenne quale volontario nella quarta guerra d' indipendenza, colui, che gelosamente custodiva tutte le carte Combi-Luciani ; particolarmente utile mi sarebbe stato il carteggio col «Comitato politico veneto centrale« e quelIo con Alberto Cavalletto, membro del Comitato stesso che nei suoi scritti rag-guagliava il Luciani di quanto il Comitato gli comunicava in via ufficiale. 3) Genzardi, o. c. p. 16; II Diritto d'Italia, N. 286. si accettava 1'idea che sotto questo nome si comprendessero anche i paesi posti oltre il confine della Venezia amministrativa, cioe quella Regione che poco dopo fu denominata Venezia Giulia1), Due mesi piu tardi, pure a Torino, quando gli sforzi degli ultimi anni erano stati ormai coronati dalla proclamazione del Regno d' Italia, si incontrava con Giuseppe Garibaldi e gli met-teva a cuore la causa deli'Istria, ricevendo la graditissima risposta: «Mandate, Luciani, il mio saluto ai vostri concittadini e dite loro, perdio, che verremo a liberarli» 2). 11 nostro emigrato ebbe subito campo di rappresentare una parte importantissima in una questione molto delicata, in un av-venimento che gli Istriani anche di recente hanno ricordato con vivissima gioia, frammista ad una certa nobile ambizione, la celebre dieta del «Nessuno» 3). Creata nell'Austria una parvenza di stato costituzionale col diploma di ottobre del 1860 e colla patente di febbraio del 1861, anche 1'Istria aveva da eleggere i suoi deputati alla prima dieta provinciale, dalla quale poi dovevano esser scelti i due deputati al Consiglio delTimpero. Come nel Veneto, cosi anche nell'Istria gli animi dei patriotti erano divisi sul da farsi; mentre gli uni, i piu radicali, fiduciosi in una annessione prossima delle nostre terre ali' Italia ritenevano che, in segno di protesta, si dovesse astenersi completamente anche dalle elezioni dietaii, gli altri, piu moderati e piu prudenti, temendo che 1' Istria in tale caso fosse rappresentata, con suo grave danno, anche alla dieta da elementi austriacanti e allogeni, propendevano per una partecipazione alle elezioni dietaii con eventuale rifiuto di mandare rappresentanti a Vienna. Su tale argomento essi chiesero in uno scritto anonimo, che sembra senz'altro esser stato compilato da Carlo Combi, il parere del «Comitato centrale veneto d'emigrazione», del quale, come, gia accennammo, faceva gia parte il Luciani. Questi difatti rispondeva a nome del Comitato stesso consigliando, per ragioni pratiche, di partecipare pure alle elezioni dietaii, «ma con serieta, con calma solenne, come ad un funerale e di portare «uomini... di senno forte, di cuore caldo... uomini energici che abbiano fede nel futuro non lontano, nelle sorti sicure di Italia nostra che (si persuadano) vuole le Alpi, tutte le Alpi per suo confine, uomini ') II Diritto d'Italia, N. 286, nota 1. 2) Genzardi, o. c. p. 60. 3) II Diritto d'Italia, N.ri 310, 311, 312, 316, 321, 328. che abbiano il coraggio civile voluto dai tempi» *). Continuando diceva: «La dieta provinciale... non stenda la mano a chi pute gia di cadavere e potrebbe ammorbarla»; e piu oltre, parlando dei due deputati da eleggersi per il Consiglio delI'impero, ag-giungeva: «o non nominate assolutamente, o in caso estremo nominate chi non voglia, non possa accettare.» La maggioranza della Dieta eletta con questi nobili intendi-menti si rifiutava due volte, il 10 e il 16 aprile 1861, d'inviare rappresentanti a Vienna: 20 dei 30 deputati deponevano nell' urna la scheda colla scritta »nessuno« e la Dieta dichiarava di non voler presentare ali'imperatore un indirizzo d' omaggio e di grati-tudine. L'azione energica dei deputati suscitava 1'entusiasmo generale, la rappresentanza comunale di Albona, patria del Luciani "), dichiarava di approvare incondizionatamente 1' operato della Dieta di Parenzo e pubblicava analoga dichiarazione nella »Gazzetta di Fiume» 3). Sciolta la Dieta, i! luogotenente barone de Burger indiceva le nuove elezioni, da parte del governo si iniziava una vivacissima propaganda contro i «dottori della Dieta... che lasciarono la povera Istria senza nessun protettore nel Consiglio deli' impero«'') e i patriotti istriani, seguendo 1'esempio del Veneto, decidevano questa volta l'astensione assoluta. In proposito anzi 1'avvocato Antonio Scampicchio, assieme con Antonio Madonizza e con Nazario Stradi uno dei piu attivi e fieri membri della Dieta, rispondeva da Albona ad analoga lettera del Luciani, sempre 1'animatore deli'opposizione contro il governo: «si fara il possibile per imitare gli esempi da voi citati (del Veneto) anche a rischio di essere imprigionati«') Difatti dappertutto nel settembre 1861 si presentavano pochissimi elettori alle urne e neppur uno ad Albona, a Pola, a Cittanova e ad Umago"). Nel novembre i comizi elettorali, di nuovo convocati, furono frequentati ancora piu scarsamente. ') II Diritto A'Italia, N. 311 (Carte Combi-Luciani). 2) Protocollo della seduta della rappresentanza comunale dd. 28 aprile 1861. 3) «La Gazzetta di Fiurne«, 4 maggio 1861, N. 113. 4) II Diritto d1 Italia, N. 321 (Carte Luciani). 5) Lettera dd. Albona 11 agosto 1861 (Carte Combi-Luciani), II Diritto d'Italia, N. 328, Nota 1. 6) Tamaro, o. c., vol. I, p. 785; per Albona vedasi anche il decreto del pretore Sedmack, dd. 10 agosto 1861, conservato negli atti dell archivio comunale. II Luciani poteva esser soddisfatto del successo ottenuto e proseguire con lena 1'opera sua di propaganda intesa, doloroso a dirsi, a far conoscere una terra italiana, 1'Istria, al resto d'Italia. Purtroppo sino ad oggi le nostre terre furono in gran parte ignorate o mal conosciute dai popolo e dali'Italia ufficiale; e molti dei passi falsi compiuti nel passato iontano e vicino sono dovuti a questa tristissima circostanza. Diffondere nella stampa politica e scienlifica chiare e precise notizie intorno ai paesi posti ai confini orientali, specialmente intorno ali'Istria, far sorgere nella nazione la coscenza del bisogno assoluto della loro iiberazione, convincere di questa necessita anche i circoli dirigenti, diplomatici e ministri, ecco il nobile, ma arduo compito assuntosi dal nostro concittadino. Per sei anni egli continuo senza tregua a scrivere nelle «Cronache Istriane», un notiziario politico sorto per suo merito in vari giornali, come «11 Diritto« e L'« Opinione« di Torino, «L'AlIeanza» e «La Perseveranza» di Milano, «La Nazione« di Firenze,') a pubblicare sugli stessi le «Notizie storiche, topografiche e statistiche delle citta e borgate principali deli'Istria*, a dare in luce opuscoli divulgativi sull'Istria e sui confini orientali "), a raccogliere e a divulgare notizie inviategli dagli amici deli' Istria, ma in ispecie dalTavvocato Antonio Scampicchio e da Carlo Combi, il quale allo stesso scopo dava fuori in quel tempo studi seri e profondi:!), tra cui merita soprattutto menzione quel meraviglioso »Saggio di bibliografia istriana« ') che e il compagno inseparabile di quanti si occupano di storia locale. Contemporaneamente il 4) Genzardi, o. c. p. 17, Nota 8. z) L' Istria, nell'»Aurora» di Rovigno, A. II, 1862, Tip. Coana, ristampata, nel 1866 con dediča al comm. C. A. Levi, Venezia, Tip. C. Ferrari; Qitarnaro Albona, Istria, «L'Alleanza«, 1864, ridato alle stampe nel 1879 col titolo •Albona«, Studi storico-etnografici« e dedicato all'odierno direttore del «Giornale di Udine«, 1'albonese comm. dott. Isidoro Furlani nell'occasione della sua laurea; L'Islria, in «La Nazione«, Firenze, 1866, anche separato col titolo L' Istria, Schizzo storico-etnografico di T. Luciani, Firenze, Barbera, 1866, ripubblicala con varie modificazioni e colla collaborazione del prof. Amato Amati nel Dizionario corografico dell' Italia deli' Amati stesso e come estratto dal titolo «L'Istria sotto 1'aspetto fisico, etnografico, amministrativo, storico-biografico«, Studi di Amato Amati e di Tomaso Luciani, Milano, Tip. F. Vallardi, 1867. 3) Etnografia del?Istria, »Rivista contemporanea« di Torino, 1860-1861 ; La Frontiera orientale d' Italia e la sua importanza, «11 Politecnico«, Milano 1862. 4 J Capodistria, Tondelli, 1864. Luciani pubblicava negli anni 1864-1873 nel citato grande «Dizionario corografico deli' Italia» una serie di articoli densi di notizie sulle varie localita deli'Istria f). Forniva pure dati in gran numero agli eruditi che s'occupavano delle terre orientali d' Italia e pubblicavano opere su tale argomento, specialmente al gia ricordato prof. Amato Amati 2) e piu ancora al prof. avvocato Sigismondo Bonfiglio, 1'autore della famosa opera «Italia e Confederazione germanica«3). I particolari che quest'ultima da deli' Istria e in ispecie delTagro albonese, al quale dediča un lungo, esaurientissimo articolo, sono dovuti appunto ad «un dotto amico, che non fu secondo a nessuno nel paziente amore allo studio della orografia istriana e albonese, il signor Tomaso Luciani« s). Ma il suo lavoro principale di quest'epoca, quello politico, sfugge in gran parte perche per ragioni di prudenza, del resto comprensibili, ed anche per la gia mentovata modestia del Luciani, non tutto si comunicd alla pubblicita. Devoto a Časa Savoia, vedeva nel legame indissolubile tra Monarchia e Popolo 1'unica speranza per il raggiungimento delTUnita della Patria; fece causa comune coi moderati contro il partito d'azione. Animo calmo e sereno, stimo gli avversari che avevano uomini d' immenso valore, sferzo spesse volte con termini vivaci 1' inerzia del suo partito, riprese quanti negavano agli avversari liberta d' opinione 4). Sempre in armonia con le direttive del go-verno, egli attende con la tenacia e con la costanza delle grandi anime a quello che considera il compito della sua vita. La sua attivita, come risulta dal voluminosissimo carteggio lasciatoci, del quale si discorre in altra parte di questa pubblicazione, e assorbita particolarmente dal "Comitato deli' emigrazione italiana« di Milano e dal »Comitato Veneto centrale«. Egli e 1'amico e il consigliere ') Vedasi per la bibliografia corrispondente Genzardi, o. c., pp. 44-46. 2) Confirti e denominazioni della regione orientale deli'Alla Italia; proposte del prof. Amato Amati, Milano, Tip. Bernardom', 1866. 31 S. Bonfiglio, Condizioni passate e presenti...; Italia e Confederazione Germanica, Studi documentati di Diritto diplomatico, storico e nazionale intorno alle pretensioni germaniche sul versante meridionale delle Alpi del prof. avv- Sigismondo Bonfiglio, 1865, Torino, Paravia; I Termini d'Italia dal Monte Nevoso al Quarnaro e la loro politica importanza per /' avv. prof. Sigismondo Bonfiglio, Firenze, Tip militare, 1866. 4) S. Bonfiglio. I Termini d Italia, p. 20. 5) Genzardi, o. c., pp. 18-19. degli emigrati, fa parte di tutti gli altri comitati che sono il vincolo di unione tra il governo e le correnti patriottiche; prepara memoriali, raccoglie dati storici, tabelle statistiche, notizie topo-grafiche e militari, carte geografiche e piani di fortezze, per inviare poi tutto cio al governo e alle autorita competenti; e in comunicazione continua cogli amici degli'Istria e colle maggiori personalita politiche e militari del Regno. Esponente del partito fedele alle istituzioni, egli fece parte della deputazione che il 4 gennaio 1863, a nome delle donne venete, trentine e istriane, consegno a Vittorio Emanuele II un album nell'occasione del matrimonio della di lui figlia Maria Pia con Luigi del Portogallo;') diciannove anni dopo egli ricordava con commozione quel giorno, nel quale il Re Galantuomo «parlando di essa (della commissione) e dei paesi stessi adopero tali modi e tale linguaggio da far conoscere che il suo cuore era tutt'altro che sordo alle parole degli indirizzi della commissione e delle donne, e nell' occhio... del soldato luccicava gia una lagrima, la lagrima del cittadino e del padre« 2). Quest'ultimo avvenimento, aggiunto ad altri fatti, aveva ispirato nuova fede e infuso nuove speranze al Luciani ed egli difatti scriveva alcuni mesi dopo alTamico Giovanni Martinuzzi*) che poco tempo prima era stato a visitarlo assieme con altri patriotti albonesi: «Si van maturando... gli avvenimenti che tutti ardentemente desiderano e che necessariamente si compiranno, necessariamente, dico, perche voluti dalla logica inesorabile dei fatti che gia si compirono«; e alla fine dello stesso anno si dimo-strava ancora piu fiducioso in un' altra lettera scritta allo stesso Martinuzzi: «Una voce del cuore, colla quale armonizza la voce della ragione, mi fa sperare che 1'anno '64 sara anno lieto per molti»4). Gli uomini migliori deli' Istria, ai quali il Luciani dava continui consigli e avvertimenti propri, oppure provenienti dal "Comitato Veneto centrale", proseguivano la propaganda; la Re-gione Giulia partecipava alla sottoscrizione nazionale contro il ') /l Diritto d'Italia, N. 338; Genzardi, o. c. p. 20. ') II Diritto d' Italia, N. 338, nota 1 ; T. Luciani, Una udienza di Re Vittorio, in «1X gennaio», pubblicazione commemorativa per cura del "Circolo universitario Vittorio Emannele 11», Bologna, 1882, pp. 145-147. 3) Lettera dd. 24 giugno 1863. 4) Lettera dd. 28 dicembre 1863. brigantaggio1), e nel 1865, nell'occasione del secentenario Dantesco, 1' Istria dimostrava a chiare note quali fossero i suoi veri sentimenti, le varie citta mandavano telegrammi a Firenze, cosi ad esempio Pisino, che, con grande dispetto delle autorita, inviava un saluto «alla gran patria italiana« "), e tutti celebravano con entusiasmo la ricorrenza solenne.3) Nell'Istria veniva sciolto a quell'epoca un numero maggiore di comuni che in tutta la Venezia propria '). I nostri comprovin-ciali per mezzo del Luciani, nel 1865, donavano alla biblioteca nazionale di Brera un grande rilievo deli'Istria in gesso, perche i visitatori avessero sempre presente 1'appartenenza della regione aH' Italia fisica. La propaganda del Luciani si estendeva anche ali' estero. Soprattutto a Parigi, che durante il secondo impero era il centro della politica europea, bisognava far penetrare anche in quei circoli 1'idea deli'italianita delle nostre province, della necessita della loro unione aH'Italia. In seguito a continue insistenze del-1'amico Luciani, il triestino Costantino Ressman, addetto alla Legazione d'Italia in Francia, s'adoperava e otteneva che nei primi giornali di Parigi si pubblicassero degli articoli illustranti 1' Istria e i suoi diritti. Nel 1865, 1'anno del passaggio della capitale da Torino a Firenze, il nostro concittadino si trasferiva pure nella magnifica citta toscana per essere piii vicino al governo e stimolarne 1'attivita a favore della nostra causa e nulla lasciare intentato a che esso accogliesse nel momento decisivo 1'annessione deli'Istria nel suo programma. Le cose andavano maturando, la coscienza della legittimita dei nostri postulati andava sempre piii diffondendosi e i nostri diritti erano rivendicati in opere di notevole valore, come quelle gia ricordate del Bonfiglio '') e di Amato Amati7), opere alle quali, ') 11 Diritto d' Italia, N. 339. !) Trieste-Trento (Almanacco 1888), p. 35; II Diritto d'Italia, N. 349. 3) Ad Albona apposita iscrizione, che trovasi nel Teatro comunale, ricorda il fausto avvenimento. 4) Tamaro, o. c., vol. I. p. 792. 5) Amato Amati, Confini e denominazioni..., p. 14. °) Condizioni passate e presenti..., 1864; Italia e Confederazione ger-manica... 1865; / Termini d'Italia.. , 1866. 7) Confini e denominazioni... 1866. oltre al Luciani, collaboravano anche Carlo Combi, Raffaello Abro, Costantino Ressman, Raffaele Costantini, Eugenio Solferini ed Eugenio Popovich'); importantissimo era pure «11 Friuli orientale« di Prospero Antonini.2) 11 lavoro del Luciani diveniva sempre piu intenso a mano a mano che s'avvicinava la terza guerra d'indipendenza. Ali'opera sua presso il governo s'aggiungeva quella giornalistica; cosipub-blicava nella «Nazione», giornale politico di Firenze, una serie di articoli sulle nostre terre. Ctuando, nel gennaio 1866, il conte Prospero Antonini riceveva la notizia che Vittorio Emanuele li s'interessava del suo libro sui confini orientali d'Italia, Tomaso Luciani ne scriveva ad Antonio Coiz dimostrando tutto la sua gioia per un fatto che gli sembrava molto significativo in un momento in cui si lavorava da varie parti per evitare la guerra.3) 1! Combi era pure persuaso che gli avvenimenti precipitassero e, per ricordare ancora una volta agli Italiani 1'importanza della frontiera orientale, pubblicava nella «Rivista contemporanea« di Torino un suo studio intitolato «Importanza deli'Alpe Giulia, e deli'Istria per la difesa deli'Italia orientale«. Poco dopo, pošto dal governo austriaco nelTalternativa o d' esser rinchiuso nella fortezza di Temesvar o di lasciare 1' Istria, il Combi andava a raggiungere gli altri patriotti e soprattutto 1' amico Luciani. Si formava intanto il Comitato d'azione Triestino-Istriano, del quale fecero parte tutti gli uomini migliori tra gli emigrati: Tomaso Luciani, Carlo Combi, Raffaele Costantini, Giorgio Baseggio, G. B. Picciola, Giovanni Riosa, Antonio Coiz, Giovanni Cattaro, Demetrio Livaditi, Oscar Hierschel de Minerbi, Leone M. Minerbi, Federico Comelli. ') II Luciani, scoppiata la guerra tanto sognata, dalla quale egli attendeva la realizzazione di tutti i suoi desideri, nella spe-ranza di poter dare notizie sulle coste, sui luoghi e le fortificazioni, fece di tutto per essere imbarcato su una nave da guerra, ma egli cozzo contro 1' opposizione irreducibile del]'ammiraglioPersano5); si dovette quindi accontentare d'un lavoro intenso in un altro ') II Diritlo d'Italia, N. 348, nota 1. 2) U Friuli orientale, Studi di Prospero Antonini, Milano, Francesco Vallardi, 1865. 3) II Diritto d'Italia, N. 354. 4) Tamaro, o. c., vol. I, p. 802. 5) Genzardi, o. c. pp. 21-22. campo : agire con energia presso i ministri e i diplomatici spro-nandoli continuamente alTazione. Merita particolarmente d'esser menzionata 1'attivita svolta dal nostro concittadino in quei giorni famosi nel compilare i me-moriali presentati a Re Vittorio Emanuele II e ai principali uomini politici a nome del Comitato Triestino-lstriano, memoriali che egli anche nei suoi tardi anni ricordava sempre con un senso di nobile ambizione d'aver scritto da solo. Mentre i principali sono stati pubblicati '), cioe quelli al generale Lamarmora (4 giugno^ con una lettera accompagnatoria pure del Luciani, a Vittorio Emanuele 11 (18 giugno e 9 Iuglio), al presidente del Consiglio Bettino Kicasoli (11 Iuglio e 10 agosto), al ministro Agostino Depretis (13 Juglio), al ministro degli Esteri Visconti-Venosta (14 Iuglio), altri meno importanti, sebbene presentati 2), non ebbero mai 1'onore d una pubblicazione, ed altri ancora (tre di numero) non furono mai ne presentati, ne pubblicati. j Da tutti erompe un profondo amor di patria. Mentre dai primi traspare 1'entusiasmo piu vivo, negli altri, compilati dopo Custoza, c' e 1'ansia, ma anche 1'eccitamento a non cedere sino alTultimo, e, quando il destino fatale e ormai piombato sull' italia e Carlo Combi nel magnifico «Appello degli lstriani ali'Italia« ') con immenso dolore, ma altresi con infinito patriottismo dichiara che gli lstriani sono pronti a «sottoscrivere a qualunque... con-danna di schiavitii, se questo richiede il bene deli'intera nazione«, Tomaso Luciani nel secondo memoriale rivolto a Bettino Ricasoli dimostra una calma degna delle anime forti, un profondo spirito realistico, una chiara visione degli interessi economici e chiede che ad evitare la rovina degli italiani rimasti sotto il giogo stra-niero, separati dal resto del Veneto, sieno concesse facilitazioni doganali, sieno riconosciuti gli studi fatti in Italia, si conceda un'amnistia. 4) Atti del Comitato Triestino-lstriano, «L'AUeanza» di Milano, Nri. 8 e 9, agosto 1866: anche in opuscolo separato: Atti del Comitato Triestino-lstriano, giugno e Iuglio 1866, Milano, Tip. lnternazionale, e poco dopo in «La Provincia deli'Istria« e «La Citta di Trieste«; Atti dei mesi di giugno, iuglio, agosto 1866, Firenze, Tip. Barbera, agosto 1866. Vedasi in proposito anche Genzardi, o. c. pagine 54-56. 2) Al Comm. Celestino Bianchi, al ministro delle finanze, a quello dei Iavori publici, al marchese Pepoli. (Genzardi, p. 55). 3) Genzardi, o. c., p. 55. •>) «La Provincia« ecc., N. 7. In quelle memorabili giornate dopo Custoza, ma prima di Lissa, quando Cialdini aveva ripreso I'offensiva, Garibaldi e la divisione Medici muovevano su Trento e Raffaele Cadorna su Trieste, Pier Paolo Boggio, destinato a commissario per Trieste e provincia, Arrigo Hortis e Carlo Combi destinati a vice-com-missari, l'uno per Trieste, 1'altro per 1'Istria, si preparavano a prenderne possesso in breve tempo '), il nostro Luciani andava al quartiere generale con una missione di fiducia del ministero della guerra 2). Ma Lissa e gli armistizi di Nikolsburg e di Cormons toglie-vano in breve ogni speranza anche ai piu animosi. L' Italia sarebbe giunta al Brennero e alle Giulie appena cinquant'anni dopo, come Cavour morente aveva previsto 3). Gli sforzi, 1'opera assidua di tanti anni erano riusciti vani, bisognava ricominciare da capo e aver fede in un avvenire migliore. 3. A Venezia Ognuno puo figurarsi quale fosse in quei giorni di tristezza lo stato d'animo del Luciani e del Combi, dei due uomini, che piu di tutti gli altri s'erano sacrificati con infinito altruismo per la causa nazionale. La sciagura li aveva quasi annientati. Tomaso Luciani, di solito tanto sollecito nel rispondere, che per lui Io scrivere era «confabulare famigliarmente®'). que' momenti si chiuse in un silenzio profondo e tacque per un certo tempo. Ma lentamente si riebbe dalTabbattimento che gli aveva impedito di corrispondere cogli amici e incomincio ad adattarsi alla dura realta. Difatti ad una lettera di Amato Amati rispondeva il 23 agosto 1866: «Non ho perduto le speranze che čredo realizzabili in un futuro non lontano; ma sono sbalordito dalla inettitudine, o peggio, dei nostri capi militari e politici...; abbiamo perduto, in meno di due mesi, quello che avevamo acquistato in sette anni. E il peg-gior danno e che, in generale, la Nazione non comprende la umi-liazione, e črede che con la Venezia si abbia tutto;... io... non ') Tamaro, o. c., p. 798. 5) Genzardi, o. c., p. 22. 3) 11 Diritto d'Italia, N. 322. 4) Lettera a Giuseppina Martinuzzi, dd. Venezia 30 gingno 1890. mi ritrarro dali'opera modesta, ma perseverante da molti anni intrapresa, e per poter lavorare con miglior frutto mi portero a Venezia, appena sara consegnata.» ) Le stesse idee, piene di un nobile sdegno, manifestava il Combi in uno scritto rivolto «Ai Connazionali«.2) Gia nel novembre del '66 il Luciani, dopo aver intrapreso alcuni viaggi nel resto deli' Italia settentrionale, si stabiliva, come il Combi, a Venezia. La citta della laguna dalle grandi memorie, dalla quiete sublime, la citta cosi cara a tutti i Veneti, Io aveva attratto ; egli si sarebbe potuto dedicare cola ai suoi studi predi-letti, alla storia deli' Istria, alla rivendicazione dei suoi sacrosanti diritti. Se il periodo albonese della sua vita era stato quello preparatorio e il milanese-fiorentino quello delTazione politica, il suo soggiorno veneziano sara 1' epoca degli studi piu intensi. Per il momento la sua attivita si riallaccio in parte a quella pas-sata: quando furono indette le elezioni politiche nel Veneto, si penso da piu parti di porre le candidature dei due campioni deli'irredentismo, Luciani e Combi,3) rappresentanti naturali delle terre soggette allo straniero nel parlamento nazionale, ma per ragioni non ancora chiarite fu abbandonato tale nobile divi-samento. Poco dopo assieme col Combi, il compagno, la cui strettis-sima amicizia soltanto la morte doveva troncare, fece parte per incarico del governo di una commissione creata per soccorrere gli emigrati, commissione che pero, dato il servilismo del mini-stero di fronte all'Austria, fu ben presto sciolta per non aver noia alcuna.') Nello stesso tempo, conforme al suo spirito di patriotta e di storico, s'interessava a che nella consegna dei documenti veneti che il governo austriaco in base al trattato di pace doveva fare al conte Cibrario, non mancassero anche quelli che riguar-davano la storia deli' Istria.a) Egli continuava pure ad essere in corrispondenza cogli uomini migliori, come rilevasi da una lettera di Giuseppe Garibaldi, ') Genzardi, o. c., pp. 93-94. 2) Firenze, 14 agosto 1866, «La Provincia«, Atti dei mesi di giugno, p. 49. 3) Genzardi, o. c., p. 24. 4) Genzardi, ib., pp. 54-25; 11 Diritto d'Italia, N. 427. 5) II Diritto d'Italia, N. 271, Lettera di Tomaso Luciani ad un amico (carte Combi-Luciani). in cui quest'ultimo gli diceva : «Mio caro Luciani, si, io sono un vero amico deli' Istria, ed il piu fervido dei miei desideri e di poter servire la causa di quella terra italiana.« ') L'Istria ed Albona erano rimaste sempre a capo d'ogni desi-derio del profugo Luciani: nel 1863 egli2) scriveva a Giovanni Martinuzzi: «Stando a Milano il mio cuore e in gran parte in Albona, e vivo, quasi direi, in Albona.« £ quindi naturale che egli pensasse di rivedere i suoi paesi e cercasse in tutti i modi d'ottenere dal governo austriaco un permesso di soggiorno nel-I' Istria. !) Difatti, col mezzo del ministero degli esteri, egli rag-giungeva il suo intento. Ognuno di noi puo figurarsi il suo ritorno nella terra natia, la sua gioia di riabbracciare i vecchi amici, il suo dolore di non vedere Albona italiana, quale egli 1'aveva sognata in tanti anni di lavoro incessante. Con interruzioni egli rimase nell'Istria dalla fine del 1867 agli ultimi mesi del '70. £ questa un'epoca di lavoro attivissimo, nella quale egli continua 1'opera di esplorazione della provincia iniziata parecchi anni prima; assieme coll'avv. Scam-picchio visita 1'agro albonese in ogni sua parte, percorre la Libur-nia, va al vallo a studiare i gloriosi ruderi di Roma 4), alla palude Lugea, al Nevoso, al Timavo soprano, al Monte Re, ') viaggia per tutta 1'Istria, soffermandosi specialmente a Dignano, a Pola, a Rovigno, a Pisino e si spinge sino ad Aquileia. Su queste sue peregrinazioni, intraprese possibilmente in compagnia di qualche giovane che cerca di preparare alla serieta degli studi, gettano vivissima luce le lettere a Carlo De Franceschi: Le indagini archeologiche ed epigrafiche, gli studi sui castellieri, 15) lo spoglio degli archivi, le infinite citazioni bibliografiche, la geologia del nostro paese passano continuamente dinanzi ai nostri occhi, sopra tutto 1'archeologo e il cultore di preistoria ci si affacciano. *) Genzardi, o. c., p. 61 ; II Diritto d'Italia, N. 422. 2) Lettera dd. Milano, 28 dicembre 1863. 3) In virtii del R. Decreto 6 aprile 1862 era divenuto cittadino italiano (Genzardi. o. c., p. 16, nota 7). — Per evitare la confisca dei beni familiari ad Albona, partendo nel '61, aveva fatto una donazione fittizia alTamico Giovanni Scampicchio, fratello dell avv. Antonio. 4) Lettera al dott. Andrea Amoroso, dd. Albona 14 agosto 1869. 5) Lettera a Carlo De Franceschi, dd. Albona 30 luglio 1869. c>) Vedi anche la lettera all'avv. Scampicchio, dd. Venezia 1 dicembre 1873, in cui enumera tutti i castellieri albonesi. Quanto grande fosse allora la sua attivita appare da una lettera al succitato storico deli'Istria1): «Dacche ci siamo lasciati 1'ultima volta, non ho fatto che girare per valli e per campi, salire a castellieri, frugare fra macerie, interrogare, ascoltare, raccogliere, spiegare, raccomandare, spronare e pregare. Ho fatto di molti passi e ho sparso di molto fiato». E in un'altra lettera2) scri-veva allo stesso amico parlando di un viaggio a Veglia: «....Ho avvicinato Cubich, Impastari, Adelmann, 1'avvocato, il farmacista, il barbiere, il cassiere, il bottegaio e il cercatesori«. Era in rap-porti continui con Antonio Covaz, coll'Amoroso e con altri studiosi; tutto questo lavoro, come del resto ogni atto della sua vita, era esclusivamente guidato dall'«amor patriae« 3), dalTidea d'il!ustrare il passato per preparare un avvenire migliore. «Io piu m'inoltro nello studio del nostro passato, piu trovo la ragione del presente e piu mi persuado che la storia domestica deve somministrare argomenti vivi per affrettar 1' avvenire. L' Istria ha un passato, deve dunque avere un avvenire. Se non lo vorranno gli uomini, 10 imporra la natura, lo vuole la sua posizione, lo vogliono i suoi monti, il suo mare» 4). Innamorato della sua Albona, dava alle stampe un breve studio su Matteo Flacio5), nel quale con solidissimi argomenti comprovava che egli era nativo da Albona e non da Ragusa ") e che la madre sua era stata una Luciani. Dell' opera svolta in quel tempo dal Luciani come minera-logo fa fede la stima in cui fu tenuto da molti scienziati, come 11 Taramelli, che volle ricordato il suo nome dali' «Echinolampas Luciani«'). Animo aperto alle idealita dei nuovi tempi che andavano ormai diffondendosi in tutto il continente, si fece, colTavv. Antonio Scampicchio e con Giuseppe Dusman, promotore della «Societa Operaia di Mutuo Soccorso« che, sorta nel 1871, fu una delle prime deli' Istria e strinse, con grandissimo vantaggio per la ') Lettera dd. Pisino, 1 dicembre 1868. 2) Lettere dd. Albona, 6 giugno 1869. 3) Lettera a Giuseppina Martinuzzi dd. Venezia, 5 luglio 1886. 4) Lettera a Carlo De Franceschi, dd. Albona, 3 ottobre 1868. 5) Mattia Flacio, istriano di Albona, notizie e documenti, Pola, Tip. Seraschin, 1869. 6) Lettera del dott. Stulli ad Urbano Lampredi, Antologia, luglio 1826, N. 67, p. 138 e segg. 7) V. Monti, A. Covaz, p. 14. fusione delle.classi sociali e la concordia civile, in un fascio d' amore tutti i cittadini, poveri e ricchi. Prima di prendere dimora definitiva a Venezia, il Luciani decise di procedere alla ripartizione delle raccolte scientifiche messe assieme colla collaborazione dello Scampicchio. I due amici si accordarono ben presto : mentre lo Scampicchio conser-vava la raccolta di scienze naturali (minerali, pietrificati. con-chiglie, alghe), gli oggetti antichi (monete, medaglie, pietre incise, libri vecchi, mobili antichi) rimanevano al Luciani. Egli lasciava pero tutto in Albona, meno la raccolta mumismatica che piu tardi fu venduta a Parenzo. Si trattava di numerose medaglie venete1), d' un migliaio di monete romane familiari (la maggioranza d' ar-gento), delTimpero (in argento e bronzo), bizantine, di cui parecchie d' oro, denari veneto-imperiali, monete di quasi tutti i dogi, dei vescovi di Trieste, dei patriarchi di Aquileia, dei conti del Tirolo. Abbandonava quindi Albona alla fine del '70 per farvi ritorno ancora varie volte, sempre pero soltanto per breve tempo, finche nel 1879 il governo austriaco gli rendeva impossibile i' soggiorno nell' Istria avendo decretato di procedere a sensi del paragrafo 2 cap. 5 della legge 27 luglio 1871 contro Tomaso Luciani, Carlo Combi, Giorgio Baseggio e Giuseppe Fabris nel caso d' una loro comparsa nei territori della Cisleithania2). Gli avvenimenti politici del '78, le numerose diserzioni, 1' ospitalita concessa dal Luciani a parecchi tra coloro che avevano abban-donato 1' Austria per non andar a combattere nella Bosnia-Erzegovina, erano stati forse la causa occasionale deli' odioso provvedimento. Stabilitosi finalmente a Venezia cerco di trovar riposo aH' animo travagliato nella famiglia, e nel febbraio del '71 si sposava con Evelina Previtali. II matrimonio fu fortunatissimo ; il piu vivo accordo regno tra i due coniugi, dalla cui unione nacquero tre figli ancora viventi, Vittorio, Lucia e Luciano. La figlia ando sposa ad Enrico Genzardi, il biografo del Luciani tante volte menzionato nel corso di questo breve studio. Dopo soli sei anni ') Lettera di Tomaso Luciani dd. Venezia, 5 settembre 187!, a Oian Paolo Polesini, presidente della Societa agraria istriana, nell' occasinne del congresso della stessa ad Albona, pubblicata nell' Annuario della Soc. agr. istr., A. III, Trieste, 1873, Tip. Apollonio e Caprin ; Lettera di Tomaso Luciani ad Andrea Amoroso, dd. Venezia, 1 agosto 1885. 2) Genzardi, o. c. pp. 29-30. Tomaso Luciani rimase vedovo : serbo pero il migliore dei ricordi della sua consorte sino alla fine della vita1). L' avito patrimonio, un tempo abbastanza considerevole, era in gran parte consumato ; il Luciani lo aveva sacrificato per la patria. Le necessita della vita lo spinsero quindi a cercare un ufficio ed egli entro difatti nel maržo del '71 quale umile sotto-archivista al R. Archivio di stato di Venezia, chiamato general-mente dei Frari, il grande archivio che comprende piu di cento-venti archivi trasportativi da tutto il Veneto. Una miniera inesauribile gli si presentava dinanzi agli occhi, ma le pratiche burocratiche che occupavano molta parte della sua attivita mal s' adattavano al suo carattere di studioso ed egli gia pensava ad un' altra mansione che gli permettesse di dedicarsi completamente alla scienza. In ogni caso trovava il tempo per dedicarsi alla sua Istria e pubblicava nell' occasione del gia ricordato congresso della Societa agr. istr. ad Albona") una serie di documenti riferentisi alle condizioni demografiche e statistiche della provincia sotto Venezia3). Nella prefazione fa delle osservazioni acute sull' agri-coltura istriana, su nuove colture da introdursi, sul miglioramento della razza ovina e in un altro punto di questo studio ritorna ali' argomento preferito della necessita della storia patria : «Una provincia senza storia e senza statistica e da paragonarsi oggi ad un analfabeta, o piuttosto anzi ad un cieco che va tastoni fra i veggenti che accorrono a contrastarsi il pošto migliore ed il premio4). II suo malcontento pero continuava, come si apprende da una lettera al dott. Amoroso che dimostra anche tutto il suo animo disinteressato.') Egli scriveva infatti fra altro: «In verita che se potessi altrimenti garantirmi, per dieci anni, la meta deli' emolu-mento che percepisco attualmente rinunzierei al carattere pubblico, per darmi, come semplice privato, esclusivamente allo spoglio ') Vedasi a proposito 1'opuscolo <• Dali'ara alla tomba» (7 febbraio 1871 - 8 febbraio 1877), Venezia, Tip. Antonelli, 1877 (scritti coi quali gli amici gli inanifestavano la loro compartecipazione al suo dolore). 2) Fu tenuto nella sala maggiore del palazzo Lazzarini-Battiala il 10 set-tembre 1871. 3) Annuario della Soc. agr. istr., A. 111. 4) Ib., p. 185. 51 Lettera dd. Venezia 25 aprile 1872. degli atti istriani®. II suo desiderio fu appagato 1'anno seguente, quando, per interessamento dello stesso Amoroso, la Giunta provinciale deli'Istria, conscia deli' immenso valore morale degli studi storici, gli affidava, verso una retribuzione fissa, 1' incarico decennale, prolungato poi sino alla sua morte, di fare negli archivi veneti lo spoglio dei documenti necessari per la compilazione di una futura storia deli'Istria, che fu poi quella del De Franceschi. Dopo aver rinunciato al suo pošto ai Frari, egli inizio una attivita febbrile non solo alFArchivio di stato, ma anche alla Marciana, al Museo Correr, nelle biblioteche private di Venezia e negli archivi del resto del Veneto, come in quello di Bassano e in quello di Treviso, che egli consulto approfittando della vil-leggiatura estiva. Sfogliando gli atti dell'archivio provinciale di Parenzo, quelli della Societa istriana d' Archeologia e Storia patria, come pure il carteggio Luciani-Amoroso, si ha occasione di leggere i lunghi elenchi di documenti, di copie, di regesti inviati in vent'anni dal nostro conterraneo a Parenzo, materiali che videro in parte piii tardi la luce negli »Atti e Memorie« della societa summenzionata, alla quale accenneremo ancora una volta. E un lavoro enorme, sfibrante, continuo, che sfugge a chi non abbia pratica di simili studi, e che richiede grandissima -pazienza, costanza e notevole spirito di sacrificio. Come se ci6 non fosse bastato, il Luciani di proprio impulso cercava libri, carte geografiche e qualsiasi altra cosa che potesse servire aH'illustrazione della nostra provincia e inviava poi il tutto alla biblioteca provinciale. Infinite persone si rivolgevano a lui per informazioni, per consigli, per trascrizioni di documenti, per ricerche di libri di valore e a tutte queste domande rispondeva con la massima sollecitudine, faceva piu, molto di piii di quanto le sue forze potessero dare. «Mi piombano addosso incalzandosi mille sopracapi che mi rubano le giornate I'una dopo 1'altra sino aIl'ultimo sgocciolo, che a notte inoltrata mi lasciano stanco e infastidito,« cosi scriveva a Giu-seppina Martinuzzi nel 1887') e giustamente, piii volte, parlando di se stesso, ricordava i noti versi di Ariosto: Ne che poco io vi dia da imputar sono ; che quanto io posso dar, tutto vi dono. *) Lettera dd. Venezia, 25 novembre 1887. A lui ricorrevano scienziati d'ogni specie; egli era in corri-spondenza non solo con infiniti uomini politici da Giuseppe Garibaldi a Nino Bixio, da Benedetto Cairoli a Matteo Renato Imbriani, ma anche con moltissimi eruditi italiani e stranieri, cosi, ad esempio, con uomini come il Tommaseo, 1'Aleardi, il Vannucci, il Pigorini, G. B. de Rossi, il Mommsen, il Burton, il Rohault de Fleury, 1'Armingaud, il Reclus, al quale ultimo forni molte notizie per la sua opera monumentale «Nouvelle geographie universelle«. II Mommsen, il quale quando era di passaggio per Venezia, andava sempre a trovare il nostro Luciani che lo aiuto anche nello studio e nella decifrazione delle iscrizioni del Veneto, 10 ricorda in modo particolare parlando deli'Istria orientale: «Thomas Luciani albonensis, familiaris Kandleri, magna industria et optimo successu Flanonam Albonamque pervestigavit»'). A quest'epoca partecipava a vari congressi scientifici, come a quello d'antropologia di Bologna del 1871 e a queIlo geografico di Venezia del 1881, al primo dei quali mostrava, tra 1'interessa-mento piu vivo dei dotti, le armi litiche dei castellieri istriani e specialmente albonesi Divenuto ispettore per gli scavi e monumenti della provincia di Venezia, s'interessava della preistoria della laguna e gia nel 1878, sette anni prima della scoperta fatta dal Cav. Batta-glierini, direttore del Museo Torcellano, sosteneva in una relazione alla comniissione consultiva per la conservazione de' monumenti che 1'estuario veneto fosse abitato anche nei tempi preistorici'). La sua attivita letteraria si manifestava frattanto nella pubblicazione di studi brevi, ma profondi, di cui alcuni erano 11 risultato di lunghe indagini d'archivio'), particolarmente quello intitolato le «Fonti per la storia deli' Istria negli Archivi di Venezia», un lavoro di grande esattezza che rivela una vasta conoscenza delle fonti stesse, probabilmente 1'opera migliore dello scrittore 1) C. I L., Voluminis tertii, pars prior (Berolini, apud Georgium Rei-merum, 1873), p. 389. 2) Genzardi, o. c., p. 28; Congres International d'anthropologie prehi-storigues; Compte rendu de la cinquieme session d Bologne, 1871 (Bologne, Imprimerie Tava e Cavagni, 1873, pp. 490-91), 3) «11 Tempo«, 12 e 19 novembre 1885. 4) L' Archivio dei Frari, Fonte ricchissima di cose Istriane. Dali' 800 al 1800, «La provincia deli'Istria«, 1872; Pietro Kandler (1804-1872), Archivio Veneto, Venezia, Tomo 111, parte I, e, come estratto, Venezia, Tip. del Commercio, 1872 (pubblicato per la morte del Kandler). albonese. Questo studio faceva parte deli'opera «11 Regio Archivio Generale di Venezia« che fu inviata ali'esposizione internazionale di Vienna del 1873 Sebbene lontano dall'azione diretta, anche negli ultimi anni si occupava di politica con grande ardore; al caffe Rossarol convenivano a discorrere degli avvenimenti il Luciani, il Combi, il Coiz, piu tardi anche alcuni giovani, come il conte Eugenio Rota e l'albonese dott. Isidoro Furlani, venuti a Venezia nel '78 qua!i disertori dali' esercito austriaco. Alla sua časa ") accorrevano tutti i patriotti giuliani e specialmente gl'istriani e i triestini che visitassero Venezia, tale era la farna che il «console istriano3), come egli stesso si chiama, godeva presso i comprovinciali. In quei ritrovi si parlava deli' Istria, dei minuti particolari della sua vita politica, civile, culturale ed economica. Egli seguiva col massimo interesse quanto riguardasse la nostra terra: risulta chiaramente da varie lettere indirizzate alTamico Amoroso, specialmente da una scritta da Vasto di Goito4), mentre il Luciani si trovava presso il Bonfiglio, che egli intui per tempo la gravita del pericolo slavo e condanno nella forma piu aspra le pretese enormi del panslavismo. Un'altra volta") 1'uomo mite e conciliante si esprimeva sullo stesso argomento nella forma piu esplicita : «Su tutto si puo transigere, ma sulla nazionalita no, e poi no». Subito dopo il supplizio di G. Oberdan scriveva a Salomone Morpurgo e ad Albino Zenatti: «L'hanno giusliziato! dicono. Iniqua, feroce, infame giustizia. L'hanno strozzato, dite, tristi ed imbecilli ad un tempo. Ma le idee non si strozzano, che anzi dal patibolo risorgono terribilmente feconde«'). E in corrispondenza coi maggiori patriotti istriani: col De Franceschi, coll'Amoroso, con Gian Paolo Polesini, con Francesco Vidulich, coi fratelli Vidacovich, con Antonio Barsan, con Marco Tamaro; li eccita ad agire, saluta con plauso la fondazione jj Venezia, Tip. NaratovicK, 1873; Le «Fonti» furono pubblicate in varie riviste e nel «Pro patria nostra«, Trieste 1896; cosi pure come estratto, Trieste, Tip. Morterra e C., 1890. 2) Rialto, Fondamenta del vin, N. 730. 3) Lettera ad Andrea Amoroso, dd. Venezia, 11 novembre 1889. 4) Lettera dd. 23 novembre 1884. 5) Lettera ad Andrea Amoroso, dd. Venezia 1885. 6 j Francesco Salata, Per la storia del martirio di Guglielmo Oberdan, «Le Nuove Provincie«, A. 1, fasc- IV, p. 7. deli'Istituto di Credito Fondiario a Parenzo ') e quella del Convitto diocesano parentino-polese a Capodistria"'). Oltre a collaborare assiduamente nella «Provincia deli'Istria«, legge colla massima attenzione i giornali politici della regione, come 1'«Istria« del Tamaro, il «Giovine Pensiero« ed altri; al Tamaro consiglia di mantenere la piu nobile dignita di fronte al governo e di «evitare qualche graziosissimo superlativo*,3) appoggia il «Pro Patria« e «La Lega Nazionale« e rivede gran parte degli studi che poi, sotto la guida di Giuseppina Martinuzzi, vengono pubblicati nel «Pro patria« e nel «Pro patria nostra«, propone cambiamenti linguistici e stilistici, oltre a modificazioni ed aggiunte di carattere storico. Piu ancora lo attraeva il progresso degli studi storici ed archeologici nella sua provincia. La preistoria e 1'archeologia continuavano a formare il campo prediletto dei suoi studi. Gia nel 1875 aveva indirizzato aH'ing. Luigi Buzzi di Trieste una lettera importantissima, in cui manifestava le sue idee sui castellieri, lettera che fu pubblicata piu tardi dal console inglese a Trieste F. R. Burton, sludioso della nostra preistoria, nelle o JCikki vm faldlH A il fr La cittadina d'Albona, posta alTestremo limite deli'Istria, verso la costa liburnica, dove fiori la giovinezza e maturo la virilita di Tomaso Luciani, non offriva elementi di vita intellettuale e politica atti a sviluppare da soli una forte coscienza nazionale. Vi durava, pero assai vivo il tradizionale attaccamento a Venezia, consacrato nella storia dalla strenua difesa degli albonesi contro gli uscocchi, nel 1599, alla quale aveva partecipato don Priamo Luciani, della famiglia di Tomaso; mentre nella vicina Fianona, caduta preda di quei barbari, Gaspare Calavanich, miracolo di fortezza eroica, si lasciava scuoiare vivo anziche tradire la sua fedelta a S. Marco. L'amore alle discipline storiche, infusogli dal suo precettore privato Lorenzini, che gli fece conoscere e ammirare, con orgoglio di figlio, le glorie di Roma e di Venezia; poscia le relazioni di amicizia coi giovani istriani piu colti e ardenti di patriottismo, valsero ad aprire l'animo del Luciani alle nuove idee di liberta e d'indipendenza e all'odio santo contro lo straniero oppressore della sua terra. Pochi ricordi ci restano dell'opera patriottica da lui svolta durante i grandi rivolgimenti politici del 1848-49, che colsero 1' Istria bensi fremente di spirito italico, ma impreparata e irre-soluta a un moto insurrezionale, per la mancata iniziativa di Trieste, che, dopo un vano tentativo di pochi audaci, si piego su se stessa e cadde in balia del partito austriaco. Giacche gli istriani, benche figli devoti e alteri di Venezia, ma da cinquanta anni staccati da lei, tenevano gli occhi rivolti a Trieste, come al loro centro morale ed economico, stimando a ragione che senza 1'appoggio di Trieste ogni loro conato di rivolta doveva fallire miseramente. Tuttavia al primo annuncio della rivoluzione di Venezia, un vivo fermento si manifesto in tutte le citta deH'Istria, non esclusa Albona, dov'era da un anno podesta Tomaso Luciani. II quale, dopo avervi organizzato una dimostrazione popolare di solidarieta nazionale, con la diffusione d' innumerevoli coccarde tricolori e con acclamazioni a S. Marco, ali'Italia, a Pio IX, dovette portarsi in deputazione a Pisino per placare 1' ira del capitano circolare barone Grimschitz, che minacciava una spedizione punitiva d'orde croate raccogiiticce contro la citta ribelle. II generale d'artiglieria conte Nugent, superstite orgoglioso delle guerre napoleoniche, era accorso in Istria per prepararvi la difesa militare; e impressionato dali'agitazione popolare, che specialmente a Pirano, Isola, Parenzo, Rovigno e Dignano pareva dover prorompere da un momento aH' altro in aperta sommossa, lanciava da Pola al governatore di Trieste la proposta di orga-nizzare contro gl'italiani la leva in massa delle popolazioni ruralj dei territon di Pisino, Pinguente, Castelnuovo e Volosca. In nessun luogo, forse, la tensione degli animi era cosi viva come a Pirano, dove la Guardia Nazionale, comandata dali' avvocato Francesco Venier, in stretti rapporti col patriotta concittadino Matteo Pe-tronio, professore a Udine, portava sul petto la croce quale simbolo di redenzione, la musica comunale suonava liberamente, tra 1'entusiasmo generale, gli inni della rivoluzione, e il quaresi-malista Beltrame imprecava dal pergamo contro le stragi austriache in Lombardia. Quali fossero in quel tempo i sentimenti degli albonesi lo lascio scritto il dott. Luigi Barsan di Rovigno, allora medico condotto in Albona, nelle lettere inedite al fratello Giambattista di Pola, riboccanti damor patrio, piu tardi sequestrate e incriminate dall'autorita austriaca. «Noi qui siarno ora perfettamente tranquilli — gli scriveva verso la fine di maržo — ma incerti molto sul nostro avvenire. Ai nostri desideri, che čredo comuni a tutta 1' Istria ex veneta, non arridono le circostanze, ed e necessario per conseguenza aver pazienza e sperare in tempi piu propizi. La dichiarazione di Trieste ci ha annichiliti... I primari del paese hanno dichiarato, nell' inscienza assoluta di cio che aveano fatto le altre citta deli' Istria, che Albona, avendo da vari secoli divisa la sorte deli' Istria ex veneta, non sarebbe mai per staccarsene, ed esser sempre pronta ai sacrifici che questa le imporrebbe*. E in data del 17 aprile: «Ad eccezione di alcuni pochi che possono contarsi sulle dita, siamo qui tutti italiani, e desideriamo ardentemente che prevalga la santa causa d'Italia, che Dio redense da un aborrito giogo ed uni in fraterna e, come sperasi, non mai peritura concordia. Secondi il cielo i nostri voti, e mentre ei sorride aH' Italia, non torca lo sguardo da questa misera ed infelice Istria. Pero temo che Trieste e Gorizia, vergognosamente dimentiche della propria nazionalita, ci tradiscano. Abituate al servaggio, non sentono ancora il bisogno di scuoterlo... Dal Municipio di Trieste giunse qui, coll'ultima posta, un eccitamento a far parte d'una deputazione da mandarsi a Vienna. Sapendo il nostro podesta che gl' interessi di questa provincia, tanto politici che com-merciali, non sono comuni con Trieste, e temendo dalTaltro canto un'insidia da quell'eccitamento concepito in termini vaghi e misteriosi, ha voluto, prima di rispondere, sincerarsi di quanto aveano fatto nel proposito le altre citta deli' Istria ex veneta, alle quali questa terra e fermamente decisa di rimanere sempre unita e a dividere con esso loro la propria sorte, qualunque ella sia. Si attende il ritorno dei messi». E i messi riferirono che la maggioranza dei podesta s'era accordata di non aderire alTinvito di Trieste, ma di riunirsi per discutere sui propri interessi par-ticolari. Gli animi dei patriotti istriani venivano fortemente agitati dalle alterne notizie provenienti dal teatro della guerra d'Italia. Erano sussulti di pazza gioia ad ogni annuncio di qualche vittoria sarda; erano gemiti di disperazione ad ogni proclamazione ufficiale di qualche successo militare austriaco. E sentirsi soli, impotenti, dannati aU'inazione, circuiti da spie e confidenti, pressati all'in-torno da genti slave sobillate da iracondi funzionari governativi. Contro i deboli e gl'inermi la reazione aveva cominciato a far sentire il suo peso gia alla fine di maggio, quando il Barsan scriveva al fratello: «Tutti si lamentano che, nonostante la pubblicata costituzione, 1'antico costume vige ancora con tutte le sue perniciose mostruosita. Spionaggio e mistero, raggiro e confusione, burocrazia e perfidia non sono elleno ancora alTordine del giorno? Basta guardarsi un po' attorno per acquistarne la fatale e desolante certezza«. Ai primi animanti successi di Pastrengo e Goito, seguirono ben tosto le dolorose sconfitte di Vicenza e Sommacampagna, poi la resa di Milano e 1' armistizio Salasco. La rivoluzione d'ottobre a Vienna valse a dare nuove illusioni alla fede pa-triottica degli istriani. «L'Austria — sentenziava il Barsan da buon medico che fa la diagnosi e la prognosi d' una malattia interessante — e in agonia, la quale pero puo durare ancora, ma alla perfine ella deve morire; la sua costituzione ha sofferto in poco tempo troppe scosse per potersi riavere e guarire. II male corrodeva di nascosto le interne sue viscere, benche non desse indizio al di fuori. Scoppio ora tutto ad un tratto ed e irreparabile, E vero che molti medici s'affaticano a guarirla, e se non altro a protrarle una mediocre esistenza; ma invano, i loro sforzi non possono essere da tanto; negli imperscrutabili decreti divini e deciso: ella deve morire. De profundis.» E accennando alla que-stione nazionale deli'Istria diceva: «L'Istria e stata e dev'essere sempre italiana, e gli slavi che vivono nella campagna dispersi e senza civili istituzioni si italianizzeranno un po' alla volta e senza difficolta, senza impor loro con la forza la nostra nazionalita; da se s'accosteranno a noi e con noi si fonderanno. Essi abbiso-gnano di noi, ed una buona educazione elementare li persuadera sempre piu ad avvicinarci, locche meglio si conseguira cangiando tutto 1'attual clero e sostituendovene uno piu istrutto e nazionale.« Giuste osservazioni, che ritornano oggi d'attualita, si da parer scritte da un chiaroveggente contemporaneo. Tomaso Luciani partecipava col Barsan e con gli altri fidati amici albonesi alle poche consolazioni e alle molte ambasce di quel periodo fortunoso, mentre attendeva con sollecite intelligenti cure alle delicate mansioni del suo ufficio podestarile. Dal quale pero si dimise con lettera aperta ai suoi concittadini, pubblicata nell' Osservaiore Triestino del 20 settembre 1848, per dar loro agio di manifestare liberamente la propria volonta con 1' applica-zione del nuovo regolamento elettorale dei Comuni, mentre prima le nomine alle cariche comunali dipendevano dall'autorita politica. Nelle elezioni di dicembre il suo nome usci trionfante dall'urna, ed egli fu, tra il giubilo di tutta Albona, riconfermato podesta. Quale stima godesse gia allora il Luciani in provincia lo dice un brano di lettera di Carlo De Franceschi, deputato alla Costituente di Vienna, che gli scriveva irruenti parole di sdegno contro la minacciata unione deli' Istria alla Carniola, e gli riaf-fermava la necessita di concentrare 1'azione patriottica degli istriani nell'organizzazione nazionale dei Comuni: <>Un'alacre attivita, la disinteressatezza, la comprensione delle nuove idee liberali non possono trovarsi che in gente di questo secolo, e quindi alla testa dei Comuni pongansi i giovani che siano convinti del virgiliano: Novus saeclorum nascitur ordo. Oh ne avessimo molti pari a voi, non vi rincresca questa sincera Iode, che meritatamente venite riguardato fra i piu colti nostri ingegni, e come podesta a nessuno secondo!« Le comuni ansiose speranze da prima e gli amari disinganni di poi sono espressi anche nelle lettere che il Luciani scriveva agli amici e compagni di fede, delle quali pero non molte per-vennero a noi, essendo andate distrutte negli anni della reazione per sottrarle alle ricerche della polizia. Dopo la caduta di Venezia, spenta 1'ultima fiamma che aveva alimentate le speranze dei credenti nella giustizia e nella santita della causa italiana, e mentre il popolo depresso e sbigottito si rassegnava alla perdita della liberta, quando non applaudiva al raffermarsi deH'assolutismo, il Luciani apriva 1'animo suo al dottor Barsan, passato da poco alla nativa Rovigno. «La cecita delle moltitudini — gli scriveva il 23 settembre 1849 — ella e cosa ben deplorabile, e pare impossibile come il popolo possa continuare a farsi strumento di schiavitu a se stesso e a chi lo ama d'amore sincero. Se la libera stampa, se'la libera associazione, se la Guardia Nazionale non fossero illusorie ma vere, non ci vorrebbe no molto a condurre il popolo cieco e ingannato sulla via della luce e della verita, ma finche dura lo stato attuale di cose poco giova sperare nell'avvenire piu prossimo. Ad ogni modo, il sangue versato non sara indarno ne per chi comanda ne per chi ubbidisce. Ho letto 10 scritto che Tommaseo lasciava partendo dal popolo veneziano, e nr rimasi ammirato e commosso....» E il 27 settembre 1850: *Quando scrive al dottor Jona [di Gorizia] contraccambi ai saluti e gli dica che mi congratulo che anch' egli abbia avuto 1* onore d' una occulta persecuzione. Queste sono le vere note onorifiche, le vere decorazioni 1 Ha veduto Ella T...... decorato?!! Dio mio, meglio tacere, perche non si direbbe mai abbastanza. Mi dispiace che sia stato decorato il dottor M...... di Capodistria! Mi fu detto che un medico di Zara abbia avuto il coraggio di rifiutare apertamente una consimile decorazione nell'atto stesso che il vice luogotenente si apprestava ad appendergliela. Bisogna assicurarsi di questo atto, che sarebbe veramente eroico, e voglia Dio che sia vero e che trovi imitatori.» Poco tempo prima, alcuni patriotti istriani, tra cui il Luciani, 11 Barsan, il De Franceschi, il Fachinetti e l'avv. Antonio Mado-nizza, mente sagace e affinata di statista, spirito forte, autoritario e un po' burbanzoso e sarcastico, considerato il capo del partito nazionale, illusi da un residuo di liberta a cui pareva inspirata la nuova legge austriaca sulla stampa, avevano progettato la creazione d'un periodico provinciale, che, sul modello dell'audace Oiornale di Gorizia, di Carlo Favetti, tenesse desto cautamente nel popolo 1'amore della liberta e della italianita e promovesse i trasandati interessi economici deli'Istria. L'idea, ottima in se e coraggiosa, si appaleso ben presto di non facile attuazione, anche perla mancanza in provincia d'una tipografia; allora qualcuno penso d' indurre Pietro Kandler a cedere il suo periodico storico L'Istria, che, stentando la vita, gli cagionava gravi imbarazzi, per dargli maggiore sviluppo e diffusione col trasformarlo in politico, pur riservandone una parte agli studi di storia patria. Ma la negata adesione del Kandler, quasi sgomento della proposta, fece tra-montare il progetto, che fu poi, in misura ridotta, attuato da Mi-chele Fachinetti con la fondazione del modesto bisettimanale II Popolano deli'Istria, in cui collaboro, unitamente ai suoi amici e consenzienti politici, anche il Luciani. Ma il Popolano, osteggiato dalla polizia, che ne vieto la diffusione nel regno Lombardo-Ve-neto e ne condiziono 1' ulteriore uscita al deposito d' una forte cauzione, dopo undici mesi di vita, dal 1° ottobre 1850 al 2 settembre 1851, dovette morire; e allora gl'istriani, per far sentire i loro lamenti e le loro proteste, ricorsero alTunica libera voce che osasse ancora levarsi nella Regione Giulia, alla voce, ben presto anch'essa soffocata, della triestina Favilla di Francesco Hermet. Poi si fece ovunque silenzio, mentre le tenebre dell'imperiale dispotismo s' addensavano opprimenti sopra uomini e istituzioni, e le persecuzioni e vendette contro i compromessi del '48 destavano ansie e paure nelle famiglie dei patriotti. Michele Fachinetti nell'imperversare della bufera seguitava a tenere, quasi trasognato, gli occhi fissi, con immutata fede, nel suo grande Ideale. Nell'annunciare a un amico, dopo la morte del Popolano la sua collaborazione alla Favilla, chiudeva melanconicamente: • Dureremo nell'opera patria finche sara possibile; e poi ci avvol-geremo nelle memorie, operando in silenzio sotto i verdi rami delle speranze.» E Tomaso Luciani, che cercava nella laboriosa vita campa-gnuola 1'oblio delle disavventure della patria, deprecava con Luigi Barsan «i tempi mutati che non consentono nessuna buona novella, che gettano lo sconforto nell' anima, che fan cadere la penna di mano e morir la voce sul labbro.» «Pero non čreda — seguitava — ch' io sia divenuto altro uomo di quel ch' io era. Mutino pure i tempi le mille volte, io rimango fermo nei miei principi, e non potro mai dire che vi sia luce dove sono tenebre fitte.» Queste lettere caddero poco dopo nelle mani della polizia in una perquisizione da essa eseguita a Rovigno nell' abitazione del Barsan, e diedero motivo ad altre visite domiciliari, tra cui in Albona al Luciani, che pero ne fu a tempo prevenuto da un biglietto del De Franceschi, trasmessogli mediante Antonio Covaz di Pisino. Allora egli fu iscritto nel registro dei precettati politici del-1'Istria, che comprendeva 182 nomi tra i piu chiari della provincia per intelligenza e posizione sociale, e vi rimase incluso sino al 1856, quando il barone Grimschitz lo fece radiare perche potesse conseguire la riconferma a podesta d'Albona. II Luciani seguiva con animo angosciato le sorti degli amici maggiormente colpiti dalTodio bestiale del Grimschitz; in ispecie i tristi časi deli' amico De Franceschi, licenziato dopo vent' anni di ono-revole servizio, senza procedimento disciplinare, dali'ufficio di assessore del Tribunale di Rovigno, e costretto a rifugiarsi, privo di mezzi, con la moglie e due teneri bambini, nel paesello natale, dove visse quasi a domicilio coatto, vigilato da gendarmi e da spie, circa un anno, finche gli fu concesso di esulare a Fiume a guadagnarsi un duro pane nello studio d'un avvocato. Plačati alquanto, finalmente, i furori della reazione, il Luciani ebbe vaghezza, dopo perduta nel 1855 la vecchia adorata madre, di conoscere piu da vicino 1' Italia e di visitarne biblioteche e archiv! alla ricerca di libri e documenti riferentisi ali' Istria, ai cui studi storici era stato gia iniziato dal Kandler, del quale, come il De Franceschi, nonostante la profonda discordanza dei senti-menti politici, era amicissimo. Egli fu tra il febbraio e il maržo 1858 a Trieste, a Venezia a Milano, spingendosi sino al lago di Como; e un secondo piu lungo viaggio intraprese nel maggio e giugno di quelIo stesso anno visitando Padova, Rovigo, Ferrara, Bologna, Firenze, Lucca, Pisa, Livorno, d'onde s* imbarco per Civitavecchia e Roma, e dopo 12 giorni di fermata nella citta eterna fece ritorno in Istria per la via d'Ancona. Di questi suoi viaggi, ai quali non era del tutto estranea la politica, avendo egli cercato d'avvicinare ovunque nelle citta percorse, ma specialmente in Toscana, allora sicuro asilo di esuli, gli uomini piu eminenti del movimento nazionale, il Luciani dava fedele ragguaglio in lunghe lettere al De Franceschi a Fiume mostrandosi desideroso di potersi intrattenere a voce con lui su argomenti che in iscritto non era agevole trattare, durante qualche escursione archeologica che usavano intraprendere insieme sui monti Vena e sul Caldiera. Essi erano entrati in quel tempo in rapporti amichevoli con Carlo Combi, eletto ingegno, anima pu-rissima d' apostolo infervorato da una duplice fede, divina e patriottica, il quale nella sua Capodistria, dove insegnava dal 1856 nel ginnasio-liceo, aveva cominciato a intessere le fila d'una oculata cospirazione, che ando rafforzandosi ed estendendosi negli anni successivi e duro, insospettata dalla polizia austriaca, sino al 1866. A codesta piccola fucina d'occu!ti maneggi politici facevano capo i patriotti dell'lstria e di Trieste, che riconoscevano nel giovane capodistriano 1'autorita che gli derivava dalla corag-giosa iniziativa, dalla prudente serieta dei propositi, e soprattutto dalle straordinarie doti della mente e del cuore. Egli si era gia reso noto favorevolmente in provincia e fuori con la pubblicazione della strenna popolare La Porta Orientale, di marcata tendenza unitaria, modellata sullo stampo del Nipote del Vesta Verde di Cesare Correnti, il quale gliene suggeri pure il nome in un articolo che trattava deli'Istria: «Porta orientale d'Italia, anzi sola porta d'Italia, perche da tutte le altre bande il vento e il cholera non ci ponno venire che per mare o scavalcando il muro. II muro, dico, delI'A]pi». La guerra del 1859 trovo ancora non bene organizzato questo manipolo di ardimentosi; ma il 6uo duce non se ne stetle inerte, bensi cerco di provvedere ad ogni sperabile evento, per rendere P Istria compartecipe dei frutti della vittoria. Dopo le battaglie di Magenta e Solferino, credettero per un momento gli istriani, accesi di fiducioso entusiasmo, che le armi vittoriose degli alleati avrebbero incalzati gli austriaci nella pianura veneta, so-spingendoli oltre 1'Isonzo; poi uno sforzo ancora, un supremo sforzo, e i valichi alpini sarebbero ripassati in fuga disordinata dall'esecrato straniero, e con Venezia anche tutta la Regione Giulia verrebbe rivendicata a liberta. Generosa illusione! Ai primi di luglio, mentre le flotte unite francese e sarda prendevano possesso delle isole del Quarnaro inalzando solennemente sul pubblico stendardo di Lussimpiccolo il duplice tricolore, ed en-travano poi nella rada di Fiume, Carlo De Franceschi varcava il Monte Maggiore per recarsi ai solitari Bagni di S. Stefano, ove ebbe un abboccamento con Leonardo d'Andri, che sette anni dopo doveva cadere gloriosamente a Custoza, presentatosi a lui con una lettera di Carlo Combi per concertarsi intorno a una comune azione intesa a incorporare amministrativamente 1'Istria nel Veneto e farne condividere le sorti come parte integrante del nuovo Regno o almeno della progettata Confederazione di Stati italiani. Ma questo progetto, a cui Trieste non credette, per ragioni economiche, di aderire, fu ostacolato e impedito dalTAustria, sempre ligia al suo antico aforismo di stato: Divide et impera. La fortuna d' Italia non subi che un momentaneo arresto daH'improvviso abbandono di Napoleone, conseguente al minac-cioso atteggiamento del Governo prussiano; la mente di Cavour e il braccio di Garibaldi bastavano a condurre ad effetto la meravigliosa impresa deli'unificazione d'una grande Nazione in tanti brani, da secoli, smembrata. Ed ecco i cospiratori istriani intensificar 1'opera d'organiz-zazione e di propaganda; bisognava anzitutto far conoscere ai reggitori e al popolo d'Italia 1'esistenza di questa piccola provincia quasi ignorata, come 1'esperienza del 1859 aveva dimostrato, e i sentimenti e le aspirazioni dei suoi abitanti; bisognava scuotere 1' indifferenza delle sfere ufficiali, dissiparne le prevenzioni e i timori, comprovando specialmente 1'infondatezza dei pretesi diritti della Confederazione germanica su Trieste e sull' Istria, ch'erano il piu pericoloso ostacolo alla redenzione di queste; bisognava infine dimostrare che senza il completo possesso dell'Adriatico e delle Alpi Giulie, 1'Italia non poteva procedere sicura sul cammino ascensionale della sua grandezza. «Purtroppo eravamo caduti cosi in basso — lamentava il Luciani in uno scritto del maggio 1861 a Eugenio Popovich, allora študente a Pisa — da non conoscere i veri limiti del nostro territorio, da misconoscere i nostri fratelli, donde incertezze e timidita nel volere cio che ci appartiene, che e nostro, che e necessario allaprosperita e sicurezza della Nazione«. Nellautunno del 1859 1'abate Antonio Coiz di Faedis nel Friuli, amico e consigliere del Combi, rinuncio alla cattedra tenuta da otto anni nel ginnasio-liceo di Capodistria per portarsi a Milano, chiamatovi dal suo conterraneo Pacifico Valussi che gli procuro un pošto nella redazione della Perseveranza, di cui era direttore. II Valussi, considerato a ragione la personalita piu eminente deli'emigrazione friulana, nutriva, come tutti gli uomini della prima Favilla che qui vissero e operarono a lungo, un grande affetto per Trieste e per 1' Istria, mantenendovi antiche consuetudini d'amicizia con gli spiriti piu colti e illuminati; ond'era ben ovvio che a lui ricorressero i nostri patriotti e in lui trovassero un fervido zelatore della loro causa nazionale. Intanto non pochi triestini e istriani, insofferenti del servaggio austriaco, passavano il Mincio per partecipare da vicino agli incalzanti avvenimenti della rivo-luzione italiana, o come combattenti nelle file garibaldine o come propagandisti dei voti e delle speranze della patria. Tomaso Luciani, che per i suoi fini aveva saputo cattivarsi la simpatia e la piena fiducia del pretore Sedmack, consegui col suo mezzo, nella pri-mavera del 1860, un passaporto della durata di sei mesi per gli Stati italiani, e si reco, d' intesa col Combi, a Milano e Torino allo scopo d'annodare meglio le relazioni del Comitato istriano con quei due centri d' attivita patriottica. Egli s'avvide, e ne fu anche avvertito dai capi delTemigrazione veneta, che nei vari comitati nazionali per la liberazione delle province irredente che si andavano costituendo, dopo la guerra del '59, nelle principali citta del Regno, mancava un autorevole rappresentante deli'Istria, che potesse parlare e agire quasi ufficialmente a nome di questa provincia e che moderasse e dirigesse ad un'unica azione concorde le diverse tendenze degli emigrati istriani e triestini. Ritornato ad Albona prima della fine del permesso, aveva gia fermato in se il proposito di accettare 1'offertogli pošto di fiducia e di responsabilita in seno al Comitato di Milano, poi che il Combi, per la necessita di condurre personalmente con la provata sua autorita, valentia e prudenza il movimento nazionale in patria, oltre che per imprescindibili ragioni famigliari, era impossibilitato ad abbandonare Capodistria. II Luciani, ormai deciso di consacrarsi con tutto il fervore della sua anima alla causa nazionale deli'Istria, procedette con perspicace cautela nei preparativi della partenza, non confidando che a pochi intimi, tra cui ai fratelli dottor Antonio e Giovanni Scampicchio di Albona e al farmacista Giusto Lion di Pisino, il passo che stava per compiere. A preservare i suoi beni stabili da un possibile sequestro, ne concerto una vendita fittizia con Giovanni Scampicchio; quindi chiese alla Presidenza luogotenen-ziale di Trieste, mediante il pretore Sedmack, un nuovo passaporto per Milano, col pretesto di portarvi a vendere una grossa partita di semi di bachi da seta, alla cui coltura si dedicava. Ottenuto, senza difficolta, anche questo foglio di via, e fissato il giorno della partenza, ando a congedarsi con grande affa-bilita dal pretore, al quale dichiaro che non sarebbe rimasto assente piu d'un mese, anche perche voleva trovarsi in Albona per le imminenti elezioni comunali, nell' intento d' esercitarvi la propria influenza nella scelta d'una buona rappresentanza. Lascio la diletta cittadina, non senza un' intima, profonda commozione, circa il 10 gennaio 1861, per recarsi da prima a Dignano a salutarvi il fratello avvocato Giuseppe, poi a Capodistria a prender congedo e le ultime istruzioni dal Combi; quindi abboccatosi a Trieste con quei consenzienti, parti alla volta di Milano, dove prese alloggio in časa Vaccari, al N. 7 di Contrada della Lupa, mettendosi tosto a disposizione deli'emigrazione veneta. 0»uesta stava allora riorganizzandosi sulla base d'un nuovo statuto che allargava la sua sfera d'attivita anche alla Regione Giulia e al Trentino. II 25 febbraio 1861 fu costituito il »Comitato politico veneto- di Milano, del quale entrarono a far parte Tomaso Luciani per 1' Istria, Leone Fortis, redattore del Pungolo, per Trieste, Gaetano Manci, gia podesta di Trento, per il Trentino, Pietro Correr e Francesco Sartorelli per il Veneto. II Comitato di Milano, come quelli con-temporaneamente costituiti a Brescia, Ferrara, Genova, dipendeva dal Comitato centrale di Torino, composto di personalita eminenti, quali Alberto Cavalletto, Giuseppe Finzi e Sebastiano Tecchio, che onorarono il collega istriano della piu confidente amicizia. La comparsa del nome di Tomaso Luciani, sui pubblici fogli, tra i membri del Comitato milanese, fece un' enorme impressione sul governo austriaco, specialmente per la distinzione e popolarita dell'uomo e per la carica podestarile di cui figurava tuttora rive-stito. La Direzione generale di polizia in Vienna ne diede tosto notizia al luogotenente di Trieste, che si rivolse per informazioni al pretore Sedmack, il quale si mostro sbalordito e accasciato del tiro giuocatogli dal Luciani, che, a suo dire, non avrebbe confidato a nessuno, prima della partenza, la presa risoluzione, neppure al fratello, prevedendo che avrebbero cercato in tutti i modi di distoglierlo dal suo proposito. Tuttavia 1'onesto Sedmack, nella responsiva al luogotenente, non pote fare a meno di tessere l'elogio morale del fuoruscito: «11 Luciani — egli scriveva — per la sua onoratezza e per la sua coltura da tutti apprezzate, per il suo patriottismo e per i suoi incessanti sforzi, come podesta, a promuovere la prosperita di questo comune, e una persona che gode la stima generale e la massima fiducia«. Nuovo motivo d'allarme e d'indagini diede alTautorita politica austriaca la diserzione da Pola e il passaggio in Lombardia d'un tenente del 33° reggimento di fanteria, certo Augusto Knoflauch trentino, cognato del dottor Ercole Boccalari di Dignano. II ministro della polizia notificava da Vienna, il 2 giugno, al luogotenente di Trieste, barone Burger, di essere venuto a conoscenza che in favore del Knoflauch erano state spedite da Trieste a Milano, al falso indirizzo di Antonio Colegni, con recapito al Caffe Martini, tre lettere commendatizie dirette a Tomaso Luciani, a Gaspare Trecchi, colonnello del r. esercito, e al marchese Pietro Araldi, senatore del Regno. L'emigrazione giuliana era allora rappresentata, oltre che dal Luciani, da altri benemeriti patriotti, che in stretto accordo coi comitati di Trieste e deli' Istria, stavano svolgendo una seria e vasta azione per illuminare le sfere ufficiali e i partiti dirigenti sulla mal nota questione triestina e per convincere il conte di Cavour a comprenderla nel suo programma politico della liberazione del Veneto. 11 Cavour era stato messo a contatto con gli emigrati dal barone Raffaele Abro, triestino, d'origine armena, entrato da poco nella diplomazia italiana, e addetto al Ministero degli Esteri. Era questi la mente direttiva e il principale sovvenitore finanziario dell'opera di propaganda; al suo nome va unito quello dell'amico suo Costantino Ressman, altro nobile figlio di Trieste, dedicatosi pur egli alla carriera diplomatica nell'intento precipuo di rendersi giovevole alla causa della citta natale; gagliardo ingegno di pronta e sicura intuizione, spirito critico e mordace, entusiasta delTidea nazionale, ma portato sempre da un sano senso pratico alla giusta valutazione della realta. Da Parigi, dove era addetto alla Legazione italiana, il Ressman incuorava, spingeva, aiutava col consiglio e con 1'opera gli amici triestini di Torino, in parti-colare 1'Abro e Eugenio Solferini, attivissimo agitatore, compro-messo in patria e da poco rifuggito con Giulio Solitro, illibato idealista del '48, nella capitale del Regno. Tomaso Luciani entro subito nel vortice del movimento, prendendo parte alle proteste e polemiche suscitate da due articoli di Paul Merruan sul semiufficioso Constitutionnel di Parigi contro le aspirazioni unitarie dei triestini. Egli pubblico, a nome degli istriani, una dignitosa protesta sulla Monarchia Nazionale, ripor-tata anche, per interessamento di Raffaele Abro, sul giornale Le Norci di Bruxelles, poi che la stampa autorevole francese, per riguardi alTAustria, s'era schermita di accoglierla. L'articolo incontro l'approvazione del Ressman, che cosi ne scrisse il 5 febbraio alTamico Solferini: «L' ho trovato ottimo e ne felicito caldamente il signor Luciani, col quale simpatizzai e simpatizzo molto prima di conoscerlo. L' amico di Pirano (Francesco Venier ?) mi prega anch'esso di raccomandarlo con calore a voi tutti; ma la mia voce certo non varrebbe ad aggiungere alcun che a tanto merito, messo doppiamente in rilievo da un' abnega-zione e da un sacrificio che ognuno sapra apprezzare in propor-zione alla sua grandezza, non essendo certo piu lieve 1' esilio di un istriano di quel!o d'un veneto, ormai troppo sicuro del prossimo rimpatrio.» II Luciani collaboro, dal 1861 al 1866, in molti altri giornali del Regno: ne\\'Alleanza e nella Perseveranza di Milano, nel Diritto e nell' Opinione di Torino, nella Nazione di Firenze, illu-strando la sua provincia nel campo storico, geografico, etnografico, linguistico, soprattutto rivendicandole il diritto d' appartenenza ali' Italia. Ma forse i maggiori meriti egli si acquisto con la solerte cooperazione ai principali lavori letterau sulla italianita della Venezia Giulia, pubblicati in quegli anni per iniziativa dei Comitati di Milano e Torino; come Topuscolo del Valussi, tradotto poi in francese dal Ressman, Trieste e /' Istria e loro ragioni nella questione italiana (Milano, 1861), che fu detto giustamente il programma fondamentale deli'irredentismo giuliano; e il poderoso volume di Sigismondo Bonfiglio Italia e Confederazione germa-niča (Torino, 1865), che dimostrava, sulla base di documenti irrefutabili, 1'infondatezza delle pretensioni germaniche sul versante meridionale delle Alpi Giulie. A questa opera prestarono il loro concorso anche 1'Abro e il Ressman, oltre ai fratelli Mezzacapo per la parte militare; e, dei patriotti di Trieste, il dottor Costantino Cumano, primo vicepresidente del Consiglio e conservatore del-1'Archivio Diplomatico comunale, onde traeva in copia i documenti che spediva al Solferini a Torino, Raffaele Costantini, che forni tutti i dati commerciali, e 1'avvocato Arrigo Hortis, che raccolse molta parte dei fondi per le spese di stampa. Nel febbraio 1863, il Luciani rimetteva al Solferini in Torino, quale contributo per la pubblicazione del libro del Bonfiglio, 1'im-porto di lire 500, ricevuto da Trieste; e nello stesso tempo gli notificava che per la sottoscrizione nazionale contro il brigantaggio erano state raccolte a Trieste lire 1000, in Istria lire 400 e nel Goriziano lire 300, eccitandolo a divulgare la notizia mediante i giornali «non tanto per la somma, sebbene sia rimarchevole, non tanto per l'offerta come soccorso, ma come dimostrazione politica, come atto di coraggio civile, come sfida all'oppressore straniero, come protesta anti-autriaca, come espansione d'affetto per i fratelli sofferenti, come manifestazione di fratellanza e solidarieta con tutti gli italiani liberi o gementi sotto giogo austriaco o pretesco.« Anche alla compilazione di due altre operette del Bonfiglio concorse il nostro Luciani con copiosi e interessanti materiali d' archivio. 1 titoli dei due opuscoli bastano a determinarne 1'importanza per la questione a cui si riferivano: Condizioni passate e presenti deli'Istria e conseguenze relative di pubblico diritto (Torino 1864), e I termini d' Italia dal Monte Nevoso al Quarnaro e la loro politica importanza (Firenze, 1866). In questi lavori il nome del patriotta albonese figura ripetutamente, e una volta viene fatto speciale onore ai di lui meriti con le parole: »Tomaso Luciani., membro del Consiglio generale deli'emigrazione italiana e del Comitato di questa in Milano, e fra noi viva imma-gine del liberale e nazionale ardore della sua provincia natale, all'avvenire della quale egli -dediča tutte le sue forze, usandone in quei molteplici modi con cui piu efficacemente si propugna una causa politica*. E che il Luciani si prestasse con la massima fervidezza nella sua missione patriottica lo dimostra tutta l'ammirabile opera da lui compiuta. Egli fu per sei anni 1'anello di congiunzione tra i Comitati politici del Regno e i capi del partito unitario deli'Istria, coi quali, in particolare col Combi, coltivo un'assidua corrispon-denza segreta, ascoltandone i lamenti e i desideri e suggerendo loro la linea di condotta in armonia al movimento veneto e alTindirizzo della politica occulta italiana. Si deve al Luciani, oltre che al Combi e ad Antonio Madonizza, 1'organizzazione della piu solenne e significativa manifestazione separatista degli istriani conla negata nomina, in seno alla Dieta, di due deputati al Parlamento di Vienna; cosi pure tutte le altre successive affermazioni d'italianita che ebbero luogo in Istria da parte di Comuni e di corporazioni furono ispirate e promosse da Tomaso Luciani. II quale aveva assidua cura di far sentire in ogni opportuna occasione al Governo e al popolo d'Italia la voce deli'Istria tra quelle delle province venete imploranti la liberazione dal giogo austriaco; il 6 aprile 1861 veniva presentato in Torino al generale Garibaldi, a cui baciava, in segno di religiosa devozione, un lembo del mantello, e 1'anno seguente gli offriva, insieme al Coiz e all'avv. Molinari, bergamasco di nascita ma triestino d'elezione, una raccolta di carte topografiche e idrografiche dellMstria e della Dalmazia, che avrebbero dovuto servirgli, nella prossima guerra contro 1'Austria, in uno sperato sbarco di volontari su quelle coste. II 4 gennaio 1863 faceva poi parte, con Aleardo Aleardi, il conte Giambattista Giustinian e il conte Manci, d'una Commissione veneta che presento a Vittorio Emanuele un indirizzo e un ricco albo, omaggio nuziale delle donne della Venezia, deli'Istria e del Trentino alla figlia principessa Maria Pia andata sposa al re del Portogallo. Da alcune interessanti lettere di Tomaso Luciani, degli anni 1861-1867, comunicateci gentilmente da Bugenio Popovich, fortis-sima tempra di patriotta, ultimo superstite della nobile schiera di precursori che fatico in quel lontano periodo a far conoscere alla grande patria il nome della patria ristretta, possiamo trarre qualche notizia sui rapporti fra gli esuli istriani sparsi nei vari centri del Regno. Erano convenuti a Pisa, per frequentare quell' Ateneo, oltre al Popovich, Anteo Gravisi, Niccolo Madonizza, Domenico Vidacovich, poi un Marsich, un Filippini, un Trevisini e altri, la maggior parte capodistriani, proseliti di Carlo Combi, ai quali il Luciani era largo d' incoraggiamenti e d' appoggio. «Ringraziate Dio — scriveva loro il 31 dicembre 1861 — di poter compiere gli studi in cotesto paradiso terrestre, e procurate di attirare sulTArno quei vostri concittadini che si annoiano e si snaturano forse sulla Mur e sulla Wien. Mantenete sempre viva tra voi la fiamma dell'amor patrio, e benche siamo in momenti di sosta e incertezza, abbiate fede incrollabile nelTavvenire, nella onnipotenza delle umane sorti. L' Italia si fara, non dubitatene, e noi ve-dremo un di sventolare il benedetto vessillo anche sulle nostre torri.» E li ringraziava delle felicitazioni di capo d'anno ch'essi gli avevano fatto pervenire : «Accolgo con gioia i vostri auguri e le vostre patrie aspirazioni, le accolgo e le divido. Con gioia del pari li accolse 1'inseparabile e insuperabile amico Coiz. Anche gli altri amici e conoscenti sono grati ai vostri ricordi e vi con-traccambiano. Q.uello che dico a voi intendo ripetere a tutta la Colonia Triestino-Istriana, e quindi vi prego di essermi interprete verso ciascuno di codesti buoni amici che la compongono.« II 21 febbraio 1862 il Luciani cercava di calmare 1' animo bollente del giovane Popovich, che nelle sue lettere al capo deli' emigrazione istriana faceva sentire i fremiti d'una sdegnosa impazienza : «Mi pare che le cose vadano un po' lente, si, ma non diffido, non dispero, non temo ne m'irrito come voi fate.. .. perche ogni giorno si procede, si guadagna terreno, si consolida, si unifica, si organizza, si arma. Errori se ne sono commessi e se ne commetteranno ancora -f ma bisogna essere giusti e ragionevoli nel giudicare. Chi e fuori del giuoco vede sempre meglio che il giuocatore; piu facile criticare che operare; difficilissimo governare una nave lanciata in alto mare (concedetemi la similitudine) prima che sia compiuta. Ricasoli non e Cavour, ma pur pure ci guida a Roma.... Io non sono idolatra di nessuno, ma non mi piace imprecare a coloro che fanno pel bene e pel decoro della patria tutto quello di piu e di meglio che sanno fare. La nuova generazione avra uomini piu esercitati nella vita politica; per oggi dobbiamo contentarci, aiutare e non creare imbarazzi. Eccovi le mie idee.» E accennando alla propria opera gli diceva: «Sono occupato sempre e poi sempre da mane a sera, e non in cose frivole o inutili o di vacuo piacere. Servo alla patria come meglio so e posso, e servo piu particolarmente alle nostre terre natali. Povera Istria, quanta miseria e quanta rassegnazione e fede ad un tempo!« Cosi in tutte le altre lettere, il pensiero del Luciani si manifestava costantemente rivolto ali'Istria sua e al modo di affrettarne la liberazione: «E utile che ci rivediamo tal volta tra istriani, che ci comunichiamo di viva voce le speranze e i timori, che ci concertiamo e rinfuochiamo nell'operare il bene per il povero nostro paese. Le dimostrazioni di Trieste furono una vera prov-videnza, e ad ogni buona occasione bisogna lodare e animare quei poveri oppressi. Spero che le parole di Garibaldi saranno state di grande conforto, di grande eccitamento cola« (9 luglio 1862). A dimostrare poi le assidue cure dell'Albonese nel sovvenire i comprovinciali profughi nel Regno, basta citare queste parole d'una sua lettera al Popovich con la quale gli raccomandava un giovane emigrato, certo Rovis: «Mi fa pena pensare a lui ! E 1'unico istriano, o quasi, al quale non ho potuto fare un poco di bene«. Amicissimo di Alberto Cavalletto, uno dei condannati a morte nei processi di Mantova, ne seguiva le tendenze monarchiche e moderate, talora in fiero contrasto coi partiti piu avanzati; ebbe anche qualche contesa coi fuorusciti triestini, avendo preferito, nei primi tempi, di tener distinta la causa deli'Istria da quella di Trieste, che a suo giudizio non rispondeva abbastanza volonterosa alPappello per un risoluto procedimento comune. Pero in seguito, specialmente dopo il coraggioso contegno del Consiglio comunale di Trieste, che rifiuto, nel gennaio del 1865, un indirizzo d'omaggio alTimperatore, Taccordo e la fusione tra i due gruppi provinciali divennero completi. Intanto maturavano gli eventi della politica estera d'Italia, e 1'alleanza di questa con la Prussia preludeva alla terza guerra contro 1'Austria. Gli animi degli istriani e dei triestini s'accesero ancora una volta delle piii liete speranze, benche gli statisti che reggevano le sorti del Regno, timidi e dubitosi nei loro atteggia-menti, non contribuissero ad alimentarle. Costantino Ressman, che seguiva da Parigi, con acuto sguardo diplomatico, gli avvenimenti d'Italia, trepidando, anche negli istanti piii propizi, per le sorti politiche della sua Trieste, scriveva il 7 giugno a Eugenio Solferini con una tinta di oscuro pessimismo: »Occuperemo Trieste, lo spero e vi confido. Ci sara poi possibile di tenerla? Q.ui comincia 1'ardua questione. Io per me rispondo si, se il Governo e la Nazione sanno volerlo energicamente e sopratutto se i Triestini sanno agire nell'ora opportuna. Non farti illusioni; le illusioni in questo momento sarebbero funeste per chi vuole Trieste definiiivamente unita aH'Italia. II fatto militare deli'occupazione sara lunge ancora dalTessere una guarentigia per 1'effettuazione della nostra piii cara speranza. Regnano negli uomini tra noi piii influenti fatali prevenzioni riguardo a quel territorio; e cola dove furono dissipate rimane tuttora molta fiacchezza di desiderio relativamente a quell'acquisto, mentre non in Germania soltanto, ma in tutta Europa, in tutta la diplomazia, in tutta la stampa non si ammette ne si ammettera di leggieri 1'annessione di tutto quanto sta oltre Isonzo. I nostri cari alleati, i Prussiani, saranno i primi a protestare con furore; e nel Re, nel Generale La Marmora ed in altri la soddi-sfazione d'avere il Veneto fara facilmente rinunziare a Trieste....» Un intenso lavorio di preparazione occupava intanto gli emigrati che si erano dati convegno nella nuova capitale, e le cui file si anditvano ingrossando di nuovi profughi e degli sbanditi dalla polizia austriaca. I giovani accorrevano in buon numero ad arruolarsi sotto Garibaldi o nell' esercito regio; i non piii atti alle armi venivano a portare il loro contributo d'attivita perche nell' imminenza del grande cimento la causa della regione Giulia non rimanesse disconosciuta enegletta. Carlo Combi e Antonio Ma-donizza abbandonarono Capodistria prima di ricevere 1'intimazione dello sfratto gia deciso contro di loro, e si recarono a Fi-renze, dove convennero molti altri istriani, tra cui Niccolo De Rin, Francesco Sbisa, Sebastiano Picciola, Giuseppe Ver-gottini, Antonio Vidacovich e i triestini Francesco Hermet e Arrigo Hortis, i quali, unitisi ai vecchi emigrati, costituirono quel "Comitato Triestino-Istriano« che fu, durante la guerra, 1' interprete e 1'assertore dei sentimenti e delle aspirazioni delle due province giuliane. L'anima di codesto Comitato era Tomaso Luciani, che, coadiuvato specialmente dal Combi, vi dedico tutta la sua fervorosa ed entusiastica solerzia; furono stesi da lui la maggior parte degli indirizzi e memoriali presentati al re e ai ministri d'Italia per richiamare la loro attenzione e sollecitare il loro interessa-mento alla questione della frontiera orientale del Regno. «L'Italia senza 1' Istria non e compiuta — scriveva ad Agostino Depretis, ministro della Marina — non e sicura, non potra disarmare, non potra assestarsi, non potra prosperare. L' Istria, per quanto piccola ed estrema possa apparire sulle carte geografiche, e importantissima a noi; lasciata in mano dell'Austria, sarebbe lievito di future discordie... L'Austria posseditrice delle Alpi Giulie e deli'Istria, avrebbe sul nostro territorio, in časa nostra, un campo trincerato piu formidabile dell'attuale Q.uadrilatero, dal quale potrebbe, e per terra e per mare, riattaccarci a tutto suo agio. Dalle prealpi e dali a sottoposta pianura e aperto, e patente il passaggio nel Friuli; da Pola ove, trasportando 1'Arsenale di Venezia, accumulo ogni argomento di guerra, potrebbe in una notte lanciarsi su qualunque punto della nostra costa adriatica«. Parole tanto vere che sembrano oggi profetiche, confermate come furono dagli avveni-menti deli'ultima guerra! E il 14 luglio, mentre, nella triste prospettiva d'un imminente armistizio, Bettino Ricasoli riconosceva, con tardo ravvedimento, primo dei ministri italiani, l'importanza della questione di Trieste e deli'Istria e proclamava la necessita della loro occupazione militare, il Luciani scriveva in un memoriale a Emilio Visconti-Venosta, allora ministro degli Esteri: «Nativi di Trieste e deli'Istria, province per ogni rispetto italiane, ma non ancora confessate tali da tutta la diplomazia, noi trepidiamo al pensiero d'una pace prematura, e trepidiamo non solo come Istriani, ma come Italiani; che la doppia qualita ne costituisce in noi una soIa». Due giorni dopo egli otteneva dal ministro della guerra un salvacondotto per il Q.uartiere generale, dove si recava col Combi e con 1' Hortis, 1'animo esaltato dalla lusinga d'un miraggio che pareva realta; il 19 luglio giunse a Bologna, e quivi lo colse la fulminante notizia della sconfitta di Lissa, che doveva far crollare d'un subito in lui e negli istriani tutte le illusioni e tutte le speranze! Ancora alla vigilia della guerra egli aveva chiesto 1'imbarco sopra una corazzata, nella speranza di portare primo ali'Istria sua il messaggio della redenzione; piu tardi, quando la flotta s'accingeva, sotto la pressione del Governo, ad agire, ripete la domanda a cui 1'ammiraglio Persano non credette di accondiscendere, te-mendo forse 1'inframmettenza politica delTagitatore istriano nelle operazioni militari. Forse, chi sa, nell'indicibile angoscia per la sciagura di Lissa, 1'ardente patriotta ebbe ad imprecare contro il destino che non gli concesse di morire inghiottito, col suo Ideale, dai gorghi delTAdriatico! L'amaritudine del disinganno patito dagli italiani delle Giulie scoppia in dolorosi lamenti, in aspre rampogne contro i governanti d'Italia, in uno scritto del Ressman al Solferini, del 25 ottobre, poco dopo la conclusione della pace : «Non so dirti quanto e come facessi eco alle sdegnose parole della tua lettera di luglio! Le abitudini diplomatiche avevano fin allora considerevolmente calmato il mio sangue, altre volte non tiepido per Iddio! Ma quando vidi che cosa si faceva della nostra povera Italia, e cosa erano al fatto i pretesi suoi sommi (ed io molta parte della tragedia vedevo dalle quinte) tornai a bollire come non aveva bollito mai, ed oggi l'ho a ventura se non impazzii. Si, mio caro, furono inetti e codardi su tutta la linea. II nome della nostra Trieste e deli'Istria non osarono nemmeno proferire mai; nemmeno allorquando era d'evi-dente utilita di dare almeno buone ragioni del perche la retro-cessione francese non potesse colmare gli Italiani d' entusiasmo. E con un po' di previdenza e di buon senso si sarebbe invece preparata una marcia trionfale a Vienna! Ma che vale! A furia d' ottimismo si persuadera ben tosto alle moltitudini, non senza ragione dette vili da Thiers, che 1' ottenuto fu anche troppo. Che cosa c'e ancora in Italia? Gloria militare, no. Danaro, meno. Intelligenza? Ne dubiterei, vedendo ora come i migliori periodici rimproverino quasi a chi le mise innanzi le aspirazioni sull' Istria. Riparleremo un giorno, amico mio, di questa trista fase; ma dubito che sara per consolarcene. Per noi 1'occasione, occasione inspe-rata, favolosa, unica, e sfuggita. Dispero che la mia vita piu basti a vedere esaudito il piu caro voto della mia infanzia.* Tristi parole, che rivelano lo sconforto di chi ha ormai per-duta la fede nel trionfo della causa alla quale aveva consacrato tutto il suo entusiasmo giovanile. Ventisei anni dopo Costantino Ressman, divenuto ambascia-tore a Parigi, aveva accettati i principi di acquiescente adatta-mento della politica triplicista, cosi da non nascondere neppure agli antichi compagni, come al Luciani, la sua decisa opposizione a qualunque forma di propaganda irredentista, ritenuta da lui e da altri, compreso Graziadio Ascoli, pregiudizievole agli interessi nazionali degli italiani della Venezia Giulia. Al Ressman, che nel suo scetticismo si meravigliava di trovarlo <• sempre animato degli stessi sentimenti e delle stesse speranze«, il vecchio patriotta albonese protestava 1' incrollabilita della sua fiducia nella reden-zione deli'Istria: «In quanto alle speranze sul futuro, non čreda ch'io pretenda troppo, ma non posso rinunziare a ritenere che avvenimenti imprevedibili non debbano, presto o tardi, far trion-fare una causa si giusta e si utile per 1'Italia.« II Luciani non rinuncio mai alla sua temperata, ma infaticabile attivita patriottica, anche dopo che il movimento irredentista ebbe assunto, dal 1878, nuovo indirizzo e nuovo impulso ad opera specialmente del partito repubblicano, adottando nel Regno e nelle province irredente mezzi piu vivaci di propaganda e d'azione. Egli si tenne bensi appartato dal gruppo dei giovani militanti, dedicandosi preferentemente ai diletti studi storici, in particolare alle ricerche d'archivio; ma ogni iniziativa patriottica, ogni mani-festazione d' italianita della sua terra trovava in lui pronta ade-sione e cooperazione. Vecchio moderato di Destra, non isdegnava il contatto degli uomini politici e dei parlamentari piu avanzati, come Matteo Renato Imbriani, quando si trattava di giovare alla causa deli' Istria. Lo stesso tragico atto di Guglielmo Oberdan non desto in lui ripulsione e biasimo; anzi egli onoro tosto nel giovine triestino il martire deli' Idea, ammirandone la sublimita del sacrificio. II 15 novembre 1886, pur declinando 1'invito di Riccardo Fabris a collaborare in una pubblicazione del Circolo Garibaldi di Trieste, esprimeva il compiacimento "del vecchio milite d'essere ancora vivo nella memoria dei giovani che si preparano alTevento di nuove battaglie.« E seguitava: «Fino al '66 ho combattuto anch' io in prima fila, ma siccome ebbi la disgrazia (comune del resto a moltissimi nostri) di non vincere ne morire, cosi molti hanno creduto e credono ch'io sia stato abborrente dal fuoco. » E sia!.... gia d'allora, per legge di natura, sono passato nella seconda, nella terza fila, nella riserva, dove per altro non vivo nelTozio, ne improvido delTavvenire, che anzi il mio cuore risponde con tutti i suoi palpiti alle parole pronunziate teste solennemente da Benedetto Cairoli: Fidi nei ricordi, ci troveremo uniti nel caso di nuove battaglie, adempiendo cosi il testamento dei nostri martiri.» £ ben degna d' ammirazione in Tomaso Luciani, come in tanti altri gloriosi patriotti istriani, questa tenace credenza nel trionfo deli' Ideale, credenza che 1' ala del tempo e il cumulo dei disinganni non riuscivano a spegnere ne affievolire nei loro cuori. L'amore ali'Italia, aH'Istria, al paesello natale era la sacra fiamma che il Luciani custodiva in se gelosamente. Ogni giorno il suo pensiero varcava 1'Adriatico e si posava sulla opposta sponda, la dove il Ouarnaro ostenta i suoi sorrisi e fa sentire le sue collere. E nel 1892, quasi presentendo la sua prossima fine, volle rivedere ancora una volta i luoghi del suo grande amore e pren-dere congedo -— com'egli disse — dalle tombe dei suoi avi, per ritornare poi nel tranquillo rifugio di Venezia a morirvi esule in terra italiana. CAMILLO DE FRANCESCHI TOMASO LUCIANI R ICORD AN Z E •Le ossa di Tomaso Luciani ritornano alla terra nativa, e 1'lstria si appresta ad accoglierle coi dovuti onori: dovuti ad un egregio uomo che alla patria diede tutto se stesso, per illustrarla, metterla in pregio e redimerla. Lo conobbi nel 1866, quando profugo insieme con mio padre egli dimorava in Milano: gioioso dapprima nelle speranze della redenzione, per la quale indefessamente operava con la parola e con la penna, poi, dopo Lissa, afflitto dali' ambascia, mai pero disperato, anzi prontissimo a rifarsi da capo alla nobile azione cui s'era giurato. A Milano veniva ogni mattina da noi per ac-compagnare mio fratello e me a passeggio, di solito sui bastioni, e finire da Biffi, per rivolgere lo sguardo riverente alI'autografo di Garibaldi ivi esposto. Non iscordero mai Faffabilita e la gen-tilezza sua, e quel far suo pro di ogni occasione per darci utili ammaestramenti su mille cose, che la pratica della vita e il molto veduto gli appresentavano : tutto gli forniva materia a infervorarci nelFamore d'Italia e deli'Istria. In grave momento, i membri del Comitato della emigrazione stimarono far giungere al signor di Bismarck un memoriale che gli chiarisse la condizione di Trieste e gli mostrasse la opportu-nita di annetterla ali' Italia; altre faccende occupavano il Luciani e mio padre; onde pensarono potessi prepararlo io, ma, poiche le biblioteche di Milano erano chiuse al pubblico, il Luciani mi con-dusse a Federico Wlten (fratello di Carlo), addetto alla Braidense, e, merce sua, ottenni licenza ed agio di eseguire il lavoro a me affidato. Giacche non dispiacque, vollero dessi mano a stendere il memoriale, che, corretto e ricorretto, fu spedito al Bismarck, del quale era dubbio se mirasse o no a Trieste. Ai 22 di luglio del '66 il Luciani scriveva: «Hortis e ritor-nato dal campo, con buone notizie. In dieci giorni si spera di poter essere a Trieste. Cio pero dipendera anche dalle operazioni e dai successi della flotta.» Mio padre non era pero soddisfatto del colloquio avuto al campo col generale La Marmora; quali i successi della flotta e pur troppo noto; i nostri esuli soffrivano gran pena a persuadere che vittoria non era, e a distogliere dal proponimento che per tale si festeggiasse. Sull'armata era 1' illustre deputato Boggio, che, per accordarsi con mio padre, era stato qualche mese prima in časa nostra, mandatovi dal Governo, e se n' era partito cosi convinto della italianita di Trieste che esclamava: «Ma voi qui siete piu italiani che a Torino.® Ora veniva a Trieste commissario regio; mio padre doveva seguire 1'esercito in ufficio di vicecommissario. II povero Luciani piangeva a calde lagrime, accomiatandosi da lui, benedicendo alTopera sua; cosi come aveva fatto pochi giorni innanzi abbracciando mio padre, che, per consiglio del principe Girolamo Napoleone, triestino, sempre sincero amico d'Italia, e a sollecitazione di Costantino Ressman, fervido patriota, doveva recarsi a Parigi, con una deputazione d' Istriani e Triestini per assicurare la connivenza deli' imperatore Napoleone III alla unione di Trieste aH' Italia. Bettino Ricasoli, dapprima non ostile al divisamento, muto parere, e poiche nulla si doveva fare senza il consentimento del Governo italiano, i nostri non vollero piii andare a Parigi; poi si seppe che 1'imperatore disfavoriva la nostra causa, e aveva mandato ordini suggellati aH' ammiraglio francese che incrociava nelTAdriatico. Nostro obbligo era non lasciare intentata nessuna via per conseguire la liberazione delle nostre terre; ma, purtroppo, mio padre vide giusto quando nel 1866 ci predisse che le catene ci sarebbero ribadite per cinquanta anni. Circa dieci anni dopo, sulle rive della Senna mi fu dato rivedere spesso il Ressman, che mi fece allusioni tali da confermare e aggravare le predizioni paterne; ond' io, costernato, mi ribellai con soverchia vivacita. II Ressman, uomo sapiente e di ottimo cuore, che non poteva svelare cio che allora era un segreto diplomatico, compati al mio affanno, ch'era anche il suo, e si tacque. Ritornato a Parigi nel 1908 per incarico degli amici, ottenuta non facile udienza dal piii autorevole dei ministri, descritto lo stato dei nostri paesi e appagate le sue dimande, dopo avermi trattenuto per un' ora, mi strinse la mano con queste parole : «Monsieur, je vous assure de tout mon assentiment.» Mi affrettai di narrarlo agli amici, pensando come sarebbero stati lieti mio padre, il Luciani ed il Ressman, di udire, in quell' uggia della Triplice Alleanza, le parole confortatrici dell'arbitro della politica francese. Dal '67 al '79 il Luciani rivide 1' Istria piu volte, accolto sempre in festa da tutti, segnatamente da Pietro Kandler, ch' egli venerava maestro, al quale aveva tante cose da dire e con lui mille problemi da risolvere ; anch' io ebbi la fortuna di assistere a quei dolti conversari, insieme con 1'avvocato Cambon e con l'avv. Ostrogovich, che si dilettavano degli studi patri e con 1'abate Jacopo Cavalli, valente autore della Storia popolare di Trieste. Nel '71 il Luciani s'era ammogliato con Evelina Previtali, donna di egregie virtu, che lo rese padre di tre figliuoli, ad uno dei quali e' volle io fossi padrino. Col Luciani e con l'abate Rinaldo Fulin, che aveva battezzato il mio figlioccio, si ragionava molto di storia nostra, tra altro di quel!a tanto discussa battaglia di Salvore, narrata dal Liber Venetae pacis del Castellano Bas-sanese, che io m'accingevo a pubblicare, e per il quale I'ottimo Luciani ebbe la cortesia e la pazienza di riscontrare per me le varianti dei preziosi codici marciani. A quanti lavori cosiffatti, di annegazione grande, non presto egli la fatica e 1'ingegno? specie quando si trattava di giovare agli amici e aH'Istria sua;-prima e dopo ch'e' fosse entrato nell'Archivio di Stato di Venezia, e che la Giunta Istriana, con savio avvedimento, gli avesse commesso di raccogliere e tra-scrivere i documenti della storia deli'Istria. Non era possibile scelta piu felice. Di lui erano gia alte prove della costanza nelle indagini e della perizia nel dame buon conto: aveva esplorata 1'Istria nelle caverne dei primitivi abitatori, anzi che 1'occhio esperto di Sir Richard Burton, di cara e celebre memoria, ravvisasse nei castellieri le rocche degl'Istri preistorici; aveva scoperte e commentate iscrizioni romane, porgendosi apprezzatissimo aiuto al grande Mommsen, ed era maestro nello interpretare documenti del medio evo e della eta moderna, talora non meno indecifrabili degli antichi: degno veramente della confidenza e della stima del Kandler, che vedeva molto piu lontano, dove il Luciani amava i contorni piu precisi. Veniva da se che curando io la pubblicazione deli'Archeografo Triestino, cercassi la cooperazione del Luciani, ond'egli volle farmi dono di quei documenti notevolissimi che riguardano 1' acquisto della Contea di Pisino, offerta nel 1644 alla repubblica di Venezia, inutilmente, avvegnache la Repubblica cadesse nel grave errore di non saperne profittare. Nel '79 fu messo al bando daIl'Austria : il suo avito patrimonio era stremato, sicche egli si vide costretto a tornare alTantico rifugio dell'Archivio di Stato; nel '92, con salvacondotto, nella grave eta di settantaquattro anni, pote rimettere il piede sul suolo natale. Frattanto egli aveva perduto il suo quasi fratello, 1'intrepido apostolo, Carlo Combi, col quale aveva combattuto tante aspre battaglie contro la ignoranza, la indifferenza e il malvolere dei regnicoli, che, a testimonianza non sospetta dell'arciduca Massi-miliano, «con la loro attitudine« davano «partita vinta» ai nemici. Vinse la costanza inflessibile degl'irredenti, la fede immutabile di Časa Savoia nei destini d'Italia, lo spirito eletto e il veggente amor patrio dei pochi. Nel gennaio del '94, egli, fino allora validissimo, comincio a declinare in salute; ai primi di maržo lascio questa vita da lui spesa cosi bene nei servigi della scienza e della patria. La «perfetta, matura ed intera» opera sua di scienziato e palese nei molti lavori da lui messi in luce con tanta scienza e coscienza; 1'opera sua costante di cittadino insigne apparira luminosamente quando saranno resi noti i documenti con tanta pieta conservati dalla figlia Lucia e dal genero Enrico Genzardi; ma le virtu sue di galantuomo e di amico dobbiamo attestarle noi che abbiamo avuto il beneficio di stargli appresso, di amarlo e ammirarne la sconfinata bonta, la semplicita schietta e dignitosa, e la incredibile modestia, piu che insolita in letterato di valore universalmente riconosciuto. ATTILIO HORTIS Luciani paletnologo Fra gli alti meriti di Tomaso Luciani non si puo dimenticare quello di essere stato il primo a riconoscere la natura preistorica de' nostri castellieri. Queste costruzioni primitive, che in si gran numero incoronano le vette dei nostri monti, gia da lungo tempo avevano richiamato 1'attenzione degli studiosi, che per lo piu li ritenevano semplici fortilizi, come lo indicherebbe il nome loro dato. II nostro Kandler, 1'infaticabile esploratore ed illustratore delle nostre antichita, tutto compreso della magnificenza della civilta romana e de' gloriosi monumenti ch' essa semino per ogni dove nelle nostre contrade, non aveva una visione chiara degli avanzi che ci lasciarono le popolazioni anteriori, delle quali confessava di non aver trovato alcuna traccia. Non e quindi da meravigliarsi se egli, nonostante avesse visitato un numero con-siderevole di castellieri, notandoli scrupolosamente nella sua grande carta archeologica della Regione Giulia, che si conserva tuttora inedita a Parenzo, li confondesse coi castri romani, costruiti precipuamente a scopo strategico. «Ove esistono strade romane, scriveva egli, ') o luoghi abitati in antico, ci rinvengono i cosi detti Castellari____ Servivano a stazione di soldati per presidiare le strade; servivano anche di rifugio a coloni per le persone e per le derrate in caso di scorrerie di nemici.« Nelle frequenti peregrinazioni intraprese dal Luciani durante un intero ventennio per la nostra provincia, non potevano di certo sfuggire al suo occhio scrutatore queste ciclopiche costruzioni, nelle quali per lunghi secoli trassero la loro vita i nostri lontani progenitori. Ma egli non si accontento di una semplice visita, ma le studio piu accuratamente: egli rimarco che sia per la loro forma, solitamente circolare, che per il modo ond'erano fabbricate, differivano notevolmente dai fortilizi romani; egli osservo che le pentole rozze e primitive ed i loro cocci di pasta grossolana, nera, lavorata a mano, senza il sussidio della ruota e cotte a fuoco aperto, nulla avevano di comune con le stoviglie di argilla depurata escite dalla mano industre del figulo romano; egli vide ') Provincia, III, a pag. 291. che tra il nero terriccio raccoltosi entro le ruote, si rinveniva qua e la qualche cuspide silicea di freccia, qualche ascia di pietra dura levigata, armi che da lungo tempo piii non erano in uso nelle milizie di Roma. Ed egli si chiedeva come mai si potesse ammet-tere che le prische popolazioni fossero passate per la nostra regione senza lasciar traccia di loro antica esistenza e se non si dovesse ascrivere a quelle genti vetuste i tanti recinti sparsi per ogni parte della Regione Giulia ed i manufatti svariati che con-tenevano. Ed in lui maturo quindi la convinzione che i castellieri non fossero opera dei romani, ma di un popolo molto piii antico, di cui si era perduta fin la memoria, che fossero quindi preistorici. Ma egli tuttavia non oso render pubblica questa sua opinione, ma si limito ad esporla nel 1870 in una semplice lettera privata, che appena quattro anni piu tardi fu dal Burton fatta conoscere. ') Ricordate le sue visite ad un numero rilevante di queste rovine negli agri di Albona, Cherso, Volosca, Pisino, Pola, Dignano, Rovigno e Parenzo, «vidi, scriveva egli, o mi parve di vedere che non tutte sono cosa romana, che in alcune anzi nulla vi ha di propriamente romano o d' altro popolo che possa dirsi civile, di assai piii antico, di quasi ciclopico, e non di primitivo ; vidi o mi parve di vedere in parecchi di essi 1'ultima orma di un popolo antichissimo, povero di bisogni e di mezzi, rozzo, selvaggio, che non aveva 1'uso del metallo, che viveva, pare, aH'aperto e si trincerava in piccoli gruppi o tribii sulle cime delle montagne, di preferenza sulle piii alte.» Quanta modestia in questa enunciazione, che pur schiudeva per la nostra regione epoche fin allora obliate, risalenti fino all'eta della pietra! Ma al Luciani non spetta soltanto il merito di aver ricono-sciuto la grande antichita cui devonsi riferire i castellieri, ma eziandio quello di avere intraveduto fin dal 1859 che le nostre caverne, al pari di quelle di altri paesi, servissero d' abitazione aH'uomo primitivo. E questa sua opinione e tanto piii rimarchevole, perche ancora nel 1878 l'illustre Riccardo Burton, che si era occupato attivamente della nostra paletnologia, negava assoluta-mente, in un lavoro sulla preistoria istriana pubblicato nell'Istituto archeologico di Londra, ") l' esistenza di tragloditi nelle nostre contrade, in seguito ai risultati negativi avuti nello scavo di una ') Questa lunga ed importante lettera trovasi nel lavoro del Burton: Notes an the Castellieri or prehistoric ruins of the Istrian peninsula, p. 10=13. 2) More, Castellieri, pag. 23. grotta a S. Domenica presso Albona. Ma Luciani ebbe la sod-disfazione di vedere trionfare la sua opinione merce i risultati delle esplorazioni posteriori, che in modo si brillante confermarono quant'egli aveva quasi divinato molti anni prima che la zappa venisse a rivelarci tanli e si importanti avanzi de' nostri proavi, sepolti nel terriccio de' nostri castellieri o celati ne' cupi recessi di antri tenebrosi. E con quale vivo interessamento non seguiva egli le inspe-rate scoperte paletnologiche, che dal 1879 in poi s'andavano facendo nelle varie parti della Regione Giulia; come sinceramente se ne rallegrava, deplorando che la grave eta e la lontananza dalla patria non gli concedessero di parteciparvi egli pure come sarebbe stato suo vivissimo desiderio! «Godo in modo particolare», egli scriveva, che le scoperte fatte in questi ultimi tempi... ab-biano confermato una mia vecchia idea sostenuta pertinacemente di fronte aH'opinione delTillustre capitano Burton, 1'idea cioe: «che le numerose caverne del suolo istriano visitate e frugate con diligenza, debbano fruttare importanti rivelazioni, se non alla scienza, certo alla storia del nostro paese... II mio spirito esulta ed e tutto compreso di gratitudine ed ammirazione per chi colla sua pertinacia ha rivendicato, diro cosi, molti secoli alla storia del paese-.1) II suo nobile esempio, il suo entusiasmo per quanto poteva ridondare a lustro e vantaggio della patria, infiammarono parecchi altri comprovinciali ad occuparsi deli'investigazione della nostra bella penisola in cui c'era ancor tanto da scoprire, che gli furono poi fidi e zelanti compagni. Mi sia qui concesso ricordare i nomi di Antonio Scampicchio di Albona, di Antonio Covaz di Pisino, di Ernesto Nacinovich di S. Domenica che insieme a lui si misero a studiare con fervore non solo cio che riguardava 1'uomo e le sue varie civilta nel corso di lunghi secoli, ma anche la struttura geologica del nostro suolo, raccogliendo innumerevoli fossili e formando il nucleo d'un museo patrio in časa Scampicchio. £ un dovere strappare aH'immeritato oblio questi nostri modesti ma pur valorosi precursori degli studi scientifici, che merce il loro impulso fiorirono piu tardi nel nostro paese e diedero frutti si copiosi. ') Lettera al dott. Gairinger pubblicata negli Atti e Memorie della Societa Alpina delle Oiulie, 189-3, p. 46. Volge ormai quasi mezzo secolo che Tomaso Luciani, dopo lunga assenza, ritornava alla patria terra. E fu appunto nelTaprile del 1874 che in compagnia del Tommasini e del Burton egli fece quella gita memorabile ad Albona che segno 1'inizio delle ricerche scientifiche dei nostri castellieri, che in progresso di tempo dove-vano dare si larga messe di splendidi risultati. Io ebbi allora la ventura di associarmi a questi tre valentuomini, e ricordo sempre con viva compiacenza la visita che sotto la guida esperta del Luciani e dello Scampicchio si fece al castelliere di Cunzi poco lungi dalla citta di Albona, e gli amorevoli ammaestramenti ed il vigoroso impulso da loro avuti aH' esplorazione sistematica di questi importanti monumenti, che ci conservarono gelosamente nel loro grembo tante preziose reliquie del nostro non inglorioso pas-sato, dalle quali doveva sprigionarsi in fulgida luce ad illuminare i foschi periodi della nostra palestoria ed a dimostrarci 1'alto grado di coltura cui erano giunte quelle prische generažioni, allorche i futuri dominatori del mondo traevano ancora la loro oscura esi-stenza nelle misere capanne del Palatino. C. MARCHESETTI PER TOMASO LUCIANI Sento con piacere della pubblicazione di un numero unico per 1'occasione del trasporto in patria delle spoglie di Tomaso Luciani. A Lui fui dapprima legato da grande ammirazione per le sue singolari doti di fervente patriota, di chiaro letterato, di si valoroso e tenace ricercatore e illustratore delle reliquie storiche e anche preistoriche della nostra Istria. Nei primi mesi del 1882 feci la sua personale conoscenza; e da allora mi fu largo di grande benevolenza e mi giovo assai nel superare le molteplici difficolta che ostacolavano in quei tempi i disertori delTAustria. Ma non čredo che tutto cio facesse per quella simpatia che potessi inspirargli personalmente io, nato nella stessa cittadina. No: per Lui era oggetto di amore chiunque fosse giunto dall'altra sponda privo di conoscenze e di aiuti; era per Lui una religione poter aiutare tutti quei giovani che erano venuti nel Regno per trovare la Patria. Tutte le forze, anche deboli, che sfuggivano alTAustria, dovevano servire a far conoscere ai regnicoli che c'erano sulTaltra sponda dei fratelli che aspettavano l'ora della liberazione. Ed Egli raccoglieva ed aiutava i fuorusciti per farne un focolaio di propaganda. E l'ammirazione e la riconoscenza mie verso di Lui e la sua benevolenza sempre piu grande verso di me si mutarono poi in una vera ed intima amicizia, che non diminui affatto anche quando, affievolita per molteplici ragioni 1' agitazione irredentista, io ed altri abbracciammo la causa deli' innalzamento delle plebi italiane. Forse Egli intuiva, che le lotte impegnate, per il sorgere del socialismo, tra le masse operaie e le classi dirigenti, avrebbero portato alla formazione di un proletariato organizzato e di una borghesia non meno organizzata, e questo organismo coscente non si sarebbe certo opposto alle aspirazioni di liberta di quei fratelli che non si adattavano al giogo austriaco. E infatti il socialismo di Bissolati e quello di Battisti insorsero contro il governo dei tiranni, e qualche socialista, che aveva tenuto a battesimo il partito nel 1892, firmo la domanda inviata al ministro Boselli dai Comitati d'azione per la soppressione del disfattista «Avanti!» Ed il vostro ed il mio nume, Tomaso Luciani, era sempre piu impresso nella mente e nel cuore di tutti noi, e ci guidava e ci consigliava ancora come negli anni deli'esilio passati a Padova. Di lui ricordo, oltre le sue elette virtii, la sua vita intima, famigliare, che mi volle ospite in časa sua tanto nelTautunno del 1885 che in quello del 1887, per oltre un mese. Quale sem-plicita di costumi, quale cordialita sempre la stessa per 1'amico; quale pazienza, mitezza, bonta verso i suoi piccoli figli, orfani della mamma! Quale operosita e preziosa utilizzazione di ogni ritaglio di tempo! E come sobrio! Nelle sue piuttosto frequenti gite a Bassano, per visitare i figli, faceva la sua fermata a Padova, senza fallo, e le sue visite erano per noi una festa dello spirito, dedicate a scambio di idee e d'iinformazioni, a part.ecipazione di propositi. A Lui debbo la conoscenza fatta di uomini che non potevano che incoraggiarci nell' opera di irredentismo : a questo proposito ricordo la gita a Bassano in compagnia sua e del venerando Senatore Alberto Cavalletto, il glorioso prigioniero politico di Josephstadt. Con quale calma e serenita ci parlava delle sofferenze morali e materiali patite in quella famosa prigione ! E ricordo, con commozione che si rinnovo ali' annunzio della vittoria di Vittorio Veneto, la gita fatta con Tomaso Luciani e coi suoi figli. Camminando tra Ceneda e Serravalle (i due paesetti che si sono uniti formando Vittorio Veneto) ad un tratto Egli si fermo e: «Non vi pare, Tita, mi disse, che questo paesaggio cosi rigoglioso somigli a quelIo, da noi, di...» e mi ricordo il nome della localita presso Albona, a cui intendeva riferirsi. Ed io a mia volta: «Ma si, caro signor Tomaso, si, Albona, 1'Istria sono italianissime, non solo hanno la lingua parlata come questa, ma anche la terra, il cielo, la flora«. Povero Tomaso Luciani. Cosi avesse potuto vedere la nostra guerra di liberazione e sapere che il giovane esercito italiano, formatosi per volonta del suo popolo, ha battuto 1'agguerrita armata della vecchia Austria proprio in quei campi che tanto gli ricordavano la terra natia! 5 Gennaio 1923. G. B. NEGRI Ricordi d'tm viaggio in Istria (in memoria di Tomaso Lucioni) Ho conosciuto Tomaso Luciani nelTautunno del 1882 a Venezia, quando, per incarico delTAccademia dei Lincei e di quella di Berlino attendeva a fare i supplementi per alcuni volumi del «Corpus» delle iscrizioni latine. Mi aveva a lui diretto Teodoro Mommsen, che per il Luciani nutriva molta stima ed affetto ; da lui era stato piu volte amorevolmente aiutato nella ricerca e riscontro delle epigrafi latine deli'Istria e del Veneto. II Mommsen temeva che io, come italiano, trovassi difficolta o per lo meno diffidenze da parte delle autorita austriache nelle mie esplorazioni triestine ed istriane, ma confidava assai negli aiuti che il Luciani mi avrebbe saputo procurare. Mi rammento che con il Mommsen, mio maestro, avevo avuto qualche battibecco a Berlino a proposito deli'italianita di Trieste; ma dopo tutto, trattandosi di zone italiane e di interessi scientifici, egli pensava che il mio zelo d'italiano sarebbe riuscito utile alTimpresa e mi affidava a Tomaso Luciani, esule istriano, del quale apprezzava i! patriottismo, la dottrina ed il candore. Nella settimana che passai a Venezia, Tomaso Luciani mi fu largo di consiglio e di aiuto. Percorsi con lui tutte le collezioni pubbliche e private. Benche egli fosse gia avanzato negli anni, aveva la mente alacre, il passo sicuro ed era animato da uno spirito veramente giovanile. Per Venezia, dopo tutto, eccorreva un poco di diligenza ma 1'impresa non era difficile; le difficolta cominciavano al confine austriaco. Non ero infatti uno dei soliti passeggeri che viaggiavano in ferrovia, e che muniti di passaporto nulla avevano da temere. In tutta la Venezia, come nella regione Istriana, dovevo percorrere, e spesso a piedi, la campagna, visitare i casolari, investigare ruderi e frammenti d'iscrizioni; avrei mille volte destato il sospetto dei gendarmi austriaci tosto che avessi passato il confine. Ed avvenne infatti cosi, tanto piu che la mia visita aveva luogo pochi giorni dopo I'arresto di Guglielmo Oberdan, ed io, per necessita di studi, dovevo percorrere a piedi la stessa via. Mi ramrnento lo spavento che recai allorquando non avendo trovato albergo per via, alle dieci di notte mi portai alla villa del Conte Toppo di Budrio presso il confine, il quale possedeva una grandiosa collezione di epigrafi romane. Ctuando vi giunsi, dalle persone convenute in quella splendida villa, si parlava paurosamente deli' arresto deli' Oberdan e si diceva che altri messi deli' irredentismo percorrevano le campagne. Anche a Trieste, pochi giorni dopo, fui inalamente accolto dal direttore di polizia, sebbene mi recassi da lui accompagnato dal Console generale d' Italia, al quale ero stato raccomandato dal nostro Ministro degli Esteri. Mi si fecero minaccie ove risultasse che io avvicinassi persone se non per fini puramente scientifici. Insomma ad un italiano, viaggiare in quel tempo a Trieste e nell' Istria, non era cosa del tutto liscia; se voleva raggiungere il mio fine, rintracciare e studiare gli avanzi della romanita, dovevo procedere con cir-cospezione ; il meno che mi potesse toccare era 1' essere espulso e la mia impresa sarebbe fallita. Tomaso Luciani mi trasse mirabilmente d'impaccio. Prima ch' io partissi mi dette un lungo elenco d'istriani memori del nome e della patria italiana, che vivevano sparsi nella regione irredenta. Non v'era citta o villaggio deli'Istria, per cosi dire, per il quale non fosse segnato il nome d'uno studioso locale. La lista di fronte alla sospettosa polizia austriaca non doveva in nessun caso apparire pericolosa. Se la polizia avesse per caso frugato le mie carte, vi avrebbe trovato un elenco appartenente innocuo di tran-quilli cittadini che possedevano o raccoglievano antichita o che in qualche ora d'ozio dedicavano il loro tempo a studiarie memorie locali. Nel fatto pero la lista aveva un significato. Tomaso Luciani mi aveva accuratamente segnato la serie delle persone che, paese per paese, nutrivano caldo amore per 1'italia e che speravano vedere 1'alba del giorno in cui Trieste e 1'Istria, oppresse dagli Slavi gia favoriti dall'Austria, avrebbero riabbracciata la Madre Italia. Recandomi da essi potevo liberamente parlare della patria comune, esprimere i comuni sentimenti; non v'era in nessun caso pericolo di tradimenti e di denunzie. Ctuaicheduno tra gli studiosi piu o meno nascostamente perseguitati dalla polizia, doveva prendere certe precauzioni. Mi ramrnento che a Pisino Carlo De Franceschi, ottimo italiano, sto-rico deli'Istria, appena mi vide mi disse : «Io sono tutto per iei e l'aiutero come meglio potro nelle sue indagini, ma io sono sospetto alla polizia; andiamo assieme dal Capitano distrettuale e facciamo nota la ragione dei nostri viaggi; altrimenti ci frap-porranno difficolta. 11 Capitano, un italiano rinnegato, un tal conte Manzano, friulano, ci accolse con modi duri e burbanzosi e facendo la voce grossa mi minaccio se io nascondessi propositi d'irre-dentismo. Ero giovane baldanzoso (avevo 25 anni) e non temevo allora, come non ho temuto poi, minaccie d'autorita piu o meno impertinenti, ed il conte abbasso la voce. Dovunque mi recai, ebbi modo di constatare che nell'Istria v' era una serie di patrioti che nutrivano vivo amore per I' Italia, e che il culto delle memorie romane nell' Istria era il simbolo delle sperar.ze di quella brava gente che soffriva 1'oppressione delTAustria e degli Slavi. Ovunque io mi recava, fra umili operai come fra persone colte ed agiate, trovava persone che sponta-neamente mi parlavano dell'esule Luciani, deli'Italia, dei desideri e dei sentimenti profondamenti nascosti affinche 1'artiglio dell'aquila austriaca non esercitasse persecuzioni e vendette. Fra le tante persone che amorevolmente mi accolsero e che costrette da prudente silenzio non mi dissero tutto quello che pensavano, ma me Io fecero intravedere, ricordo Andrea Amoroso, vice-capitano della Dieta provinciale in Parenzo, che con grande e signorile dignita e con affettuosa premura mostro di comprendere il fine patriottico che ispirava me, italiano, a raccogliere le memorie delTIstria. Egli m'accompagnd costantemente nelle mie escursioni e tenne fissi sempre gli occhi su me allorquando, salito a bordo d'un piroscafo, mi allontanai dalla sua spiaggia nativa. II suo sguardo, i suoi modi, mi dicevano cio che la sua parola non poteva pronunciare: la speranza che un giorno saremmo stati cittadini di una Patria comune. Abituato ormai a constatare che tutte le indicazioni del Luciani erano esatte, che ovunque mi fossi recato avrei trovato cuori e sentimenti italiani, rimasi stranito quando, recatomi a Dignano presso Pola visitai la dimora e la fabbrica di seta del signor Sottocorona. II nome di lui figurava nell' elenco datomi dal Luciani e andavo da lui, ben mi ricordo, per copiare una epigrafe sacra ad Eia, la divinita istriana adorata nell'antica Nesactium. Ma quale fu la mia meraviglia quando, credendo di avvicinare come sempre mi eia avvenuto, un patriota, sul primo pianerottolo della časa vidi un'iscrizione di marmo nella quale il signor Sottocorona ricordava la visita con la quale S. M. 1' imperatore Francesco Giuseppe aveva onorata la sua fabbrica. Mi parve evidente che in questo caso Tomaso Luciani si fosse ingannato. Ero di fronte ad un rinnegato, ad un servo umilissimo dell'Austria e natural-mente deliberai di essere piu che riservato e di evitare qualunque accenno a cose estranee allo scopo strettamente scientifico che a lui mi conduceva. Tuttavia sin dalle prime parole che il Sotto-corona mi rivolse e dal modo col quale mostro di gradire la mia visita, nutrii un certo sospetto sui sentimenti che avevano dettato 1'iscrizione glorificante la visita deli'imperatore austriaco. Con il piu cordiale sorriso il signor Sottocorona mi accolse tosto che udi essergli stato raccomandato dal Luciani. Non solo favori la mia ricerca scientifica, ma mi prego di rimanere a desinare da lui e sebbene fosse uomo facoltoso non fece cerimonie conTospite italiano; volle che insieme alla sua famiglia desinassi con lui nelTintimita, in un vasto ambiente che faceva da cucina e da salotto da pranzo. Durante il pasto non si fece allusione alcuna di carattere politico. 11 fare franco e sincero del signor Sottocorona contrastava con quella brutta iscrizione in onore deli'imperatore austriaco; ma non mi sentivo in grado di giudicare i sentimenti politici del mio ospite. A dissipare i quesiti che si formavano nella mia mente, provvide lo stesso Sottocorona tosto che il desinare fu terminato. »Desidero — mi disse — farle vedere il mio ap-partamento«. E šalita quella scala dove era quella maledetta iscrizione austriaca, mi condusse a traverso varie stanze fino alla sua camera da letto, e quivi, additandomi un quadro che pendeva sopra il letto, mi disse: «Ecco il mio Santo». Era un grande ritratto dipinto sotto il quale era scritto • Vittorio Emanuele 11». Aveva dunque ragione — esclamai — il nostro Luciani di rivolgermi a Lei come a caldo italiano; ma allora perche quella iscrizione in onore di Francesco Giuseppe sul pianerottolo della scala? «Cosa vuole — mi rispose — 1'imperatore volle per forza visitare la mia fabbrica: se non ci avessi messa quella iscrizione, me 1'avrebbero chiusa e mi avrebbero rovinato. Ma io sono italiano di cuore e spero di rivedere 1' Istria ricongiunta con 1' Italia«. Potrei raccontare altri aneddoti relativi al mio viaggio istriano, ai sospetti delTAustria, ali'oppressione incipiente degli Slavi nemici delle memorie di Roma e di Venezia, ma nessun fatto mi rivelo cosi chiarainente i veri sentimenti degli istriani delle citta e della costa, quanto 1'incidente teste raccontato di Dignano e del signor Sottocorona. D'allora in poi non m'e piu avvenuto di rivedere Tomaso Luciani; mi scrisse anche in seguito piu volte e sempre a pro-posito delle epigrafi della sua dilelta Istria. Non lo rividi piu di persona; ma la sua figura m'e anche ora scolpita nelTanimo. Lo vedo ancora piuttosto alto e magro della persona, dal viso roseo, dallo sguardo premuroso ed ardente; mi pare ancora di stringergli la mano, ne sento la voce dei giorni in cui, con vivo entusiasmo accompagnandomi per Venezia, traghettando i canali, copiando con me le iscrizioni romane, mi parlava delle antichita romane delTIstria e del suo desiderio di rivedere la sua Albona ridiventata italiana, libera dagli artigli della bicipite aquila austriaca. Tomaso Luciani, Albona che profugo hai dovuto abbandonare, ridiventata italiana, ha ora la tua salma. Che la patria terra posi lieve sulle tue ossa e che il tuo spirito onesto e gentile aleggi sui tuoi concittadini come puro simbolo di quel santo amor di patria che ha concesso agli Istriani di mantenere salda la fed^ nelT Italia, di quella fede che e destinata un giorno a restituirci anche la limitrofa Dalmazia. Roma, aprile 1923. ETTORE PAIS Le carte di Tomaso Luciani Io non ho conosciuto Tomaso Luciani; ma ho trascorso parecchi anni, forse i migliori, della mia infanzia nella sua Albona, ove il mio povero padre era stato trasferito per r2gione d'impiego; e la, su quel maestoso colle solitario, sede della piu larga ospi-talita istriana e del piu quieto vivere patriarcale, fra quel popolo cosi fieramente memore del suo storico compito di sentinella avanzata deli'italianita, io udii per la prima volta il nome del fuoruscito nobilissimo; e 1'udii pronunziato con tale ardore d'i!Ii-mitata venerazione nei sommessi colloqui che tenevano fra loro uomini (ne ricordo uno: Antonio Scampicchio) incanutiti nel ser-vizio e nella fede della patria, che esso non mi si cancello piu dalla memoria. E quando, in altra cittadina nostra, ragazzo, udii annunziare accoratamente un giorno: — E morto Tomaso Luciani! — ; benche io nulla sapessi ancora con esattezza dell'uomo e dell opera sua, provai un vero struggimento di cuore e compresi che un grande incolmabile vuoto s'era prodotto nella piu antica e gloriosa schiera del militante patriottismo istriano. Altri anni passarono; e allorche, appassionatomi per le in-dagini di storia patria, io m'imbattei nel caro noto nome di Tomaso Luciani come in quello di uno degli uomini nostri che con piu caldo e perseverante zelo s'erano votati ali'ideale separatista e che con piu vivo e tenace amore avevano frugato nelle memorie del nostro passato e suscitatine fantasmi di gloria, di grandezza e di speranza; parve a me d'incontrarmi con un vecchio amico, con un maestro lungamente amato ed ammirato. Ne impressioni diverse si generano tuttavia in me, se m' avvenga d' affisarmi in quella ormai divulgatissima fotografia che rappresenta il Luciani da vecchio, e in cui tutto, l'ampia fronte serenamente pensosa, i chiari occhi scintillanti di benevolenza dietro le lenti con le suste, i grossi candidi baffi, il patriottico pizzo alla Cialdini, tutto dico, sembra parlare un linguaggio di semplicita, di rettitudine, di con-tenuto ma inestinguibile fervore. Ed oggi che cio che rimane della parte mortale di lui sta per ritornare la dov'egli nacque e per confondersi in perpetuo con la terra de' suoi vecchi e sua, sotto le zolle di quell'aereo cam-posanto d'onde lo sguardo spazia sino al procelloso Ouarnaro (oh Dante ed oh passione di Fiume e d' Italia!), sorge istintivo in me, per umile ch' io mi senta e sia, il bisogno di unirmi alle voci che dicono ancora una volta a Tomaso Luciani l'ammirazione e la gratitudine della patria. * * * Si sa che, morto Carlo Combi, gran parte delle preziosis-sime sue carte e di quelle non meno preziose del padre suo andarono purtroppo disperse *). Fu Tomaso Luciani, del Combi amicissimo e con lui fino dal 1866 vissuto in fraterna comunione d'opere e d'intenti, a ricuperare i resti di quella insigne raccolta di documenti e di manoscritti, ov' era tanta parte della storia letteraria e politica istriana de!l'ultimo secolo. Le carte combiane furono dal Luciani gelosamente custodite fra le proprie sino alla morte. Scomparso anche il Luciani, che, da quell' uomo avveduto e ordinato fino alla meticolosita ch' egli era, non aveva fatto a meno di redigere di proprio pugno un minuzioso elenco delle carte combiane da lui possedute e delle proprie, 2) i due archivi riuniti volle provvidenzialmente acquistare dagli eredi il conte Eugenio Rota, capodistriano, fuoruscito dal '78, gia stato al Combi e al Luciani devoto aiutatore nella propaganda separatista e che il destino serbava a degna fine sul campo nella tanto invocata guerra di redenzione 3). Per lunghi anni il Rota tenne presso di se, ignote ai piu, le carte dei Combi e del Luciani. Ma egli non se ne considerava che passeggero depositario. Egli comprendeva che quell' inesti-mabile tesoro, piu che ad un singolo, apparteneva di diritto alla collettivita, delle cui aspirazioni politiche s'erano fatti fedeli in-terpreti e animosi paladini i due illustri patriotti defunti. Ma che ') E veramente da deplorare che il Comune di Trieste, al quale furono allora offerte in vendita le carte di Francesco e Carlo Combi, non le abbia acquistate. Ma anche piu deplorevole e che non sia intervenuta in tempo la citta di Capodistria o la Giunta provinciale istriana. ') Copia di questo indice e presso la distinta scrittrice albonese signorina Giuseppina Martinuzzi. Io ne potei vedere una trascrizione (non completa, peraltro) fattane dal prof. Melchiorre Curellich. 3) Si veda quanto fu scritto sul Rota da Carlo Combi in Almanacco Veneto, a. VI (Venezia, 1917), pag. 201 sgg. («Tre patriotti istriani: Carlo Combi, Tomaso Luciani, Eugenio Rota»). fare? Come mi riferisce il professor Francesco Majer, che, amico d'infanzia del Rota, carteggio con lui sino quasi allo scoppio della guerra liberatrice, il Rota si diceva fermamente risoluto a desti-nare le carte dei Combi alTarchivio comunale di Capodistria e quelle del Luciani alTarchivio provinciale di Parenzo. Ma era poi possibile, era soprattutto prudente 1' esecuzione di un progetto di questo genere finche 1'Austria teneva in propria signoria 1' Istria? ') Eppure una risoluzione bisognava prenderla. Alla fine il Rota, che, come si vedra piu oltre, gia aveva dovuto nel frattempo, per corrispondere a insistenti sollecitazioni, dare a prestito a singoli studiosi interi gruppi di lettere e di documenti, si decise ad af-fidare la custodia delle carte Combi-Luciani al Civico Museo Correr di Venezia. Cio avvenne nella primavera del fatale 1914; e forse non fu estraneo al passo del Rota uno di quegli oscuri presentimenti che qualche volta sembrano prodigiosamente regolare le azioni umane. Nell'atto medesimo in cui depositava al Museo Correr, allora diretto da quel valentuomo che fu Angelo Scrinzi, 2) le carte Combi-Luciani, il Rota ne comunicava 3) al prof. Majer 1' elenco da lui stesso accuratamente compilato; elenco che il Majer donava quasi subito a me, affinche potessi trarne utili indicazioni per certe mie indagini di storia letteraria paesana. Constatato che fra le carte Combi-Luciani c'era appunto quel che faceva al caso mio, non indugiai un istante a mettermi in relazione epistolare col Rota, per avere da lui il permesso di consultare i manoscritti che mi stavano a cuore e per ottenere ch'egli stesso mi presentasse e raccoman-dasse alla Direzione del Museo Correr. 11 Rota, con una sollecita e amichevole cordialita, di cui sapro sempre grado alla sua inte-merata memoria, non solo mi accordo quanto gli chiedevo, ma mi incarico di dare alle carte Combi-Luciani un piu razionale assetto. Da lettera del Rota a me, datata del 24 giugno 1914, ricavo che fin dall'ottobre del 1912 la Giunta Provinciale deli'Istria aveva fatto passi per ottenere 1'invio delle carte Combi-Luciani a Parenzo. Molto giudiziosamente, il Rota rifiuto allora il proprio assenso. 2) Vada alla memoria del caro amico, fin dal 1914 cosi fervidamente anelante alla guerra contro l'Austria e morto, senza che mi fosse dato di rivederlo e di gioire con lui della vittoria d'Italia, il 23 ottobre del 1919, un commosso saluto. Degnamente dissero di lui i suoi compagni di lavoro al Museo Correr in: Venezia, studi di arte e di storia, a cura della direzione del Museo Civico Correr; Alfieri & Lacroix, Milano, 1920; vol. I, pag. 5-6. -) E precisamente in data 26 maggio 1914. Ohime, divampato improvviso, pochi giorni dopo il mio arrivo a Venezia, il gigantesco conflitto mondiale, io non ebbi piu ne il tempo ne la voglia di dedicarmi al riordinamento delle carte Combi-Luciani con tutta la coscienziosita che 1' ardua e gelosa bisogna richiedeva; e mi limitai a raggruppare per materia, in altrettante cartelle, i soli manoscritti e documenti del Luciani; non senza tuttavia fermare ricordo del mio piu che modesto ope-rato in una specie di verbale, destinato al Museo Correr, che fu sottoscritto anche da uno dei primissimi fuorusciti istriani del 1914, l'amico mio professor Antonio Palin. Nel corso del mio lavoro potei pero almeno accertare de visu la piena, scrupolosa esattezza del catalogo redatto dal Rota; e questa e senz'altro la ragione per cui, volendo oggi fornire, a vantaggio degli studiosi di cose istriane, qualche ragguaglio sulle carte lasciate da Tomaso Luciani, io reputo che il meglio sia riprodurre fedelmente e integralmente 1'indice del Rota, se anche, come ho teste avvertito, il raggruppamento d'esse carte si pre-senti oramai un poco diverso dalTassetto che avevano al momento del loro passaggio al Museo Correr. «CARTE LUCIANI I. Documenti che riguardano le trattative di vendita del Con-tado di Pisino [in Istria], 1640-44. Originale completo dello scritto pubblicato nel 1876 Arch. Triest. *) — Studi [e memorie] sui dialetti deli'Istria; pubblicato nel 1876 Archivio Veneto '1). — Notizie e docum. per la conoscenza delle cose Istriane (originale di articoli pubblicati nel 1876 circa).:i) II. Memorie storiche di Albona. Documenti. III. Docum. antichi sulla storia di Fiume e di Albona e altre localita deli' Istria. IV. Lettere Luciani-Kandler e Kandler-Luciani (NB. Trat-tenute dal sig. Genzardi Enrico, marito della Lucia Luciani).') V. Corrispond. scientifica. Carteggio Pigorini-Castelfranco-Strobel-Bonfiglio dal 1861 al '66 in 6 pacchetti; riguarda la stampa ') Vol. IV, pp. 211-254. 2) Tomo XI, p. II; pp. 231-257. ;i) Cfr. La Provincia deli'Istria (Capodistria), a. 1875 e 1876. ') Questo importantissimo carteggio, abbracciante un periodo di tempo che va dal 1843 al 1871, e costituito da non meno di 158 lettere del Kandler al Luciani e da 108 del Luciani al Kandler. Cfr. Enrico Genzardi: Tomaso Luciani scrittore e patriotta istriano, in Atti e Memorie della Soc. Isiriana d' arch. e storia patria, vol. XXXIII, Parenzo, Coana, 1921, pg. 31. del!'opera del Bonfiglio sui diritti della Confed. germanica. — Qua-derni con appunti paleografici e schizzi diversi. —- Carteggio con Fran.0 de Celebrini, 1839-43 (si puo distruggere). VI. Materiale per la storia deli'Istria: a) Lettere politiche dalla Croazia del Nob. Giuseppe de Susanni (nov. 1860-61); b) Studi, 1860; c) Difesa di Capodistria e di Zara (appunti). VII Mattia Flacio. Elementi per la monografia sul Flacio (Pola, 1869)1 : a) Oaiaderno legato con scritti e memorie del grande teologo luterano ; b) Altro quaderno legato colla biografia del Flacio tratta dal Diciionnaire historique del Bayle; c) Estratti vari; d) Appunti; e) Tre numeri deli' Eco di Fiume con articoli sul Flacio. VIII. Docum.suirIstria; 1106-1343-1488-1476-1585-1593-1701; Privilegio 1486. — Memorie di Matteo Petronio "'), 1848. — Elenco oggetti antichi donati al Museo Provinciale [Istriano] da Luciani e Scampicchio [Antonio]. — Pensieri sulle condizioni deli'Istria stampati sul giornale L'Istriano*). — Antichita di Pola e mezzi atti a conservarle. Memoria di Enrico Majonica triestino. — Catalogo Iscrizioni romane nel Museo di Pola. — Medagliere (quaderno con descrizione di monete). IX. Protesta 5 dic. 1864 del Comitato Nazionale di Trieste contro alcune parole del generale La Marmora; 8 copie stampate. (NB. Due copie in mano del sig. Salata). — Autografo di P. P. Vergerio regalato al Luciani dal Nob. Nicolo Barozzi, direttore del Museo Correr 1'8 maggio 1869. — Copia di 5 lettere di P. Besenghi degli Ughi a Nicolo Tommaseo: 1826, 33, 454). — Copia della prefazione di Torquato Tasso al suo Rinaldo, 1562, e note. — Lettera febbraio 1870 al dott. L. Buzzi sui Castellieri istriani. — Lettere di Cristoforo Negri, 1873. — Estratti importanti dalTArchivio gen. veneto su cose istriane. — Codici storici della collezione Foscarini ordinati da Tomaso Gar. — Diari di Marino Sanudo, da ms. della Marciana. — Relazioni varie inviate alla 1) Tomaso Luciani: Mattia Fiacio, istriano d'Albona, notizie e do-cumenti; Pola, G. Seraschin, 1869. 2) Tre lettere di singolare importanza. Furono pubblicate da Francesco Salata in: II diritto d'Italia su Trieste e 1'Istria (documenti); Torino, Bocca, 1915; pg. 181 e pp. 184-186. ;i) A. I., n. 8 e 9: 28 maržo e 4 aprile 1860. 4) Sono quelle gia date in luce dal de Hassek, Besenghi degli Ughi, Poesie e prose; Trieste, Balestra, 1884; pp. 291-292, 318, 384-386. G[iunta] P[rovinciale] delTIstria. Nota delle famiglie di Dignano (per l'Arch. prov. di Parenzo). — Antica memoria delle usurpa-zioni fatte nel Mar da' Triestini. — Lettere Romano Lion a Kandler sulla questione delTArsa. — Questioni fra Comune di Albona e Amm. prov. per affari scolastici, 1864. X. Proverbi Albonesi: materiale della pubblicazione del 1892'). XI. Estratti dal Libro dei privilegi di Albona. — Indice di detto libro. — Nomi di luoghi. — Appunti sulle vicende di Albona. — Estratti per l'avv. Bonfiglio, 1860-61. — Memoria su Rovigno e sulla miniera di S. Pietro. — Copia di lettera di Majorescu e Covaz, sulTetnografia istriana. — Memoria di Augusto de Heyden sulle condizioni geologiche di Carpano (Albona). — Varie: articolo sul porto di Pola firmato G. Relaz. storiche del De Franceschi alla G[iunta] P[rovinciale istriana] su varie citta istriane, 1866. — Osservazioni dello stesso sopra un manoscritto datogli ad esaminare. XII. Art. Istria, pubblicato nelXAlleanza di Milano, 1864 '). — Inscrizioni trovate in Istria nel 1844 (lettere Pais, Amoroso, Orsi). — Documenti storici istriani da completarsi. — Libretto-notes. — Due fotografie deli' elmo di Fianona. — Schizzo del cagno-lino di Vermo. — Elenco degli emigrati triestini e istriani: 1859-66. Cinque numeri del Teatro di Trieste consegnati al L[uciani] dali'ing. Ivanoff e appartenenti ad Alfonso Pozzati. XIII. Giornali con articoli della sig.na Giuseppina Martinuzzi. — 4 numeri deli'Osservatore Triestino con art. del Kandler. — Saggio di Bibliografia istriana:i) e un opuscolo sullo stesso argomento di N. Tommaseo'). — Lettere stampate Kandler; estratte dali' Oss. Triestš). — Art. dei Cap. Burton (The spi-ritualist and journal psycologicaI science). — Memorie su Mons. Ant. Predonzani di Pirano. XIV. Memorie sulla vita e sulle opere di C. Combi. — Carlo Combi candidato alla deput. politica. — Sottoscr. per un ricordo marmoreo [al Combi] in S. Michele. — Estratti dal Senato Mare. — Famiglie istriane. — Trattative di vendita di Duino a Trieste. ') T. Luciani: Tradizioni popolari albonesi; Capod., Cobol & Priora, 1892. -) Cfr. E. Genzardi, op. cit., pg. 11. 3) QuelIo compilato da Carlo Combi; Capodistria, Tondelli, 1864. 4) Estratto dal V Alleanza (Torino), n. 27 del 3 luglio 1864. °) Le cosidette Epistole del Conservatore. Cfr. G. Quarantotto: Pietro Kandler commemorato ecc.; Trieste, Caprin, 1921, pp. 102-110. Gorizia. — Fiume. — Estratto degli statuti di Orsara. — Corri-spondenza con Ronzoni, Madonizza, Tamaro, Tedeschi per la pubblicazione di mss. del Co. G. R. Carli. — Lettera [del Luciani] a Kandler su Besenghi e Biasoletto. — Luciana (prov. di Pisa): cenno geograf, storico. — Analisi del sale di Pirano. — Cronaca politica deli'Istria, 1862. — Offerta per i monumenti a Dante e a Cavour. — Minuta di un buon sunto storico sull'Istria. — Italia e Confederazione germanica; studi del prof. avv. S. Bonfiglio '), compendiati dal prof. U. P. Grego (Ms.). — Poesie di Anna Mander-Cecchetti. — Fotografih di Mitra (gruppo di marino sco-perto in Aquileia, 1888). — Attestato di riconoscenza del Municipio di Firenze alla Deput. Prov. deli'Istria e Citta di Trieste per 1'intervento alle feste del VI Centenario di Dante, 1865. — Vecchi docum. istriani. — Due lettere di Calafati (1807 e 1809) a Vitt. Luciani. XV. Corrispondenza scientifica con Teodoro Mommsen e con Riccardo Burton (trattenuta dal sig. Enrico Genzardi, via Morghen 155 al Vomero, Napoli).2) XVI. Stemma di Portole. Stemmi per 1'opera II Friuli orientale*). — Copia di lettere d'illustri istriani o ad essi dirette, 1548. — Di alcuni gentiluomini chersini distinti nelle lettere e nelle armi (appunti attinti alla Biblioteca Marciana e spediti alTabate Giov. Moise, 1884). — Importanza della prov. deli'Istria rispetto alle altre prov. della terra ferma ex-Veneta. Sonetti di Vincenzo de Castro a Carlo Combi e Tomaso Luciani (Ms.). — Di un manoscritto deli' illustre Giuseppe Tartini di Pirano, morto a Padova, 1770. — Adelsberg e le sue grotte; ms. (1861) di P. v. Radics. — Pola e dintorni di A. Gareis, 1867, ms. — Pastorale del vescovo di Pola, 1868. — Tabelle statistiche sull'industria, scuole, istituti di beneficenza. — Dialetto di Rovigno; note ed appunti. — Biblioteca Civ. di Bassano; note ed appunti: sett.-ott.-nov. 1879. — Alcune iscrizioni romane. — Relazione sulle cause della malaria di Poia e sul modo di porvi riparo (Dottor Bohata e Millevoi).— Lettere di Besenghi degli Ughi a Orlandini.') ') Torino-Milano, Paravia, 1865. 2) Cfr. E. Genzardi, op. cit., pp. 33-35 e 38-41. :i) II Friuli Orientale, studi di Prospero Antonini; Milano, Vallardi, 1865. ') Stanno per essere pubblicate da me in un mio studio su «l.e origini e i primordi del giornale letterario triestino La Favilla», che vedra la luce nel prossimo volume de\V Archeografo Triestino. — Canzone per nozze del March. Mangilli e autografo intitolato: «Versi stampati in questo corr. anno 1829 per lo predicatore qua-dragesimale in Pirano ». — Poesie di Camisani-Martinuzzi-Dusman su temi patriottici. XVII. Fonti per la storia deli'Istria negli archivi di Venezia; ms. (fu pubblicato). ') — Fonti del Cod. diplomat, istriano. — L'inscrizione di Punta Cissana (Anteo Gravisi, 1880). — Documenti di storia Albonese. — Schede d'opere esistenti allArch. dei Frari. La penis. d'Istriae le isole del duarnero (quad. ms. di J. LowenthaI); versione italiana di N. P. Grego. — Memorie per la storia civile di Pol a; quad. ms. — Notizie su Mons. Marco De Dominis (quad. ms.). — Della vita e degli scritti di Jacopo Andrea Con-tento ')■ — Orazione panegirica 1890 (?); quad. ms. — Lettera autografa del Canon. P. Stancovich, 1849 "). — Vecchi documenti (G. B. De Negri, 1574). — Ms legato in cartone (Paolo Sarpi?). XVIII. Cop ia di alcuni scritti di Nicolo Tommaseo e alcuni n umeri della Gazzetta privilegiata di Venezia, 1842, con scritti dello stesso. Notizie su Albona, Istria, Gorizia. - Sull'Arsa: relazione Comelli, 1858; relazione Fannio, 1871. — Prospetto dei Comuni politici e amministrativi del Litorale, 1850, e cenni storici sulTisola di Veglia: numeri deli' Osservatore Triestino. Cenni storici e notizie sul Confine orientale. — Carteggio delle fraterne di Albona. — Istria commerciale: informazione. — Statuti della comu-nita di Dignano, 1492. XIX. Appunti sulTuso della parola Illyrium. — Raccolta Comina, S. Daniele. — Indicazioni tratte da un'opera in latino dell'ab. Valentinelli (biblioteca Marciana). — Memorie di fra Fulgenzio, 1610. — Famiglia Battiala. — Santorio dei Santori. Rovigno, Cherso, Orsera, Veglia: notizie. — Copie di docum. del 1395 e 1639. — Atti autentici proprieta del March. Giuseppe de Gravisi di Capodistria. — Rapporti su cose preistoriche, 1878. — An-tichita romane di Chioggia. — Fonti (?) — Carteggio col deputato R. Mariotti su Guido Giannetti inquisito per eresia. — Memorie per la bibliografia istriana. — Don Priamo Luciani di Albona, 1621. ') Venezia, Naratovich, 1873. Cfr. Genzardi, op. cit., pg. 14. 2) A stampa in Prose e poesie edite ed inedite di lacopo Andrea Con-tento da Pirano, raccolte per cura del dott. Felice Glezer da Rovigno: Parenzo, Coana, 1887; pp. 13-20. !) Interessantissima lettera, una delle ultime dettate (sola Ia firma e autografa) dallo Stancovich ormai quasi cieco. Sara fatta prossimamente conoscere ai lettori delle Pagine Istriane. XX. Dizionario ms. del dialetto di Dignano compilato dal sig. Dalla Zonca (libri 3 legati e 1 pacco di schede relative). XXI. Sei pacchetti di schede per il Codice diplomat, istriano. — Statuti di Rovigno (ms. legato in pergamena). — Documenti per la storia veneta (un volume di mss. antichi). XXII. Atti di Vittorio Luciani, 1787-1830. — Memorie, 1719, scritte da Antonio Dragogna fu Vincenzo di Albona. - Alcuni atti pubblici istriani. Ordinanza del Cons. dei Pregadi (ms.). — Appunti per la storia dei Vescovati di Veglia e Ossero. — Lettere di Susanni. — Scuole d'Istria ai tempi della Rep. Veneta. — Elenco di opere da consultarsi per lo stato delle monete. Due numeri della Gazzetta delle Romagne sulFisola di Veglia. XXIII. Appunti su opere della Bibliot. Capit. Com. di Treviso e Memorie dalla (?) Bibl. Marciana - Querini Stampalia e Museo Civico di Venezia. — Schede dali'A alla Z delle opere di pro-prieta di T. Luciani. XXIV. Carte Lorenzini ') e Fera. — Carte della famiglia Luciani e Medaglione in gesso di T. Luciani. — Piu 8 pacchi di lettere varie da vedersi. /VB. Lettere politiche Cavalletto-Luciani affidate al prof. Giuseppe Picciola (dal 1896).» ') Non c'e davvero bisogno d'insistere sulTimportanza che va attribuita a questo complesso, unico nel suo genere, di documenti personali, di cimeli autografi, di svariati manoscritti rispecchianti mezzo secolo d'ininterrotta attivita patriottica e d'amorose indagini ') Mss., per lo piu autografi, del letterato albonese Antonio Maria Lorenzini, che fu il maestro del Luciani. Noto che c'e fra essi, oltre a parecchie piu o meno buone liriche occasionali, delle interessanti ,,Riflessioni sopra il ragionamento di Gian Giacomo Rousseau cittadino di Ginevra sopra le origini e li fondamenti deli'uguaglianza degli uomini" e un intero poema in isciolti, „Il Silfo" o „La Niccoleide". Caratteristico tipo di letterato del buon tempo antico, questo Lorenzini, e tutt'altro che immeritevole d esser tratto dalI'obblio. 2) Morto il Picciola (1912), il carteggio Cavalletto - Luciani dev'essere passato in mano di E. Genzardi, se questi e in grado di fornirne cosi esteso ragguaglio nella sua piu volte citata ed ottima biografia del Luciani (pp. 43-49). II Genzardi, del resto, da notizia anche d'altri carteggi del Luciani sottaciuti (forse per inavvertenza) dal Rota, che pure li consegno a lui per iscopo di studio (cito in primo luogo quelli con Carlo Combi. con Carlo De Franceschi, con Co-stantino Ressman). Tutte le carte affidate dal Rota al Genzardi furono nel 1920 trasmesse da quest'ultimo al sen. Francesco Salata, che simpegno di farne consegna, dopo esaminatele, aH' Archivio provinciale istriano. erudite '). Anche sfrondate di cio che contengono di gia edito o d'altrimenti noto, le carte Luciani costituiscono per gli studiosi di cose istriane una ragguardevole fonte di notizie storiche e acqui-stano un eccezionale valore documentario quando concernono il movimento nazionale e separatista istriano nell'epoca che va dallo scoppio della rivoluzione quarantottesca alla morte del Luciani. Pur essendo, come s'e detto, esattissimo, 1'indice del Rota e in piii luoghi fin troppo sintetico e sommario, si da non lasciar avvertire tutte le ricchezze che le carte di Tomaso Luciani effet-tivamente contengono. Ricordo, ad esempio, che c' e tra esse il manoscritto autografo d' uno studio inedito del Kandler sulla Liburnia, con 1'affettuosa dediča Al mio Luciani, un foglio con-tenente delle preziose notizie sulla partecipazione degli istriani alla difesa di Venezia nel '48-'49, una sconosciuta collana di saporosi sonetti vernacoli del Tagliapietra, molte minute autografe delle lettere di maggior momento scritte dal Luciani. Ligie pur esse alle vicende deli' ultima guerra, le carte Combi-Luciani dovettero migrare, dopo Caporetto, a Firenze, e di la successivamente passare a Roma, dove tuttavia si trovano, depositate presso il R. Archivio di Stato. E da affrettare since-ramente col desiderio il giorno in cui esse, secondo que!lo ch'era il divisamento del Rota e non sarebbe potuto non essere anche il desiderio del Luciani, vengano definitivamente restituite ali'Istria e messe a disposizione di tutti gli studiosi. GIOVANNI QUARANTOTTO Ometto, o, meglio, rimando ad altra e piu confacente occasione la stampa del resto deli'indice redatto dal Rota, la stampa cioe deli'elenco delle carte com-biane, gran parte delle quali venne, a quanto mi scrisse il Rota stesso (nella lettera surriferita), consegnata in esame fin dal maržo del 1911 ali'allora asses-sore provinciale Francesco Salata, per tramite del patriotta piranese avvocato Domenico Fragiacomo. vvujiicOdaA'GM aoew/e> ek u-eurG-ahoj ut*l